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Autore: Son of Jericho    01/11/2017    2 recensioni
Sequel di "How can I know you, if I don't know myself?"
Sono trascorsi due anni da quando il sipario è calato sullo spettacolo alla Hollywood Arts. La vita per i ragazzi sta andando avanti, tante cose sono cambiate, e sta arrivando per tutti il momento di affrontare responsabilità, problemi e sorprese.
E mentre impareranno cosa significa crescere, si troveranno faccia a faccia con il tormento più profondo: i sentimenti.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Andre Harris, Beck Oliver, Cat Valentine, Jade West, Tori Vega
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Bade - Cuori tra le fiamme'
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Erano ormai cinque giorni che Tori non si presentava a lavoro. E cinque giorni che Thomas che non aveva notizie di lei.

Aveva lasciato scorrere il primo giorno, preferendo far finta di nulla e lavorando come al solito. Ma già dal secondo, quando gli altri avevano cominciato a farsi domande, Thomas si era ritrovato da solo a fare i conti con la sua assenza.

Perché la giustificazione che aveva usato Tori, un’improvvisa influenza, poteva aver funzionato con il direttore e con i colleghi, ma non con lui. Era una scusa che poteva stare in piedi per tutti, tranne che per chi la conosceva veramente.

Per lui era chiara come il sole, la ragione per cui Tori avesse smesso di venire a lavoro.

Ma ogni mattina, Thomas era obbligato a nascondersi dietro una maschera e comportarsi come se fosse tutto tranquillo. Non poteva permettersi di rivelare a qualcuno quello che c’era stato con Tori, o quello che era successo quella maledetta sera di Ottobre.

Nessuno doveva sapere, ne andava del suo matrimonio.

Le cose con Tori si erano svolte così rapidamente, tanto travolgenti da non lasciargli tempo e modo di realizzare quanto fosse difficile la situazione. Si era lasciato sopraffare da un attimo di debolezza, da un legame basato sulla complicità, sull’eccitazione di un bacio. Non sentiva di dover rimpiangere ciò che aveva fatto, ma ancora oggi non riusciva a trovare una spiegazione alle sue azioni.

Avrebbe voluto soltanto sapere come gestire tutto questo, e l’unica persona con cui desiderava parlare, era anche l’unica che non gli rispondeva al telefono.

Chiamate rifiutate, messaggi ignorati. Tori sembrava essere sparita dalla sua vita nel giro di poche ore.

Ogni giornata che passava Thomas si malediceva per essere arrivato a questo, per averla fatta scappare, ma non voleva darsi per vinto. Stava male, e stava male anche per lei. Credeva di capire cosa provasse, ma più di tutto aveva bisogno di sentire di nuovo la sua voce.

Provò per ore a telefonarle, sul cellulare e a casa, ma mai nessuno si faceva vivo dall’altro capo.

Giunto al quinto giorno, nonostante continuasse a provare, le speranze si erano ridotte al lumicino. Thomas aveva appena terminato il suo turno e, nel parcheggio davanti alla sua moto, si stava preparando a riattaccare l’ennesima chiamata inascoltata.

Stavolta, però, fu Andre a spezzare un silenzio che durava da troppo. Ne aveva abbastanza di essere tempestato di telefonate mattina e pomeriggio, ma soprattutto, di vedere la sua migliore amica sempre in lacrime. Aveva dunque deciso di prendere il coraggio a due mani, e intromettersi in una questione già dannatamente complicata.

Appena sentì aprirsi la comunicazione, Thomas ritrovò un barlume di fiducia. – Pronto, Tori? Tori, sei lì? –

Si trovò subito a scontrarsi con Andre, già seccato. – No, non sono Tori. –

Thomas non chiedeva altro che poter parlare con lei, provare a chiarire, semmai ci fosse stato un modo per farlo. – Puoi passarmela? –

Andre si voltò verso l’amica, a un paio di metri da lui. Era raggomitolata sul divano, avvolta in una calda coperta e con il viso ancora rigato dal dolore. Gli si spezzava il cuore, a vederla così per colpa di un ragazzo che aveva saputo accontentarsi di ciò che aveva nella vita.

