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Autore: Ghost Writer TNCS    04/11/2017    7 recensioni
Raémia è un mondo ricco di magia, dove i contadini vivono del lavoro nei campi, i soldati in armatura girano da un villaggio all’altro per garantire pace e sicurezza, e i saggi maghi offrono i propri servigi in cambio di cibo e rispetto.
I numerosi Reami, popolati da altrettante specie diverse, sono posti sotto il controllo di sei Re: persone illuminate che garantiscono pace e prosperità al mondo intero. O almeno così era un tempo. Oggigiorno i Re si preoccupano più che altro di godersi le proprie ricchezze, e i nobili cercano sempre nuovi espedienti per guadagnare maggiore potere.
In questa precaria situazione, Giako – un Gendarme solitario cresciuto da una strega – verrà a conoscenza di una grande macchinazione volta a ribaltare gli equilibri del mondo. Da solo non potrebbe fare nulla, ma questa volta non sarà solo: quante persone servono per salvare il mondo?
Domande? Dai un'occhiata a http://tncs.altervista.org/faq/
Genere: Avventura, Azione, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '2° arco narrativo'
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10. Verso la magia

Erano passati già tre giorni da quando Shamiram e Jehanne si erano messe in contatto con la Regina Blu, e il clima si era fatto leggermente più mite. Fino a quel momento avevano viaggiato sempre verso nord, di conseguenza l’altitudine era calata in maniera graduale ma continua. In compenso l’atmosfera non era mutata: le grandi conifere continuavano a coprire il sole con le loro ampie chiome, lasciando il terreno nella consueta penombra.

Alisha, in sella alla sua ippolafa, continuava a guardare la foresta. Di tanto in tanto scorgeva il suo falchetto intento a cacciare piccoli animali, ma questo non serviva a farla sentire meglio. L’atteggiamento della sua maestra non era cambiato: l’umana continuava a preferire i libri alla sua compagnia, ed evitava il più possibile di parlare con lei.

All’improvviso Shamiram chiuse il suo libro con uno schiocco deciso, ma non così forte come nei giorni precedenti. Alisha non voleva farsi illusioni, tuttavia quello poteva essere un indizio che la sua maestra non era più così arrabbiata come voleva far credere.

La strega ripose il volume nella sua tasca magica e smontò dalla sua cavalcatura. Ben presto l’altra umana le andò incontro.

«Siamo arrivati?» domandò Jehanne.

«Sì, qui può andare bene» rispose Shamiram dopo aver dato un rapido sguardo ai dintorni.

In quel punto la foresta aveva un aspetto del tutto ordinario: le alte conifere oscuravano il sole, le piante basse erano abbastanza rade e non si vedevano animali o persone. Quest’ultimo dettaglio era positivo: sarebbe stato un problema se qualcuno le avesse interrotte.

Quello che per la maggior parte delle persone sarebbe stato un luogo assolutamente anonimo, per Shamiram offriva invece un prezioso vantaggio: era il più lontano possibile dagli obelischi presenti nella zona.

Tra i Reami giravano molte leggende a proposito della nascita del mondo, ma c’erano dei dettagli che restavano sempre più o meno costanti. Uno di questi era che i Primi Re avevano riunito i popoli in sei grandi regni, e che una delle loro prime opere era stata far costruire gli obelischi. Grazie ad essi era possibile attingere alla Magia dei Re, e per questo erano considerati l’emblema della presenza dei sovrani in ogni luogo. Intorno agli obelischi più imponenti erano state costruite grandi città dove chiunque poteva eseguire incantesimi grazie a catalizzatori analoghi ai pendenti dei Gendarmi.

Ma alle due streghe non serviva la Magia dei Re: loro avevano bisogno di un’energia più pura, grezza, tale da poter essere riplasmata secondo le loro esigenze.

«Alisha, devo preparare il cerchio» affermò Shamiram.

La myketis non se lo fece ripetere e fece allontanare gli ippolafi di alcuni metri, così da lasciare alla sua maestra lo spazio necessario.

«Voi due, assicuratevi che nessuno venga a disturbarci» aggiunse l’umana in direzione di Giako e Jehanne.

«Agl’ordini, mia signora» rispose la giovane con evidente sarcasmo.

«Quanto ci vorrà?» chiese invece il mezzelfo.

«Tutto il tempo necessario» replicò seccamente Shamiram. Era ancora di cattivo umore per la condotta della sua allieva, ma a disturbarla era stato soprattutto il commento irriverente di Jehanne. Il Gendarme era senza dubbio il meno meritevole di una simile risposta.

