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Autore: _Lady di inchiostro_    03/11/2017    2 recensioni
Avvertì una vampata di calore sulle guance, già rosse per via dell’alcol che aveva bevuto.
«Ho sgraffignato qualcosa dalla festa e ho deciso di portartela» brontolò, porgendogli un sacchetto.
Shinsuke lo prese, individuando diverse bustine di caramelle, cioccolatini e altra robaccia la cui marca era sfocata ai suoi occhi stanchi.
Alzò lo sguardo e fu allora che si accorse di un particolare.
«Miya-kun» ripeté, con quella voce calda che era capace di mettere sull’attenti Miya Atsumu. «Perché indossi un vestito da strega?»

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[Miya Atsumu e Kita Shinsuke ♥] [Fluff e gay imbarazzanti] [Halloween e caramelle] [Si ringrazia qualsiasi anima pia che recensirà questa cosa] [Spoiler per chi non leggesse il manga!]
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Sorpresa
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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WITCH COSTUME 





Per la quindicesima volta di fila, quella sera, avevano messo a tutto volume “This is Halloween” cantata da Marylin Manson. E non stava esagerando. Le aveva contante.
E non sentiva solo questo, dentro la sua testa pulsante dal dolore, no, sentiva anche le voci e lo scalpitio delle scarpe.
Kita Shinsuke difficilmente perdeva le staffe o si lamentava. Aveva quel classico atteggiamento stoico che, in molti, trovavano inquietante. Sembrava uno di quegli eremiti che niente e nessuno poteva fermare, nemmeno la pioggia o la fame.
Eppure, non era così: era pur sempre un essere umano. E come tale, poteva buscarsi un raffreddore una volta ogni tanto.
L’ultima volta che gli era venuta la febbre poteva avere sette anni o giù di lì, e si ricordò di come sua nonna gli avesse preparato una bella zuppa calda e l’avesse infagottato nelle coperte cucite da lei. Questa volta, però, non c’era sua nonna a tenergli compagnia, ma solo l’appartamento di uno studente universitario completamente vuoto. Oh, senza dimenticare della festicciola che si stava svolgendo al piano di sopra, nell’appartamento di un altro studente. Non avrebbe mai augurato a nessuno di prendersi la febbre proprio il giorno di Halloween, nemmeno al suo peggiore nemico. Soprattutto se sapeva che c’era in programma una festa da mesi.
Tirò su col naso, nascondendosi completamente sotto le coperte. Passò le dita sulle pieghe lasciate dal lenzuolo. Un fazzoletto era abbandonato sul bordo del letto, Kita riusciva a vederlo dall’unico spiraglio di luce disponibile.
Odiava sentirsi così. Non perché ci tenesse ad andare alla festa, anzi, di solito stava sempre in disparte in questo genere d’occasioni, magari a bere del punch. Si odiava perché avrebbe potuto passare la serata a fare altro, come studiare, sistemare l’appartamento o leggere. E invece era lì, rannicchiato a letto, incapace di fare alcunché.
La musica, ringraziando gli dei, finì proprio in quel momento, altre risate e passi pesanti che finirono solo per perforargli le sinapsi. Fu un altro rumore, però, che gli fece produrre una delle migliori espressioni di pura stizza mai viste nella storia.
Il rumore del campanello. Stavano suonando al campanello. 
L’idea iniziale era quella di non rispondere, così avrebbero pensato che si fosse addormentato o che fosse morto. Sapeva che era maleducazione non rispondere alle persone, ma non aveva altra scelta: non se la sentiva di abbandonare quelle coperte morbide e protettive. Peccato che la persona in questione non aveva proprio voglia di mollare l’osso.
«Kita-san! Lo so che sei lì! E che sei sveglio! Apri questa dannata porta!» urlò, e Kita riconobbe immediatamente quella voce, il cuore che gli schizzò quasi in gola. Ah, sì, si odiava anche per quello che provava per quel moccioso. Si odiava soprattutto per questo.
Decise di uscire da suo covo protettivo solo quando la persona in questione, con la stessa delicatezza di un rinoceronte, aveva cominciato a dare calci alla porta. Afferrò la sua vestaglia, allacciandola alla vita e indossando le sue pantofole.
«Era ora che aprissi!» disse il ragazzo non appena gli si palesò un Kita bianco come un lenzuolo. «Sei proprio uno straccio. Alla festa ho visto dei morti viventi più energici di te.»
«Miya-kun» disse, sforzandosi di parlare mentre la testa continuava a pulsare. «Cosa ci fai qui...?»
Ottima domanda. Non lo sapeva nemmeno lui.
