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Autore: Blue Flash    12/11/2017    1 recensioni
«Parlami di loro Zetsu.»
L'essere, o meglio, la pianta si voltò celermente verso la ragazza, incuriosito da quella sorta di domanda.
«Di loro?» domandò sibilino lo Zetsu Nero continuando a camminare al suo fianco.
«Vuoi che te ne parli io?» chiese, invece, il bianco speranzoso.
«No, Zetsu nero.» e Reyko lanciò uno sguardo indagatore al suo compagno.
«Sei più furba di quel che sembri a differenza di qualcuno li in mezzo. Dunque, di chi vuoi che ti parli mentre andiamo?»
«Di tutti loro. Voglio sapere con chi sto avendo a che fare.»
Quell'affermazione fece scaturire una sorta di risata sommessa da parte di entrambi gli Zetsu, quasi entusiasti di poter parlare.
«Allora ti dirò quello che vuoi sapere dei membri dell'Akatsuki ad una sola condizione che dovrai rispettare condizione.»
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Eccomi qui con la mia FF. Protagonista è l'Akatsuki, in particolare dopo l'abbandono di Orochimaru si unirà a loro un nuovo elemento (Oc) per completare lo schieramento vincente. Sarà ambientata inizialmente durante Naruto e poi durante Shippuden, con variazioni nell'arco degli eventi e tratterà di quello che successe nell'Akatsuki per ottenere la sua attuale fama ed anche quello che succederà durante la guerra.
Genere: Angst, Guerra, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Akatsuki, Deidara, Itachi, Kisame Hoshigaki, Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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Jail of heaven

Si lasciarono il rifugio alle spalle, non prima di aver diligentemente piazzato una serie di tranelli ed esplosivi, cosa di cui si occuparono Sasori e Deidara, nonostante le loro continue lamentele. In verità l’unico che si lamentava era il biondo, ma il marionettista non sembrava deciso a dargliela vinta su niente. Quei due avevano decisamente una tensione, non indifferente, ma anche altri non sembravano scherzarci. Hidan camminava dalla parte opposta rispetto a Kakuzu, blaterando qualcosa riguardo il suo sommo Jashin ad uno stanco, o forse solo annoiato, Kisame. Itachi, invece, camminava in silenzio a qualche metro di distanza da Zetsu, l’unico che stava facendo strada. Se qualcuno li avesse visti in quel momento avrebbe davvero pensato a qualcosa di strano, quindi fu una fortunata, anche secondo Reyko che chiudeva la fila con Sen, muoversi fra le ombre. 
Non aveva ben chiaro dove stessero andando, e forse non voleva saperlo sul serio, anche perché era stata convinta che quello fosse il luogo punto di raccolta, ma forse doveva trattarsi di uno dei tanti posti dove era possibile riunirsi. In fondo non potevano essere così sprovveduti da possedere un solo luogo del genere, ed ovviamente, man mano che avanzavano in quella zona di bosco, costeggiando il fiume che scendeva, e la vegetazione iniziò a farsi sempre più fitta. Probabilmente avevano già percorso parecchia strada quando Sen iniziò a correre, inseguendo Zetsu, verso una costruzione che si erigeva quasi sull’acqua. 
La ragazza assottigliò lo sguardo, mettendo a fuoco ciò che le apparve davanti agli occhi, e con sua grande sorpresa capì di trovarsi davanti ad una casa che sembrava in parte sospesa su quel tratto di fiume. Un’ampia veranda si affacciava sull’acqua, mentre quella costruzione su più piani, dai colori simili a quelli della natura che la circondava, sembrava in perfette condizioni. Nessuno di quel gruppo sembrò esitare nel dirigersi verso tale costruzione, segno che effettivamente quella doveva essere la base di cui aveva sentito parlare. 
«Bel posto, vero? » e la cantilena di Hidan giunse chiara alle orecchie di Reyko, che si voltò a fissarlo.
«Abbastanza non credevo che—…» lasciò la frase in sospeso, forse perché non voleva ammettere ad alta voce di immaginarseli a vivere dentro le grotte. 
«Che vivessimo in quel posto? Nah! Quello è il punto di raccolta per quando dobbiamo vederci per gli affari loschi, questo invece è uno dei luoghi sicuri dove possiamo stare quando non siamo impegnati in qualche missione.» continuò a spiegarle il ragazzo dai capelli bianchi andandole vicino.
