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Autore: Signorina Granger    09/11/2017    11 recensioni
INTERATTIVA || Conclusa
C’è un’area ristretta, protetta da una barriera inaccessibile, dove le persone vivono in armonia, nella ricchezza, ognuno ha il suo ruolo e vige la più totale giustizia.
L’opportunità di accedervi viene data a tutti, quando ogni quattro anni ha luogo un Processo di selezione, fatto di test e prove, al quale viene sottoposto chiunque abbia già compiuto vent’anni, dando a chi più se la merita la possibilità di vivere una vita migliore nell’Offshore.
L’occasione è una sola e se sprecata recuperarla è impossibile.
Benvenuti nel Processo.
[La storia prende ispirazione dalla serie “3%”]
Genere: Introspettivo, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maghi fanfiction interattive
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
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Capitolo 7: La porta (Parte II)



“Vi dico che le cose stanno così… I suoni non sono una specie di sveglia che scandisce il tempo che passa, hanno a che fare con le leve e queste sequenze numeriche. Pensate sia un caso che ci siano quattro leve in ogni stanza, che i suoni siano quattro e che queste sequenze siano di quattro numeri?”

Erza inarcò un sopracciglio, guardando il gran numero di compagni che aveva davanti quasi con aria di sfida, tenendo le braccia conserte mentre dava le spalle al tabellone con i numeri.

“Se le cose stanno così, come pensi che dovremmo comportarci? Illuminaci con la tua teoria.”
“Con piacere. Penso che gli 1 e gli 0 riguardino le leve: 1, sollevate, 0 abbassate. Sono piuttosto sicura che se voi menti brillanti vi scomodaste a contare le stanze vi accorgereste che il numero delle sequenze è esattamente lo stesso delle camere… a mio parere continuano ad esserci troppe coincidenze. E se avete qualche altra idea, dite pure.”

Quando nessuno aprí bocca la Serpeverde abbozzò un sorriso soddisfatto, annuendo prima di parlare nuovamente: 

“Esattamente. Come ho detto, penso che questi numeri riguardino la posizione delle leve… e penso che dovremmo abbassarle o sollevarle proprio dopo la sequenza di suoni. Perciò c’è bisogno che dieci persone memorizzino una sequenza e poi la comunichino ad altre quattro che dovranno abbassare o sollevare le leve dopo la “sveglia”. Siamo qui da quasi un giorno intero, avete intenzione di restare qui sotto a lungo o quanto meno di provare a fare qualcosa? Perciò si, vi ho illuminato… non ringraziatemi.”

Erza abbozzò un sorriso quasi divertito mentre, davanti a lei, si diffondevano vari mormorii tra gli altri candidati, probabilmente indecisi se darle torto o meno. 

Anche se, la ragazza ne era sicura, non si stava sbagliando.


*


“Pensa che ci metteranno ancora molto a capire come fare?”
“Spero per loro di no, altrimenti passeranno altro tempo senza sfamarsi.”

Benjamin era in piedi davanti agli schermi che gli permettevano di controllare la situazione nel “bunker”, seguendo le vicissitudini e le discussioni tra i candidati restanti in gioco.

“L’ultima volta sono resistiti un giorno e mezzo… ma mi sembrano sulla buona strada. Preparate il cibo, ma mi raccomando… 60 buste. Non di più.”


*


“Tu che cosa ne pensi?”
“Non saprei… di sicuro ha una sua logica. E poi non abbiamo niente da perdere, credo che provare non costa nulla.”

Mairne si strinse nelle spalle mentre, insieme a Noah, camminava lungo il corridoio stretto e fiocamente illuminato dalle luci artificiali per tornare nella sua camera mentre Lily era rimasta nell’”atrio” essendosi offerta di imparare e poi riferire la combinazione numerica corrispondete della loro stanza.

“Beh, spero che Erza non si sia sbagliata, sto morendo di fame e stare chiuso qui dentro mi sta facendo venire la claustrofobia… vado, ci vediamo dopo.”

“Ok.”

