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Autore: Anil    06/11/2017    3 recensioni
Immaginavo che non mi avesse riconosciuto nello Shock della situazione, ma questo non mi ha liberato dalla violenta fitta allo stomaco che ho provato. Cosa credevo? Che sarei diventato il suo salvatore e che sarebbe corsa da me a ringraziarmi?
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akito Hayama/Heric, Sana Kurata/Rossana Smith, Un po' tutti | Coppie: Sana/Akito
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Sono arrivata a lezione alle 20.00 come ogni sera, ma il dojo non è vuoto come al solito. Mentre vado agli spogliatoi incrocio due ragazze che stanno uscendo, anche loro con il borsone. Sicuramente è appena terminata una lezione. Oh cavolo! Akito mi aveva detto di venire alle 21.00! Che stupido! Non sa che la mia memoria ha qualche problemino?
Pazienza, magari assisto alla sua lezione extra. Spero solo che non siano ragazze…non avevo mai pensato al fatto che Akito desse lezioni anche ad altre. Il che invece è piuttosto normale visto che è un istruttore. Sento una curiosa sensazione alla bocca dello stomaco e una fugace visione di Akito che tocca altre ragazze si affaccia nella mia testa. La sensazione allo stomaco si acuisce, Kami se fa male! Sono gelosa marcia. Scuoto la testa, equilibrio Sana, equilibrio. Non posso essere gelosa di qualcosa che non mi appartiene. No?
Una delle ragazze del corridoio mi riconosce e si ferma:
“Signorina Kurata! Posso chiederle l’autografo?”
Cerco di sorridere (temo però che la mia sia più una smorfia) e annuisco. Le due ragazze cercano una penna, ma senza risultato.
“Forse possiamo usare le penne della reception” suggerisce una delle due.
“Va bene” dico, lascio il mio borsone e le seguo al bancone della reception che è vicino l’ingresso. Faccio due scarabocchi che somigliano al mio nome e porgo i fogli alle ragazze.
“Grazie signorina Kurata e scusi per il disturbo” dicono uscendo felici.
Prima che possa tornare agli spogliatoi, da uno degli uffici esce un ragazzo, appena mi vede viene verso di me aprendosi in un sorriso.
“Ma tu sei Sana Kurata” dice porgendomi la mano.
Gliela stringo. È un bel ragazzo, ha i capelli scuri scompigliati e umidi e dei grandi occhi verdi, molto espressivi. Anche lui ha il borsone e sotto la giacca noto la maglia con lo stemma della palestra. Segue il mio sguardo verso la sua maglietta e sorride.
“Sono un istruttore, un collega di Akito. Mi ha detto che dava lezioni extra, ma cavolo non credevo che le desse a Sana Kurata! Comunque adesso Akito è impegnato. Sarebbe davvero un piacere per me affiancarti nel riscaldamento, se me lo permetti” dice gentile.
“Ho sbagliato orario” gli confesso con la mia voce roca.
“Hai il raffreddore?” mi chiede andando a posare il borsone e la giacca all’ingresso.
Annuisco, questa del raffreddore è una scusa utile.
“Allora, questo riscaldamento?”
“Posso aspettare Akito, aveva detto che doveva fare una lezione extra” gli dico guardandomi intorno per evidenziare l’ovvia mancanza della figura di Akito.
Arata scoppia a ridere “si si, da parecchie lezione extra lui alle sue allieve” e lancia un’occhiata eloquente alla porta chiusa di uno degli uffici. Come a confermare le sue parole dall’ufficio si sente un tonfo sordo.
Dà lezioni in ufficio? Mi stringo nelle spalle, forse non sono lezioni pratiche, ma teoriche. In fondo sulla sua scrivania c’erano un sacco di libri di Karate. Decido di accettare, non mi va di aspettarlo con le mani in mano e comunque questo ragazzo è davvero solare e simpatico, non sarà un problema fare riscaldamento con lui. Dopo essere andata a mettermi la tuta torno al centro del Dojo dove Arata mi sta aspettando.
“Bene Signorina Kurata, fammi vedere una bella combo.”
“Puoi chiamarmi Sana.”
“Allora vada per Sana, bene vedo che sei veloce con le mani! Hai già fatto i calci?”
“Abbiamo cominciato.”
“Va bene, prova a calciare.”
Eseguo e Arata corregge i miei movimenti. È gentile ed il suo tocco è leggero e preciso, a differenza di quello di Akito che è insistente e scostante. Ovviamente adoro il secondo tocco, ma questo mi sembra ecco… più professionale.
 
POV. AKITO
Quando Sana mi ha toccato la cicatrice ho creduto di vedere qualcosa nei suoi occhi, un’ombra della Sana che mi ha richiamato alla vita, mentre stavo morendo.