La festa non era ancora finita, mancava circa un’ora alla mezzanotte, eppure lui era lì. Era alla porta del suo vecchio capitano di squadra, quando andava al liceo. Era alla porta del suo vicino di casa, perché, in quella palazzina di soli studenti, a dividerli c’era solo un muro. Era alla porta della persona che aveva imparato a conoscere come non aveva fatto in due anni di liceo, scambiandosi opinioni sui professori o sui corsi tra una lezione e l’altra. Il fatto che fosse più grande di lui di un anno gli aveva dato la possibilità di prepararsi psicologicamente e di sapere come sopravvivere al magico quanto terrificante mondo universitario. Mai avrebbe immaginato che tra un: “Com’è il cibo della mensa?”, e un: “Kita-san, mi aiuti a studiare per questo esame?”, avrebbe finito per conoscere quel lato che gli era rimasto oscuro quando si allenavano a pallavolo. E che finisse per sentire verso di lui qualcosa per cui, molto spesso, provava un certo ribrezzo.
Avvertì una vampata di calore sulle guance, già rosse per via dell’alcol che aveva bevuto.
«Ho sgraffignato qualcosa dalla festa e ho deciso di portartela» brontolò, porgendogli un sacchetto.
Shinsuke lo prese, individuando diverse bustine di caramelle, cioccolatini e altra robaccia la cui marca era sfocata ai suoi occhi stanchi.
Alzò lo sguardo e fu allora che si accorse di un particolare.
«Miya-kun» ripeté, con quella voce calda che era capace di mettere sull’attenti Miya Atsumu. «Perché indossi un vestito da strega?»
Ah già. Si era completamente dimenticato di essere conciato in quel modo. Era troppo preso dal voler ricambiare il favore che, anni prima, gli aveva fatto Shinsuke quando gli aveva preparato l’occorrente per un pasto caldo: aveva visto un paio di buste abbandonate sul tavolo e, puff, l’idea era apparsa nella sua mente, si era fatto dare un sacchetto ed era sceso. Non aveva pensato minimamente di cambiarsi.
Anche perché la scommessa che aveva perso con i suoi colleghi prevedeva che dovesse rimanere vestito in quel modo fino a mezzanotte. Quindi, tecnicamente, non poteva neanche cambiarsi.
Questa volta era palese che fosse arrossito – e anche le guance di Kita si erano tinte di porpora o era solo una sua impressione? –, mentre il ragazzo lo squadrava da capo a piedi. La gonna del vestito era a balze e molto corta, lasciava scoperte le gambe fasciate da delle calze nere di nylon. Probabilmente il vestito doveva avere un capello coordinato, ma Atsumu l’aveva lasciato al piano di sopra. Due linee viola segnavano il vestito lungo i fianchi, e il colore compariva anche in alcune balze.
«La… la smetti di fissarmi?» sbottò poi, la voce che gli tremava. Quello sguardo così penetrante lo metteva a disagio. Il fatto di essere vestito con un completino da strega molto sexy e adatto alle seratine hot tra fidanzati lo metteva a disagio. E quello sguardo che pareva spogliarlo non aiutava di certo.
Shinsuke si sbloccò dal suo stato di trance, scuotendo appena la testa e cercando di mantenere la sua solita aria composta. In realtà, lo stomaco era andato su e giù a ritmo del suo respiro.
Prendersi una cotta per quello che – si fa per dire – era stato il suo kohai, non era di certo una bella esperienza. Specie se questa persona era dello stesso sesso. Non che Kita avesse mai avuto un reale interesse verso qualcuno: si impegnava nello studio, nello sport, nelle faccende di casa, ma per quel che riguardava una qualche possibile relazione amorosa… non ci si era mai messo di impegno. Aveva ricevuto diverse letterine da alcune fan, ma non gli importava davvero. Non credeva di aver bisogno di qualcuno accanto.
Fino all’arrivo di Miya Atsumu nella sua stramaledettissima vita, che fino ad allora si era basata solo sullo studio e sulla sistemazione giornaliera dell’appartamento. Aveva sempre avuto un certo interesse per quel ragazzino, diverse volte si era premurato delle sue condizioni, ma non avrebbe mai pensato a questo. Non avrebbe mai pensato di trovare indispensabile la sua presenza, per quanto rumorosa fosse. Non avrebbe mai pensato di trovare indispensabile le uscite al bar, i pomeriggi passati in biblioteca, o le serate in cui i due fratelli gemelli venivano a chiedergli se volesse cenare con loro. E prima ancora di aver assimilato del tutto l’idea che si era innamorato di lui, si era ritrovato a letto a… fare cose, mentre pensava a lui.
