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Autore: SilverLight    07/11/2017    1 recensioni
"Sarà divertente", aveva detto.
"Gli argomenti sono interessanti", aveva detto.
. . .
«Chi è quello seduto nelle file più avanti ?»
«Chi ?»
«Il ragazzo con i capelli corti e gli occhi grandi.»
«Kyungsoo ?»
«E’ malato ?» Mormorò Jongin, non distogliendo lo sguardo da sopra la testa di Kyungsoo.
«Non che io sappia.»
«Capisco.»
«Che succede ?»
«Ci sono due zeri dove dovrebbero esserci i suoi anni.»

[Autrice: adorableprince; Traduzione: SilverLight]
Genere: Angst, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Baekhyun, Baekhyun, Chanyeol, Chanyeol, D.O., D.O., Kai, Kai
Note: Lime, Traduzione | Avvertimenti: Contenuti forti
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   C O U N T D O W N   





Jongin continua a vedere il mondo in numeri ma questi numeri sono di un genere completamente diverso. Lo fanno a pezzi e lo ricompongono, tracciando la linea rossa del destino, fino a quando per Jongin non avrà più senso contare, oppure  respirare se Kyungsoo non starà più respirando, o guardare i suoi occhi enormi da cerbiatto, o quel sorriso a mezzaluna, per poi cadere nell’insensato ed interminabile conto alla rovescia del tre, due, uno.

Jongin faceva attenzione a tutto; Il modo in cui Kyungsoo singhiozzava due volte invece di una. Il fatto che Kyungsoo aveva cinque pieghe nel palmo della mano sinistra e quattro della mano destra. Il fatto che il numero preferito di Kyungsoo fosse l’undici mentre il suo il venti. Il mondo in cui un ventoso venti ottobre si erano dati il loro quinto bacio. Il loro sesto, settimo e ottavo bacio nello stesso giorno e il successivo erano tra il dodicesimo e il tredicesimo, quando a mezzanotte stavano passeggiando in centro, mano nella mano mentre in silenzio provava una grande emozione.

Dopo quello, i numeri si erano fusi insieme in un turbinio di passione e promesse silenziose.

Ci vollero cinque passi e un inciampo per arrivare dentro la camera di Jongin. Ci furono sette bottoni e dieci dita maldestre a distogliere lo sguardo indiscreto di Jongin dalla pelle lattea di Kyungsoo. Bastò un gemito profondo sfuggito da Kyungsoo per far mancare tre battiti a Jongin dopo che la sua lingua aveva lasciato una scia ardente su per la mandibola di Kyungsoo. Ci vollero quattro secondi per cadere sul letto. E a Jongin molto meno per aver creduto ad una fantasia irrealizzabile.

Ma bastò un solo inteso tocco del ragazzo che stava disteso sotto di lui per riportarlo alla realtà. Sei baci a farfalla lungo il collo di Kyungsoo e due graffi dietro la schiena di Jongin.  Un minuto per abbassare le cerniere e gettare i pantaloni sulla pila di vestiti del pavimento e due minuti per far incurvare la schiena di Kyungsoo e fargli afferrare le lenzuola quando la bocca vacante di Jongin andò giù e lo prese completamente. Tre minuti, prima che le suppliche spedite e i gemiti incontenibili di Jongin riempissero l’aria.

Ci vollero quattro tentativi per aprire il cassetto del comodino accanto al letto e trentacinque secondi per creare il caos nel mondo interiore di Jongin quando scivolò dentro Kyungsoo.  Solo un gemito profondo lasciò il fondo della sua gola. Si sentiva stranamente completo nonostante provasse dolore nel vedere che anche al buio, l’orologio di Kyungsoo si rifiutava di spegnersi. Mentre Jongin ansimante e gemente contava tutto, stava ignorando il numero più evidente di tutti.

Se Kyungsoo avesse chiesto a Jongin perché teneva gli occhi chiusi, Jongin non gli avrebbe risposto, perché in quel momento sarebbe stato troppo assorto nella spinta del bacino e dei respiri. Mentre Jongin teneva gli occhi chiusi, percepì altri numeri; il peso di Kyungsoo nelle sue braccia e l’estensione del suo cuore mentre batteva più forte. Poi la loro vista diventò bianca e Jongin lanciò un ultimo gemito seguito da un mormorio senza senso di Kyungsoo, per poi lanciarsi e precipitare in caduta libera.

Kyungsoo si accoccolò contro Jongin e si addormentò subito. Jongin al contrario, non ebbe questo lusso. Restò sveglio, sentendosi infinitamente piccolo e indifeso. Pensava che ignorando lo sguardo interrogativo di Kyungsoo, non avrebbe dato l’idea di ciò che entrambi fossero l’uno per l’altro, che forse lo avrebbe lasciato illeso. Che se non ci fosse stato un nome per la loro relazione allora non ci sarebbero stati rimpianti, dolore, o sofferenza a perseguitarlo quando la sabbia della clessidra avrebbe inevitabilmente smesso di scorrere. Quando si da un nome alle cose cresce l’affetto e quando ti lasciano, si piange soltanto più forte. Ma Jongin non capiva che le relazioni non funzionavano come per gli animali domestici. I sentimenti non hanno bisogno di nomi, Jongin non riusciva ad affrontare la felicità con un ciao o dire addio all’amore. Si rifiutava di credere a delle emozioni che stavano minacciando di travolgerlo.

Solo che si sbagliava, si stava sbagliando terribilmente.