La bionda annuì, sorridendo debolmente all’amico che ricambiò prima di superarla e allontanarsi per raggiungere la sua stanza, lasciando Mairne sola a sperare ardentemente che la Serpeverde non si fosse sbagliata e che la sua intuizione fosse corretta. 


“Mairne? Non credo manchi molto per la prossima “sveglia”, pensi tu alla prima leva? Sono un po’ pesanti, ma dovremmo cavarcela.”

La voce di Alethea riportò la bionda alla regalata, che si voltò verso la soglia della stanza e si affrettò ad annuire, entrando nella camera: 

“Certo, nessun problema.”


O forse dovevano ancora iniziare, i veri problemi? 


*


0, 1, 1, 0


Lilian gettò un’ultima occhiata al tabellone prima di girare sui tacchi e affrettarsi a raggiungere la sua camera, ripetendosi mentalmente i quattro numeri in successione mentre camminava a passo svelto tra le pareti grigie, così come alcuni tra i suoi compagni.

“Allora?”

Quando si fermò sulla soglia della stanza che condivideva con Mairne, Louella, Hailey e Alethea Lilian trovò le quattro compagne già in piedi dietro le quattro leve, in attesa: 

“0, 1, 1, 0. Pensate di farcela a spostarle?”
“Ho così fame che al momento sposterei anche un muflone, Lilian.”

Alethea sbuffò leggermente, impugnando il manico della pesante leva per spingerla verso il basso di lì a poco, quando avrebbero sentito la “sveglia”. 
Lilian stese le labbra in un sorriso alle parole della Corvonero, imitata da Louella e Mairne che parvero rilassarsi leggermente. Hailey invece rimase in silenzio, continuando a tenere gli occhi fissi sulla sua leva senza dire nulla. 


Lilian si stava avvicinando a Mairne quando la combinazione di quattro suoni giunse alle loro orecchie, spezzando il silenzio che era andato a crearsi nella cantina. 
Solo che, a differenza delle altre volte in cui l’avevano sentito e non ci avevano fatto molto caso, questa volta le ragazze quasi sobbalzarono, avendolo aspettato con trepidazione durante quell’ora interminabile: 

“Ma quanto pesano… questo è un lavoro da uomini.”
“Per favore, se dovessimo aspettare che ci salvassero loro moriremo di fame qui sotto!”


*


“Pensi che funzionerà?”

Erza contorse la mascella, trattenendosi dal voltarsi e apostrofare il ragazzo che le dava il tormento da quando aveva esposto la sua idea in modo assai poco elegante. 

“Sì. Tu invece, perché invece di dare una mano stai qui?”
“Voglio vedere se ci hai visto giusto, come te del resto.”

Il ragazzo si strinse nelle spalle con nonchalance e la rossa roteò gli occhi, imponendosi di non dire nulla e di ignorarlo mentre era in piedi insieme a lui nell’”atrio”, gli occhi fissi con insistenza sul grande tubo quadrato che aveva davanti. 

Pregando mentalmente affinché non si fosse sbagliata: non solo aveva un gran bisogno di uscire da lì, ma piuttosto che ammettere di essersi sbagliata si sarebbe rinchiusa in un angolo buio senza più uscirne. 

Avanti 


No, non poteva essersi sbagliata… non trovava altra via d’uscita, se non quella. Non vedeva cos’altro avrebbero potuto fare per cercare di superare quella prova malsana.

Quando sentì un rumore la ragazza si irrigidì, trattenendo quasi il respiro mentre si ritrovava a pregare mentalmente, osservando il tubo che aveva davanti con trepidazione: qualcosa stava scendendo, dritto verso di loro. 


“Sí!”
Le labbra della Serpeverde si inclinarono in un largo sorriso carico di soddisfazione quando vide un cumulo di buste di plastica capitombolare davanti a lei, sul pavimento, attraverso il tubo, avvicinandosi per prenderne una in mano.

Aveva sperato che li avrebbero fatti uscire direttamente, ma l’idea di avere finalmente qualcosa da mettere sotto i denti era comunque molto gratificante… specie considerando che era merito suo, in buona parte. 

