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Autore: Angels Island    20/04/2005    1 recensioni
Rukawa e Hanamichi si amano reciprocamente, ma l’uno all’insaputa dell’altro. Riusciranno a svelarsi a vicenda i propri sentimenti, mettendo finalmente da parte orgoglio, insicurezza e vulnerabilità…?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hanamichi Sakuragi, Kaede Rukawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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TA cap1

-Ma che fai! Non trattenere la palla! Passala! Passalaaa!!!-

Guardo quella sfera arancione a cui si riferisce Ryota che trattengo tra le mani.

Come ci sia finita neanche lo so.

Dev’essere stato un miracolo, visto che non mi è finita in faccia come al solito.

 

Ma come diavolo sto pensando… non sembro neanche più io… e tutto a causa di quella volpe artica!!

Perché cavolo continuo a pensare a lui questo non sono ancora riuscito a capirlo…

Ciò che riesco a comprendere, per il momento, è che ora come ora non ho la minima voglia di giocare a basket.

Mi sento troppo inferiore a lui…oh, al diavolo! La verità che sono solo un po’ stanco, tutto qui.

TUTTO QUI! Sì, è così.

DEVE essere così, per forza.

Insomma, capita che anche un supergenio come il sottoscritto risenta del troppo stress degli ultimi giorni…!

Si, beh, c’è la scuola, i compiti, lo studio, il basket, Rukawa, Rukawa, Rukaw…BASTA!

Devo piantarla di pensare o mi perderò per sempre, se continuo a seguire i viottoli oscuri della mia mente contorta!!

 

Scuoto lievemente la testa per risvegliarmi da questo stato di trance in cui mi ritrovo e metto a fuoco ciò che i miei occhi stanno guardando, tornando a fissare la palla.

Alzo lo sguardo e mi accorgo che mi stanno tutti fissando.

Deve essere allucinante, per loro, vedermi così serio e tranquillo come sono ora!

Lancio un’ occhiata distratta a Miyagi, sposto il pallone nella mano destra e, ruotando lentamente il palmo verso il basso, la faccio cadere sul parquet.

TONK…  TONK..  TONK.. TONK... TON..TON.. TON-TON-TON…..

 

Riesco a percepire gli sguardi attoniti dei miei compagni di squadra mentre, passandomi una mano sugli occhi per scacciare la stanchezza, mi volto e abbandono la palestra senza proferire parola.

 

 

-Stupido imbecille,- si risveglia Akagi, -si può sapere dove hai intenzione di andare? Gli allenamenti non sono ancora terminati, e non mi sembra che tu possa saltarli, vista la tua esperienza! Devo forse ricordarti che devi ancora fare quelli supplement..-

 

 

Un mio sguardo inceneritore gli impedisce di terminare la sua domanda.

-Un superfuoriclasse imbattibile come me non avrebbe neanche bisogno di venire a questi stupidi allenamenti.- Dico serio, forse con un tono un po’ triste che lo spinge a non aggiungere altro.

Si limita a ringhiare mentre Kogure gli dice di lasciarmi perdere, per questa volta.

Deve aver capito che qualcosa non va.

 

Finalmente lascio la palestra e vado negli spogliatoi.

Mi accascio con la grazia di un tricheco su una panchina ed emetto un profondo sospiro, gli occhi chiusi.

Rimango così qualche istante, ascoltando il silenzio di questa stanza rotto dalle voci dei miei compagni di squadra e dalla palla da basket che colpisce il pavimento al di là di questo muro.

Sono suoni ovattati che giungono confusi alle mie orecchie.

Ho le mani poggiate sulle ginocchia, la schiena contro la parete.

Sento freddo. Mi sento vuoto. Uno straccio.

-Sono proprio messo male…- mormoro.

Mi alzo, mi spoglio e vado a farmi una bella doccia fredda, ultimo tentativo per svegliarmi.

Sembra funzionare! Finalmente mi sento un po’ meglio, più sveglio…più vivo.

Dopo essermi asciugato e rivestito, vado verso il lavandino.

Mi guardo allo specchio mentre mi passo una mano tra i capelli.

L’ immagine che mi fissa allo specchio è una faccia malinconica. Forse la parola “infelice” è più adeguata, definisce meglio il mio stato d’animo.

Sbuffo, vado a prendere la sacca ed esco da questa dannata palestra. Me ne vado da lui. Lontano da lui. Devo pensare…riflettere…     

 

 

 

 

 

 

Me ne sto qui seduto lungo la scarpata a godermi il panorama.

Ci vengo spesso, quando devo riflettere o rilassarmi.

Ho le ginocchia flesse, i piedi ben piantati a terra.

Tengo un gomito piegato appoggiato su un ginocchio, mentre l’altro braccio è teso di fianco a me, e ci  scarico parte del mio peso, tanto per non ritrovarmi con il culo quadrato quando mi alzerò per andarmene.