E si sentiva disgustoso per questo.
Lasciò il ragazzo sulla soglia, senza proferire alcuna parola, mentre ritornava nella sua stanza. Era un invito ad accomodarsi, per caso? Atsumu non ci rifletté molto, semplicemente si richiuse la porta alle spalle, una luce soffusa che proveniva da un lampada a forma di cilindro posta all’angolo. Come al solito, la casa di Kita era in perfetto stato, anche se era quasi sicuro che il ragazzo avrebbe detto che non era così. Si sarebbe lamentato dei fornelli sporchi o del fatto che i libri erano messi un po’ a casaccio sul tavolo. Era proprio fissato con l’ordine. Storse il naso, intravedendo la figura di Shinsuke che si buttava a peso morto sul letto, recuperando le coperte e nascondendosi sotto di esse.
Indugiò un attimo, mentre sentiva il casino proveniente dalla festa al piano di sopra. Okay, forse stavano esagerando un pochino…
«Non volevi sapere come mai sono vestito così?» disse, forse senza volerlo, entrando nella stanza del giovane universitario.
«Se ti va di dirmelo…» rispose, la voce attutita dalle coperte.
Fece una risata nervosa. «Ho perso una scommessa con alcuni miei colleghi.»
Shinsuke rimase in silenzio, completamente nascosto dalle coperte. Maledetto Atsumu. Maledetta festa. Maledetta febbre che non faceva altro che scombussolarlo ulteriormente, facendolo sentire come un’adolescente in piena crisi ormonale. Per la prima volta nella sua vita desiderò di poter rimanere a letto per sempre, lontano dal mondo intero; anzi, se avesse avuto la possibilità di prendere una navicella e partire per Marte, ne sarebbe stato molto lieto.
«Dov’è tuo fratello?» chiese poi, chiudendo definitivamente l’argomento riguardo alla scommessa di Atsumu.
«Nell’appartamento» disse, indicando il muro alla sua destra come a voler indicare l’intera abitazione. «Mi ha detto che sarebbe andato a dormire presto.»
Kita spostò la coperta, lasciando scoperto un occhio. «E riesce a dormire con questa confusione?»
Il biondo sollevò appena le spalle. Non poteva sapere che per Osamu sopportare le sue urla era da considerarsi un record mondiale. Qualche passo e due o tre canzoni, in confronto, erano niente.
Tamburellò le dita sul materasso, guardandosi attorno. Il rumore della sveglia sul comodino, dopo un paio di minuti, perforava i timpani, assieme ai rumorini della festa che, tuttavia, si erano attutiti.
Il suo sguardo ricadde su quella collinetta coperta da un piumone azzurro cielo, che altro non era se non il corpo di Shinsuke. Andava su e giù, come se su quella collinetta si formasse un’improvvisa crepa, ma poi tutto tornava normale. Respirava sommessamente.
Deglutì, cercando di darsi un certo contegno – anche se la dignità l’aveva persa con la sua patetica comparsa vestito in quel modo. Gli era capitato diverse volte di fissarlo, quando lo invitava a casa sua per cena. Di solito, lui e Osamu facevano una partita alla PlayStation, mentre Kita guardava. O meglio, all’inizio si portava un libro per leggere, ora non lo faceva più. E non era facile, per niente, concentrarsi sul gioco, quando era seduto accanto a lui. Saltava ogni volta che le loro gambe si sfioravano per sbaglio.
Dannazione. Non poteva restare un semplice compagno di vecchia data? Doveva prendersi una sbandata proprio per lui?
Un brivido lo percosse da capo a piedi, non solo per via di quello che aveva appena pensato, ma anche perché stava cominciando a sentire freddo con quelle calze addosso e le braccia scoperte.
«Non senti freddo in questa stanza?» sbottò poi, passandosi i palmi sulle braccia nel tentativo di scaldarsi.
«Il riscaldamento funziona male. Domani viene il tecnico.»
«Mh» rispose, cercando di apparire convincente. «Da noi funzionano...»
Si rese conto che quello che aveva detto suonava più come un invito a passare la notte da loro, ma scacciò questo pensiero.
Shinsuke si rannicchiò maggiormente, stringendosi nel maglioncino usurato che indossava. Gli tremavano le dita. Quel poco che aveva mangiato gli stava risalendo lungo lo stomaco. Perché doveva sentirsi così?
«Hai fame...?» Sentì il fruscio della plastica, probabilmente Atsumu aveva preso una bustina di caramelle e l’aveva aperta. Aveva abbandonato il sacchetto all’angolo senza guardarlo veramente.