«Non puoi neanche immaginare quanto abbiamo litigato con Kakuzu per cercare di convincerlo a non vedere questo posto, sai, lui è particolarmente attaccato ai soldi e non capisce l’importanza della religione di Jashin e per questo motivo prima o poi la pagherà cara.»
Stranamente aveva alzato parecchio il tono per farsi sentire da Kakuzu, che ovviamente si voltò per fulminare con lo sguardo Hidan, prima di continuare a camminare. 
«Capisco…» e Reyko desiderò davvero defilarsi da quella discussione prima che le cose degenerassero. 
«Ma poi, fortunatamente, Pain e Konan hanno capito che avevamo bisogno anche noi di un posto simile.» 
Pain e Konan? Dovevano essere i nomi del Leader e della ragazza con i capelli violacei, questa era una certezza, perché fra tutti loro non c’era nessuno che si fosse presentato in quel modo. 
«E’ un bel posto. Mi piace.»
Una figura silente le si avvicinò e notò con la coda dell’occhio che si trattava dell’Ex membro degli spadaccini della nebbia.
«Purtroppo, però, ci stiamo veramente poco e questa è una delle rare occasioni. Per lo più siamo sempre impegnati in qualche missione quindi goditi questa notte, Eremita.»
«Reyko…» puntualizzò lei, lanciandogli una rapida occhiata. 
«Come preferisci, Reyko.» e lui ricambiò quello sguardo aggiungendo un inquietante sorriso con i denti da squalo.
Forse aveva sentito dire che una caratteristica degli spadaccini della nebbia fosse esattamente quella, ma non ne era del tutto sicura. Spesso e volentieri, in classe durante l’accademia, non ascoltava molto ciò che gli insegnanti le dicevano, aveva invece appreso l’arte dell’ascolto e dell’osservazione insieme ai lupi. Era in quel frangente di eventi che Reyko era maturata non solo a livello di arti ma anche a livello personale, crescendo. 
Un paio di passi ancora e finalmente giunse ai piedi di quel grande ingresso. Il lungo porticato, che circondava l’intera costruzione, era in legno scuro mentre una strana pianta rampicante s’intrecciava fra le colonne, giungendo fino al tetto. Spuntavano addirittura alcuni fiori ed infatti, mentre tutti gli altri, compreso Sen, oltrepassarono la porta per entrare, lei rimase affascinata da un particolare fiore attaccato ad una delle colonne in legno. Possedeva un colore tendente al rosa, con ampi petali ed una forma particolare. Deviò per avvicinarsi, in modo da osservarlo meglio, e quando avvicinò la mano per sfiorarlo si fermò immediatamente, avvertendo una presenza non molto lontana da lei. 
«Non dovresti toccarlo.» sentenziò con assoluta tranquillità Itachi Uchiha, ancora fermo all’ingresso del porticato. 
Reyko, sorpresa da tale affermazione, si voltò lentamente verso di lui, abbassando il braccio con cui si era protesa per sfiorare il fiore. 
«E’ velenoso?» la domanda sorse spontanea sulle labbra della giovane ragazza. 
«Il Maestro Sasori dice di sì. E’ Ademium, conosciuto anche come la Rosa del Deserto. L’ha portata lui stesso dal Paese del Vento.»
Adenium. Rosa del Deserto. Era incredibilmente bello quel fiore, quanto letale, cosa che stranamente Reyko apprezzò parecchio. Le piaceva poter pensare che anche una cosa tanto bella, ed in apparenza delicata, fosse in grado di fare del male. 
Era un po’ come lei. 
«Adenium—… ha un colore bellissimo
«Tutte le cose pericolose risultano attraenti agli occhi di chi le osserva. E’ questo ciò che le rende davvero pericolose.»  Stranamente Itachi, mentre pronunciava quelle parole pacate, aveva distolto lo sguardo muovendo qualche passo verso la porta da cui tutti erano passati. «Ti conviene entrare, anche perché il tuo lupo sta per attaccare Deidara.» 
Ed a quelle parole gli occhi della ragazza si sgranarono, sorpresa come non mai, infatti accelerò i passi, superando la figura di Itachi prima di oltrepassare la soglia.
