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Autore: Signorina Granger    05/11/2017    12 recensioni
INTERATTIVA || Conclusa
C’è un’area ristretta, protetta da una barriera inaccessibile, dove le persone vivono in armonia, nella ricchezza, ognuno ha il suo ruolo e vige la più totale giustizia.
L’opportunità di accedervi viene data a tutti, quando ogni quattro anni ha luogo un Processo di selezione, fatto di test e prove, al quale viene sottoposto chiunque abbia già compiuto vent’anni, dando a chi più se la merita la possibilità di vivere una vita migliore nell’Offshore.
L’occasione è una sola e se sprecata recuperarla è impossibile.
Benvenuti nel Processo.
[La storia prende ispirazione dalla serie “3%”]
Genere: Introspettivo, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maghi fanfiction interattive
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
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Capitolo 7: La porta (Parte I)


“Ci sono giunte brutte notizie dal San Mungo, Nymphea… pare che i tuoi genitori abbiano avuto un incidente, qualcosa dev’essere andato storto con il loro lavoro.”

Nymphea entrò nella corsia quasi di corsa, guardandosi intorno per cercare una qualche figura familiare o un Medimago che potesse darle notizie dei suoi genitori. Un’infermeria le aveva detto il numero della stanza dove li avevano ricoverati, ma aveva finito col dimenticarselo in fretta, troppo impegnata a pensare alle parole con cui il Preside l’aveva accolta nel suo studio solo un’ora prima, accorpandole il permesso di recarsi momentaneamente in ospedale per vedere con i suoi occhi come stessero i genitori.

Stava per chiedere notizie ad un Medimago quando la sua attenzione venne catturata completamente da un suono: un singhiozzo, qualche metro più avanti rispetto a lei.
La Tassorosso distolse lo sguardo dalle porte grigie delle camere per posarlo su quello che riconobbe con un tuffo al cuore come i suoi fratellini, seduti uno vicino all’altra su due sedie e con un’infermiera inginocchiata di fronte a loro, impegnata a sorridere e a rassicurare i due bambini.

Sua sorella Sì stava strofinando gli occhi, facendo dondolare le gambe dalla sedia, mentre suo fratello era in silenzio e a capo chino, come di rado le era capitato di vederlo.

“Rin!”
Le labbra carnose di Nymphea si inclinarono istintivamente in un sorriso mentre si avvicinava ai fratellini, che sentendo la sua voce alzarono immediatamente lo sguardo. Nerine sorrise a sua volta, saltando giù dalla sedia per sgambettare verso di lei:

“Nym!”
La bambina di tre anni allungò le braccia verso le sorella maggiore, che la prese in braccio e le diede un bacio su una guancia, accarezzandole i capelli scuri.

“Ciao cucciola… non preoccuparti, ci sono io adesso. Ciao Cole…”
La ragazza si sforzò di sorridere al fratellino, che le si avvicinò per abbracciarla:

“Mamma e papà stanno male.”
“Adesso questi signori li guariscono Cole, vedrai.”

Nymphea sorrise al bambino, accarezzandogli i capelli mentre Nerine nascondeva il viso nell’incavo nel suo collo, abbracciando la sorella che in quel momento sperò ardentemente di non essersi sbagliata.




“Non ha ancora ripreso conoscenza?”
Zavannah si avvicinò al letto dove avevano lasciato Nymphea circa un quarto d’ora prima, quando una volta fuori dal corridoio aveva perso i sensi. 

Berenice, che si era seduta sul letto in basso accanto, scosse il capo mentre continuava a tenere gli occhi fissi sull’amica, sperando che si riprendesse rapidamente:

“Non capisco perché abbia reagito così male… non hanno detto nulla?”
“No, solo che può succedere ma che dovrebbe riprendersi. Pare che per alcuni gli effetti siano più “incisivi” che per altri.”

Zavannah si strinse nelle spalle, appoggiandosi alla sbarra del letto a castello mentre osservava l’ex compagna di Casa a sua volta, chiedendosi che cosa avesse visto e cosa stesse passando in quel momento, mentre sembrava agitarsi nel sonno.

“Chissà che cosa ha visto…”
“Forse i suoi fratelli. O i suoi genitori…”
“Mi ha parlato dei suoi fratelli proprio stamattina… è molto legata a loro?”