«No...»
Nei minuti successivi, nessuno due disse niente. La musica al piano di sopra era ripartita, ma a un volume più sostenibile. Doveva essere una canzone originale di “Nightmare Before Christmas”, ma Kita non riuscì a sentirla bene. In compenso, i suoi sensi erano tutti concentrati su Atsumu, posto alle sue spalle. Stava mangiucchiando le caramelle in modo irritante e ogni tanto si lamentava per via del freddo.
Kita avrebbe potuto dirgli di prendere una delle sue felpe appese nell’armadio, o che c’era un altro piumone rigorosamente piegato che poteva usare. Eppure, non disse niente di tutto questo. Disse qualcosa che lasciò stupito persino lui stesso. Le orecchie gli andarono in fiamme, mentre parlava, anche se la sua voce mascherò il suo crescente imbarazzo.
«Se senti freddo, Miya-kun, puoi sempre stenderti qua accanto...»
Il biondo rimase di sale, la mano infilata dentro una busta arancione. Il fatto che Kita l’avesse detto con quel suo solito tono diretto e che, il più delle volte, non lasciava trasparire alcuna emozione, non significava che non stesse provando nulla. Questo, però, Atsumu non poteva saperlo. Anzi, credeva che si stesse prendendo gioco di lui.
Come poteva chiedergli una cosa così intima con una così tale leggerezza?
«Vuoi... vuoi che mi prenda la febbre anch’io? Lo sai che sono molto sensibile!» disse, nascondendo il tremore della sua voce usando un tono alto.
Fu allora che si accorse di come il respiro di Kita fosse accelerato. Respirava con affanno, come se cercasse sempre più aria.
Contrasse le sopracciglia, indeciso sul da farsi. Sapeva che si sarebbe pentito della sua scelta in ogni caso, perché anche se provava ribrezzo per quello che sentiva – verso un altro ragazzo, diamine! –, una parte di lui non poteva fare a meno di quel sentimento. Era diventato una parte di lui. Lo accompagnava da cinque mesi, oramai.
Shinsuke non pensava che avrebbe preso sul serio la sua proposta. E ringraziò che ci fosse buio lì sotto, perché altrimenti si sarebbe accorto dei suoi occhi spalancati oltre ogni misura.
«Ti sta salendo la febbre?» disse piano, come per non disturbare una quiete che non c’era.
L’ex capitano della Inarizaki ci mise un po’ a rispondere. «Non lo so... Mi fa sempre più male la testa...»
«Vuoi che ti prenda il termometro?»
«No... grazie.»
Miya scostò immediatamente lo sguardo. Quel vestitino cominciava a stargli scomodo. E sentiva caldo.
«Atsumu...» La sua voce aveva un tono d’urgenza. Gli fece quasi paura. Non l’aveva mai chiamato per nome, a meno che non fosse accompagnato dal fratello. E in ogni caso, il nome era sempre seguito da un suffisso. «Perché sei qui sotto...?»
«Sei stato tu a propormelo!»
Le sue dita si mossero senza volerlo veramente. O forse era la febbre che gli aveva permesso di fare un passo che credeva impossibile. Strinse con forza il tessuto elasticizzato del corsetto. Atsumu sussultò, e si sentì un completo idiota per quello che aveva fatto. Perché tutto non poteva tornare ad essere normale?
«Mi piaci...» sussurrò, tanto che il ragazzo credette di aver sentito male.
No, non aveva sentito male, perché Shinsuke continuò e le sue parole gli bloccarono il respiro in gola.
«É probabile che io ti disgusti... E anch’io mi disgusto. Vorrei davvero che quello che provo mi facesse schifo, ma...»
Alzò la testa, incontrando lo sguardo di Atsumu. Due ombre a forma di linee gli segnavano il volto, serio, cupo. Shinsuke non si aspettava questa reazione. Aveva immaginato mille volte il momento in cui avrebbe confessato tutto, e ogni volta Atsumu lo guardava con stupore misto a disprezzo. Era un incubo che lo tormentava anche mentre faceva quelle cose a letto, perché era un dolore insopportabile. L’idea che potesse perdere tutto quello che, negli ultimi mesi, era diventato indispensabile, lo faceva sentire oppresso, al punto da dover piangere per potersi liberare da quel peso.
Mai avrebbe immaginato che Atsumu potesse guardarlo così. Era come... se stesse pensando.
«Fa schifo anche a me... » disse, schietto. «Insomma, credo che sia sbagliato... Io non dovrei provare questo per te...»
Kita pensava che fosse tutto frutto della febbre e che stesse avendo delle allucinazioni. Eppure quel tessuto stretto tra le dita era reale.
