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Autore: Jazebel89    22/06/2009    3 recensioni
Chi sono io? vi starete chiedendo a questo punto. Ebbene, ho avuto molte identità. (...) Un tempo, (...) , ero conosciuta come Blàthnaid dal Seno di Perla, nata la notte di Samhain del 412 d.C. (vent’anni prima che San Patrizio cominciasse la sua Evangelizzazione) in una radura nei pressi di Kilkenny. Mia madre, Niamh la Splendente, era una sidhe Seelie, ovvero apparteneva all’alta nobiltà del mondo fatato, mentre mio padre, Oisin MacCool, era il figlio in parte fey del più noto Finn MacCool, celeberrimo eroe delle leggende irlandesi.
Genere: Avventura, Sovrannaturale, Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: Contenuti forti
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Capitolo primo
Capitolo primo
 
DUBLINO, IRLANDA
GIORNI NOSTRI
 
A clouded dream on an earthly night
Hangs upon the crescent moon

A voiceless song in an ageless light

Sings at the coming dawn

Birds in flight are calling there
Where the heart moves the stones

It's there that my heart is calling
All for the love of you
 
Loreena McKennitt,
“The Mystic’s Dream”
 
 
Mi destai di soprassalto da un incubo spaventoso. Avevo sognato i verdi campi di Erin nuovamente coperti di cadaveri, di sangue, con Morrigan, terribile Signora delle Battaglie, che tornata alla vita e assetata di stragi si aggirava come una furia per le pianure dell’Isola di Smeraldo alla ricerca di corpi da abbattere e vite da spezzare.
Trasalii al gracchiare dei corvi fuori dalla finestra; i corvi, un tempo messaggeri della Sanguinaria, la sua voce fra i mortali, i suoi figli prediletti che si cibavano di carogne…
Sbuffai, scotendo la testa: quelli che avevo sognato non erano che gli orrori di un tempo passato, e mai più si sarebbero ripetuti. I fey erano stati cacciati dall’Europa secoli addietro, e quelli di noi che, come me, avevano scelto segretamente di restare si erano ormai talmente mischiati e confusi con gli umani da rendere quasi impossibile riconoscere la differenza. L’epoca dei sidhe, dei Figli di Danu, e delle loro guerre fratricide era finita da un pezzo. Ora le corti fey si trovavano tutte in America, la grande America, la nuova Terra Promessa disposta ad accogliere chiunque (o quasi), ma erano l’ombra di se stesse; niente più duelli all’ultimo sangue, niente più giochi di potere, niente più magia… o almeno così mi era stato riferito; d’altro canto, non avevo notizie del mondo fatato da molto, moltissimo tempo… e sinceramente nemmeno ci tenevo. Sapevo di Meredith, Principessa degli Elfi Americani, che forse sarebbe salita al trono… Sapevo anche dei suoi “Merry Men”, guardie del corpo e amanti che avevano il compito d'ingravidarla, così che Andais, la Regina della Corte Unseelie, potesse abdicare in suo favore… La qual cosa, conoscendo Andais, mi pareva alquanto inverosimile, ma in ogni caso non erano affari miei: io vivevo in Europa, fra gli umani, e stavo bene dove stavo.
Chi sono io? vi starete chiedendo a questo punto. Ebbene, ho avuto molte identità. L’attuale è quella di Serena O’Flaherty, insegnante di Storia alla Jonathan Swift Upper School di Dublino, ventisette anni, single, molto amante degli animali e poco delle persone. Un tempo, però, ero conosciuta come Blàthnaid dal Seno di Perla, nata la notte di Samhain del 412 d.C. (vent’anni prima che San Patrizio cominciasse la sua Evangelizzazione) in una radura nei pressi di Kilkenny. Mia madre, Niamh la Splendente, era una sidhe Seelie, ovvero apparteneva all’alta nobiltà del mondo fatato, mentre mio padre, Oisin MacCool, era il figlio in parte fey del più noto Finn MacCool, celeberrimo eroe delle leggende irlandesi.
Blàthnaid la druida, Blàthnaid la regina…
Gettai le gambe oltre il bordo del letto e mi alzai, stiracchiandomi; avvolsi il mio corpo nudo (a noi fey piace dormire senza vestiti, forse perché anticamente ci faceva sentire più vicini alla Dea) in una vestaglia di seta blu pavone, e mi accostai alla finestra. Era uno splendido mattino di primavera, e il sole brillava alto nel cielo facendo presagire una giornata luminosa e priva di nubi.
Sospirai, e mi costrinsi a distendere i nervi; non c’era motivo di tutta quella tensione… Era stato solo un sogno, un brutto sogno.