“Molto. Sono piccoli, hanno solo sette anni… e da quando ci siamo diplomate se ne è occupata interamente. A volte mi chiedo come ci sia riuscita, a soli 18 anni con due bambini di tre…”
“È successo qualcosa ai suoi genitori?”

“Stavamo per finire l’ultimo anno, eravamo a pochi giorni dagli esami quando la chiamarono… hanno avuto un incidente lavorando nella loro serra, sono entrambi erboristi che lavorano su commissione… pare abbiano inalato qualcosa da cui sarebbe stato meglio tenersi alla larga.”


“Perché devi andare via? Voglio venire con te.”
“Tesoro, verrà il momento di andare ad Hogwarts anche per te, ma non adesso… I tratta solo di un paio di settimane, ok? Poi tornerò a casa.”

Nymphea sorrise mentre, inginocchiata accanto al camino nel salotto di casa propria, parlava alla sorellina, che invece la guardava con aria malinconica, implorandola di non tornare a scuola:

“E quando torni starai con noi.”
“Certo Rin, mi prenderò io cura di voi mentre mamma e papà sono…. Via.”

“E loro quando tornano a casa?”
“Non lo so, si vedrà… ma non ci pensare, ok?” Possiamo andarli a trovare quando vorrete, quando sarò tornata, stanno bene.”

Nymphea sorrise, sporgendosi per lasciare un bacio sulla guancia della sorellina, che annuì con aria sconsolata:

“Ok. Quando torni starai sempre con noi?”
“Certo, non vado da nessuna parte senza di te e Cole, ma ora devo tornare a scuola.”
“E poi non andrà più via.”

“No, non andrò più via.”

Nymphea si sforzò di sorridere mentre accarezzava i capelli scuri della bambina, pensando al Processo che di lì a poche settimane sarebbe iniziato. Lei era ovviamente troppo giovane, ma quattro anni dopo sarebbe toccato anche a lei… e cosa avrebbe fatto? Avrebbe lasciato Cole e Rin a loro stessi per avere una vita migliore?

Ma si disse di non pensarci. No, si trattava di quattro anni… per allora avrebbero di certo trovato il modo di guarire i suoi genitori. Ne era sicura.





“Scusate?”

Nel sentire una voce quasi sconosciuta sia Zavannah che Berenice si voltarono verso l’ingresso della stanza bianca e spoglia che ospitava solo tre letti a castello, posando così lo sguardo sul ragazzo che era comparso sulla soglia prima di porta:

“Sì è ripresa?”
“Non ancora.”
Berenice scosse il capo, lanciando un’occhiata carica di curiosità in direzione di Phoebus, che invece abbassò lo sguardo su Nymphea, guardandola tremare leggermente, come quando l’aveva portata fuori dal corridoio venti minuti prima. 
Quando aveva perso i sensi gli esaminatori avevano detto di non poter fare alcuna eccezione e gli avevano chiesto di portarla fino al lo “alloggio temporaneo” una specie di cantina che ospitava un dedalo di corridoi e stanze minute solo di letti a castello.
Avrebbero passato la notte lì, così avevano detto. 


“Tu eri con lei… che cosa le è successo?”
“Non lo so, eravamo tutti sotto l’effetto delle allucinazioni… lei non si muoveva e neanche parlava, sembrava quasi in trance, tremava e piange a e basta. Ma quando l’ho portata fuori era ancora cosciente.”

Phoebus si avvicinò al letto mentre Zavannah distoglieva lo sguardo dal ragazzo, lanciando un’occhiata eloquente in direzione di Berenice:

“Beh, grazie per averla aiutata… ti va di restare qui per un po’, così noi andiamo in esplorazione?”

“Se non l’avessi portata fino in fondo ora non sarei qui nemmeno io.”

Phoebus si strinse nelle spalle, parlando con un tono piuttosto neutro – anche se, per un attimo, si chiese chi volesse convincere tra i presenti con quelle parole – mente Berenice si alzava dal letto, inarcando un sopracciglio:

“Beh, grazie comunque a nome suo. Ti dispiace restare qui per un po’?”
“No, va bene… non c’è molto da fare qui, dopotutto.”