Jongin si era già affezionato e sapeva che mentiva a Chanyeol quando diceva che Kyungsoo gli piaceva e basta, perché quella parola che rischiava di uscire dalle sue labbra era una di quelle che non gli piaceva dire in assoluto. Jongin si portò il palmo delle mani agli occhi e premette così forte che sentì dolore. Il resto della notte lo trascorse abbracciando Kyungsoo come se facendo questo lo avrebbe tenuto li per sempre.
 
 
 * * *
 
 
Era un venerdì pomeriggio e per Kyungsoo era ora di andare in biblioteca a leggere ai bambini. Jongin non voleva aggregarsi, perché se proprio doveva essere onesto, i bambini lo terrorizzavano. Erano piccoli, chiassosi e imprevedibili. Strillavano in pubblico come forze incontrollabili della natura e a Jongin veniva mal di testa solo a pensarci. Kyungsoo roteò gli occhi e quando Jongin finì di farneticare, gli ricordò che era stato bambino anche lui.

Kyungsoo si coprì le risate portandosi una mano alla bocca. “In realtà, ti comporti ancora un po’ come loro.”

“Non faccio in quel mondo,” brontolò Jongin mentre lanciava occhiatacce a Kyungsoo. “E mi piace far finta che quegli oscuri momenti della mia vita non siano mai accaduti.”

Kyungsoo ridacchiò e gli strattono il braccio. Jongin si stava trascinando passo dopo passo lungo il marciapiede e nonostante avesse paura dei bambini sapeva che non avrebbe mai rifiutato l’invito di Kyungsoo. Perché non essere presente implicava non poter vedere Kyungsoo per un certo periodo di tempo; sarebbero potuti accadere una serie di disastri che avrebbero accorciato ulteriormente il breve tempo che Kyungsoo aveva a disposizione. Jongin scosse la testa e cerco di non pensarci.

Quando le porte di vetro della biblioteca pubblica si aprirono, il profumo familiare dei libri sciupati e delle pagine ingiallite investirono i suoi sensi.

Era passato così tanto tempo dall’ultima volta che aveva messo piede nella biblioteca dell’università, per non parlare poi della biblioteca pubblica della città.

Quelle file e file di libri erano uno spettacolo sgradevole, ma ricacciò dentro di se quella sensazione seguendo Kyungsoo nella sezione dei bambini dove già lo stavano aspettando in cerchiò con occhi speranzosi.

Jongin rabbrividì. C’è n’erano così tanti.

Se ne stava imbarazzato accanto a Kyungsoo mentre lo vedeva prendere un libro dallo scaffale e sedere su uno sgabello, i bambini si erano fatti ancora più vicini quando aveva voltato la prima pagina. Jongin si perse nello sguardo luccicante di Kyungsoo, nel modo in cui la sua voce fluttuava mentre leggeva le descrizioni evocative della storia. Per Jongin guardare Kyungsoo recitare era divertente, tanto che non si era nemmeno accorto della bambina accanto a lui che gli stava strattonando il suo pantalone. Jongin balzò di soprassalto.

"Si?" tossì imbarazzato.

 La bambina gli sorrise a 32 denti. “Puoi leggermi una storia ?”

"Ma Kyungsoo ne sta già leggendo una."

"Conosco già quella storia. Voglio sentirne un’altra," mise il broncio e per un secondo dentro di se Jongin si sentì frustato.

I suoi occhi guardarono intorno, come se la soluzione gli sarebbe saltata addosso, ma Kyungsoo era troppo occupato ad intrattenere quella piccola folla di bambini per poterlo aiutare. La bambina interpretò il silenzio di Jongin come un segnale che non gli avrebbe letto, così mise il broncio iniziando a farlo tremare, seguito da occhi lucidi in procinto di lacrimare. Jongin rabbrividì per l’orrore, perché l’unica cosa peggiore di un bambino, era un bambino che piangeva.

 “Ascolta ― Non ho un libro ma posso raccontarti una storia, va bene ?" sussurrò inginocchiandosi in preda al panico. “Basta che tu non pianga, non piangere ti prego."

La bambina annui e tirò su col naso. “Di cosa parla la storia?"

Jongin fece una pausa perché non ne aveva idea. Non aveva una storia e tanto meno un pizzico di creatività nelle sue ossa o sulla sua pelle ma doveva pensare a qualcosa alla svelta prima che quel piccolo demonietto avrebbe cominciato a frignare. Scavò dentro al suo cervello per un’idea e poi i suoi occhi si posarono su Kyungsoo, i battiti del suo cuore aumentarono nervosamente e mormorò qualcosa a bassa voce. Le parole uscirono dalla sua bocca senza pensarci sue volte.

"Parla di un ragazzo che vuole fermare il tempo.”

"E lo fa ?" sussurrò la bambina curiosa. "Ci riesce a fermarlo?"

Jongin la guarda triste. I suoi occhi si riempirono di rimpianto represso e dolore sordo. "Non lo so, non c’è ancora una fine."



 
* * *


Era una tranquilla serata autunnale fino a quando il cielo fece cadere una sottile pioggerella e la gente si nascose dentro il proprio cappotto. Jongin si sporse verso Kyungsoo e inclinò l’ombrello verso di lui, anche se gli ripeteva che non era necessario. La spalla destra di Jongin si bagnò, ma non ci badò molto. Non riusciva a sentire il freddo che si insinuava dentro il suo cappotto; al contrario, sentiva calore, un incredibile calore. Quando camminando passarono un incrocio, Kyungsoo fece caso a qualcosa dall’altra parte della strada e corse in quella direzione con occhi sbarrati.