“Beh, ammetto che ci hai visto giusto, allora…”

Mentre un rumore di passi riempiva la cantina Erza sorrise, voltandosi verso il suo interlocutore e annuendo leggermente mentre un gran numero di candidati si affrettava a raggiungerli, curiosi e speranzosi allo stesso tempo: 

“Pare proprio di sì. È questo il grande errore che la gente fa sempre con le belle ragazze… non siamo tutto fumo e niente arrosto, o almeno non tutte.”


La rossa sposto la sua attenzione dal ragazzo, che restò in silenzio senza permettersi di replicare, ai compagna che l’avevano raggiunta e che, alla vista del cibo, stavano esultando per poi fiondarcisi sopra a capofitto: 

“Sì ragazzi, ringraziatemi pure più tardi… ma che nessuno prenda NULLA, dobbiamo contare quello che hanno mandato. Divideremo il cibo equamente.” 


*


“Finalmente… anche se c’è da dire che si sono sprecati: una sola busta a testa.”

Alethea, seduta a gambe incrociate sul suo letto, inarcò un sopracciglio con aria scettica mentre masticava un pezzo di pane con aria assorta. Hailey invece, seduta sul suo etto con le gambe penzoloni, si strinse nelle spalle, impegnata a rigirarsi la sua razione tra le dita senza averla ancora aperta: 

“Puoi avere la mia, se vuoi.” 
“Non dire assurdità, dovrai pur mangiare.”

“Non è un problema, ho passato un periodo dove mangiavo ben poco.”

La Corvonero si strinse nelle spalle, continuando ad evitare di guardare l’ex compagna di scuola che invece le rivolse un’occhiata carica di curiosità: 

“Davvero?”
“Sono stata in… conflitto con i miei genitori, per un periodo mi hanno praticamente cacciata di casa ed ero abituata a mangiare molto poco. Forse ora dovrei ringraziarli per l’isolamento forzato, dopotutto.”


*


“Sembri preoccupato… non vuoi mangiare?”

Theodore, steso sul letto e lo sguardo rivolto al soffitto della stanza, si voltò sentendo la voce di Alastair, che stava osservando l’amico con una punta di preoccupazione: 

“Non adesso, penso che me lo terrò per dopo.”
“Non hai fame?”
“Un po’, certo, ma sono abituato… quando ero piccolo ho patito la fame milioni di volte, dopotutto. No, stavo pensando al perché non ci abbiano fatti uscire. Dopotutto abbiamo capito a cosa servissero leve e numeri… che cosa vogliono ancora?”

“Evidentemente la prova non consiste in questo, non veramente.”
“Lo penso anche io Al… ed è questo che mi preoccupa.”


Theodore annuì, tornando a concentrarsi sul soffitto e a rimuginare, chiedendosi che cosa volessero davvero. Rinchiuderli lì sotto, senza cibo, senza bacchetta e nessun contatto con l’esterno. 
Avevano capito come procurarsi da mangiare, ma non avevano ancora aperto la pesante porta di metallo.

Per quanto ancora sarebbero rimasti confinati lì sotto? 
Stava iniziando a perdere il conto delle ore che erano passate dalla fine della prova del corridoio e delle allucinazioni… e senza alcuna finestra, non aveva idea se fosse giorno o tardo pomeriggio. 

Completamente estraniati dal mondo intero.


*


“Ehy, vacci piano… così rischierai di soffocare.”

Noah sorrise mentre, seduto sul letto di Mairne, guardava l’amica mangiare la sua razione. 

“Non fare il pignolo Noah, ho fame!”
“Lo so, ma non scordare di masticare! E poi dovresti mangiare piano, così ti sfami di più. Non capisco perché ce ne hanno dato così poco, in effetti…”

“Io speravo che ci avrebbero fatti uscire, a dire il vero. Mi chiedo per quanto dovremo restare qui… che cosa pensi che vogliano?”
“Non ne ho idea, ormai non so più che cosa aspettarmi… ma di qualunque cosa si tratti, spero che ne usciremo insieme.” 