Il Serpeverde si strinse nelle spalle, continuando a cercare di apparire il più noncurante possibile mentre mentre le due ragazze uscivano dalla stanza, lasciandolo solo con la Tassorosso.
Phoebus sedette sul letto di Berenice, osservando il volto pallido e quasi teso della ragazza e chiedendosi sinceramente che cosa stesse sognando, o cosa avesse visto nel corridoio… lui aveva visto i suoi genitori accusarlo di non accettare la sua stessa famiglia nel rifiutarsi di sposare sua cugina, e anche se non era stato per nulla piacevole si era ripreso in fretta. Lei invece no… e per un attimo, Phoebus si chiese sinceramene se si sarebbe davvero ripresa. Era possibile che il gas avesse danneggiato qualcosa nel cervello della ragazza?


*


“Che fine ha fatto Phoebus?”

Quando parlò, Kieran ruppe il silenzio che si era creato nella stanza da quando lui e i compagni ci avevano messe piedi, occupando un letto ciascuno. 
Sembrava che nessuno avesse molta voglia di parlare ma nel non vedere l’amico tornare il Serpeverde non riuscì a non chiederlo a voce alta, rivolgendosi a Theodore e Alastair, entrambi stesi e in silenzio sul letto a castello accanto. 

Theodore, che aveva occupato il letto in alto accanto al suo e fissava un punto della parete con aria assorta, esitò prima di rispondere con tono piatto, come se stesse pensando ad altro:

“Credo volesse vedere come sta la ragazza che non si sentiva bene… Nymphea. Quella che era in gruppo con lui.”
“Vado a cercarlo, sono stanco di stare qui e non fare nulla…”

Kieran sbuffò prima di sollevarsi e saltare giù dal letto senza tante cerimonie, uscendo dalla c’entra innaturalmente silenziosa: sia Theodore che Alastair quasi non avevano aperto bocca da dopo la fine della prova, entrambi apparentemente impegnati a rimuginare su cosa avessero visto e sentito. 
Cercando di convincersi che non fosse stato reale, ma solo frutto di un’allucinazione. 


Ci aveva provato anche Kieran, e alla fine era giunto alla conclusione di aver assolutamente bisogno di avere altro a cui pensare. 


*


“Mairne, perché continui a tremare? Hai freddo?”
“No… non lo so.”

Mairne sbuffò, stringendosi la coperta addosso mentre Lilian, in piedi accanto al letto dell’amica, le rivolgeva un’occhiata preoccupata. La stanza era avvolta nel silenzio, fatta eccezione per le parole delle due, visto che Louella non aveva aperto bocca dalla fine della prova e Hailey si era semplicemente stesa su un letto in alto, infilandosi sotto le coperte senza proferir parola, rivolta verso la parete. 

“Ha a che fare con quello che hai visto? Mi dispiace se ti ha toccata tanto… non è stato facile nemmeno per me.”
“Hai visto i tuoi fratelli?”

“Lindsey. Sai, per… la collana.”

Lilian annuì con un sospiro, incrociando le braccia al petto mentre abbassava lo sguardo, evitando di guardare l’amica in faccia mentre ripensava alle parole della sorellina. 

“Lily, so che ti senti in colpa, ma non è stata colpa tua, non avevi scelta.”
“Tecnicamente sì, ho scelto di voltare definitivamente le spalle alla mia famiglia.”
“Certo, ma lo stai facendo per LORO. Anche Noah fa ragionamenti di questo tipo, si sente in colpa per sua sorella, ma se vuole vivere nell’Offshore è anche per lei.”

Mairne si strinse debolmente nelle spalle e l’amica le rivolse un’occhiata incerta prima di parlare:

“Vuoi che chieda a Noah di venire? Hai visto lui?”
“Non mi va di parlarne.”

“Lo prendo come un sì… ok, lo chiamo.”
“Lily no, altrimenti vorrà sapere che cosa ho visto e non mi va… Lily, torna qui! LILY!”

Mairne fece per alzare il tono di voce mentre chiamava l’amica, ma si morse la lingua nel lanciare un’occhiata ad Alethea, Louella ed Hailey, dicendosi che forse stavano dormendo e non voleva certo svegliarle e beccarsi una maledizione… anche se avevano sequestrato loro le bacchette prima di farli entrare lì. 

Chissà per quale motivo, in effetti. 


*


“Ah, sei qui.”
“Ciao… mi cercavi?”

Phoebus si voltò verso la soglia della stanza mentre Kieran annuiva, avvicinandosi all’amico e sedendosi accanto a lui:

“Sì, al momento Theo e Al non sono particolarmente loquaci… anche se c’è da capirli, certo. Credi che abbiano visto i loro genitori?”
“Può essere… per me è stato così. Tu che cosa hai visto?”

