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Autore: Risa_chan    02/11/2017    0 recensioni
Amava Shittykawa da così tanto tempo che non sapeva dire quando aveva iniziato, niente avrebbe cambiato quel sentimento, nessuna lotta contro sé stesso avrebbe potuto vincere. Non centrava la pallavolo, l’essere cresciuti insieme o che fossero due opposti in tutto. Non era il karma o il destino. Non si erano scelti, ma le scelte compiute consapevolmente li aveva portati in quel preciso punto, perché era risaputo: “Delle strade che decidi di percorrere, conosci l’inizio ma non dove ti condurrà”.
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Hajime Iwaizumi, Tooru Oikawa
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Haikyuu!! AU Fest'
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Il primo giorno di Vacanza

 
 
Se il difetto più grande di quell'appartamento era la distanza dal centro, il suo pregio migliore era la quiete tipica della campagna. Un piccolo paradiso in mezzo al verde, all'ombra di grossi alberi posti davanti alla casa per coprire la vista dalla strada.
Hajime con la sua famiglia   stava comodamente seduto a fare colazione sulla terrazza, godendosi l’aria fresca del mattino.  Sorseggiava il caffè pigramente, guardando Tobio mangiare latte e cereali, con un cipiglio concentrato: il bambino cercava di prendere tutti i cereali rimasti con una sola cucchiaiata, senza però riuscirci.
Toruu era impegnato a leggere vari dépliant sulle mete da visitare, stranamente in silenzio, con gli occhiali dalla montatura quadrata e color oro in bilico sul naso.  Era bello Toruu, con quell'espressione seriosa, i capelli spettinati gli davano quell'aria da bambino troppo cresciuto. Nessuna immagine costruita al dettaglio, niente cerimonie inutili, solo e semplicemente Oikawa, come quando erano bambini senza segreti a dividerli.  Non c’erano cose non dette tra loro, in vero, era lo stesso Shittykawa il mistero più grande per lui; era la persona con i suoi minacciosi demoni interiori che spesso nascondeva: la sua ambizione e l’infantile terrore di non aver abbastanza talento per riuscire a raggiungere i suoi obiettivi, lo portavano a commettere azioni assurde ed incomprensibili o l’ottusità nel non voler comprendere principi  basilari come “La squadra più forte  non è quella con il giocatore migliore ma quella con i sei giocatori più forti”.
Altrimenti, non esisteva una sola cosa che Oikawa Toruu poteva pensare di riuscire a nascondere a Iwazumi Hajime. 
Iwa-chan appoggiò la tazzina sul piattino prima di stendersi sullo schienale della sedia godendosi la pace che c’era in quella mattina estiva; ma fu solo un attimo passeggero come una pausa prima della tempesta.
Dall’appartamento del piano inferiore arrivò un trambusto infernale: voci sguaiate che si sovrapponevano l’una con l’altra, il pianto di un bambino e altri rumori di sottofondo non identificabili. Sembrava che dentro l’appartamento ci fosse un numero spropositato di gente oppure una mandria di animali
Sconcertante fu scoprire che a fare quel macello era una famiglia con bambini come la loro.

«Masazumi, Aki smettetela di litigare! Avete spaventato Nori…» urlò qualcuno sopra ogni altro rumore peggio di una Banshee con il mal di gola, «non piangere tesoro, mamma è qui…» continuò non contenta del casino che i suoi figli già stavano facendo, che nemmeno un concerto Rock avrebbe potuto eguagliare.
«Fumi ti vuoi alzare da quel maledettissimo letto!!» chiamò la voce con quanto fiato aveva pur di sovrastare il baccano di quei marmocchi.

Kami, per favore, ti prego…  Hajime si mise a pregare mentalmente, sperando in vano che fossero in partenza, che fosse un’allucinazione o uno scherzo, o qualsiasi cosa purché tutto finisse lì.

«Cosa diavolo sta succedendo?» si inserì una terza voce assonnata, la quale sembrava venire da un altro pianeta oppure fosse sorda tanto da non essere riuscita ad accorgersi del finimondo che accadeva a pochi metri da lei.
Tobio dallo spavento si era accucciato sotto il tavolo, aggrappandosi alla sua gamba non contento quanto lui dei loro vicini.
 Anche Toruu aveva sollevato il volto dal libricino con sguardo sorpreso; si sistemò gli occhiali sul naso diritto e fine, un attimo dopo sorrise allegro: «Che bello, potremo fare amicizia con qualcuno di simpatico!»