Era un gatto ferito.

"Kyungsoo!" gli urlò Jongin, correndo dietro di lui con un ombrello che non serviva più. "Cosa credi di fare !?!?"

“E’ ferito," Kyungsoo lo indicò, mentre goccioline di acqua scendevano dai suoi capelli bagnati depositandosi sui suoi occhi.

"Lo vedo, ma non puoi lanciarti in un incrocio," ansimò mentre la sua paura svaniva lentamente, il ricordo di tanti anni fa dell’incidente era ancora dolorosamente fresco e vivido nella sua mente.

Accigliandosi, I suoi occhi guardarono l’orologio in cima alla testa dell’animale. Non aveva più molto tempo.

"Dobbiamo salvarlo."

"E’ inutile."

"Certo che non lo è," Mentre Kyungsoo si sfilava la giacca che avrebbe avvolto intorno al gatto, sospirò pesantemente. “Devo soltanto portarlo in un posto asciutto.”

"Kyungsoo, rimettiti la giacca."

"Possiamo aiutarlo a―"

"No, non puoi! Gli restano solo 5 secondi di vita!"

Il peso di quelle parole che Jongin aveva pronunciato erano cadute su di lui come una rete metallica e adesso stava respirando a fatica. Kyungsoo lo stava fissando scioccato e tutto quello che si riusciva a sentire era il costante suono della pioggia che si scontrava con il suolo cementato e il rumoroso flusso del sangue che Jongin sentiva nelle sue orecchie. Kyungsoo si ricompose e iniziò a contare nella sua testa fino a cinque e poi guardò con una sensazione di quasi comica incredulità il torace del gatto smettere di alzarsi. Si inginocchiò incredulo, immagazzinando la morte del gatto solo quando Jongin lo aiuto a rimettersi in piedi.

Il viaggio di ritorno all’appartamento di Kyungsoo fu colmo di silenzio e ricoperto da un velo di tensione. Quando finalmente Kyungsoo riuscì a parlare di nuovo, stava seduto sul divano con l’asciugamano appesa intorno al collo e un’altra sulla sua mano a strofinare i capelli bagnati di Jongin.

"Come facevi a saperlo?" sussurrò.

Jongin emise un sospiro vibrante. Il suono della risposta uscì angosciosamente afflitto e stanco. "Riesco a vedere gli orologi della vita."

Kyungsoo scostò l’asciugamano dalla testa di Jongin per guardarlo meglio occhi ma si ritrasse.

"Penserai che sono pazzo," Jongin rise amaramente.

"No, non è vero. Ti credo."

Jongin voltò la testa di scatto. "Tu mi credi ?"

"Perchè non dovrei ? Non vedo la ragione per cui tu debba mentire."

Kyungsoo gli lanciò un sorriso incerto e ci volle qualche minuto prima che Jongin si sforzasse di sorridere a sua volta. Sembrò lo stesso forzato.

"Chi altro lo sa ?" Kyungsoo glielo chiese dolcemente mentre si sedeva e si stendeva accanto a Jongin.

"Chanyeol."

"Mi sembra giusto," mormorò Kyungsoo, aggiungendo un secondo dopo, “Mi dispiace.’

"Ti dispiace― per cosa?"

“Dev’essere stato difficile per te sapere una cosa del genere e non essere creduto da nessuno.”

Jongin si sentì andare in pezzi a quelle parole. Era incredibile come Kyungsoo si stesse scusando per qualcosa che non poteva controllare, eppure quelle due parole erano esattamente quello che voleva sentire. Il pesante fardello sopra le sue spalle brillò impercettibilmente quando cadde sopra al ragazzo accanto a lui, inalando una violenta mistura di pioggia e speranza. Ma la speranza svanisce tanto velocemente così come quando arriva.

"Hey," Kyungsoo tentò di scherzare nel tentativo di  rallegrare l’atmosfera. "Quanti anni mi restano ?"

Jongin si congelò e andò di nuovo in pezzi. Nascose la sua espressione triste nella curva del collo di Kyungsoo e si aggrappò alla t-shirt del ragazzo con tutta la sua forza.

“Un miliardo,” disse soffocato.

Kyungsoo raggiunse la mano di Jongin e ridde. “E’ fantastico, possiamo invecchiare ed essere dei vecchi nonni da un milione di anni insieme.”

Jongin gli regalò un sorriso amaro e Kyungsoo si fece ingannare, non notando che il sorriso non corrispondeva allo sguardo di Jongin.
 

 
* * *
 
 
Kyungsoo venne svegliato dall’incessante vibrazione del telefono. Si volto, allungando una mano alla cieca per raggiungere il suo comodino, per poi aprire leggermente gli occhi per leggere sullo schermo abbagliante il nome di Jongin.

"Pronto?" disse con voce roca Kyungsoo.

 "Sono fuori dal tuo appartamento."

"Jongin, sono le 4 del mattino. Perché tu e le tue abitudini mi disturbate a orari improponibili," Kyungsoo si lamentò sul cuscino mentre teneva schiacciato il suo telefono sull’orecchio mentre cercava di rimanere sveglio.

“E’ Sabato e domain non c’è lezione, quindi alza il culo e fammi entrare.”

Kyungsoo borbottò qualcosa di incomprensibile per un buon minuto, poi il suono della sua calorosa risata dall’altro capo del telefono, bastò per spingerlo fuori dal suo confortevole letto.