Effettivamente Deidara sembrava intento a discutere, o meglio ad urlare, contro Sen, che in risposta aveva appena snudato i canini in modo da mettere bene in chiaro le cose. Non poteva rischiare che Sen attaccasse il dinamitardo dopo neanche la prima sera, quindi non ci pensò due volte a correre verso di lui, pronta a calmarlo. 
Con gesti quasi automatici Reyko accarezzò il crine di Sen, lasciando che la propria tranquillità riuscisse ad infondersi anche in lui. Era per via del loro legame, era così che le cose funzionavano fra di loro. Quando uno dei due era in preda a forti emozioni l’altro interveniva per placare l’animo, frutto di un legame duraturo che andava avanti da anni. 
«Che sta succedendo?
»chiese senza guardare nessuno in viso, mentre continuava con quelle carezze. 
«A quanto pare Deidara non va molto a genio al tuo lupo—… mi chiedo come mai.»  sentenziò con disinvoltura Sasori, che fissava la scena appoggiato ad uno dei grandi cuscini sul divano nel salone centrale.
Solo in quell’istante Reyko ebbe la possibilità di focalizzare l’attenzione sulle fattezze interne della dimora. Non c’era niente di eccessivo, se non semplici mobili antichi, ma la cosa che maggiormente la colpì fu la grande apertura che conferiva luminosità al posto. S’affacciava sul fiume e bastava oltrepassarla per ritrovarsi sulla parte posteriore di quel porticato in legno.
Al centro della stanza luminosa, che doveva fungere da punto di raccolta, era posizionato un ampio tavolo in legno, basso, circondato da cuscini. Qualche statua ed armatura inquietante era posta agli angoli della stanza, forse solo come abbellimento. Di certo quel posto doveva esser stato un piccolo gioiello per chiunque l’avesse fatto costruire. 
«Ohi, Sasori, vecchio mio, vedi di non esagerare!» sentì rispondere il biondo sollevando entrambe le  strane mani  in aria. Difficilmente passava inosservato il fatto che quel ragazzo avesse altre due bocche a livello delle mani, ma a quanto pareva tutto ciò serviva per la sua Arte. 
«Io non esagero mai, ho semplicemente detto la verità.»
«Certo, come no, infatti continui sempre a ripetere che le tue marionette sono arte quando tutti lo sanno che la vera arte è un’esplosione.»
«Ti faccio esplodere io la faccia se non la smetti di parlare.»
«Ma sentitelo il grande Maestro delle marionette che non vuole ammettere di avere torto.»
«Questo perché io non ho torto, Deidara!»
Ed anche loro due, che dovevano essere gli artisti dell’Akatsuki, iniziarono a battibeccare proprio come avevano fatto prima Hidan e Kakuzu. Reyko sperò davvero che non riprendessero anche loro a litigare perché non avrebbe retto. 
Il biondo, allora, le si avvicinò e le pose una mano sulla spalla, mentre con l’altra additò Sasori.
«Visto che tu sei nuova, Reyko, dicci una cosa: secondo te l’arte deve essere una noiosa cosa eterna oppure l’arte deve essere un meraviglioso lampo di luce che dura solamente un attimo?»
Gli occhi nocciola della ragazza lo fissarono attonita, incapace di riuscire ad elaborare una logica risposta in conseguenza alla domanda sull’arte che le era appena stata posta. 
Boccheggiò, esitando parecchio.
«In realtà non—…»
«Sentiti libera di non rispondere, Eremita, loro due fanno così praticamente sempre.»
Fu quasi un miracolo che Kisame intervenne in contropiede per evitarle una risposta. Perché qualsiasi cosa avesse detto avrebbe, in qualche maniera, fatto arrabbiare o Sasori o Deidara, o addirittura entrambi. Era difficile riuscire a coniugare tutte quelle menti insieme. Era un’impresa particolarmente ardua ma se effettivamente il leader Pain ci fosse riuscito allora avrebbe davvero avuto una squadra imbattibile. 
«Ohi, Kisame non intrometterti!» 
«Deidara, lasciala in pace.» ribatté secco lo spadaccino, muovendosi nel grande salone centrale. «Sarà stanca.»