Raggiunsi il bagno annesso alla mia camera, e là mi guardai allo specchio; millecinquecentonovantasette anni erano passati lasciandomi l’aspetto di una venticinquenne, e mi ero spesso chiesta il perché. Certo, mio padre, Oisin MacCool, aveva vissuto per più di due secoli prima di morire, per via del suo sangue fey; ma alla fine anche lui era morto, ed era morto di vecchiaia. Perché dunque io non invecchiavo e non morivo? Sapevo di essere nata mortale perché questo era stato il motivo per cui mia madre aveva dovuto abbandonarmi, appena nata, alla cure di Dubhdara il Saggio, druido di Kilkenny. Un mortale, infatti, almeno all’epoca, non poteva vivere fra gli immortali; era proibito. Quindi dovevo aver acquisito l’immortalità in seguito, in un tempo successivo a quello della mia nascita… Già, ma quando? Avevo cominciato ad accorgermi di questa cosa solo dopo aver definitivamente abbandonato Faerie, e adesso non avevo nessuno a cui chiedere spiegazioni… Tanto più che l’unico, probabilmente, in grado in fornirmi il vero motivo era colui per via del quale avevo scelto l’esilio… Il mio antico sposo, Kerak di Sangue e Fiamma, re dei Goblin.
Tolsi la vestaglia, mi raccolsi i capelli in un chignon, ed entrai nella cabina della doccia; lasciai che l’acqua mi accarezzasse dolcemente il corpo mentre rimuovevo il glamour, ovvero l’incantesimo di camuffamento che normalmente usavo per rendermi più umana, permettendo così alla mia pelle sidhe di respirare, anche se per pochi minuti. Proprio mentre mi rilassavo in questo modo, sentii un gran trambusto al piano di sotto della vecchia fattoria fuori città in cui vivevo assieme a un’anziana domestica polacca, Maria, e a un giardiniere con antenati Pixie, Seamus, oltre che a una quantità non ben definita di animali: cani, gatti, conigli, tartarughe e persino un cavallo di nome Finn. Dopotutto, ero stata una druida; riuscivo a relazionarmi meglio con gli animali e le piante, che con le persone.
Allarmata, uscii velocemente dalla doccia e mi avvolsi in un telo da bagno; poi andai fuori dalla stanza, corsi in cima alle scale e da lì urlai: -Maria, che succede?-.
Nessuna risposta.
Cominciai a preoccuparmi.
Tonai frettolosamente in camera, indossai un paio di shorts da ginnastica, una t-shirt e, completamente dimentica di non aver ripristinato il glamour sul mio corpo, afferrai la mia spada (che tenevo nascosta nel doppiofondo di un baule per la biancheria ai piedi del letto) e tornai in cima alle scale, cominciando a scenderle pian piano, senza far rumore, la schiena aderente al muro, la spada dritta di fronte a me…
Mi pareva d’essere tornata indietro di un migliaio d’anni, all’epoca delle Invasioni Vichinghe.
Arrivata all’ultimo gradino, intravidi un’ombra che si muoveva nella mia direzione da dietro la rampa delle scale.
Presi un bel respiro e, con un balzo veloce, scavalcai il corrimano e atterrai di fronte…
… alla mia domestica, la quale per lo spavento gridò, imprecando coloritamente nella sua lingua natale, e buttò in aria il vassoio della colazione che atterrò sul pavimento in un terribile fracasso di stoviglie rotte. 
Maria si fece il Segno della Croce e si gettò ai miei piedi singhiozzando disperatamente.
“Oh, Dea…” pensai. “Adesso sono nella merda”.
Posai la spada e m’inginocchiai accanto a lei, cercando di consolarla, ma lei si allontanò da me spaventata, andando a rifugiarsi in un angolo.
-Lei b-brilla… Come angelo…- e si fece nuovamente il Segno della Croce.
A quel punto fui io ad imprecare coloritamente nella mia lingua natale, e proprio mentre menzionavo con poca finezza certe parti di animale e certi dèi solo da me ricordati, sentii una risata argentina alle mie spalle e un inaspettato, stordente, sensuale profumo d’uva matura, completamente fuori stagione, che invase l’aria avvolgendosi attorno a me come un velo irrorato d' essenze fruttate.
Deglutii, perché conoscevo bene quell’aroma settembrino: era l’annunciatore di Sinead dagli Occhi di Sole, la mia splendida, nobile ed immortale per nascita sorellastra Seelie, una delle antiche dee del Raccolto.
Mi voltai con un groppo alla gola, perché erano passati quasi quattrocento anni dall’ultima volta che l’avevo vista e non riuscivo a immaginare cosa potesse esserci di tanto importante da spingerla, all’improvviso, a lasciare il suo comodo posto di principessa e cortigiana Seelie nell’accogliente America per venire a trovare me, la sorella semi-barbarica che aveva sempre disprezzato, nell’ostile, insidiosa Europa, dalla quale era stata bandita oltre tre secoli prima.
 
 
  
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