«Puoi smontare i bagagli dal tuo ippolafo» intervenne Alisha, cercando di alleviare la tensione. Seppur in maniera indiretta, si sentiva la principale responsabile per quella situazione, quindi aveva il dovere di fare qualcosa. Conosceva Giako e sapeva che non era uno che se la prende, a preoccuparla erano invece Jehanne e Shamiram: la giovane aveva tutta l’aria di una che non ama ricevere ordini, al contrario la sua maestra aveva l’abitudine di presupporre che chiunque fosse a sua disposizione.

Per fortuna nessuna delle due sembrava intenzionata a continuare il battibecco e ognuno si mise all’opera per svolgere il proprio compito.

Come aveva fatto innumerevoli volte in passato, Alisha osservò la sua maestra che si preparava all’incantesimo: dopo un attimo di silenzio per raccogliere la concentrazione, l’umana aprì le mani e le sollevò lentamente. Dei mansueti soffi di vento cominciarono a spirare intorno a lei, sollevandole il mantello e alimentando la solennità della sua figura. La myketis poteva avvertire il flusso di energia sprigionato dalla donna, vide la sua magia che spianava il terreno scuro intorno a lei con una facilità disarmante, sbriciolando gli arbusti più piccoli così come le robuste radici degli alberi. Nel giro di pochi secondi Shamiram aveva creato un disco perfettamente pianeggiante dal diametro di circa cinque metri.

«Dammi una mano a preparare il cerchio» chiese l’umana, elencando alla sua allieva le rune di cui avevano bisogno.

«Hai cambiato alcune formule» notò Alisha alla fine.

Un accenno di soddisfazione apparve sul viso di Shamiram: la myketis non aveva perso la propria capacità di osservazione. «Negli ultimi tempi ho studiato molto questo tipo di rituali.»

Le due donne cominciarono a tracciare il complesso schema di forme e simboli, il cui scopo era di convogliare l’energia magica e facilitarne la manipolazione. Non si trattava di un passaggio necessario e tutto sommato era una procedura piuttosto noiosa, tuttavia per gli incantesimi più lunghi e complessi era utile avere dei “binari” che alleggerissero gli sforzi del mago, che in questo modo poteva focalizzarsi sui passaggi più importanti.

Mentre loro si preparavano al rituale, Giako, Jehanne e il falchetto continuavano a tenere d’occhio i dintorni per essere sicuri che nessuno osasse interromperle.

«Io ho finito» annunciò Alisha.

Shamiram tracciò l’ultimo gruppo di rune e poi fece un paio di passi indietro per controllare il risultato. «Sì, direi che va bene.» Con un incantesimo di levitazione sollevò il cadavere di Bengal, lo liberò dal mantello che lo avvolgeva e lo adagiò delicatamente al centro del cerchio. Alisha lo aveva vestito con degli abiti pesanti che si era portata dietro da casa: in questo modo il felidiano non avrebbe patito il freddo una volta resuscitato.

La myketis si apprestò a raggiungere uno dei due anelli più piccoli, ma la sua maestra la chiamò e le andò incontro. Per qualche secondo rimase in silenzio, forse per trovare le parole giuste, poi finalmente diede voce ai suoi pensieri: «Sì, sono ancora arrabbiata con te per quello che hai fatto… ma in realtà ti posso capire. Nel corso dei secoli ho perso moltissime persone care, quindi immagino come devi esserti sentita in quel momento.» Fece una pausa. «Se mi fossi trovata nella tua stessa situazione, probabilmente avrei agito allo stesso modo.» La guardò, e per la prima volta nei suoi occhi c’era solo affetto: l’affetto che una maestra prova per la sua allieva più brillante. «Io sono dalla tua parte, ok?»

A sentire quelle parole, Alisha non riuscì a trattenere una lacrima di gioia. Senza preoccuparsi di sembrare una bambina, l’abbracciò con riconoscenza, stringendosi a lei come a un’ancora di salvezza.

Shamiram non si oppose, anzi ricambiò l’abbraccio. Conosceva bene la sua allieva, e sapeva che la disperazione della myketis andava oltre quella singola perdita. Alisha aveva lasciato il suo villaggio natale che era poco più di una bambina, si era messa tutto alle spalle per seguirla e imparare a sfruttare al meglio i suoi poteri. Quando, anni dopo, era tornata a casa per una vacanza, il suo villaggio non esisteva più: una grave epidemia aveva ucciso quasi tutti gli abitanti, e i pochi superstiti avevano bruciato ogni cosa ed erano andati via per scampare alla morte. Quella perdita l’aveva letteralmente distrutta. Shamiram aveva impiegato settimane per farle accettare la perdita della famiglia, ma si trattava comunque di una ferita che non sarebbe mai guarita del tutto.