Ed effettivamente era un po’ stanca, anche per via del combattimento avuto in precedenza contro di lui. 
«Itachi, digli di non intromettersi.» 
Questa volta Deidara rivolse lo sguardo cristallino in direzione dell’Uchiha, come sempre parecchio silenzioso, che solo interpellato rivolse lo sguardo verso di loro. 
«Kisame ha ragione. Lasciala in pace.» sentenziò diretto, concludendo allora quella discussione per poi distogliere lo sguardo, stranamente tornato normale. 
Aveva gli occhi scuri, neri come la notte, cosa che Reyko notò solamente senza il cremisi dello Sharingan. 
Erano dei begli occhi.
La nunkein non prestò molta attenzione alle successive lamentele del biondo, che aveva iniziato una sorta di sproloquio su quanto non fosse assolutamente giusto screditare la sua meravigliosa arte. Che le esplosioni meritavano più riguardo. E che prima o poi avrebbe fatto saltare in aria tutti quanti in quella casa. 
Doveva essere praticamente la norma perché nessuno, infatti, sembrò curarsi delle sue minacce. Stava imparando a capire che l’animo del biondo era abbastanza esaltato ed infantile, ma stranamente, se solo ne avesse avuto le forze, avrebbe fatto storcere le labbra di Reyko in un sorriso divertito. 
Una volta deviata la discussione sull’arte si preoccupò anche di evitare la discussione a carattere religioso di Hidan, intento a discutere ampiamente con Kakuzu riguardo i problemi che creava l’attaccamento ad denaro. Anche loro due sembravano possedere idee praticamente differenti, il che li portava a svariati contrasti.
«A proposito, volevo domandarti una cosa, Eremita.» 
Improvvisamente Kakuzu aveva rivolto tutta la propria attenzione nei confronti della ragazza, ignorando le voci di Hidan e degli latri, lasciando che quell’inquietante sguardo verde la studiasse a fondo.
«Come hai fatto a fuggire dalla Prigione del Cielo
Sentendo quella domanda il cuore di Reyko, improvvisamente, s’arrestò. Questo perché il solo nominare quel posto non faceva altro che riportarle alla mente tutti i terribili istanti passati dietro le sbarre. Era un argomento che evitava il più possibile ma al contempo era anche abbastanza sicura che gli altri non sapessero quella parte della storia. La più oscura e dolorosa. Era come se Reyko cercasse di dimenticare ciò che aveva passato in quel posto, quindi tendeva ad evitare il discorso ma per averla cercata l’Akatsuki voleva dire che loro sapevano. O almeno qualcuno sapeva.
Infatti l’unico veramente curioso riguardo quell’argomento sembrava Kakuzu, mentre gli altri si scambiarono uno sguardo confusi.
Ma Reyko non avrebbe mai mostrato alcun segno di intimidazione o di paura davanti a loro, anzi, specialmente davanti a loro. Così piuttosto che mostrarsi preoccupata un sorrisetto sghembo si fece largo sulle rosee labbra della nunkenin. 
«Cosa sai, tu, di quella storia?»
Come sempre la sua caparbietà nel rispondere a domande con altre domande si fece sentire, anche per cercare di capire quanto effettivamente Kakuzu sapesse sul proprio passato o sulle storie che circolavano a riguardo. 
«Kakuzu, aspetta un attimo, si può sapere di che cosa diamine stai parlando? »
Ovviamente Hidan non sembrava molto contento di esser messo in secondo piano, quindi urlò quelle parole all’orecchio del compagno. 
«Voi quanto ne sapete su di lei?» chiese con assoluta tranquillità lo il più spaventoso dell’Akatsuki muovendo un paio di passi in direzione della ragazza.
Si fermò esattamente ad un paio di metri davanti a lei, senza distogliere lo sguardo da essa, che continuò a mantenere quel fastidioso sorriso intatto. 
«Sappiamo che il nostro Leader la voleva nel gruppo e siamo andati a prenderla. Si tratta di una persona capace di usare le arti eremitiche, quindi è sicuramente molto più forte della media, però Kisame l’ha messa al tappeto.»
