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Autore: Xandalphon    01/11/2017    1 recensioni
Forse stanotte sognerò Rem Saverem e Shinji Ikari, e Cloud di FFVII, e Spike Spiegel e tanti altri, che mi hanno accompagnato. Mi canteranno una ninnananna per farmi addormentare e...
E poi mi sveglierò, indosserò camicia, giacca e cravatta e, nel buio di un nebbioso mattino, mi avvierò verso l'ufficio.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lullaby for an Otaku


Una qualsiasi libreria di Milano centro.

tre ragazzine chiacchierano allegramente. Le guardo a distanza di sicurezza, deglutendo malamente il fastidio, mentre attraversi gli spazi sfogliando distrattamente un manuale.

La ragione ancora una volta prevale, ricordando che non fanno niente di male.

Non importa se sono davanti allo scaffale 'sacro', quello dei manga. Quello che ora, da 'rispettabile membro della società' e non più un fancazzista anonimo e studente perditempo, ti fai mille problemi ad avvicinare. Stanno invadendo quello che consideri il tuo regno e, pur non sapendo né chi sono, né il loro carattere, ti pare sempre che non la facciano mai con il rispetto necessario. Quello che useresti tu, per esempio.

Non importa se le loro vocine stridule ti danno un aprioristico e del tutto ingiustificato senso di fastidio.

E non importa nemmeno se loro ti ricordano il dolce ed il salato dell'adolescenza, che ormai tu, ingranaggio oramai perfettamente oliato e inserito nei meccanismi della società, ti sei lasciato alle spalle. Non è colpevole di niente, la data sulla carta di identità, ti ripeti.

Tuo malgrado, ti avvicini, circospetto, per sentire cosa dicono. Ormai non speri più, come un tempo, di trovare una miracolosa comunanza di interessi in un perfetto sconosciuto. Se essere l'anima dannata e che 'nessuno capisce' era, quando avevi gli anni di quelle ragazzine, una patetica finzione scenica, che celava un romantico (e ingenuo) desiderio di comprensione, ora si è tramutata in una prosaica, arida affermazione.

Ti sei arreso, ti sei adeguato al fatto che se vuoi intrattenere relazioni stabili devi essere 'normale'. Ormai hai raggiunto persino lo stadio terminale, quello in cui, in fondo, pensi sia normale essere normali. Ogni oncia di ribellismo alla società si è prosciugato, peggio del lago di Aral, lasciando spazio alla indifferente rassegnazione.

Hai persino cancellato il pensiero che se il diciottenne te guardasse ciò che sei diventato, probabilmente avrebbe un brivido di schifo.

Anche perché sotto sotto sai che il diciottenne te, dopo aver visto le tette della ragazza che ti scopi ora, ti concederebbe la vittoria per K. O. tecnico. Ecchissenefrega se lei non sa una ceppa di manga e, anzi, pensa siano un po' roba da sfigati.

Le ragazzine sfogliano senza alcun rispetto un manga dietro l'altro, senza degnare di uno sguardo nemmeno uno di quei capolavori che in passato ti avevano fatto sobbalzare il cuore e soffermandosi invece su quelle che reputi pile di merda e cellulosa.

Quando senti un Che schifo i disegni di questo manga, mentre posano un volumetto di GTO, il tuo sopracciglio sinistro ha un leggero fremito involontario.

Lascia perdere, ti dici.

Non prendertela, ti ripeti.

Ed ecco la sua degna compare che le risponde: L'hanno scritto prima che diventassi una Otaku.

Eccola lì, la parola magica che ti trafigge definitivamente il petto. Otaku?

Tu, ragazzina, non sai nemmeno da che parte si inizia, a scriverla, sta parola. Figuriamoci esserlo. D'istinto le vorresti dire questo.

Otaku. おたく/オ タク. Cinque lettere; sei grafemi, in lingua giappa.

Cinque lettere che stabiliscono la linea di demarcazione tra un individuo accettato dalla società e un reietto.

Cinque lettere che ti pongono automaticamente ai margini, a cercare consolazione per la tua dannata incapacità di relazionarti con il mondo in storie che ti permettono di evadere nelle due dimensioni.

Cinque lettere che indicano quanto in realtà soffri in una cella di isolamento, oltre la quale la gente vera, quella 'normale', ti guarda con scherno e sufficienza.

Cinque lettere per sperare che la tua sensibilità e fantasia abbiano un senso e non siano solo tratti genetici che la selezione naturale sta iniziando a pensare siano piuttosto inutili e dannosi, per il genere umano contemporaneo.

QUESTO vuol dire, otaku. E sì, ancora adesso, proprio nella patria che ha dato origine a questa parola vuol dire questo. Non è mainstream, non è figo, non fa tendenza... No, pischelletta, mi spiace, ma non hai capito un tubo.

Stai quasi per dirlo, sento già che la bocca si apre per cacciare un sospiro incazzoso... Poi ti fermi e realizzi: sono io a non aver capito un tubo.

Sei tu quello fuori dal mondo. Gli anime e manga che leggevi, che adoravi, di cui odoravi persino le pagine... Tutta quella subcultura di cui facevi (o almeno così pensavi ) parte, non esiste più. E' cambiata, si è voluta. Sei tu che ti sei fermato,  che sei rimasto al palo.

Il mondo dei tuoi ricordi non esiste più se non, appunto, nei tuoi ricordi. I manga che si leggono adesso, le trame che vanno di moda adesso... Non ti appartengono più.

In due parole, sei tu quello vecchio.

Leggere manga, guardare anime, scrivere fanfiction... Per chi, per cosa? Per ostinarsi a stringere tra le mani cenere e polvere di un mondo che fu? Rianimare un cadavere di tre giorni, che ormai manda un puzzo nauseabondo? Non lo so.

Forse sarebbe meglio salutare per sempre, con uno sguardo amorevolmente nostalgico quello scaffale, e dire una preghierina per quelle tre ragazzine, per poi dire addio per sempre a quell'angolo di libreria.

Forse stanotte sognerai Rem Saverem e Shinji Ikari, e Cloud di FFVII, e Spike Spiegel e tanti altri, che ti hanno accompagnato. Ti canteranno una ninnananna per farti addormentare e...

E poi ti sveglierai, indosserai camicia, giacca e cravatta e, nel buio di un nebbioso mattino, ti avvierai verso l'ufficio.

  
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