Il fatto di aver conosciuto Giako l’aveva sicuramente aiutata a ritrovare quell’atmosfera familiare di cui tanto aveva sentito la mancanza. E il triste destino che li accomunava aveva reso ancora più forte il loro legame.

Quando aveva conosciuto Bengal e i due avevano cominciato a frequentarsi, tutto aveva fatto pensare a un definitivo lieto fine. Ma la morte del felidiano aveva mandato in pezzi ogni sua prospettiva per il futuro e i fantasmi nella sua mente si erano risvegliati, più spaventosi che mai. Solo ora, grazie al perdono di Shamiram, si erano placati.

«Grazie, maestra.»

L’umana le sorrise. «Ora vediamo di far tornare il tuo compagno.»

Alisha asciugò rapidamente la lacrima e si posizionò all’interno del proprio anello. L’umana fece altrettanto e in pochi istanti la fitta trama di rune e simboli cominciò a illuminarsi.

La myketis chiuse gli occhi. Poteva sentire distintamente il flusso di energia che scorreva sulla sua pelle e dentro il suo corpo, dolce e familiare. Ma non era la magia di cui avevano bisogno. Come aveva fatto a non rendersi conto che una simile energia era troppo rigida, troppo poco malleabile per poterla riplasmare a dovere?

Sempre avvolta dai flussi di magia, cominciò ad avanzare con la mente, fluttuando in un ambiente indefinito che pareva un oceano d’acqua. La loro era una meta immateriale, astratta, e il percorso che dovevano seguire sarebbe stato tutt’altro che agevole.

Quasi subito uno sgradevole formicolio cominciò a disturbarle le braccia. Le maniche dei suoi vestiti erano svanite improvvisamente e degli insetti scuri erano apparsi al loro posto. Quegli esseri ripugnanti si moltiplicavano a velocità esponenziale: in pochi secondi le braccia della myketis ne furono ricoperte. Riusciva a distinguere ogni zampetta aguzza pungerle la carne, ma c’era di peggio: la disgustosa secrezione puzzolente che quelle bestiacce si lasciavano dietro. Un moto di terrore la scosse quando gli insetti affrettarono la loro marcia verso la testa. No, non poteva sopportarlo. Tutto ma non quello…

«Resta concentrata.»

La voce di Shamiram le ricordò che tutto quello era solo un’illusione, un avvertimento a non proseguire oltre. Loro però non si sarebbero fermate.

Alisha serrò gli occhi e la bocca, sforzandosi di cancellare quell’immagine disgustosa dalla sua mente. Quando riaprì gli occhi, la sua proiezione mentale era libera dagli insetti, e anche il suo vestito era tornato normale. Ma il difficile doveva ancora arrivare.

Ora non stavano più fluttuando, lei e la sua maestra erano tornate saldamente a terra, e davanti a loro si stagliava una minacciosa selva di rovi neri. Quella barriera era stata eretta decenni, per non dire secoli prima e il suo scopo era impedire ai maghi di avere accesso alla straripante magia grezza che permeava Raémia. Erano stati i Primi Re a far erigere tutte quelle protezioni: un’energia così potente era la più grande ricchezza del loro mondo, ma anche la più grave minaccia alla sua stabilità. Maghi come Shamiram, o anche la stessa Alisha, avrebbero letteralmente potuto soggiogare il mondo intero se fossero riusciti a impadronirsi di un simile potere e a garantirsene il monopolio. Per fortuna solo in pochi erano a conoscenza di un simile tesoro nascosto: per quel che ne sapeva la myketis, solo la sua maestra, i due Re Immortali e i più fidati consiglieri di questi ultimi ne erano al corrente.

Alisha e Shamiram si scambiarono uno sguardo d’intesa e, dopo essersi tolte i mantelli, si addentrarono nell’intricato groviglio di spine. Le punte aguzze graffiavano la pelle, si impigliavano ai capelli e ai vestiti, ma questo non le fece desistere. Dovevano superare anche quell’ostacolo se volevano avere accesso alla magia pura.

Ad ogni passo che facevano, la selva si faceva più densa. Le spine ora erano uncini lunghi e affilati che penetravano nella carne, cercando di strapparla ad ogni minimo movimento. Il dolore che si insinuava nelle loro menti era una mera illusione, ma era così perfetto da far pensare loro di essere davvero sul punto di morire. E le magie curative risultavano del tutto inefficaci. Alisha non sarebbe mai riuscita a proseguire se non fosse stato per Bengal, e si chiese come facesse Shamiram a sopportare quell’atroce sofferenza. L’umana stava facendo tutto quello per il bene dei Reami, ma anche per la sua allieva: la myketis non avrebbe potuto desiderare una maestra migliore.