«Non dirai sul serio, spero?!»
 
Domanda sbagliata alla persona sbagliata, perché Toruu si alzò e si affacciò sorridendo alle persone sottostanti: «Buon giorno vicini!»

«Oh! Buon giorno! Stiamo facendo un macello, vi abbiamo disturbato?» sentì dire la voce.

«Ma no, tranquilla!  dammi pure del tu,» replicò Oikawa, «mi chiamo Toruu, piacere di fare la tua conoscenza!» si presentò con affascinante affabilità, centrando il bersaglio.
Una risatina compiaciuta sprizzò dalla gola della banshee: «Mi chiamo Noriko, piacere mio!»
 
Addio pace, addio…
Iwazumi si trovò trascinato in convenevoli, chiacchiere e presentazioni di cui avrebbe fatto benissimo a meno. Se ne stava a braccia conserte cercando disperatamente di distrarsi con il panorama, pur di non risultare sgarbato e scortese o ne avrebbe pagato le conseguenze fino a data da destinarsi.  Concretamente per l’eternità.
Noriko era una ragazza alta dai capelli lunghi e scuri, gli occhi da cerbiatto, mentre sua moglie Fumi era un tipetto minuto dai folti ricci biondi e due occhi azzurri; Avevano tre figli, Masazumi 10 anni, Aki di otto e per ultima Nori di 9 mesi.
La bambina saltellava allegra fra le braccia di Toruu affascinata anche lei dai modi gentili di quel demone demente per cui nessuna donna riusciva a vedere la sua reale faccia. Tobio non sembrava prendere molto bene la presenza dell’intrusa estranea. Lanciava occhiate torve alla bimba rimanendo sempre aggrappato ai pantaloni dell’alzatore.

«Siamo arrivati ieri pomeriggio. Abbiamo fatto già un salto alle terme ieri, stamattina avevamo intenzione di fare un giro in torno, voi che programmi avete?»

«ah! Non abbiamo ancora deciso, sapete, con tre bambini non…Masazumi, non dare fastidio a tuo fratello!»

«Non gli ho fatto nulla, è lui che ha cominciato!»

«Non m’importa, smettetela tutti e due!»

Toruu continuava sorridere eppure era evidente come la situazione fosse ingestibile, imperterrito aveva preso la ferrea decisione di fare amicizia con quella famiglia scalmanata, elevandola a compagni di vacanza per il resto del soggiorno.  Invitò le due ragazze a cenare insieme quella sera ad un ristorante del paese.

«Che bella idea! C’è anche un parco giochi, con macchinine, mini golf, e altri giochi per i bambini, potremmo andare insieme, no?» esclamò Fumi.

Non vedo l’ora!  Pensò Hajime senza osare pronunciare parola, pessimo con le bugie sarebbe trapelato il suo malcontento. Rimasero d’accordo di ritrovarsi fuori dal agriturismo per l’ora di cena. Le ragazze avrebbero pensato a prenotare in un buon ristorante.
 
 
***
 
La meta scelta fu Sagara una bellissima città antica arroccata su un’altura per sovrastare la vallata circostante; era principalmente conosciuta per il castello medioevale del vecchio centro cittadino.  Fatto di roccia e legno, aveva al suo interno bellissimi giardini, e una vasta collezione di mobili antichi.  Al suo interno, invece, era visitabile l’armeria in cui venivano conservate armi di varie epoche.
Manco a farlo a posta la parte nuova della città aveva un ricco assortimento di negozi per spolpare turisti sempre troppo solerti nel buttare via il denaro faticosamente guadagnato in un anno di duro lavoro.
Toruu Oikawa rientrava perfettamente in questa categoria di persone.
Dopo la visita al castello, Iwazumi e Tobio furono trascinati al centro per negozi: ne visitarono un numero spropositato, tra outlet, grift famose, profumerie.
L’idiota era estremamente vanitoso e attentissimo sia al suo aspetto sia nei modi di comportarsi.  Era maniacale fin dalla preparazione; ore impiegate per sistemare i capelli o anche solo per scegliere cosa indossare, come abbinarlo.
Era accattivante e brillante, ma era anche un grandissimo stronzo. Sapeva essere terrificante e meschino.  Era intelligente e astuto; era un asso a comprendere le persone individuando sia i punti di forza sia le debolezze. Chiunque lo conosceva davvero faticava a volerlo come amico, benché fosse solo una provocazione. Toruu era una di quelle persone capaci di tirare fuori il meglio negli altri, a far emergere il massimo potenziale delle persone che aveva intorno.  Nel momento in cui qualcuno guadagnava la sua lealtà, quella era assoluta.
Dietro quell’apparente superficialità si nascondeva una forte insicurezza, sempre dissimulata da un atteggiamento frivolo e indisponente.
Quando amava, tuttavia, lo faceva con tutto sé stesso.
 