Non pensavo a quell’episodio da anni, se lei non ci fosse stata, se per lei non fossi stato importante probabilmente mi sarei lasciato morire. E io voglio richiamarla alla vita, come lei ha fatto con me.
Ho chiesto ad Hanna, una delle mie allieve, di restare. È già accaduto altre volte che ci trattenessimo insieme dopo le lezioni, ma questa è la prima volta che glielo chiedo io. Siamo chiusi nel mio ufficio, sa già cosa voglio e non perde tempo in convenevoli. La prendo sulla scrivania e parecchi libri cadono per terra in un tonfo sordo mentre la piego davanti a me. Mi sento vagamente in colpa, le altre volte è stata una cosa spontanea, ma questa volta lo faccio perché ne ho davvero bisogno: credo di non poter affrontare un’altra lezione con Sana in questo stato, con metà cervello spento. E va bene, più della metà. Sotto le mie spinte Hanna geme, le afferro il petto per farla alzare e le premo una mano sulla bocca, continua a gemere sempre più forte sotto la mia mano, finché sento il suo corpo inarcarsi e cedo anche io al piacere. Se di piacere si può parlare: mi sento svuotato, fisicamente e mentalmente.
Hanna si volta, mi accarezza il petto ed io ho un brivido di fastidio, sorride credendo che il mio brivido sia di altra natura.
“Cavolo Akito, chiedimi più spesso di restare se il risultato è questo” dice maliziosa baciandomi il collo.
“Vieni a fare la doccia con me?”
“No, vai tu” le rispondo piatto, mi dà fastidio che abbia scambiato la mia disperazione (sì lo ammetto sono disperato) per passione.
Sospiro mentre lei entra in doccia e guardo l’orologio, segna le 20.30. Sana dovrebbe arrivare fra mezz’ora ammesso che sia puntuale… ma dubito fortemente. Mi do una sistemata e apro la porta dell’ufficio. Per poco non mi viene un infarto, l’ennesimo.
Sana ha una gamba alzata in un calcio laterale, il busto sbilanciato. Arata gli tiene una mano sul fianco per indicargli la posizione e nell’altra mano tiene stretta la caviglia di Sana. La mia caviglia. Arata mi vede e mentre Sana non guarda mi ammicca divertito, come se avesse fatto la conquista del secolo. Sento il sangue salire al cervello, la rabbia che mi assale non ha nulla di razionale, voglio solo staccargli quelle luride mani dai polsi.
Copro i pochi metri che ci separano in un nanosecondo, tiro via Sana dalla sua presa e la nascondo dietro di me.
“Ahia” protesta Sana, ma io la ignoro.
“Cosa diavolo credi di fare Arata?” chiedo velenoso.
“Ah Hayama, io e Sana ci stavamo scaldando” mi risponde perplesso nel vedermi così arrabbiato.
“Se tu hai da fare continuo io…”
“Non esiste” gli do uno spintone mentre Sana cerca di trattenermi afferrandomi il braccio, la scrollo via con un gesto di stizza.
Arata si mette subito in posizione di combattimento e io faccio lo stesso, lui è un mio pari di grado, ma è molto più magro di me e non ha la rabbia che ho io. Sono talmente furioso che potrei metterlo K.O. in una sola mossa. Non senza fargli male però. Molto male.
“Non devi toccarla” gli ripeto.
“Guarda che Sana è d’accordo.”
“Si chiama Kurata, stronzo!” riesce a parare il primo calcio che gli sferro, ma è talmente forte che si sbilancia di lato, ne approfitto per atterrarlo e fermo il mio pugno e pochi millimetri dal suo viso.
“Tu sei fuori amico” dice Arata liberandosi e alzandosi.
Prende borsone e giacca ed esce sbattendo la porta. Arata è un bravo ragazzo ed un buon collega e probabilmente ho perso anche un amico, ma non posso farci niente.
Rimango immobile a fissare la porta qualche istante, questa donna mi manderà in carcere prima o poi. Faccio un sospiro per calmarmi (invano) e mi giro a guardarla. Si tiene il braccio che le ho strattonato e ha un’espressione confusa negli occhi color cioccolato.
 
POV. SANA
Akito dev’essere impazzito! Non l’ho mai visto così arrabbiato in vita mia, e per un attimo ho temuto che potesse far veramente del male ad Arata. Mi ha strattonato, ma non mi importa. So che non l’ha fatto apposta. Ciò che vorrei capire è perché si è agitato tanto. Prima che Akito possa urlare (sì, perché a giudicare da come ha preso aria sta proprio per urlare) dal suo ufficio esce una ragazza.
È molto carina, noto con una fitta allo sterno. Ha il viso dai tratti occidentali incorniciato in un caschetto biondo, indossa una camicetta nera trasparente da cui si vede il reggiseno riempito da un’abbondante quarta.