Un passo, un altro, e poi ancora. La selva non accennava a diradarsi, in compenso la temperatura stava progressivamente aumentando. Alisha si accorse di avere la fronte imperlata di sudore, ma non osò asciugarsi: ogni minimo movimento era un’agonia.

Giusto, Shamiram le aveva spiegato che c’erano tre barriera poste a difesa della magia: la prima serviva a spaventare – gli insetti –, la seconda invece era per ferire – quella selva. Quel calore era forse un indizio della terza barriera?

Quella minima distrazione bastò a farle abbassare un attimo la guardia; quando provò a fare un altro passo, qualcosa la trattenne. Con gli occhi blu colmi di terrore, si voltò quel tanto che i rovi le permettevano. Ciò che vide le fece gelare il sangue: alcuni rami si erano avvolti intorno al suo braccio e le spine affondavano nella carne già piena di tagli. Provò a tirare lentamente, ma un dolore insostenibile esplose nella sua mente. No, no, no. Non ce la faceva. Non poteva proseguire.

«Alisha.»

«No, non ce la faccio! No!»

«Alisha, calmati.» La voce di Shamiram era calma, rassicurante. Anche lei era sudata e coperta di graffi sanguinanti, ma stava sopportando il dolore. «Ricorda perché lo stai facendo. Questo è l’unico modo per resuscitare Bengal.»

Sentire il nome del suo amato fu come ricevere una scarica di energia in tutto il corpo. Quello che il felidiano aveva passato era stato cento volte peggio di quello che stava provando lei in quel momento: non poteva arrendersi!

Ritrovata la necessaria forza di volontà, serrò gli occhi per buttare fuori la patina di lacrime. Strinse i denti e tirò con forza. Urlò di dolore quando le spine le strapparono la pelle, ma non si fermò. Se non usciva subito da quella selva, non sarebbe più stata in grado di proseguire.

Con il corpo straziato dalle ferite, continuò ad avanzare, più veloce che poteva, come in apnea. Doveva pensare solo a Bengal, era l’unico modo per sopportare quel dolore atroce.

All’improvviso la selva finì e lei cadde a terra, in lacrime e coperta di sangue. Non avrebbe mai più attraversato quella barriera, per nulla al mondo. Per fortuna andarsene sarebbe stato più facile.

«Alisha, va tutto bene?»

La myketis si mise carponi e poi prese la mano di Shamiram, che l’aiutò a rialzarsi. Anche la sua maestra era conciata male, ma pian piano le loro ferite cominciarono a rimarginarsi. Sarebbe stata una sensazione meravigliosa, se non fosse per l’insopportabile calore che le stava cuocendo lentamente.

«Siamo all’ultima barriera» affermò l’umana, che già si stava sfilando il suo raffinato soprabito rosso.

Solo allora Alisha ebbe il coraggio di guardare davanti a sé, e ciò che vide per poco non le fece rimpiangere la foresta di spine. Immenso, così alto e lungo da non riuscire a vederne la fine, si stagliava un muro di fuoco puro. Era talmente denso che risultava impossibile vedere cosa ci fosse dall’altra parte.

Una mano spuntò dalle fiamme, gettando scintille sul terreno polveroso. La myketis urlò di paura, e il suo viso divenne una maschera di terrore quando capì che la mano apparteneva a un mostro di fuoco. L’essere strisciò fuori dal muro e le fissò con la sua testa priva di connotati. Spalancò la bocca ed esplose un fragoroso ruggito. Passarono pochi secondi e altri essere simili a lui spuntarono a loro volta, decisi a respingere le intruse.

Alisha sbarrò gli occhi, tremante. Le parole uscirono da sole dalla sua bocca, simili a una condanna: «La barriera per uccidere.»



Note dell’autore

Ciao!

Ebbene sì: resuscitare di nuovo Bengal non è così facile :P

In realtà in questo caso il problema non è tanto la resurrezione in sé, quando “raggiungere” la magia necessaria all’incantesimo. Per Alisha e Shamiram il peggio deve ancora arrivare, ma almeno adesso l’allieva sa di poter fare affidamento sulla sua maestra.

Nel frattempo ho potuto svelare uno degli aspetti peculiari di Raémia, ossia la sua straripante energia magica. Questa caratteristica ha implicato e implicherà conseguenze molto importanti per la storia del pianeta, ma non sono qui per spoilerare XD


Concludo dicendo che il prossimo capitolo si intitolerà La missione di Artemis, e ovviamente sarà incentrato sulle amazzoni.

A presto! :D


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