Sto fissando il mare…

È arancio, quasi non si distingue dal cielo. Avvampa d’oro sotto i riflessi di un sole che, sempre più rosso, si avvicina lentamente all’orlo estremo dell’orizzonte.

Le poche nubi, in controluce, si inseguono silenziose mutando continuamente forma.

Sento ,lontani, i rumori del traffico.

Senza accorgermene aggrotto le sopracciglia e, fissando un punto indefinito, a ciò che vedo si sovrappone il riflesso di un’altra immagine…la sua. La sua…

 

I suoi capelli…

            Lisci…Corvini…  Setosi… Lucenti…

 

I suoi occhi…

            Allungati Magnetici…Intriganti… Gelidi zaffiri blu d’oriente…

 

La sua bocca…

            Piccola…Carnosa…Sensuale…

 

Le braccia snelle, muscolose…

Oddio… devo piantarla una buona volp…volta!

Volpe…

La mia algida e fiera volpe artica…

Sorrido, pensando a quest’espressione. E ricomincio a sognare…

 

Nessun rumore… Il silenzio è totale.

Il mondo intero è bianco, un bianco luminoso sul quale si riflette un pallido sole, un bianco così intenso da farmi pulsare le tempie…

E fa freddo. Più freddo che mai.

Il naso mi pizzica a ogni respiro e la gola mi brucia.

Il mondo è così incredibilmente, meravigliosamente, sorprendentemente bianco che  non so far altro che guardarmi intorno a bocca aperta.

Quello che vedo è un mondo incastonato nel vetro,  racchiuso nel cristallo…

E poi la vedo.

La mia Kitzune.

La mia volpe solitaria, di un bianco accecante che, a passo felpato, appare e scompare nascosta da cumuli di neve mista a ghiaccio, mentre attraversa l’Artico, oltre i confini della civiltà…

 

Dio! Ma che sto a pensare?! Mi si è ammattito il cervello, questo è sicuro!

Come diavolo posso pensare continuamente a Rukawa?

Lui, il mio rivale in amore!

Lui! Quel lurido verme di cui si è infatuata la mia Harukina cara!

 

Ma chi voglio ingannare…

 

Haruko…

È una ragazza carina, dolce e simpatica, ma…

È un po’ che non penso a lei.

E se capita, la mia mente si sintonizza all’istante su… su…

Perché?

Perché proprio sempre su di lui?

 

Sentimenti che non riesco a comprendere si agitano confusi nella mia mente e non riesco a stare tranquillo.

Non mi ero mai sentito così fino ad ora.

che cosa significa…che cos’è questa strana sensazione?

Un momento…uh!

Accidenti! E se questo fosse quello che tutti chiamano innamorarsi? Possibile si tratti del famoso amore, affetto , essere innamorati eccetera eccetera? Non può capitare proprio a me! Non con lui! Con lui no! È assurdo non posso crederci! È un’ eventualità che non riesco a considerare realistica.

Proclamare al mondo intero di essere stracotto di una ragazza solare come Haruko è una cosa, ma…

Con lui è diverso… è tutto diverso…

 

Uffa… non so che fare…

 

Il rumore di un treno mi riscuote dal mio delirio.

Apro gli occhi e lo vedo, lontano, arrivare mentre attraversa il ponte.

Lo sento sferragliare mentre si allunga sui binari morti rallentando fino a fermarsi.

Vedo la gente – da qui, dei punti colorati, indistinti e in movimento- scendere e poi salire su quel treno.

Poco lontano, una piccola imbarcazione  sta facendo manovra per attraccare a un vecchio molo in un ondeggiare di alberi e cavi tintinnanti.

Il treno staziona un’altra manciata di minuti poi riparte, instancabile.

Guardo l’orizzonte davanti a me. È letteralmente infuocato. Il sole sta annegando rapidamente nel mare. Si inabissa tra le acque.

Un gabbiano grida, sopra di me. Fischia ancora, compiendo ampi cerchi e giravolte e volando lontano, portando con sé il suo grido, stagliandosi contro quella palla di fuoco.

E mi torna in mente il basket.

E lui.

Anch’io vorrei gridare. Ma non serbo abbastanza frustrazione o rabbia o angoscia che sia da permettermi di farlo davvero. Non ancora. Un’altra volta, forse.

Mi alzo stirandomi i pantaloni con le mani. Sono un po’ indolenzito.

Si è fatto tardi anche oggi.

La temperatura si sta abbassando.

Sento ancora freddo…

Sbadiglio stiracchiandomi. Mi conviene rincasare prima di addormentarmi qui e ritrovarmi a pezzi domani mattina.

A parte che già lo sono. A pezzi, intendo.

Ma almeno, se vado a dormire, la smetto di pensare, una buona volta.

Afferro la sacca e ne carico il peso su una spalla.

Strizzo gli occhi fissando un’ultima volta il sole. Il gabbiano è scomparso.

Ficco le mani in tasca, sospiro e, finalmente, me ne vado.                 

 

  
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