«A un ragazzo dovrebbero piacere le ragazze... Io sono sempre andato dietro alle ragazze, ma...» S’interruppe un attimo, scostando lo sguardo di lato. «Ma nessuna mi fa sentire come mi sento quando sto con te...»
Tutto cominciò ad assumere un senso, per Kita, come un dipinto dai contorni più definiti. Gli sguardi che si lanciavano di tanto in tanto, i sorrisi un po’ impacciati, le frasi lasciate a metà. Non era tutto frutto della sua mente contorta e forse malata. Anche Atsumu era innamorato di lui.
Il buon senso e il senso di ribrezzo verso se stesso svanirono all’improvviso, cancellati completamente, mentre posava le labbra su quelle di Atsumu. Fu un bacio a fior di labbra, caldo per via della febbre sempre più alta. Non avrebbe immaginato che, una volta staccatosi, Miya lo ricercasse ancora, in un bacio su cui indugiarono per un po’.
«Questo... Questo come ti fa sentire?» domandò con affanno.
«Bene...» Fece un ghigno. «Mi fa sentire bene.»
«Ma senti ancora una sensazione negativa... vero?»
«Un po’» ammise. «É tutto troppo strano.»
Rimasero a fissarsi negli occhi per diversi secondi.
«Ascoltami – cominciò Shinsuke – potremmo provare... a frequentarci.»
«A frequentarci?»
«Come coppia.» Il suo cuore fece un capitombolo nel dirlo. «Ovviamente non dobbiamo dirlo a nessuno, per adesso, lo faremo quando ci sentiremo pronti. Quando capiremo che questa cosa va bene per entrambi...»
Atsumu rimase a osservare quegli occhi che sembravano quasi brillare, avvolti completamente dall’oscurità. Gli veniva quasi voglia di baciarlo ancora, ma si trattenne.
«Okay... Ci sto.»
Kita sorrise, infossando la testa sul cuscino.
«Allora... Di che scommessa di trattava?»



Passò un anno da quella sera di Halloween. Un anno in cui i due ragazzi uscirono spesso insieme, anche se non fu facile nasconderlo al fratello di Miya. Erano pur sempre gemelli, certe cose le capiva al volo. Un anno in cui si scambiarono diversi baci, in cui il loro corpo voleva di più, ma la loro mente no.
Un anno dopo si ritrovarono di nuovo in quell’appartamento, ancora una volta con una festa con tanto di musica e alcolici al piano di sopra.
Questa volta, però, Miya Atsumu non partecipò alla festa, ma indossò ugualmente il vestito sexy da strega. E Kita Shinsuke non aveva la febbre.
Semplicemente, approfittarono della confusione per soddisfare un desiderio che tenevano a bada nella parte più profonda del loro essere. Questa volta senza alcun remore.




Delucidazioni:
Non ho idea da dove salti fuori questa storia, né perché mi ostini a shippare una coppia che probabilmente shippo io e io sola (neanche sono presenti nella lista dei personaggi, ah ah, AH! *crepa*). In realtà, avrei voluto farla partecipare al Revival di Halloween indetto da Fanwriter.it, ma probabilmente vi beccherete un’IwaOi molesta tra un paio di giorni *le sparano*
Che dire della storia in sé? Che è molto stupida, che non è betata (quindi se trovate degli errori, segnalatemi, grazie ♥) e che non ho idea del perché abbia iniziato a shippare questi due così velocemente. Sarà che Kita è purissimo e mi piacciono troppo le dinamiche tra lui e Atsumu? *sospira*
Perché proprio un vestito da strega? Non lo so, Atsumu mi sembra quella persona che sarebbe capace di fare delle scommesse stupide con i propri colleghi universitari. E lo stesso vale per il ribrezzo che prova verso quello che sente per Shinsuke. Non chiedetemi il perché, mi danno l’impressione di due personaggi che devono far passare del tempo prima di iniziare una relazione del genere.
Fatemi sapere che cosa ne pensare della caratterizzazione dei personaggi, sono un po’ in ansia per questa storia *rotola via*
Oh, quasi dimenticavo: la canzone è questa, e vi metto come video l’AMV di Soul Eater, PERCHE’ E’ BELLISSIMO, KAY?
E diamo il benvenuto all'adorabile banner realizzato dalla mitica Ayumu, finalmente lo sto utilizzando! ♥♥
*applaude*
Ci vediamo presto su questi lidi, miei prodi! E partecipate al contest, che merita tutto! ;)
_Lady di inchiostro_
 
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l’uccellino cinguetta
  
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