“Ma cos’è tutto questo trambusto?” chiede sistemandosi la scollatura.
Poi mi riconosce e si fa avanti sorridendo.
“Sono una sua fan signorina Kurata, è veramente un piacere conoscerla, sono Hanna” mi dice porgendomi educatamente la mano. La saluto cercando di sembrare cordiale, ma davvero non ho idea di quale possa essere la mia espressione ora, perché i muscoli del volto non rispondono.
“Aki, ma perché non mi hai detto che le lezioni private le fai ad una star?” gli dice con una voce di finto rimprovero.
“Pensi signorina Kurata, mi ha detto che dava lezioni solo ad una vecchia compagna di classe in difficoltà” ride dando una pacca al braccio di Akito.
“Basta adesso” dice Akito accigliato e la ragazza gli fa la linguaccia.
“È stato un piacere” dice dall’ingresso ed esce dalla porta scuotendo la mano.
La mia testa sta galleggiando. Non sono un asso dei ragionamenti veloci, lo sanno tutti, ma col tempo ho imparato a trarre conclusioni dalle sensazioni che provo.
E questa sensazione di dolore allo stomaco è senza dubbio gelosia. Un lampo di comprensione mi attraversa non solo la testa, ma tutto il corpo, come se fosse una scarica elettrica ad alto voltaggio.
Ha sempre avuto ragione lui, sono proprio ottusa. Stava facendo l’amore con quella ragazza nell’ufficio. A meno di dieci metri da me. Slap! Sento come un ceffone in pieno viso trovando conferma nelle parole di Arata: da parecchie lezione extra lui alle sue allieve. Rabbrividisco mentre le gambe mi diventano di piombo e il cuore mi si chiude in una stretta asfissiante. Non devo piangere. Non devo piangere. Non devo piangere.
 
 
POV. AKITO
Bene, anzi male. Molto, molto male. Ha visto Hanna, ma non può sapere cosa è successo nel mio ufficio, giusto? Potrebbe essere entrata a prendere qualcosa che le serviva. Ottusa com’è non avrà capito nulla. Cerco nei suoi occhi una risposta, ma ha abbassato gli occhi e il mento le trema. Prima che possa dire qualcosa si lancia verso gli spogliatoi e ci si chiude dentro.
Aspetto dietro la porta un’eternità prima di decidermi a bussare.
Sana mi risponde con un candido “Cosa vuoi?”
“Io ti sto aspettando” le urlo di rimando, dovrei essere io quello incazzato.
Apre la porta, mi scansa e corre fuori dalla palestra.
Sbuffo esasperato, esco anche io nella via illuminata dai lampioni, Sana è ferma sul marciapiede con le braccia conserte e fissa la strada in attesa di una macchina, forse quella di Rei.
“Ti avevo detto alle otto Kurata, a questa età dovresti aver imparato a leggere l’orologio” dico arrabbiato.
Sana si gira e inaspettatamente mi fa la linguaccia “scusami, non credevo di darti fastidio” mi dice con voce incrinata, o forse è solo roca per via della laringe, non lo so, perché lei sta sorridendo.
“Kurata?”
“Mhm”
“Si può sapere cosa stai facendo qui fuori?”
“Aspetto Rei.”
“Sana?”
A sentire pronunciare il suo nome Sana si volta verso di me, ma non mi guarda.
“Ti sei spaventata?”
Sana scuote la testa, ma ha cominciato a piangere. Non sopporto di vederla piangere, provo l’impulso irrefrenabile di stringerla contro il mio petto.
Mi avvicino a lei “Kurata, quando tu non guardavi Arata mi ha fatto l’occhiolino credendo di poter provarci con te, ho solo pensato che volessi stare tranquilla…dopo tutto ciò che è successo” in parte è la verità, in parte.
“No-non fa niente” dice in un sussurro.
“Allora perché stai piangendo?” Si stringe nelle spalle e si asciuga gli occhi con le maniche della felpa.
“Non sto piangendo.”
“Torna dentro.”
Sana scuote ancora la testa “Rei sta arrivando.”
“Arata è un bravo ragazzo, ma non voglio comunque che qualcuno ci provi con te mentre sei qui, sotto la mia protezione.” Ribadisco il concetto sperando di convincerla.
Sana annuisce e credo abbia capito la mia reazione.
“V-va bene, ma non farlo mai più o-ok? M-mi sono s-spaventata a m-morte” dice singhiozzando.
Dall’angolo della strada appare la macchina, si ferma davanti a noi.
“Domani alle 8.00?” le chiedo e spero non si accorga che suona come un’implorazione.
Sana non risponde e sparisce nella sua auto. Di bene in meglio.
   
 
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