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Autore: Mirae    01/11/2017    0 recensioni
Alla fine della Seconda Guerra Magica, Kingsley Shaklebolt convince il Wizengamot ad avviare una serie di controlli clinici sui sopravissuti. In questo modo, si scopre che molti anni prima Lucius Malfoy si era macchiato di un crimine orrendo: come reagiranno i protagonisti e come verranno influenzate le loro vite e quelle di chi li attornia? *Blamione* liberamente ispirata all'omonimo romanzo di Dot Hutchison.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blaise Zabini, Famiglia Malfoy, Famiglia Weasley, Il trio protagonista, Signori Granger | Coppie: Harry/Ginny, Lavanda/Ron, Lucius/Narcissa
Note: OOC | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Da Epilogo alternativo
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ANN AM FÌRINN

 

Disclaimer: i personaggi principali della saga di Harry Potter appartengono a J. K. Rowling e alla casa editrice che ne detengono i diritti. Questa storia non è a scopo di lucro, ma è stata scritta unicamente con intenti ludici, al fine di divertire chi l'ha scritta e chi ha voglia di leggerla.


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1.


Il pavimento è in serpentino, una bellissima varietà di marmo verde, come verdi sono anche le pareti: a Hermione sembra di essere tornata bambina, quando i suoi genitori la portavano nelle campagne a nord di Londra a fare qualche scampagnata. Forse, pensò, l’intento dei decoratori del San Mungo è stato proprio quello di evocare ricordi tranquilli nei pazienti in attesa.
Di diverso avviso, invece, sono  Harry e Ron, i quali hanno la sensazione di trovarsi nella Sala Comune di Serpeverde: «Uff, ma quando arriva il nostro turno? Mi sento soffocare in mezzo a tutto questo verde Serpeverde», sbuffa Ron.
«Il Mio turno, Ron, non il nostro. È nel mio sangue che è stata trovata un’anomalia», lo corregge Hermione, spostando lo sguardo verso il fondo del corridoio, per impedire che i suoi amici scorgano la sua preoccupazione, proprio nel momento in cui entra Draco Malfoy, scortato da due Auror.
La ragazza si affretta a girare nuovamente il capo, per evitare che Harry e Ron si notino il nuovo venuto e comincino a litigare.
Troppo tardi.
«Come mai anche lui è qua?» Domanda infatti Ron, vedendolo. «E soprattutto: perché è scortato dagli Auror? Credevo che il Wizengamot si fosse convinto della sua inettitudine durante la guerra», non riusce a trattenersi.
«Forse temono per la sua incolumità: in fondo, ha il Marchio e non tutti sono disposti a perdonargli la giovane età», ipotizza la ragazza.
«Comunque, è strano», conviene Harry.
«No. Basta, Harry. Sul serio: la guerra è finita, Voldemort è morto. Non c’è nessun complotto», Hermione alza gli occhi al cielo.
«Veramente non stavo pensando a nessun complotto: semplicemente trovo sospetto che questa anomalia nel sangue l’abbiano trovata solo a te e a Molfoy», si spiega meglio Harry.
«E chi ti dice che sia qui per il mio stesso motivo?» Chiede Hermione.
«Harry non ha tutti i torti: tu sei stata ferita con un pugnale da Bellatrix e Malferret ha il Marchio. Probabilmente c’è stata una qualche contaminazione e ora tu hai il suo stesso sangue. Ci pensi, Harry, che colpo sarebbe per il Furetto scoprire di avere lo stesso sangue di Hermione?» Ron cerca di scherzare: ha deciso di non rientrare a Hogwarts, ma di aiutare George in negozio e vuole esercitarsi un po’ con l’umorismo.
Hermione, però, non solo non lo trova divertente, ma addirittura non condivide l’analisi: «Siccome lui è stato marchiato un anno e mezzo prima, sarei io ad avere lo stesso suo sangue,  non credi?»
«Condoglianze».
Quando si volta a guardarlo, la mano di Ron si blocca a pochi millimetri dalla spalla di Hermione, spaventato dallo sguardo di fuoco della ragazza: «Hem… sì, insomma, volevo dire… ehm…»
«Niente, Ron, non volevi dirmi niente. Lavanda non è ricoverata nel reparto qui accanto?» Gli chiede lei.
«Sì, infatti, se non ti dispiace, vorrei andare a trovarla. Sempre che non ti dispiaccia, ovvio», salta subito in piedi, felice di levarsi da quell’impiccio.
«No, Ron, tranquillo, non mi dispiace. Vai pure e salutamela», lo rassicura, sorridendogli.
Mentre Ron esce dal reparto, una Guaritrice chiama contemporaneamente Hermione e Draco.
I due ragazzi si guardano con gli occhi spalancati e la bocca semiaperta, entrambi incapaci di deglutire o anche solo di proferire il minimo monosillabo. L’unico che pare sereno è Harry, che con le mani mima il gesto di tirare un filo.
«Non dire niente, Harry. Non dire niente», lo minaccia a denti stretti Hermione, appena riesce a ritrovare l’uso della parola.
Draco, che le si era avvicinato, la sente e la guarda come se volesse chiederle spiegazioni, ma lei lo blocca: «Non fiatare nemmeno tu».
«Come osi?» La guarda con gli occhi ridotti a due fessure, mentre con una mano le afferra il polso.
«Lasciami immediatamente, o urlo. Non vuoi, vero, che quei due là in fondo ti conducano seduta stante ad Azkaban, vero?» Trova la forza di rivolgergli un sorriso, mentre lo sfida sottovoce.
Lui le lascia immediatamente la presa, mostrandole i palmi aperti e riservandole il suo solito ghigno.
«Allora, credete che il Medimago Dubh abbia tutta la giornata a vostra disposizione?» Li riprende l’infermiera. Così, Hermione entra a testa bassa, mentre Draco fa il suo ingresso a ben eretto, stampandosi in faccia un sorriso come di trionfo.
 