Deidara, con la sua solita parlantina, riuscì a fare una sintesi anche abbastanza accurata di quella che era la situazione “Reyko”, e gli altri ascoltarono con interesse, annuendo o bisbigliando qualcosa come un flebile “già”. 
Ma Kakuzu sapeva. 
«Esatto. Ma c’è una cosa, sicuramente quello che ha davvero colpito Pain, di cui non vi ha parlato: ovvero è fuggita da una una delle più famose prigioni delle Cinque Nazioni.» 
Questa volta a fissarla con più attenzione fu lo stesso Itachi, che assottigliò lo sguardo, senza però alcun cambiamento d’espressione. Kisame, invece, si lasciò andare ad una risata divertita mentre Sasori s’alzò in piedi, dalla sua comoda posizione sul divano, andandole incontro.
«La Prigione del Cielo? Adesso capisco perché ci tenevano a farti entrare.» Lo sguardo smeraldino del Marionettista si puntò su Reyko. 
«Ma si può sapere perché continuate a parlare di questo posto? Vorreste spiegare anche a noi?» Deidara, con molta poca delicatezza, spintonò Sasori perché al momento lui ed Hidan sembravano gli unici confusi. Perfino lo stesso Zetsu, che era rimasto in silenzio fino ad allora, parve comprendere a che cosa gli altri si stessero riferendo. 
«Si vede che sei un ragazzino per non conoscere quel posto.» ribatté Kisame volgendo lo sguardo verso il compagno biondo. 
«Quindi, di grazia, vorreste farci il favore di spiegare anche a noi di che cosa state parlando?»
Reyko fissò tutti i presenti nella stanza, senza che però quel sorriso beffardo abbandonasse le sue labbra, ed allora sollevò un braccio indicando tranquillamente Kakuzu, che fra tutti era stato colui che aveva tirato fuori quel discorso.
«Prego, è tutto tuo l’onore della spiegazione. A me non va di farlo, sono troppo stanca.»
Con assoluta tranquillità, infatti, la ragazza mosse qualche passo in direzione del divano su cui poco prima era seduto il Maestro, ed allora lo imitò, andandosi a sedere, ed accavallando le gambe in maniera non esattamente composta. Sen la seguì, mentre si accucciò ai suoi piedi, ed allora la kunoichi poggiò un braccio sul bracciolo del divano, in modo tale da sorreggere il viso. 
«Come vuoi.» rispose con estrema schiettezza l’uomo. «La Prigione del Cielo è una delle prigioni più famose nel mondo degli Shinobi. E’ situata in un luogo sconosciuto fra le montagne della Nazione del Fulmine, solo il Raikage e tre fra i suoi collaboratori più stretti sanno la vera ubicazione di quel posto, il che lo rende pressocchè introvabile.»
Era vero. Era tutto maledettamente vero e purtroppo Reyko lo sapeva benissimo. Perfino lei, quando era anche più giovane, credeva che la Prigione del Cielo fosse solamente una leggenda raccontata per spaventare gli shinobi in accademia. 
Deidara, stupito da quella prima spiegazione volse gli occhi cristallini in direzione di Reyko, che ricambiò quello sguardo senza dir nulla, limitandosi a sorridere.
«Forse ho sentito parlare di un luogo simile, ma non me ne ricordo bene, il vecchiaccio blaterava sempre su questo genere di cose. Forse c’è qualcosa di simile nella nazione della Nebbia.» 
«Nebbia, Nuvola e Sabbia. Sono queste le tre grandi prigioni. Però questo non è tutto—…» aggiunse Itachi, fermo accanto a Kisame, mentre si appoggiò con un movimento semplice contro una delle pareti della stanza. 
Reyko sentì lo sguardo indagatore dello Sharingan studiarla con attenzione, proprio come se quella fosse la prima volta che la guardasse davvero. 
«Già. Non è tanto questo il particolare interessante quanto ciò che si dica succeda dentro quelle prigioni. Non esiste tortura che non venga applicata, non esiste la pietà, non esiste la clemenza. I prigionieri si dice spravvivano al suo interno al massimo per un mese, implorando la morte o arrivando addirittura a suicidarsi. Per uno shinobi essere mandato in una di quelle prigioni equivale a morte certa, ma non per te. O sbaglio?»
