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Autore: ClaireD    06/11/2017    0 recensioni
Genere: Drammatico, Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Inizialmente Claire non riusciva a prendere sonno, la sua stanza era grande e luminosa, i mobili ancora scarseggiavano e tutto ciò che la rendeva ingombrante erano gli scatoloni che avevano fatto spedire la settimana prima con tutti i vecchi arredi dell’Inghilterra.
Le pareti erano bianche ed emanavano ancora un forte odore di vernice, del resto solo fino a qualche giorno prima l’agente immobiliare aveva rimesso in sesto tutti i difetti che la casa aveva a partire dalle tubature della cantina fino all’impianto elettrico della soffitta, con una bella mano di vernice in tutte le stanze per completare il lavoro. I colori li avevano scelti insieme, lei e suo padre, in una delle tante domeniche pomeriggio che usavano trascorrere insieme.

Decise di aprire la finestra per far entrare il lieve venticello autunnale che muoveva gli alberi di fronte al vialetto di casa.
Si sedette sul letto a contemplare le pareti, il soffitto, le scanalature che c’erano fra le finestre a vetrata
‘Proprio come le casette americane dei film’ pensò e piano piano, senza nemmeno accorgersene, si ritrovò sdraiata su quel materasso così morbido e confortevole che, anche se non fosse stata distrutta dal viaggio e da tutte quelle emozioni vissute nelle ultime ore, si sarebbe addormentata senza problemi.

Una strada. Pochi alberi ai lati. Tutto sembra distorto. C’è un uomo che porta a spasso il cane, ma non ha espressione sul viso.
Cammino e mi sembra di avere un passo pesante. Accelero, devo allontanarmi da questa sensazione del nulla intorno a me. Arrivo ad un bivio e prendo a sinistra. Lo scenario cambia totalmente, i colori sono vividi e di fronte a me ci sono un sacco di ragazzi con lo zaino in spalla. Ridono, si lanciano palloni, spingono la porta dell’edificio di fronte: è la scuola.
Mi accorgo di avere anche io la borsa con i libri e mi incammino per entrare, ma vengo fermata da una mano che mi afferra la spalla. Mi fa voltare con semplicità e mi sorride. ‘C’è qualcosa di inquietante in quel suo sorriso’ penso ed inizio a tremare. Le gambe non mi reggono più e cado a terra.
Adesso non c’è nessuno vicino a me, nessuno che si avvicini ad aiutarmi. Ho bisogno di aiuto per rialzarmi, ma il piazzale è deserto. Faccio leva su tutta la forza che ho dentro e riesco a riprendere il controllo delle mie gambe. Corro dentro l’edificio e così in classe.
Il ragazzo di prima è lì di fronte a me che mi osserva dal banco in prima fila e mi sorride. Questa volta però è un sorriso gentile e incoraggiante, mi sta dicendo ‘Ehi, andrà tutto bene’.


Si svegliò all’improvviso con un peso nel petto, era sudata fradicia e aveva il fiatone.
‘Perché?’ le venne spontaneo chiedersi, alla fine il sogno non era spaventoso, nessuno la stava rincorrendo eppure l’ansia la stava dilaniando da dentro.
Decise di farsi una doccia e guardando l’orologio constatò che ne aveva tutto il tempo prima di andare davvero a scuola. Aveva dormito per ben venti ore di fila. Come biasimarla, dopo un viaggio del genere chiunque sarebbe stato devastato.
Scese per la colazione che suo padre era andato a comprare poco prima.

“Buongiorno”

“Buongiorno, stellina!” rispose John con un sorriso che avrebbe contagiato chiunque.
Le piaceva quando lui la chiamava con i nomignoli, la facevano rimanere la sua piccola bambina anche se oramai aveva quasi raggiunto la maggiore età.

“Pronta a conoscere i tuoi nuovi compagni?”

“Mmh...” rispose Claire senza troppa convinzione, quel sogno non se n’era andato via nemmeno con l’acqua della doccia.

Ehi, andrà tutto bene”. Claire riconobbe subito la frase e si rizzò in piedi colta alla sprovvista. ‘Il sogno’. Si affrettò a sorridere il più dolcemente possibile al padre e corse a prendere la borsa e la giacca.
Si ritrovarono nel vialetto dove era parcheggiata l’auto.
Arrivarono molto in fretta alla scuola che con stupore Claire notò essere identica a quella del suo sogno.

‘Come diavolo è possibile?’ si chiese, non aveva visto foto, non era mai stata lì. Nemmeno il giorno prima avevano percorso quella strada. Non era possibile che avesse sognato ogni centimetro di quella struttura.

“..Claire…Claire allora vuoi scendere o no?” la richiamò il padre e tornando alla realtà lei si affrettò ad annuire e a scendere dalla macchina.
Senza degnare di uno sguardo John, il quale rimase stupido dell’atteggiamento della figlia, si incamminò verso la porta d’ingresso osservando ogni particolare, ogni persona.

Dopo aver fatto tutte le pratiche di trasferimento e chiarito quali fossero i corsi che avrebbe seguito quell’anno, la ragazza entrò in classe.

Si diresse velocemente dall’insegnante e quando la congedò, si voltò per cercare un posto a sedere e lo vide.

Era lui. Identico al ragazzo del sogno e alzando gli occhi, lui le sorrise.

Lei si affrettò, spaventata, a trovare posto in terza fila vicino alla finestra proprio dietro a lui. Era l’unico posto disponibile.

Si ricompose e si convinse che doveva esserci una spiegazione razionale a tutto ciò, anche perché non era stato tutto identico al sogno. Il ragazzo non era seduto in prima fila al centro, ma a parte quello il resto era sembrato vivere un déjà-vu.
 
 
   
 
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