§ § § § § § § § § §
 
«Che cosa c’è?» Daniel abbraccia Jane da dietro, dopo che la donna si è lasciata sfuggire l’ennesimo sospiro.
«Niente… è solo che…», si gira verso il marito, senza terminare la frase.
Daniel le toglie di mano il grosso coltello con cui stava affettando l’arrosto: «È solo che?» la invoglia a continuare.
«Mi stavo chiedendo dov’è lui adesso, com’è diventato, e se noi ci troveremmo qua ora».
Daniel giunge le mani davanti alla bocca: sono le stesse domande che si è posto anche lui, quando Hermione era andata a cercarli per ridare loro la memoria.
«Jane, il suo corpo non è mai stato ritrovato, come non è mai stata trovata quella donna di cui la polizia sospettava sin dall’inizio. È molto probabile che…»
«NO! Non osare dire quella parola. Nostro figlio è ancora vivo, da qualche parte. Tra due mesi compirà diciannove anni e lo festeggerà con gli amici e la fidanzatina», cerca di convincersi. «Chissà se ha i capelli castani, o è biondo come tua madre? Se è alto come te, o basso come me? Chissà se anche lui ha sangue magico o invece è un semplice Babbano come noi?» Si domanda la donna, mentre riprende ad affettare la carne. Questa volta, è il turno di Daniel sospirare.
Poco dopo, i padroni di casa entrano nella sala da pranzo sorridendo, Jane col vassoio dell’arrosto in mano e Daniel una bottiglia di Hyland Syrah.
«Siete proprio convinti di tornare in Inghilterra?» Chiede loro Darcy Kelly.
«In realtà, è solo una vacanza: abbiamo lavorato duramente quest’anno e Daniel e io sentiamo proprio il bisogno di tornare a casa, da nostra figlia», si intromette Jane.
«Ero convinta che non potevate avere figli», controbatte Alisha.
«Infatti, il parto dei gemelli è stato pieno di complicanze, tanto che il mio ginecologo mi sconsigliato di avere altri figli», confessa Jane, porgendo agli ospiti l’arrosto.
«Come mai non sono venuti con voi in Australia?» Chiede ancora la donna, prendendo due fette.
«Stanno studiando in un collegio esclusivo in Scozia, e poi dovevano prepararsi per il college», gli informa Daniel, mantenendo un tono neutro.
«Non ci sono loro foto», continua Alisha.
«Non abbiamo bisogno di foto, per ricordare come sono fatti i nostri figli», controbatte Jane: come avevano fatto a diventare soci di simili elementi? Possibile che l’incantesimo di Hermione aveva fritto loro così tanto il cervello da renderli incapaci di valutare correttamente il carattere delle persone?
«Io invece non riuscirei a stare lontano così tanto dai miei figli: devo avere sempre sotto gli occhi la loro immagine», ammette Alisha.
«Certo, tesoro, tu sei dipendente dalle foto!» Scherza Darcy, strappando un sorriso anche a Daniel e Jane.
«Comunque, sono curiosa, lo sapete: come si chiamano i vostri figli?»
«Hermione e Dorian», soffia Jane.
«Dorian come il personaggio di Oscar Wilde?» Chiede Darcy.
«Esatto. Mia moglie è appassionata di letteratura e teatro, così ha deciso di chiamare la bambina come l’eroina della tragedia greca e il maschietto come l’omonimo psicopatico», scherza Daniel, alzando il calice di vino alla moglie.
«Psicopatico… Il nostro Dorian non è così vanitoso», lo corregge la moglie.
«Per fortuna», asserisce Daniel.
 