Ovviamente Reyko intuì che la domanda posta da Kakuzu fosse diretta unicamente a lei, e quindi fu quasi costretta a parlare ed a rispondere.
«Non sbagli. Però ti devo correggere su una cosa, Kakuzu, nessuno si suicida li dentro. Non te lo permettono.» proferì come se la cosa non la spaventasse neanche un poco, perché in fondo aveva imparato a nascondere bene le proprie espressioni quando si trattava di quel posto. «Prima di portarti di sotto ti imprimono un sigillo che t’impedisce di suicidarti, perché devi essere torturato fino a quando loro non decidono che tu sia pronto per la morte.»
Il silenzio calò fra di loro ed anche i più attivi fra tutti quanti sembrarono aver perso la voglia di parlare.
«Portarti di sotto? E’ una prigione sotterranea?»
A distruggere quell’aria silente fu Zetsu, ma non quello bianco, il Nero, che parve molto interessato alla discussione. Reyko rivolse uno sguardo al suo compagno, prima di annuire con estrema lentezza. 
«Non proprio. Si tratta di una vera e propria montagna adibita a prigione e l’ingresso si trova in cima alla montagna. Scendendo ci si addentra nel suo cuore e più si va in basso più si scende di livello. Ad ogni livello corrisponde un differente grado di pericolosità. Si va dal livello Uno al livello Cinque.»  Stranamente la ragazza trovò la voglia di continuare a parlare, forse per evitare ulteriori domande, che però non tardarono ad arrivare.
«A che livello sei stata posta tu?»
A chiederlo era stato Sasori della sabbia, nonostante lo sguardo annoiato aveva seguito perfettamente il discorso. 
Ma in risposta Reyko gli rivolse un sorrisetto ironico. 
«Questo è un segreto.»
Nessuno ebbe da obiettare a quella risposta ma tutti si fecero alquanto pensierosi ed anche desiderosi quasi di conoscere qualcosa in più riguardo quella prigione. 
«D’accordo non vuoi dircelo, però perché non se n’è saputo niente in giro? Insomma evadere da un posto del genere a quanto pare è una gran cosa—…» Deidara, stranamente, sembrava di certo quello più interessato e soprattutto deciso a comprendere le dinamiche di quella fuga. 
«Esattamente per questo motivo, baka.» lo apostrofò Sasori rivolgendogli uno sguardo colmo di scetticismo. «Secondo te è più conveniente che si sappia in giro che qualcuno sia riuscito a fuggire da una delle peggiori prigioni delle Cinque Nazioni oppure conviene minimizzare la cosa mantenendo più possibile il segreto?»
Ed ecco che in quel preciso istante Sasori della Sabbia Rossa si piazzò in testa a tutti quanti in quanto ad arguzia, cosa che al suo compagno artista sembrava mancare. Aveva pienamente colto nel segno, e per questo motivo Reyko gli sorrise quasi orgogliosa. 
Sapeva bene che il Raikage stesso aveva cercato di minimizzare la questione, dopo la sua fuga, in modo tale da non far trapelare la notizia. Ma non gli era andata troppo bene, perché qualcuno ne era venuto a conoscenza ed aveva sparso, seppur in maniera minima, la notizia. 
«Quindi tu—… puoi morire, giusto? Ma non per mano tua, cosa piuttosto interessante ed a proposito, dolcezza, se volessi una mano per ammazzarti chiamami pure. Sarà un vero piacere, per me, aiutarti.» 
Le parole di Hidan, risultarono parecchio inquietanti alle orecchie di  Reyko, che in tutta risposta finse un sorriso e roteò gli occhi, con espressione parecchio annoiata. Ancora non aveva idea di che cosa quel tipo fosse in grado di fare e forse non era poi tanto sicura di volerlo sapere sul serio. 
Un timido guaito proveniente da Sen, che sembrava essersi agitato al solo sentir parlare di quel posto, la fece smuovere dalla posizione statuaria assunta fino ad allora. Sporse così il busto in avanti, limitandosi ad accarezzargli con delicatezza il pelo, cosa che il lupo gradì parecchio. 
«Ma ancora non hai risposto alla domanda di Kakuzu, come sei riuscita a fuggire da li?» Kisame, che era rimasto in silenzio fino ad allora, le rivolse un sorriso da squalo.