“Arrivo,” sbadigliò mentre si infilò le pantofole ai piedi.

“Comunque, quando dicevo che ero fuori dal tuo appartamento non dicevo che ero davanti alla porta.”

“Aspetta, cosa ?”

Tre colpi acuti dalla finestra risuonarono in tutta la stanza e Kyungsoo si voltò sorpreso, i suoi occhi si allargarono quando vide Jongin che sogghignava seduto sul ramo di un albero.

"Bel pigiama," Jongin ridacchiò dall’altra parte del vetro.

"Sei matto," esclamò Kyungsoo mentre si precipitò ad aprire la finestra, rabbrividendo quando l’aria fredda del mattino entrò senza permesso.
Jongin si intrufolò dentro la stanza, elegante e furtivo. Kyungsoo deglutì perché anche con i pantaloni della tuta, la figura di Jongin era lunga e flessuosa. La sua ansia mutò in nervosismo quando Jongin si stese sul suo letto.

Jongin seppellì la testa sul cuscino di Kyungsoo e aprì un occhio per guardare il ragazzo. “Facciamo un gioco.”

“Sei apparso fuori dalla mia finestra alle 4 del mattino,” pronunciò lentamente ogni parola Kyungsoo, con pesante sarcasmo. “Solo perché volevi giocare ?”

Jongin ignorò lo sguardo di disapprovazione e giudizio, scegliendo invece di spingere Kyungsoo sul letto con la schiena rivolta verso di lui. Spiegò le regole senza alcun segno di approvazione.

“Ti scriverò sulla tua schiena con il dito e tu dovrai indovinare cos’è, okay ?”

"Sei serio– ”

 “Non voltarti! Così imbrogli!”

Kyungsoo sospirò ma provo a fare del suo meglio per non muoversi. Dei brividi corsero lungo la sua spina dorsale quando il dito di Jongin disegnò delle linee sulla sua schiena provocandolo.

“Non hai ancora scritto nulla.”

"Sto provando a pensare, fa silenzio.”

La mezz’ora successive fu colma di occhiate furtive e risatine timide. Kyungsoo stava indiscutibilmente soffrendo il solletico ma non poteva dire che il tocco di Jongin fosse spiacevole, infatti il suo furioso rossore e i suoi battiti frenetici ne erano la conferma. Le sue ipotesi punteggiavano il silenzio come stelle in un cielo nero come l’inchiostro.

“Un albero.”
"Un cuore.”
"Un cane.”

Kyungsoo esitò durante una forma particolare. “Stai cercando di disegnare Chanyeol ?”

"Si, da cosa l’hai capito? I capelli ricci ?" ridacchiò Jongin.

Kyungsoo si volto  e questa volta Jongin si lasciò intrappolare dentro l’abbraccio del ragazzo minuto.

“No,” disse Kyungsoo ridendo con gli occhi sorridenti. “Dalla bocca larga inquietante.”

Si coccolarono a vicenda, Jongin stava ancora tracciando disegni sui fianchi di Kyungsoo, le sue dita si insinuarono sotto la t-shirt di Kyungsoo percorrendo la sua pelle argentea in un modo che fece stringere Kyungsoo più forte a lui. Nessuno parlava ma le parole non erano necessarie, tuttavia c’erano domande che stavano frullando dentro la testa di Kyungsoo che si rifiutavano di andarsene. Si rese conto che non ci sarebbe stato mai un momento giusto per chiederglielo, perciò adesso o mai più.

“Quando dici che puoi vedere gli orologi della vita, puoi vedere anche il tuo ?” mormorò in quel silenzio.

Jongin indugiò e si lasciò sfuggire un respirò sofferente ma alla fine rispose. “No.”

“Nemmeno quando ti guardi allo specchio ?”

Jongin scosse la testa e Kyungsoo si sporse per lasciare un delicato bacio sulla mascella pulsante di Jongin, sperando che questo l’avrebbe calmato. L’intera conversazione era troppo strana per Jongin. La sua capacità di vedere lo rendeva nervoso per molte ragioni, più del costante ricordo che Kyungsoo stava svanendo. Non aveva mai parlato della complessità di cosa significasse vedere numeri rossi.  Nessuno l’aveva mai voluto sapere, nessuno l’aveva mai chiesto.

Anche con Chanyeol, le conversazioni sulle sua abilità erano esagerate e scomode. C’era uno strato di tensione e Jongin non poteva far altro che pensare che da qualche parte fra quelle parole, Chanyeol aveva paura di lui. Ma Kyungsoo non aveva nessuna paura, era realmente interessato e meravigliato.

Le dita sottili di Kyungsoo contro il palmo della sua mano lo fecero uscire dal suo sogno ad occhi aperti. Jongin sentì solo la seconda parte della frase ma gli bastò per capire cosa avesse detto Kyungsoo.

“ –mai visto una persona con un orologio identico a qualcun altro ? Tipo fino anche ai secondi ?"

Ci pensò su e rispose, “Credo mai,”
 
Kyungsoo gli rivolse uno sguardo pieno di ilarità nei suoi occhi, "Ma non sarebbe dolce? Parlando di destino."

“Non siamo in un romanzo rosa,” rispose Jongin con una risata.

"Penso ancora che sarebbe dolce,” Kyungsoo mise il broncio.

Jongin mormorò qualcosa e le sue dita tornarono a disegnare pensieri a caso, questa volta sulla schiena di Kyungsoo.

“Ventuno.”

Jongin si fermo quando Kyungsoo mormorò il numero nell’incavo del suo collo.