“Mio padre.” 

Kieran sfoggiò una lieve smorfia nel ripensare al padre e alle parole che aveva sentito, sia nel corridoio sia in infinite occasioni nel suo passato. Parole che non aveva nessuna voglia di dover ascoltare di nuovo, in futuro. 

“Lo immaginavo. Dev’essere stato difficile.”
“Penso lo sia stato per tutti, altrimenti non sarebbe stata una prova… ma siamo ancora qui, conta solo questo. E ormai siamo considerevolmente vicini, no? Forse possiamo davvero iniziare a prendere in considerazione l’idea di poter arrivare infondo insieme.”

Kieran sorrise appena, tornando leggermente di buon umore a quell’idea mentre Phoebus annuiva, sorridendo debolmente di rimando mentre continuava a tenere gli occhi scuri fissi sulla ragazza che aveva davanti.
Kieran, dopo un minuto di silenzio, seguì lo sguardo dell’amico e parlò di nuovo, osservando Nymphea con curiosità:

“Non si è ancora svegliata?”
“No. A questo punto mi chiedo se potrebbe non succedere…”
“Spero per lei di no, non credo stia facendo sogni piacevoli, al momento. Perché sei qui, a proposito?”

Phoebus si strinse nelle spalle, limitandosi a rispondere che voleva vedere come stesse la ragazza mentre Kieran abbozzava un sorriso, guardandolo quasi con aria divertita:

“Sai, non me lo sarei aspettato.”
“Beh, non ho un cuore di pietra, Kier.”
“Non parlo della tua empatia, ma parlo di a chi è rivolta. Sì, insomma, non la facevo il tuo tipo.”

“Smettila. L’ho solo vista stare male nella prova, ed è molto gentile e carina, non se lo meriterebbe.”

“Sì, hai ragione, è molto carina. Anche se, ripeto, non la facevo il tuo tipo. No, se devo essere onesto avrei detto che avresti puntato la ragazza alta dai capelli rossi della stanza qui accanto.”
“Non ho puntato nessuno, Kier, sono qui per l’Offshore, non per divertirmi.”

“Davvero? Ma io non parlo di questo… Insomma, se ti vuoi divertire fa pure, nessun problema. Quello che secondo me dovresti evitare é prenderti una cotta per qualcuno. Non in questo contesto almeno, lo dico perché potrebbe rivelarsi difficile.”

Phoebus non disse niente, limitandosi  a serrare la mascella mentre teneva gli occhi scuri fissi su Nymphea, trattenendosi dal dire all’amico che sì, lo sapeva, non era certo il contesto giusto per quel genere di cose, se l’era ripetuto anche prima dell’inizio del Processo. 

Ma probabilmente non doveva preoccuparsi, era solo rimasto colpito da quei lineamenti dolci, quei grandi occhi verdi e quelle labbra carnose. Solo attrazione fisica, nulla di più.

“Insomma, sarebbe davvero ironico se per una volta dovesse davvero piacerti qualcuna proprio adesso… anche se non fraintendermi, sarebbe anche ora.”
“Kier, sembri mia madre, e se sono qui é anche per scappare dalla mia famiglia… Piantala.”

*


Quando mise piede nella stanza di Mairne Noah sentì, per la seconda volta, la successione di quattro brevi suoni che segnalava il passare delle ore vista l’assenza di orologi o finestre nella cantina perennemente illuminata dove li avevano sistemati. 
Il ragazzo però non ci fece molto caso, concentrandosi invece sull’amica e raggiungendola con un paio di falcate, sedendo sul suo letto:

“Ehy… come va?”
“Bene, tu come stai?”
“Meglio, anche Milo… Lily mi ha detto che hai ancora dei postumi. Mi vuoi dire che cosa hai visto?”

Noah inarcò un sopracciglio, allungando una mano per prendere quella della bionda, che però scosse debolmente il capo:

“Non mi va di parlarne.”
“Neanche con me? Così mi offendi, Mairne.”

“Davvero, preferisco di no. Tu hai visto Darcy?”
“Preferisco non parlarne.”