«Beh—… questo è il mio segreto. Non posso dirlo a nessuno altrimenti chiunque riuscirebbe a fuggire da quel posto.»
E quello era davvero il suo segreto. L’unico che non avrebbe mai rivelato neanche sotto tortura perché ne andava della vita di più persone. Il fardello che avrebbe portato con sé per l’intera vita. Non aveva mai osato rivelarlo neanche a Sen, forse perché non voleva lasciare che l’innocente lupo potesse portar un peso tanto grande, non che lui parlasse. 
Un sorriso sornione fece capolino sulle sue labbra, perché quella risposta aveva lasciato a bocca aperta tutti quanti. Probabilmente a molti di loro neanche interessava questa cosa, ma ad alcuni, forse come Kisame, Itachi o lo stesso Kakuzu, sembravano quasi pendere dalle sue labbra. Sbatté più volte le lunghe ciglia ed allora fece forza sulle proprie gambe per rimettersi in piedi, stirando i muscoli delle braccia quasi come se niente fosse accaduto. 
I lembi delle maniche della nuova toga le ricaddero scoprendo le braccia, in parte fasciate, e solo allora la ragazza si rivolse verso tutti quanti. 
«Dunque, dop
o tutta questa discussione, c’è un posto dove potrei dormire oppure dobbiamo rimanere qua tutta la notte a parlare come delle quindicenni durante un pigiama party?» 
Kisame sogghignò per quella battuta appena fatta, Deidara, invece, sembrò quasi infastidirsi della cosa, e l’unico a risponderle fu Zetsu, questa volta il bianco. 
«Un pigiama party sembra divertente ma—… non siamo qui per questo. Vieni, al piano di sopra ti mostro la tua stanza.»
«Grazie—… compagno.» replicò lei avvicinandosi alla pianta. 
Zetsu, infatti, non perse tempo e dopo essersi assicurato di aver sott’occhio la ragazza si diresse verso la porta del grande e luminoso salone, facendole cenno di seguirlo.  Probabilmente le stanze per dormire, semmai avesse davvero voluto dormire, si dovevano trovare al piano superiore, infatti, dopo aver rivolto un cenno di saluto in direzione degli altri membri dell’Akatsuki, lo seguì su per delle scale in legno. Il lupo digrignò i denti verso il biondo prima di  seguire nuovamente la propria padrona in quella casa. 
Poteva anche essere parecchio semplice ed in linea con lo stile elegante, ma di tutto ciò importava ben poco a Reyko. Lei voleva davvero sdraiarsi per dormire, nonostante avrebbe, quasi sicuramente, tenuto gli occhi aperti per tutta la notte. Non voleva rischiare di finire ammazzata per la follia di qualcuno di loro, doveva essere cauta visto che ancora non li conosceva neanche un poco. Era una fortuna avere Sen al proprio fianco, non voleva essere sola in quel frangente di eventi. 
Le scale li portarono in un lungo corridoio, la cui unica fonte di luce sembrava essere una finestra, ed allora percorse la strada indicatale da Zetzu. Giunse fino in fondo e così la pianta le indicò l’ultima porta scorrevole in fondo a destra.
«Quella è la tua stanza, c’è quello che ti serve se ne avrai bisogno.» le bisbigliò il Nero. 
«D’accordo—…» mormorò con apatia la ragazza prima di avvicinarsi alla porta e farla scorrere in modo da poter entrare. 
«Sarò qui all’alba. Vedi di dormire il nostro viaggio sarà lungo e per niente semplice, capito?» proseguì con quella voce che poteva anche incutere timore.
«Nessuno di loro oserà farti del male, se questo dovesse preoccuparti. In ogni caso, se qualcosa non dovesse andare, sono sicuro che saprai come proteggerti.»
Il che era anche abbastanza vero, infatti Reyko annuì con tranquillità, perché quel problema non era poi così grave come avevano cercato di farle capire. 
Rivolse un ultimo sguardo alla pianta, che si allontanò lungo il corridoio, con quella sua inquietante andatura, ed allora lei finalmente entrò nell’unico luogo dove sarebbe potuta stare sola. Inspirò profondamente, lasciando che l’aria fluisse nei polmoni, e poi si lasciò cadere a terra, distrutta. 
   
 
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