§ § § § § § § § § §
 
Con molta buona volontà, nonostante Lucius sia ancora agli arresti domiciliari, Narcissa sta riportando Malfoy Manor agli antichi splendori, anche se la presenza di Lord Voldemort si fa ancora sentire in alcune stanze, ma quello, ora, è solo l’ultimo dei problemi dei coniugi.
«Che cosa pensi di fare, Lucius, se la verità verrà a galla?» Gli chiede Narcissa, senza guardarlo in faccia, ma osservando i pavoni nel parco.
«Non so di quale verità stai parlando. Durante la guerra eravamo praticamente prigionieri in casa nostra e io ero senza bacchetta. Inoltre, tu hai mentito all’Oscuro e Draco si è addirittura rifiutato di riconoscere quei tre cretini quando si sono fatti beccare come dei deficienti», le risponde, con tono piatto.
«Non ti ricordavo così volgare», Narcissa si volta a guardarlo: è seduto sulla sua poltrona preferita, vicino all’enorme camino spento, sulla cui cappa campeggia il monogramma di famiglia.
«È la vicinanza con quella gentaglia che adesso frequenta il Wizengamot», si giustifica lui, con un’alzata di spalle.
«Comunque, non hai risposto ala mia domanda», torna a voltargli le spalle.
«Io ti ho risposto», controbatte, «sei tu che non hai risposto a me».
Narcissa fa scorrere la mano destra sulla tenda verde, poi stringe un angolo: «Sai perfettamente a che cosa mi riferendo».
«Non c’è alcun bisogno di rinvangare quell’episodio», le risponde con tono gelido.
«Hanno trovato un’anomalia nel sangue di Draco e oggi dovevano rifargli gli esami».
«Ha il Marchio Nero: il mio Legismago dirà che è stato quell’incantesimo a creare l’anomalia. Inoltre, ho ancora amici nel Wizengamot».
«Non è l’unico ad averlo ricevuto, ma è l’unico a cui è stato chiesto di rifare gli accertamenti clinici».
«Come ti ho appena detto, Cissy, ho amici potenti e leali nel Wizengamot: noi dobbiamo solo mostrarci sereni. E né Draco, né nessun altro scopriranno mai nulla».
«Vorrei avere la tua stessa tranquillità, Lucius», si volta verso di lui, senza sorridere e continuando a stringere la tenda.
«Essere un Malfoy ha i suoi pregi. Come essere una Black ha i suoi difetti», la deride bonariamente il marito.
Narcissa torna a osservare il paesaggio del Wiltshire, senza degnarlo di una risposta: una volta, prima del ritorno di Lord Voldemort, quelle piccole schermaglie erano quasi all’ordine del giorno tra lei e il marito, ma ora non riesce a godersele, come a quei tempi.
Un plop la fa voltare: «Signori padroni, Marè è venuto ad annunciare la visita del Ministro della Magia».
I padroni di casa si scambiano uno sguardo, senza parlare, poi Lucius prende la parola: «Fallo accomodare nella Sala Verde».
Quando l’elfo scompare, Lucius intima a Narcissa di ricomporsi, poi, prendendola sottobraccio, esce dallo studio.

 
   
 
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