"Cosa ?"

“Non è quello il numero che hai scritto ? Ho indovinato ?”

Jongin si allontanò come se si fosse scottato, aveva gli occhi aperti in preda al panico e una sensazione di paura si era attaccata alla sua gola rischiando di soffocarlo. Kyungsoo lo fissò preoccupato.

"Jongin?"

"Andiamo a letto."

Non disse più nulla e sprofondò tra le coperte girandosi dal lato del muro. Kyungsoo malvolentieri strisciò tra le coperte vicino a Jongin, decidendosi alla fine di avvolgere le sue braccia intorno alla vita di Jongin. Il ragazzo ne fu indifferente.  Kyungsoo passò le ore dell’intera alba  a chiedersi che cosa avesse detto di sbagliato.
 
 

 
* * *


 
Chanyeol aveva visto molte volte Jongin ubriaco ma quando era entrato in soggiorno, non era soltanto ubriaco – era del tutto a pezzi.
Si avvicinò lentamente come se fosse un animale pericolo. Solo qualche passo dopo Chanyeol notò del vetro frantumato sparso per tutto il pavimento e la mano destra di Jongin sanguinante. Un orologio distrutto giaceva a pochi passi. Chanyeol imprecò sottovoce e si lanciò verso Jongin, tirandolo via dal quel caos e facendolo sedere sulla sedia del tavolo della cucina. Afferrò la casetta del pronto soccorso riposta nell’armadietto e iniziò a tirare via le schegge e a bendare i tagli.

“Devi smetterla di rompere ogni cosa in questo modo,” borbottò Chanyeol. “Porca puttana, perché è sempre il vetro ?!”

Jongin restò in silenzio e quando Chanyeol lo guardò, vide le lacrime rigate e asciutte che erano scese dalle guance di Jongin. Quando Jongin si decise a parlare, la sua voce uscì roca come se avesse urlato, le parole furono impercettibili.

“Kyungsoo è andato a fare visita ai suoi genitori.”

Chanyeol non seppe come rispondere ma sembrava che Jongin non si aspettava che lo facesse mentre continuava il suo monologo.

“E’ giusto, no ?” rise, ma il suono uscì vuoto e cupo. “Doveva farlo. E’ giusto che veda la sua famiglia. Doveva vederli almeno l’ultima–”

La voce di Jongin si inceppò alla parola ultima e Chanyeol riuscì quasi a sentire il cuore dell’amico spezzarsi. Jongin era un misero ammasso di incoerenza e ubriachezza quando reagì in maniera inaspettatamente addolorato. Jongin si agitò e cadde passando in vari gradi di disperazione  fino a quando non riuscì ad essere certo se sarebbe stato in grado di rialzarsi. Chanyeol guidò il corpo vuoto che si era trasformato nel suo migliore amico dentro la sua stanza, mettendolo sotto le coperte e spegnendo le luci. Questo era tutto quello che poteva fare per Jongin.
Chanyeol pensò che non c’era niente che nessuno potesse fare per Jongin, perchè il tempo non si fermava per nessuno. Nel buio della sua stanza, Jongin si strinse talmente forte il pugno fasciato che i tagli sanguinarono attraverso le strisce di stoffa. Faceva male ma preferiva accogliere qualsiasi sensazione che non fosse quel pesante senso di disperazione che si abbatteva sopra di lui come un infinita serie di onde. Questo gli ricordava che lui era ancora vivo.

Fuori dal salotto, Chanyeol spazzò il vetro e gettò l’orologio nella spazzatura. Quando sollevò il coperchio della pattumiera, vide all’interno un calendario strappato e fatto a pezzi. Anche se in quello stato, un marcato cerchio rosso intorno al 21 dicembre, era ancora visibile.
 
 


 
* * *


 
Quando Kyungsoo ritornò dalla visita del fine settimana a casa dei suoi genitori, trovò Jongin stranamente depresso. Aveva un’aria di rassegnazione e Kyungsoo non poteva farci nulla. Jongin sembrava un uomo condannato a morte, in attesa della sua esecuzione. Era inquietante.

Era seduto sul tappeto e giocherellava svogliatamente con dei fili che pendevano dal cuscino, mentre guardava mezzo rincuorato Jongin giocare ai video giochi con Chanyeol, quando i suoi occhi si soffermarono su un punto della stanza. Si soffermò sullo spazio vuoto della parete che c’era sopra la TV, proprio dove un tempo stava l’orologio.

"Che fine ha fatto l’orologio?"

"Si è rotto," Rispose Jongin monotono.

Jongin però non aveva spigato che la colpa era stata del suo pugno contro quello.

"Oh," Borbotto Kyungsoo. "Dovresti comprarne un’altro, tra poche settimane ci sono I saldi natalizi."

Chaneyol afferrò con dei riflessi pronti il controller del video gioco dalle mani di Jongin prima che riuscisse a rompere anche quello. Kyungsoo assistette alla scena accigliato, ma Chanyeol gli offrì solamente come risposta una risatina nervosa. Jongin non disse una parola.

“In realtà è una bella idea,” disse Chanyeol. “Invece di aspettare per i saldi natalizi, perché non andare adesso a comprarne uno nuovo, l’orologio è importante e ne abbiamo bisogno se dobbiamo essere puntuali, perché la puntualità è importante e–”

“Non sei mai stato puntuale nemmeno quando ne avevamo uno.”