- Non ci penso nemmeno. –

Thomas trasse un profondo respiro. – Andre, per favore, lasciami parlare con lei solo per un minuto. –

- Tu non meriteresti di parlare nemmeno con me, ma mi sono stufato di questa storia, e mi sono stufato di te. –

- Lasciami provare a spiegare… -

- Non mi interessa! Cosa credevi di fare, eh? Divertirti un po’ e poi, all’improvviso, ricordarti di essere già sposato? –

Thomas si passò la mano sopra le palpebre, mentre nel petto cresceva un brivido di inquietudine. - E va bene, se non vuoi passarmi Tori, lo capisco. Però credimi almeno tu, e ti prego, cerca di convincere anche lei, che non avrei mai voluto farle del male. Io ho provato davvero qualcosa per Tori. -

Andre era corroso dalla rabbia, e non stava credendo ad una sola parola. – Tu non hai la minima idea di quello che le hai fatto. L’hai ferita, non puoi immaginare neanche quanto profondamente. Sta soffrendo per te, bastardo! Tori credeva in quello che c’era tra voi, e tu l’hai tradita! –

Gettò un’altra occhiata sull’amica, afflitta e con gli occhi gonfi, e questo bastò a fargli riacquistare il controllo. Il suo sogno si era trasformato in un incubo. – Perciò non farti più sentire. Smetti di chiamarla, di scriverle, non ti azzardare nemmeno a presentarti a casa nostra. –

Thomas soffocò un sospiro. – Andre, dì a Tori che… -

- Sta lontano da lei. – lo zittì e, lapidario, gli chiuse la conversazione in faccia.

Thomas ripose il cellulare in tasca e si appoggiò sul sedile della moto, giocherellando nervosamente con le chiavi tra le mani.

Non biasimava Tori, aveva tutte le ragioni del mondo per essere distrutta e per non volerlo più vedere. Ma se anche lui si sentiva nello stesso modo, significava che di lei gli importava più di quanto immaginasse.

Forse non si trattava solo un capriccio. Forse era qualcosa di più, che ancora doveva inquadrare.

Ciò di cui era sicuro, però, era che prima o poi avrebbe rivisto Tori, e allora le avrebbe dimostrato che non intendeva arrendersi con lei.

 

*****

 

Terminare il turno in compagnia di Sam stava diventando la parte migliore della giornata di Freddie. Lei rimaneva sempre un po’ più a lungo dei suoi colleghi per continuare il suo progetto di marketing, mentre lui non aveva problemi a fare degli straordinari, approfittandone anche per racimolare qualche dollaro in più.

Finivano così per trascorrere insieme un’ora nell’ufficio di Sam, da soli fino all’arrivo delle donne delle pulizie. Si scambiavano punti di vista, provavano e riprovavano diverse combinazioni di colori, scrivevano e cancellavano scritte e slogan, senza comunque rinunciare alle battute. Sam, com’era prevedibile, prendeva in giro i suoi collaboratori, e non si risparmiava in commenti acidi e provocatori sui superiori. Freddie, invece, rispettando il suo ruolo e la sua indole, preferiva rimanere nel suo e limitarsi a ridere e annuire.

Si era rivelato utile alla causa di Sam molto di più di quanto avesse immaginato. Nonostante la bionda continuasse, di tanto in tanto, a rifiutare categoricamente i suoi suggerimenti, stava riconoscendo la loro bontà. In pochi giorni aveva sviluppato un’idea ben più definita, e aveva fatto passi da giganti per arrivare a metterla in pratica.

Il giovane Benson era consapevole che non sarebbe mai stato ringraziato, ma gli bastava sapere di averla aiutata nel momento del bisogno. E soprattutto, adorava quei momenti passati insieme a lei.

Senza scadere in discorsi potenzialmente scomodi, stavano ritrovando una certa complicità, e sembrava potessero parlare senza restrizioni o filtri. Freddie vedeva le cose tornare lentamente al loro posto, ma ovviamente non riusciva a fare a meno di essere sopraffatto dai dubbi.

Ogni volta che si trovava vicino a lei, che scambiava un’occhiata o una risata, si domandava cosa significasse. Si stavano riavvicinando, ma fino a che punto?