“Non farmi il vero, Carroll!”
La bionda sbuffò, facendo scivolare la mano dalla presa dell’amico per incrociare le braccia al petto, mentre il ragazzo invece sorrise appena, guardandola con aria divertita:

“Sono più grande di te, porta un po’ di rispetto… va bene, io ho visto mia sorella. Tu chi hai visto?”
Mairne esitò, fissando lo sguardo sul copriletto mentre sentiva la mano di Noah stringere nuovamente la sua, scaldandogliela. 

“Te.”
“Davvero? Ed ero bello come nella realtà?”
“Lo vedi? Inizi già a prendermi in giro.”

Mairne rivolse un’occhiata torva all’amico, che invece sorrise con aria divertita, guardandola con affetto:

“Prometto che starò in silenzio. Sul serio, che cosa ti ho detto?”

“Che ormai sei mio amico solo per abitudine, che sei stanco di avermi tra i piedi, che la mia parlantina ti irrita…”
“Beh… non fare quella faccia, sto scherzando. Davvero Mairne, non pensarci, sai che ti voglio bene. Sei come una seconda sorellina, per me… mia madre, lo sai, praticamente non c’è mai stata per me e Darcy, non si è mai interessata a fare la mamma ed era sempre in giro per gli affari propri. Tu e Darcy siete la mia famiglia.”

Mairne abbozzò un sorriso alle parole dell’amico, guardandolo quasi con sollievo prima di sporgersi leggermente e abbracciarlo, assicurandogli che sarebbe dovuta passare molta acqua sotto i ponti prima che riuscisse a liberarsi di lei e della sua parlantina. 

E anche se Noah non glielo disse, ne fu immensamente sollevato. 


*

Quando sentì per la terza volta la breve successione di suoni metallici Alethea era in piedi nell’”atrio” della cantina, davanti alla porta da cui erano entrati, ormai chiusa, e ad una specie di largo tubo dall’imboccatura scoperta. 

Quindi erano passate tre ore… ormai doveva essere buio, fuori, da diverso tempo e molti candidati si erano ritirati nelle rispettive stanze per dormire, ma lei non si sentiva stanca, affatto. 

Continuava a chiedersi che cosa avrebbero dovuto affrontare il giorno seguente, mentre teneva gli occhi chiari fissi sul grande tabellone illuminati fiocamente che aveva davanti, che riportava una lunga colonna di combinazioni differenti di quattro numeri, sempre tra l’uno e lo zero. 

Di certo li avrebbero informati solo il mattino seguente, ma la curiosità la stava attanagliando da quando li avevano congedati rapidamente, consigliando loro di riposarsi in vista della prova successiva.

Erano passate tre ore e non era successo nulla, nessuna comunicazione… e nemmeno nessuna traccia di una cena. Niente, silenzio totale. 


C’erano solo quella chiusa, quel tubo, quel tabellone e quelle quattro leve che, ne era sicura dopo un rapido esame, erano presenti in tutte le stanze, ma sembrava che ben pochi ci avessero fatto caso, troppo impegnati a festeggiare per essere ancora in gara. 


Ma Alethea aveva la netta sensazione che la presenza di quelle leve non fosse affatto dovuta al caso. No, probabilmente erano legate a loro volta alla prova. 

“Ancora sveglia? Io non riesco a dormire.”

Alethea si voltò e annuì, rivolgendo un lieve cenno in direzione di Louella, che le si stava avvicinando con i capelli biondi sciolti sulle spalle esili e le braccia conserte, quasi a volersi difendere da qualcosa:

“Neanche io. Sto pensando a… questo.”
“A cosa servirà? Me lo sono chiesta anche io. Immagino che lo scopriremo domani mattina.”

Alethea annuì mentre posava nuovamente gli occhi azzurri sul tabellone, osservandolo con attenzione. 
Strano, ma aveva la sensazione che le cose sarebbero andate diversamente.


*


Stando al numero di volte in cui aveva sentito la “campana”, erano lì da quattro ore. 
In effetti era stanco e da una parte avrebbe voluto andare a dormire, ma era ancora seduto lì, a controllarla.

Nymphea non si era ancora svegliata, ma aveva smesso di agitarsi già da un’ora… anche se Phoebus stava iniziando a chiedersi se fosse effettivamente un buon segno.
Il ragazzo si reggeva mollemente il capo con una mano, restando in silenzio mentre intorno a lui ormai quasi tutti i candidati stavano già dormendo, sfiniti dopo quella giornata tanto intensa… Anche lui era stanco, ma ancora non si era deciso a tornare nella sua camera, senza ascoltare minimamente Kieran a riguardo. 