"Stavo solo cercando di essere utile,” Chanyeol borbottò sottovoce questa furente frase al posto di Kim Jongin sei un fottuto stronzo. “Ad ogni modo, sto chiamando Baekhyun per farlo passare, perciò non tornare prima di un’ora.”

Jongin e Kyungsoo furono cacciati fuori dalla porta senza tanti complimenti mentre gli veniva sbattuta in faccia.

"Park Chanyeol!" Jongin urlò, bussando sulla porta furente.

"Va a comprare quel dannato orologio!"

Il suono della risposta esasperata di Chanyeol fu ovattato, ma facilmente comprensibile. Kyungsoo si piegò in due dal ridere e intrufolò la sua mano in quella di Jongin mentre il ragazzo più alto continuava a ribollire.
 


"Ehi, va tutto bene?"
Jongin brontolò senza sbilanciarsi ma permettendo a se stesso di trascinarsi verso il negozio più vicino. Kyungsoo si girava di tanto in tanto per guardarlo e dopo la terza volta, Jongin si decise finalmente a dire qualcosa.

"Che c’è ?"

"Sei arrabbiato con me ?"

Jongin emise un profondo respiro. Lo facevano arrabbiare moltissime cose. Era arrabbiato con il mondo, con il tempo, con se stesso per non essere in grado di cambiare nulla, ma non avrebbe mai potuto essere arrabbiato con Kyungsoo.

“No, certo che no,” disse, realizzando solo dopo che non era così bravo a nascondere la sua disperazione. Provo a sforzare un sorriso perché è così che Jongin voleva che Kyungsoo si ricordasse di lui.  Voleva che si ricordasse del Jongin che aveva riscoperto la felicità, del Jongin che aveva fatto emergere dalle acque scure di apatia un sorriso a mezza luna sulle sue labbra rosso ciliegia.

Il resto del tragitto fu notevolmente più piacevole.

“Che tipo di orologio vuoi ?”

"Non m’importa, scegli tu.”

"Sei sicuro ?”

Jongin annuì, perché non pensava che sarebbe potuto accadere qualcosa di male se fosse stato Kyungsoo a scegliere l’orologio. Ma a quando pare, la risposta fu un tutto dire. Jongin era in corridoio insieme a Kyungsoo che teneva con entrambe le mani l’orologio scelto, quando fece letteralmente una smorfia. Era certo che la vecchia signora che gli era passata accanto li aveva guardati con uno sguardo carico di giudizio e in effetti non poteva darle tutti i torti.

“Kyungsoo, questo è un orologio di Pororo.”

"Lo so," Kyungsoo rispose.

"Il retro dice che è adatto per I bambini di sette anni."

"No, c’è scritto dai sette anni in su. Tu puoi far parte di quella fascia d'età."

Jongin sospirò  e si avvicinò alla cassa senza protestare perché non riusciva a dire di no a Kyungsoo e ai suoi occhi supplichevoli, anche se questo significava che avrebbe dovuto inghiottire la dignità e accettare la strana ossessione dei cartoni animati della sua specie di ragazzo.


Dopo quella notte, Jongin aveva appeso il nuovo orologio nella sua stanza invece che nel salone. Aveva tolto le batterie di proposito e lasciato l’orologio così com’era, con i secondi fermi, i minuti sospesi e le ore bloccate in un limbo di immobilità.

La bocca di Jongin si spezzò in un sorriso straziante.

Aveva fermato il tempo.
 



 
* * *
 



 
 16 Dicembre  

Jongin saltò la lezione nonostante il suo esame finale fosse alle porte.
 





 
 * * *
 





  17 Dicembre  

Era l’ultimo giorno di lezione e Jongin aveva rimandato il suo esame a un altro giorno. Il suo professore lo aveva chiamato in disparte molto arrabbiato e lo canzonò sul fatto che dovesse seguire le sue priorità. Jongin sapeva che le sue priorità erano in ordine. Kyungsoo era la sua priorità. Ma non lo disse, disse al suo insegnante che non aveva avuto abbastanza tempo. L’uomo confuso lo guardò e gli disse che avrai sempre tempo se lo programmi.

Jongin ridde cinico, perché questo non era affatto vero.






 
 
* * *



 
 
 
  18 Dicembre  

Chanyeol e Baekhyun avevano insistito con l’organizzare una festa perchè finalmente erano in vacanza. Jongin sapeva che fare una festa significava che il suo appartamento sarebbe diventato un immondezzaio, ma Kyungsoo era su di giri perché non era mai stato ad una festa. Alla fine, Jongin disse di si, ma per tutta la notte non riuscì a mandare via il pensiero che tutte queste celebrazioni erano come una sorta di addio.
 





 
* * *





 
 
  19 Dicembre  

Comprarono un albero di natale e trascorsero un giorno intero a decoralo con un vasto assortimento di decorazioni natalizie e ornamenti che scintillavano ovunque. Jongin era stato pesantemente castigato da Kyungsoo per colpa della sua mancanza di creatività artistica e venne persino chiamato pipistrello daltonico. Jongin non era mai stato tanto felice.
 
 




 
* * *



 
 
  20 Dicembre  

Mancava solo un giorno.

Jongin si sentiva intorpidito. Non era pronto per questo. Non era pronto per la fine. Non era pronto a dire addio. Kyungsoo riusciva a sentire che c’era qualcosa che non andava ma Jongin gli aveva soltanto detto che aveva fatto un brutto sogno. Ma questo incubo era talmente troppo reale e percettibile che Jongin poteva toccarlo. Si intravedeva nelle sottili pieghe morbide degli occhi di Kyungsoo, nel rosa tenue che c’era sulle guance di Kyungsoo. Jongin credeva che questo potesse essere il suo paradiso per sempre, ma invece stava per essergli strappato via.