Non era più come in passato, non c’era più iCarly, erano rimasti soltanto dei sentimenti che Freddie continuava a nascondere insieme all’amarezza. Per quanto sarebbe stato in grado di apprezzare quello che stava ricostruendo con Sam? Sapeva di andare contro se stesso e contro i suoi propositi, ma il pensiero sembrava non volerlo abbandonare.

Stava combattendo una sanguinosa battaglia contro le sue stesse emozioni. Da una parte c’era ancora la vita che aveva rincorso da Seattle, che non aveva smesso di sognare da quando Sam se n’era andata. Dall’altra la dura realtà. Il timore di perderla di nuovo, il dover farsi da parte per lasciare spazio ad un altro, la mancanza di coraggio per non incappare in errori, l’essere costretto ad accontentarsi per un po’ di pace.

Una sola costante, una sola variabile: non importava come, ma Sam doveva far parte della sua vita ad ogni costo.

Stretto nei suoi tormenti, aveva finora evitato di chiedersi cosa potesse pensare Sam. Ma presto, avrebbe incontrato un’altra faccia della realtà.

 

*****

 

Robbie era atteso da un rilassante pomeriggio libero, una volta uscito dalla classe di regia. Le lezioni erano sempre le più lunghe, di tre ore tra teoria e pratica, eppure erano anche quelle che lo appassionavano e lo coinvolgevano di più. Era contento di poter occupare gran parte della settimana dietro una telecamera, o a studiare i comportamenti e le espressioni degli attori sul set.

L’università di Dusseldorf, esattamente come aveva sperato, lo stava instradando verso la sua vera vocazione. Certo, suonava ancora la chitarra e di tanto in tanto intonava qualche canzone, ma niente lo rendeva più soddisfatto che sentire di avere il pieno controllo sulle scene.

Che si trattasse di cortometraggi, video improvvisati o riprese in giro per l’istituto, Robbie stava realizzando quale fosse la sua strada per il futuro.

Ogni tanto, però, succedeva che questo suo entusiasmo venisse fiaccato da un pensiero, un rimpianto, da cui ancora non si era staccato del tutto.

Ripensò a quando Kendra gli aveva chiesto del suo passato a Los Angeles. Tuttora sentiva la mancanza dei parenti e degli amici, ma sapere di essere sempre stato sostenuto e incoraggiato, aveva fatto sì che non si pentisse della sua decisione nemmeno una volta.

Poi però riaffiorava il volto di Cat. Quel viso sempre sorridente, pieno di vita e di gioia verso il mondo, quelle labbra morbide che aveva assaggiato solo per pochi secondi, quell’addio che non era mai stato realmente un addio. E rivederla gli faceva sperare che, un giorno, lei avrebbe accettato quella lontana proposta, fatta alla luce offuscata di un teatro di Hollywood, sarebbe saltata su un aereo e sarebbe volata da lui.

Robbie si sedette di fronte al portatile, dopo aver gettato la cartella sul letto, e chiamò Cat attraverso Skype. Erano circa le quattro e mezzo, ed era sicuro che l’avrebbe trovata pronta a rispondergli.

Qualche istante dopo, la ragazza comparve sulla parte superiore dello schermo del computer. – Robbie! – lo accolse esultando.

Robbie, conquistato da tanto trasporto, non poté fare a meno di reagire con una risata. – Ciao Cat, come stai? –

- Alla grande! – ogni volta che si rivedevano, seppur attraverso una webcam, era come se fosse sempre la prima dopo un secolo. Era chiaro quanto le mancasse, più che a chiunque altro.

Robbie iniziò a raccontarle della sua giornata all’università, dalla quale usciva veramente di rado. Si soffermava su ciò che lo prendeva di più, come le lezioni di regia, e tendeva a sorvolare sulle cose che lo mettevano un po’ in difficoltà. Sapeva quanto Cat fosse empatica con lui, perciò evitava sempre di trasmetterle nervosismo o tensione, anche da lontano.

Gli piaceva invece vederla sorridere, quando lui le parlava delle sue mille idee che gli passavano per la testa, come partecipare al prossimo film di Leonardo di Caprio o al musical di Grease.