Erano entrati da Macy’s store e in quel momento Tobio era nelle grinfie di Toruu perché provasse anche lui l’ebrezza dello shopping compulsivo. L'attività non sembrava riuscire a cogliere l’interesse del bambino, anzi, sembrava sul punto di scoppiare in una crisi isterica.

«Non fare i capricci, Tobio-chan!» esclamò un esasperato Shittykawa.

«No! Voglio andare via, ho fame, papi!» rispose testardo il figlio.

«Lo so, amore mio. Ti prometto che facciamo presto,» Oikawa sorrideva accarezzando la testa di Tobio, «provi solo questo giacchetto perché quello che hai non ti entra più, ormai sei un bimbo grande!»
Il complimento sortì l’effetto sperato perché il bambino acconsentì a provare l’indumento incriminato.
Sicuramente l’alzatore ci sapeva fare molto di più di Hajime con i bambini: sapeva persuadere Tobio ad andare a letto, fare il bagno, convincerlo a mettere a posto i giochi o qualsiasi altra cosa.
Takeru, sosteneva, era stato un banco di prova importantissimo: «Tobio a confronto non è nulla, sai? È molto obbediente ed assennato.»

Uscirono dal negozio con il portafoglio sensibilmente più vuoto, diretti verso una tavola calda qualsiasi per pranzare.
Raggiunsero una piazza circolare abbastanza grande, con una fontana al centro che zampillava acqua azzurra.  Era una zona ricca di localini con i tavoli coperti da tovaglie a quadretti posti all'esterno protetti dal sole da tendoni o con vere e proprie verande in legno.  C’erano anche pizzerie, fast food, bar e gelaterie.

«Papà, guarda i piccioni! Possiamo dargli da mangiare?» chiese Tobio indicando con la piccola manina uno stormo che sostava sul terreno.
Hajime stava per rispondergli che era meglio di no, quando si accorse che Oikawa era rimasto in palato qualche metro più in giù ad osservare un punto fisso sulla sua spalla destra.
Perché rimane impalato? Che gli è preso?  Si chiese mentalmente Iwazumi, tornando suoi passi. Chiamò un paio di volte il compagno, ma non ebbe risposta: «Oi! Ti vuoi dare una mossa?»
Stava ormai per spazientirsi quando quel deficiente lo degnò di una risposta penosa: «E’ una camicia di Hermès, ti rendi conto?»

Uh? 
Stava per chiedergli cosa stesse blaterando quando gli occhi verdi del ragazzo focalizzarono quale fosse il problema: c’era un enorme macchia sulla camicia di Shittykawa provocata da un piccione che aveva deciso di liberarsi proprio nel punto in cui sotto c’era il marito.  
Toruu non la smetteva di piagnucolare sul ormai rovinato capo firmato.

«Al diavolo la camicia di Hermès, chi se ne frega, smettila di frignare!»

«Perché non sai quanto ci è costata…»

Registrò quella risposta con qualche secondo di ritardo, poi, Hajime alzò una mano in segno di resa: «No, non voglio saperlo.»

Nel frattempo Tobio, piccolo demonio, non la smetteva di ridere; trovava quella scena tremendamente divertente.
 
Dopo l’incidente “cacca di piccione” la giornata proseguì liscia come l’olio, fecero una bella passeggiata in un bellissimo parco attrezzato con tante attività per bambini, mangiarono un gelato prima di rimettersi in auto per tornare al loro appartamento.
Hajime non aveva dimenticato l’appuntamento che avevano preso con la famiglia del piano di sotto: non ne aveva nessuna voglia, tanto più dopo aver litigato con Toruu a riguardo alla montagna di vestiti che aveva acquistato.
Era vero, c’era anche lui; era lì con il corpo, fermo in mobile cambiando ogni tanto posizione, sperando che l’altro finisse in fretta. Non c’era davvero con la testa, lui odiava lo shopping, odiava le commesse invadenti, odiava passare ore per capire se scegliere un pantalone coloro cachi oppure color melanzana.
Secondo Iwazumi non c’era molta differenza, non andava per il sottile, sceglieva velocemente lo stretto indispensabile per poi fuggire. La verità era che quei posti lo mettevano a disagio.
 Ad ogni modo, non aveva fatto caso al contenuto delle buste che il compagno aveva in mano, almeno solo giunti a casa, quando per caso aveva buttato l’occhio dentro i sacchetti.