Jongin stava considerando di vuotare il sacco e dirlo a Kyungsoo perchè forse meritava di saperlo. Ma poi guardandosi allo specchio, vide la figura di un’ombra buia con zigomi infossati e sapeva che le persone non sono destinate a conoscere la propria morte. Questa consapevolezza penetrò dentro la sua anima e piantò un tragico seme di dolore onnipotente. Era il custode di un segreto che non poteva essere rivelato.
Se c’era una cosa che poteva fare per Kyungsoo, quella era salvarlo dal suo stesso dolore.

“Restiamo a casa domani,” sussurrò Jongin nel buio della stanza, mentre teneva stretta la persona che lo teneva in vita.

"Perchè ?"

"Non sopporto il caos delle strade quando c’è lo shopping natalizio dell’ultimo minuto," mentì.

Kyungsoo mormorò il suo consenso nella pelle di Jongin, un respiro caldo stava respirando nel suo orecchio, portandolo alla deriva del sonno. Jongin provò a restare sveglio il più allungo possibile, non voleva perdersi un singolo secondo del tempo che stava già diminuendo. Alla fine le sue palpebre di fecero pesanti per lui per tenerle aperte e si addormentò al crepuscolo.






Jongin si svegliò di soprassalto disorientato e intontito su un letto vuoto e un cuscino freddo, perché non riusciva a ricordare di essersi addormentato. La paura aumentò nel suo cuore e il suo respirò a farsi più veloce. Le persone non morivano così. I loro corpi non svanivano nel cuore della notte come se non fossero mai esistiti. Jongin allontanò le coperte e poi si ritrovò a leggere tra le mani un pezzetto di carta stropicciato.

Sono uscito a comprare qualcosa al supermarket!
Abbiamo bisogno di cibo se dobbiamo stare qui per tutto il giorno.
Non volevo svegliarti. Chiamami se vuoi che ti compri qualcosa in particolare.


Jongin afferrò il suo telefono e compose il numero con dita tremanti.
La sua mente era un groviglio di numeri e calcoli di tipo "Quanto tempo gli rimane ?"

 




“Kyungsoo !“ urlò quando finalmente rispose alla chiamata e il suo corpo si sentì quasi scosso quando sentì la voce di Kyungsoo dall’altra parte.

"Buongiorno! Vuoi che ti cucini―"

"Quale parte del domani dobbiamo restare a casa non hai capito !?!"

"Sono solo uscito a comprare del cibo."

Jongin riuscì a percepirlo accigliarsi anche se non era li ma era troppo occupato a farsi prendere dal panico.

“Ascoltami, resta dove sei – non muoverti. Sto venendo a prenderti.”

Prima di sfrecciare fuori dalla porta non si preoccupò neppure di cambiarsi, cominciò a correre per strada diretto verso al supermarket che stava ad un paio di isolati di distanza come se la sua vita dipendesse da quello. Ma in effetti, la sua vita dipendeva da quello. Con il passare del tempo, il Supermarket entrò nel suo campo visivo, riusciva già a vedere Kyungsoo camminare avanti e indietro sotto la tettoia rossa dell’ingresso. Jongin gli andò in contro, sudato e scosso.

“Mi hai spaventato,” Jongin stava respirando affannato, con gli occhi chiusi.

"Sono stato via solo per un’ora,” rispose Kyungsoo confuso.

 Jongin fece un passo indietro e controllò se fosse ferito, per poi guardare in giro e supponendo le miriadi di situazioni che sarebbero potute essere la causa della morte di Kyungsoo. Durante l’introspezione, Jongin notò che i numeri rossi di Kyungsoo non avevano smesso il conto alla rovescia, era solo questione di minuti.

“Jongin, che succede ?”

Jongin afferrò Kyungsoo e cominciò a strascinarlo verso la direzione del suo appartamento, decidendo di stare lontano dalla strada principale, dove una macchina avrebbe potuto facilmente essere la tanto temuta risposta al tempo che aveva a poca disposizione di Kyungsoo. Le scorciatoie sarebbero state molto più sicure, non ci sarebbero state tracce di trappole mortali di metallo pronte a schiantarsi contro il ragazzo indifeso che gli stava al suo fianco.

“Te lo spiegherò dopo.”

Non volle ma lo disse pur di farsi ascoltare completamente da Kyungsoo. Prima sarebbero tornati a casa, meglio sarebbe stato. Kyungsoo stava incespicando dietro Jongin, mentre le buste di plastica urtavano le sue gambe, poi passando vicino ad un vincolo e sentirono delle urla, seguite da quelle imploranti. Jongin provò a camminare ma non riuscì a farlo perché Kyungsoo si era fermato, lasciando le buste a terra per addentrarsi dentro il vicolo buio e vedere una donna anziana venire aggredita.

Tutto accadde a rallentatore.

Un suono cacofonico.

Kyungsoo che urlava al ladro di fermarsi, il sangue di Jongin che gli scorreva nelle vene mentre malediceva il bisogno costante di Kyungsoo di fare il benefattore e poi un luccichiò di metallo che Jongin aveva visto un secondo troppo tardi che rifletteva la luce del sole. All’improvviso, si era messo a correre all’impazzata e poi la sua voce lasciò la sua gola in un grido disperato perché lui l’aveva capito. Sarebbe finita in questo modo.