Si parlavano come a uno specchio, senza nascondere alcuna emozione.

A un tratto, Robbie notò che c’era qualcosa incastrato tra i capelli di Cat. Si sporse leggermente verso lo schermo per guardare meglio. – Che cos’hai… - si indicò i riccioli per mimarle la posizione.

Cat si passò la mano tra le ciocche e tastò la zona, fino ad afferrare quello che pareva un pezzo di stoffa, rosa e dalla strana forma.

Robbie lasciò che il buffering migliorasse la qualità dell’immagine per capire cos’era. Era a tutti gli effetti un calzino.

- Ecco dov’era! – esclamò con sorpresa Cat.

- Perché… - balbettò, aggrottando la fronte. – Che ci faceva un calzino tra i tuoi capelli? –

- E’ della bambina a cui ho badato questa mattina. La madre doveva fare delle commissioni, così l’ha lasciata a me per qualche ora. – si interruppe inclinando il capo. – Ha anche pagato bene, a dire il vero. –

- Bene, ma non hai ancora spiegato il perché di quel calzino… -

Cat assunse un’espressione scherzosa. – Quella bambina deve essere tornata a casa senza. Sai com’è, abbiamo litigato un po’… -

Robbie sollevò un sopracciglio. – Ma quanti anni aveva? –

- Sette. –

- E per quale motivo avresti litigato con una bambina di sette anni? – le chiese, palesemente basito.

- Mi ha battuta un sacco di volte a Ruzzle. –

- E te la sei presa con lei perché… perché ha vinto? –

- Ma barava sempre! E io non volevo più giocare con lei. –

Robbie abbassò lo sguardo sulla tastiera, confuso più dai suoi pensieri che dalle parole di Cat.

Confuso perché pur conoscendo cosa lo stava turbando, si rivelava estremamente complicato da affrontare.

Quella con cui continuava a parlare, a ridere e a scherzare da due anni, era sempre la solita Cat. Da quando se n’era andato, poteva giurare che non fosse cambiata di una virgola.

Pur adorando quella ragazza, qualcosa dentro di lui lo stava spingendo ad ammettere che ci fosse qualcosa che non andava per il verso giusto.

Mentre lui aveva inseguito e trovato il suo sogno in Germania, Cat dimostrava di non avere idea di cosa fare nella vita.

Lui aveva afferrato il destino a due mani, era partito lontano da casa e dagli affetti, lei era ancora impegnata a rincorrere gli unicorni, e a non capire come funzionasse il mondo.

Lui stava crescendo, e vedeva Cat rimanere sempre più indietro.

Dio solo sapeva quanto fosse doloroso ammetterlo, ma non poteva più rinunciare alla verità. Per troppo tempo di era nascosto dietro un ideale, illusioni e sentimenti giovanili destinati però, prima o poi, a cambiare e infine a spezzarsi.

Robbie tornò a guardare il monitor, dove il volto sereno di Cat lo stava ancora aspettando. Chissà, forse ci sarebbe sempre stata.

Ma in fondo al cuore, sapeva che la ragazza che desiderava non lo avrebbe mai raggiunto.

 

*****

 

- Non ti preoccupare, ci vediamo appena starai meglio. –

Jade chiuse la telefonata cercando di mostrare tutta la sensibilità che poteva. Non era facile per lei, ma in questo caso si era imposta di fare un piccolo sforzo.

In fondo Tori era un’amica, al di là delle loro differenze, dei contrasti e delle divergenze che avevano affrontato. Forse non sarebbero mai state sorelle, ma per una volta Tori meritava che lei non infierisse o mettesse il dito nella piaga.

Jade non era mai stata empatica, non le interessava interpretare le sensazioni degli altri, eppure quello che Tori stava passando, lo capiva benissimo.

L’amore fa male, soprattutto se lo regali alla persona sbagliata.

Quando, un paio di giorni prima, Andre le aveva raccontato tutto, lei aveva ascoltato senza dire una parola.

Aveva compreso il dolore in cui era sprofondata Tori, tanto forte da impedirle di confidarsi, e da non farla uscire più di casa.