«Non mi va di continuare questa discussione, Iwa-chan. Prepariamoci o faremo aspettare i nostri nuovi amici.»
La parola amici è quanto mai esagerata   fu la risposta che l’asso non pronunciò.

Alle otto precise trovarono Fumi e Noriko ad attenderli con le loro adorabili pesti per raggiungere il ristorante prenotato dalle due donne la stessa mattina.
 
***
 
Dall’esterno il ristorante aveva un bell’aspetto, curato e ordinato, malgrado fosse già pieno di clienti. Si sedettero al loro tavolo, scelsero quello che volevano dal menu, poco dopo ordinarono.
Toruu chiacchierava amabilmente con le mamme contrariamente dal compagno e dal figlio; Tobio e Hajime erano muti come tombe, quasi non si muovevano. Il primo non aveva nessun’intenzione di stringere amicizia con gli altri bambini, mentre Iwazumi preferiva lasciar parlare il suo compagno, poiché da sempre poco interessato alle chiacchiere inutili.
 Oikawa era bravissimo a far conversazione, le due donne lo guardavano incantate, le faceva ridere, le lusingava; discussero della loro giornata, da dove venivano, quale lavoro svolgevano.

«Fumi-chan possiede un negozio di fiori! È un’esperta di Ikebana, le sue sono opere d'arte,» raccontava sua moglie con un luccichio negli occhi molto famigliare a Hajime, «Io invece faccio la contabile in una azienda…» continuò.

Più il tempo passava più la conversazione si spostava su argomenti più personali, come il loro coming out, il modo in cui si erano conosciuti, il matrimonio e la nascita dei bambini.
Noriko e Fumi si erano sposate molto giovani; dopo aver lasciato la loro casa e gli studi avevano deciso di mettere su una famiglia loro perché non ne avevano più una. Toruu fu colpito da questo fatto, quasi ferito nel personale: sapere che ci fossero genitori incapaci di accettare i loro figli, per ciò che erano, lo rendeva triste.
Ma questo lo sapeva solo il suo asso.

«Un nostro amico ha donato lo sperma perché sapeva quanto era importante per noi avere dei bambini».

Noriko annuì sorridendo raggiante: «Ce lo ha proposto lui, è stato un gesto bellissimo e non saremo mai abbastanza riconoscenti.»«Qual è stata la vostra esperienza?» chiese allora Fumi allegra.

Iwazumi guardò il ragazzo accanto a lui appoggiare le braccia sul tavolo, mettersi le mani sotto il mento prima di rispondere con un dolce sorriso: «C’era una volta…»
 

 Note

Buona sera cari lettori e lettrici... No vabbè così sembro del tutto scema. Ricominciamo. Buon salve!  Sono felice di annunciare il secondo capitolo di "Crocie e Delizia". E' stato come un parto podalico, uno di quelli difficili, ma sono soddisfatta. Il che non è una buona notizia! :P
Veniamo alle notizie importanti, si fa per dire: i luoghi qui citati sono del tutto inventati.  Come per la fanfiction " Fa che  un ramo ne adotti un altro" ho deciso di ambientare questo racconto in universo neutro, totalmente di fantasia. In realtà ciò che lo ha inspirato è stato un mio breve soggiorno a Satrunia in Toscana.  Fin da subito  ero indecisa se ambientarlo in Italia - quindi fare viaggiare la nostra insolita famiglia fino in Italia- oppure nel Sol levante. Siccome, tra i due litiganti il terzo gode, ho optato per un luogo di fantasia. 
Mi sono impegnata, per entrambi i capitoli ( e contiunerò a farlo con il terzo)  nell'accuratezza, sia  dello stile  sia  della trama: non so se ci sono riuscita, la sentenza finale è la vostra.
a presto
Risa
   
 
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