Mairne sorrise all’amico, annuendo e allungando una mano per sfiorare quella del ragazzo, girandolo con affetto: 

“Sarà così, vedrai.”
“Lo spero. E ora… questo lo tengo io.”

Noah, approfittando della momentanea distrazione dell’amica, si sporse per sottrarre dalla presa della bionda la metà restante della sua razione di cibo, guadagnandosi un’occhiata piuttosto seccata: 

“Noah, perché mi tratti come una bambina che non sa badare a se stessa?”
“Scusa Mairne, mi voglio assicurare che tu sia prudente… meglio non mangiare tutto subito. Ho la sensazione che questa storia tirerà per le lunghe…”


*


“Sì sono divisi il cibo equamente? Una busta a testa?”
“Sì, Signore.”

“Come pensavo… ora non mandate giù nulla, anche se sicuramente riproveranno con le leve nelle prossime ore. Lasciateli senza niente per le prossime… sei ore. Poi mandate 120 buste.” 


*


“Non capisco perché non ci hanno più mandato niente… cos’è, vogliono dimezzarci facendoci morire di fame?”

Kieran sbuffò mentre si lasciava cadere sul suo letto, maledicendo mentalmente il Processo per l’ennesima volta bell’arco di poche ore: avevano appena riprovato ma niente, anche se avevano seguito le nuove combinazioni comparse sul tabellone non era arrivata nemmeno l’ombra di altro cibo. 


“A questo punto, potrebbe essere un’ipotesi. Si terranno chi riuscirà a resistere, magari.”

Alastair, steso sul suo materasso, si strinse nelle spalle mentre fissava la rete del letto che sovrastava il suo con insistenza, cercando di scacciare tutte le immagini di piatti prelibati che gli stavano affollando la mente da ormai un’ora: non mangiavano seriamente da quasi due giorni, dopotutto. E da quella misera razione erano già passate sei ore, sei ore di silenzio totale da parte del Processo. 

“Beh, spero tanto di no, perché sto già diventando intrattabile, se continua così finirò per azzannare uno di voi, siete avvisati.”
“Non che di solito tu sia molto più gradevole, Kier… ahia!”


*


Avevano provato ogni ora, ma per ben sei tentativi non era arrivato niente da mettere sotto i denti. E come se non bastasse, la temperatura si era anche abbassata considerevolmente.

Nymphea rabbrividì mentre percorreva il breve tragitto dal bagno fino alla sua camera quasi di corsa, morendo dalla voglia di infilarsi sotto le coperte e riposarsi: non aveva molta fame in effetti, da quando aveva ripreso conoscenza sentiva una nausea estremamente fastidiosa che le aveva impedito persino di gustarsi il poco cibo che aveva potuto mettere sotto i denti qualche ora prima. 


Si stava chiedendo, ancora una volta, perché non li avessero ancora fatti uscire e sopratutto perché non avessero mandato altro cibo in tutte quelle ore e quasi urtò il ragazzo che stava camminando nella direzione opposta e che era spuntato quasi dal nulla da dietro un angolo. 

“Scusami.”
La ragazza si fermò per voltarsi e scusarsi, restando leggermente sorpresa quando riconobbe il ragazzo che aveva davanti, che invece le sorrise: 

“Ciao… come stai?”
“Meglio, grazie.” 
“Hai mangiato?”

“Non ho molto appetito, a dire la verità… ed é quasi un bene, credo, forse mi hanno fatto un favore infondo.”
La Tassorosso si strinse debolmente nelle spalle, leggermente a disagio mentre Phoebus si accigliò leggermente, osservandola con attenzione: 

“Senti ancora qualche sintomo? Non dovresti, dopo tutte queste ore…”
“No, sto bene, ma grazie per l’interessamento. Beh… ci vediamo dopo.”

Nymphea sorrise appena prima di girare sui tacchi e allontanarsi , mentre al ragazzo non restò che osservarla a distanza, chiedendosi che cosa avesse visto durante l’allucinazione da turbarla tanto… ma ovviamente non erano affari suoi e non voleva neanche ficcanasare.