Una delusione tanto cocente che non le permetteva più di gioire, un pugno tanto violento da metterla al tappeto.

Jade, come gli altri, aveva provato a scuoterla proponendole di uscire, di fare qualcosa, anche delle semplici serate tra ragazze. Ma Tori, intrappolata in un vortice di malinconia, si era chiusa in se stessa e si stava lentamente isolando.

Jade non se la sentiva di condannarla, perché poteva capirla, ma nemmeno di assolverla del tutto.

Ascoltando la storia di Andre, aveva realizzato come in Tori fosse mancato un elemento fondamentale per qualsiasi relazione: il cervello.

Il buon senso di voler conoscere per bene una persona, prima di concedersi completamente. Il cinismo di sapere che, nella maggior parte dei casi, il genere maschile gioca con i sentimenti e poi li sputa per terra. Lo scrupolo di ascoltare la propria dignità, prima di cedere alla passione.

Non avrebbe giudicato la sofferenza di Tori, ma non l’avrebbe neanche giustificata. Se avesse prestato più attenzione, forse avrebbe potuto evitare tutto questo.

Come richiamata dal passato, Jade tornò con i ricordi a più di sette mesi prima.

Dopo la confessione di Beck su Seattle, su Sonja e su tutto il resto, Jade aveva iniziato a sviluppare l’impressione di non conoscerlo più come prima. Non importava quando dimostrasse di tenere a lei, Beck era diventato un’altra persona ai suoi occhi.

Non era più sicura di quello che potesse fare o di quello che volesse realmente. Si chiedeva cosa cercasse ancora in lei, dopo quello che aveva trovato in qualcun’altra.

Si era domandata perché Beck avesse deciso di tornare a Los Angeles, se non per farle male di nuovo.

La gelosia cresceva in lei giorno dopo giorno, e lei non faceva niente per contrastarla. Un equilibrio precario, che finì per portare sull’orlo di una profonda crisi sia la loro relazione, sia loro stessi.

Un rapporto complesso, distruttivo, che nessuno dei due era disposto a riconoscere né ad abbandonare.

Avevano appena cominciato a preparare lo spettacolo, e dovevano ancora sistema tanti dettagli, dalle sceneggiature ai ruoli, dai costumi alle scenografie. Beck e Jade erano rimasti un pomeriggio a casa per parlarne, e presto avevano scoperto quanto fosse realmente il lavoro da fare, forse perfino al di sopra delle loro possibilità.

- Chi si era occupato di tutto questo, l’ultima volta? – aveva domandato alla fine Beck, con qualche perplessità.

Jade, invece, sembrava molto più calma di lui. - Robbie e Cat. -

Il ragazzo aveva sgranato gli occhi. – Da soli? –

- Certo che no, i compagni di classe hanno dato una mano, altrimenti non ce l’avrebbero mai fatta. –

- E’ più di quanto mi immaginassi. –

- Lo so, si sono dovuti impegnare molto. – aveva sibilato Jade tra i denti. – Ci sono già passata. –

Distratto e preso dal progetto, Beck non era stato in grado di cogliere il mutamento nella voce della fidanzata. Jade si era fatta improvvisamente seria, concentrata ma anche impegnata a rincorrere i propri pensieri. – Tu non potevi saperlo, non c’eri. –

A quella frase, Beck aveva finalmente alzato la testa. – Come hai detto? –

Lei era sicura che avesse capito. – Ti vedo preoccupato. Se hai dei dubbi dimmelo subito, almeno evitiamo di replicare quella parte della commedia. –

Beck l’aveva fissata intensamente negli occhi. Non aveva avuto bisogno di chiederle a cosa si riferisse, sapeva che non stavano più parlando dello spettacolo. – Stavolta funzionerà. –

- Come fai ad esserne tanto sicuro? –

- Grazie all’impegno e alla volontà di farcela. – aveva affermato. – Insieme. –

All’inizio, le parole di Beck erano riuscite davvero a conquistarla. Ma purtroppo, stavolta non era bastato.

 

*****

 

Quando calava la sera, tra Freddie e Sam era completamente diverso. Sembrava come se tutto quello che si dicevano, le risate e le battute che si scambiavano tra le mura della Crystal-Tech andassero dimenticate.