Vennero sparati due colpi.

Schizzi rossi emersero da una smorta e pallida tela.

L’uomo armato scappato in preda alla paura.

L’anziana donna che non smetteva di gridare mentre chiamava l’ambulanza.

Jongin in uno stato di shock, cadde a terra per primo mentre premeva la mano contro la ferita d’arma da fuoco sul petto. Non aveva senso, non pensava che sarebbe accaduto questo mentre ansimava in cerca d’aria mentre i suoi polmoni si riempivano di sangue. Si girò su un fianco e vide Kyungsoo a pochi passi di distanza rannicchiato, con una macchia rossa vicina al suo cuore che assomigliava ad un fiore di garofano. Lo aveva capito finalmente. Due spari. Jongin attraverso la sua vista annebbiata, si aggrappò sulla ghiaia con le dita intrise di cremisi per strisciare verso il ragazzo caduto.

"Kyungsoo," gemette con una mano tesa.

Kyungsoo riusciva a gestire soltanto il doloroso piagnucolio mentre i suoi occhi piedi di lacrime guardavano Jongin quando crollò accanto a lui.

"J-jongin?" disse Kyungsoo mentre un costante flusso di sangue perdeva dalla sua bocca. “Perché ?”

Con mano tremante Jongin si aggrappò al polso di Kyungsoo, disegnando rilassanti cerchietti in quel punto mentre continuava a tossire e a macchiare il terreno di sangue.

“Mi dispiace, ho mentito. Non avevi un milione di anni,” disse. “Ma suppongo, che non li avessi neppure io.”

Le dita di Kyungsoo strinsero forte la camicia bianca macchiata di Jongin e pianse, con un misto di dolore e tristezza per i domani che non avrebbero più visto e i baci che non si sarebbero più dati. Tutta la nostalgia e gli sguardi malinconici, i tristi sguardi agonizzanti, adesso era tutto chiaro a Kyungsoo.

"Tu lo sapevi. Per tutto questo tempo, l’hai sempre saputo."

"Già."

Kyungsoo gemette di nuovo.

"Hai paura?" Jongin lo sussurrò, le sue parole erano affrante e si prese del tempo prima di pronunciare solo queste tre parole.

"Un pò," Kyungsoo iniziò a respirare con fatica quando perse la sensibilità della parte inferiore.

"Non devi averne, probabilmente andrai in Paradiso."

Kyungsoo provò a ridere ma il suono che uscì fu più gorgoglio strozzato. "Verrai con me ?"

"Farei pena come Angelo."

Divenne sempre più difficile respirare, divenne anche più difficile sforzarsi a parlare. Jongin chiuse gli occhi cercando di raccogliere i suoi pensieri. Si chiese se era così che sarebbe dovuta andare fin dall’inizio,  se il suo tempo era già scaduto nel momento quando aveva messo gli occhi sul ragazzo con i capelli corti  e gli occhioni alla lezione di Chanyeol di Storia della Musica.


 
00:00:00:00:00:10


 
 Jongin aprì I suoi occhi di nuovo.



 
00:00:00:00:00:09




 Kyungsoo si aggrappò debolmente a Jongin.



 
00:00:00:00:00:08



 
Jongin sorrise.



 
00:00:00:00:00:07



 
Le labbra di Kyungsoo tremarono quando provò a ricambiare il sorriso.



 
 00:00:00:00:00:06
 



Il suono delle sirene perforarono l’aria, ma entrambi sapevano che era già troppo tardi.



 
00:00:00:00:00:05



 
Jongin provò a dire, Ci vediamo presto, ma l’unica cosa che lasciò la sua bocca fu altro sangue.



 
00:00:00:00:00:04



 
Kyungsoo strinse la mano di Jongin e gli comunicò con I suoi occhi, Non preoccuparti, lo so.
 
Entrambi chiusero gli occhi e questa volta nessuno di loro due ebbe la forza di riaprirli di nuovo, erano alle prese con un fiume di torpore, incapaci di riemergere verso la superficie. Il conto alla rovescia iniziò, due orologi perfettamente identici, in perfetta sincronia.




 
 00:00:00:00:00:03





 
00:00:00:00:00:02






 
 00:00:00:00:00:01





 
Da qualche parte, in un universo parallelo, si sta raccontando una storia. La storia di un ragazzo che riusciva a vedere dei numeri rossi.
La storia di un ragazzo bloccato nella gentilezza, fino a quando un altro ragazzo appare per salvarlo. Una storia di sorrisi, risate, lacrime e dolore. Una storia che si conclude.





 
00:00:00:00:00:00




 
NOTE DELLA TRADUTTRICE:
 
* DISTRIBUISCE FAZZOLETTI *

Quando ho tradotto il finale ero tipo:
"AUTRICE, NON PUOI FARMI QUESTO!! COS'HO APPENA LETTO?!
COS'è QUESTO PLOT TWIST ANGST? LO AMO E LO ODIO."

Nonostante la tragedia della kaisoo, sono rimasta piacevolmente sconvolta dal finale T__*

Mi prostro ai piedi dell'autrice adorableprince per aver creato questo gioiello per il fandom della Kaisoo 
(e ringrazio me stessa per averla resa compresibile e averla divulgata a voi.)
E un grazie speciale a tutti quelli che l'hanno seguita, letta e supportata fino alla fine 


[...] "Il tempo non aspetta, non si ferma.
Prendiamolo al volo perché poi non avremo più l'occasione per noi." 


See you soon! 


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