In effetti non sapeva nemmeno perché gli interessasse… dopotutto non lo riguardava, e conosceva appena quella ragazza. 

Per un attimo sentì di nuovo le parole di Kieran ma si disse di non pensarci, scacciandole dalla mente prima di girare sui tacchi e allontanarsi nella direzione opposta. 


*


Quando vide, finalmente, un secondo cumulo di buste cadere sul pavimento dal tubo Erza tirò quasi un sospiro di sollievo, ringraziando mentalmente gli esaminatori: il clima non era diventato dei migliori, nelle ore precedenti.

La ragazza non poté fare a meno di notare che il numero era raddoppiato mentre, insieme a Theodore, Hailey e Alethea iniziava a contare le buste di cibo per dividerle equamente tra i sessanta candidati rimasti… Ne avevano mandate 2 a testa anziché una, questa volta. 


Forse era un bene, dopotutto… ma non poté fare a meno di pensare che forse, se dopo averne mandata una erano passate sei ore, avendone mandate due a testa avrebbero raddoppiato l’attesa.

“Fate piano, ce n’è per tutti… due a testa questa volta, e fossi in voi razionerei per bene quanto ci è stato dato.”


Le parole di Hailey giunsero quasi da conferma ai suoi pensieri e la Serpeverde si ritrovò ad annuire, completamente d’accordo con la Corvonero mentre distribuivano le buste ai compagni.
Molto probabilmente non sarebbero usciti da lì molto in fretta. 


*


Sentendo quei suoni, che ormai erano diventato quasi una tortura visto che non facevano altro che ricordarle da quanto tempo era chiusa lì dentro, Zavannah sbuffò debolmente, passandosi una mano sul viso mentre si sforzava di fare un rapido calcolo mentale: erano passate dieci ore da quando erano arrivate le 120 buste, e tra quelle e la prima razione erano trascorse sei ore…  Era passata più di mezza giornata, quindi molto probabilmente era notte. O mattina presto? 

Odiava non riuscire a rendersi conto di cosa stesse succedendo e da quanto tempo fossero lì sotto con precisione… senza contare che non toccava cibo da ore e le sue energie stavano scemando a vista d’occhio. 

Dieci ore, e non era successo nulla… La porta restava chiusa e dal tubo continuava a non uscire nulla per loro. Riusciva quasi ad immaginare gli esaminatori osservarli e divertirsi alle loro spalle, come sicuramente stava accadendo diversi metri più in alto… non vedeva l’ora che quella prova finisse, ma a quel punto stava iniziando a chiedersi se sarebbe mai finita. 

Erano passati circa due giorni ormai, eppure ancora non era riuscita a capire che cosa volessero da loro. 
Avevano capito a cosa servissero le leve e continuavano a provare al trascorrere di ogni ora, ma niente, non avevano ottenuto quasi alcuna risposta. 

E ormai gran parte di loro aveva di certo completamente esaurito il cibo a propria disposizione... ergo, la fame stava di certo per tornare a farsi strada prepotentemente tra loro.

E qualcosa le diceva che quando sarebbe successo, non sarebbe stato affatto semplice. 


*


“Signore, l’abbiamo chiamata come ci ha chiesto, sono passate dieci ore... ora cosa vuole che facciamo?”

Benjamin non rispose subito, limitandosi ad osservare le immagini che aveva davanti per qualche istante: 60 ragazzi, tutti in attesa, stanchi, affamati, molto probabilmente nervosi e orma irritabili a causa della situazione di profonda incertezza in cui si trovavano.

“Aspettate altre due ore. Poi mandate tutto.”

“Come, scusi?”

La strega che stava controllando i monitor si voltò verso il superiore, parlando con sincera perplessità mentre rivolgeva a Benjamin un’occhiata incerta, chiedendosi se non avesse capito male le parole dell’uomo. 
Ma il Direttore non si scompose, continuando ad osservare i candidati con aria assorta prima di parlare a mezza voce:  

“Tutto. Mandate tutto quello che abbiamo.”



   
 
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