Freddie se ne rese conto non appena arrivò a porsi una domanda fondamentale: cosa ne pensasse Sam del loro rapporto.

La prima sera fu una casualità, la seconda una coincidenza, la terza iniziò a trovare delle risposte che non gli piacevano per niente.

Si era ritrovato con gli altri fuori dal Franklin, e Sam li stava raggiungendo dopo aver parcheggiato lontano dalla piazza. Freddie vide che nemmeno quella volta era accompagnata da Gabriel e ne fu estremamente felice, sperando nella possibilità di parlare molto più liberamente con lei, così come facevano a lavoro.

Ma bastarono pochi minuti per rovinare quell’idea.

Il sorriso con cui provò ad accoglierla si dissolse nel nulla, passando quasi inosservato. Lo sguardo di Sam si posò di sfuggita su Freddie, che non ottenne in cambio altro che un saluto freddo e stentato.

La bionda si diresse subito da Jade e Cat, lasciando quello che avrebbe dovuto essere uno dei suoi migliori amici in disparte.

Freddie non poté fare a meno di sentirsi disorientato per un istante, mentre nei suoi occhi albergava una forte perplessità.

Il resto della serata non fu diverso. Il giovane Benson rimase nelle retrovie, osservando Sam chiacchierare, scherzare e ridere con Jade, Cat, Tori… con tutti tranne che con lui.

Arrivò presto al punto di sentirsi geloso di tutti quelli che lo circondavano, tanto che avrebbe scambiato il suo corpo con quello di chiunque altro, pur di far parte delle conversazioni della ragazza.

Rimasto in fondo al gruppo, come spesso accadeva, Beck notò l’aria tenebrosa dell’amico. – Che succede? –

Freddie ci mise un po’ ad accorgersi della domanda. E ad un tratto, gli fu impossibile non chiedersi perché Sam si comportasse così con lui.

Scosse il capo, facendo capire a Beck che non era il momento di parlarne. Per quella notte, voleva restare solo con i suoi pensieri.

Si stava perdendo nella confusione. Quella non era la Sam Puckett con cui spendeva il pomeriggio in azienda, che lo stava ad ascoltare, che condivideva con lui le sue idee e le sue preoccupazioni. Non capiva che senso avesse per lei avvicinarsi quando erano in ufficio, per poi allontanarsi nuovamente, e senza ragione apparente, quando erano in compagnia.

Era come se lui non facesse parte dello stesso gruppo, quasi non fosse all’altezza degli altri amici di Sam Puckett. Si sforzò di mascherare il suo disagio, ma poteva ammettere di cominciare a sentirsi di troppo.

I dubbi presero a viaggiare per la mente di Freddie come un treno fuori controllo. Si interrogava su quale fosse la cosa più giusta a cui credere.

Che avesse ragione Carly, le importava davvero così poco di loro?

C’era qualcosa di reale su cui si basasse la loro ritrovata amicizia?

Freddie continuò a passeggiare per le vie di Los Angeles, ai piedi delle colline di Hollywood. Le luci illuminavano a giorno le vie, e le auto gli sfrecciavano a fianco portando con sé una scia di musica ad alto volume. Aveva intorno a sé un gruppo di amici a cui forse non avrebbe mai rinunciato, ma quella sera, si sentiva solo come non era mai accaduto.

 



p.s. Innanzitutto, mi scuso per l'incostanza con cui sto aggiornando, ma nell'ultimo periodo diverse vicissitudini mi hanno tenuto lontano dal pc. Voglio comunque ringraziare tutti coloro che stanno continuando a leggere questa storia, seppur, mi rendo conto, forse inferiore alla prima.
Ringrazio in particolar modo l'utente Farkas, che imperterrito prosegue nella sua opera di recensione. Mi dispiace un po' che sia l'unico, e che tante persone che prima lasciavano un loro pensiero, adesso non lo facciano più. Mi piacerebbe davvero sapere cosa ne pensate, se credete che stia andando nel verso giusto, o eventualmente cosa no.
Ad ogni modo, grazie a tutti e alla prossima!
   
 
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