Si era ormai convinto che avrebbe finito con l’addormentarsi lì quando la sua attenzione si catalizzò su Nymphea, che si stava muovendo leggermente.

“Nymphea?”
Phoebus si fece immediatamente vigile e sveglio, parlando a bassa voce per non svegliare le altre ragazze mentre si spostava, sedendo sul bordo del materasso del letto della Tassorosso, che intanto aveva aperto pigramente gli occhi, facendo saettare i grandi occhi chiari su di lui e guardandolo con leggera confusione, parlando con voce impastata:

“Ciao… Che è successo?”
“Come vedi la prova è finita e non siamo stati eliminati… Sei rimasta priva di sensi per quasi quattro ore, come ti senti?”
“Un po’ stordita… dove siamo?”

Nymphea si mise lentamente a sedere sul materasso, sfiorandosi la testa dolorante mentre rivolgeva un’occhiata carica di curiosità al ragazzo:

“Ci hanno portati in una specie di cantina, pare che passeremo qui la notte… ti ricordi qualcosa della prova?”
“Vagamente… grazie per avermi aiutata, però. Che ci fai qui?”

“Beh… quando siamo usciti non eri molto in te, volevo assicurarmi che stessi bene…”

Phoebus si strinse nelle spalle, distogliendo momentaneamente lo sguardo dalla ragazza che aveva davanti, che invece abbozzò un lieve sorriso:

“Grazie allora. Adesso va molto meglio.”

Anzi, si sentì quasi una stupida per aver reagito tanto male alla prova e aver perso i sensi per tutto quel tempo. Fece per chiedere al ragazzo se fosse rimasto lì per tutto il tempo quando Phoebus si alzò, battendola sul tempo:

“Beh, visto che sei sveglia io vado. Ci vediamo domattina… buonanotte.”
“Anche a te.”

Nymphea abbozzò un sorriso che il ragazzo ricambiò prima di girare sui tacchi e uscire dalla stanza, lasciandola sola in mezzo alle compagne già addormentate. 
La Tassorosso, dopo aver esitato per un attimo, si distese lentamente sul materasso, continuando a sorridere debolmente mentre evitava di pensare a ciò che le era sembrato di sognare e di rivivere fino a poco prima. 


*


Escludendo le ore di sonno, quanto volte aveva già sentito quei suoni, che ormai erano diventati quasi fastidiosi?

Erza sbuffò, continuando a rigirarsi distrattamente una ciocca di capelli tra le dita mentre teneva gli occhi fissi sul soffitto, cercando di ignorare le voci che la circondavano, mente tutti cercavano di ipotizzare perché non li avessero ancora contattati in nessun modo. Eppure erano lì dentro ormai da parecchio, si erano tutti svegliati da ore… ma niente, nessun contatto, e nessuna traccia di cibo. 


E poi la sentì di nuovo, la combinazione che tutti avevano attribuito al trascorrere delle ore. 

Dieci. Escludendo le ore in cui aveva dormito, aveva sentito quei suoni per dieci volte. Quindi erano quante, quasi una ventina di ore da quando erano lì dentro? 

Erza smise di tormentarsi i capelli, corrugando leggermente la fronte mentre ripensava al tabellone, alle combinazioni da quattro numeri, alle quattro leve presenti in ogni stanza… e alla combinazione di quattro suoni, sempre la stessa, che continuavano a sentire. 

Stava iniziando a farsi troppi film o era davvero così?

“Asterope.”
“Che c’è?”

“Andiamo da gli altri… credo che non sia una “sveglia”. È la chiave per uscire da qui.”













………………………………………………………………………………
Angolo Autrice:

Buonasera! 
Mi scuso per non aver pubblicato questo capitolo giovedì ma mi sono scordata di avvisarvi che sarei stata a Lucca qualche giorno… ma sono tornata, quindi ecco il capitolo, spero che non ci siano altri ritardi in futuro.
Grazie a chi ha risposto alla domanda, invito chi non l’ha fatto a mandarmi quanto richiesto al più presto… inoltre, vi comunico che siamo a metà della storia, complessivamente dovrebbe avere 16/17 capitoli.

A giovedì!
Signorina Granger 

   
 
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