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Autore: syila    13/11/2017    7 recensioni
"... Se vorrai rivedermi dipenderà da te; posso fare molto di più che darti qualche consiglio via E-mail, togliere di torno la concorrenza o rapirti da un corteggiatore molesto. Posso darti lezioni di canto, di portamento e di dizione, posso fare di questa ballerina di fila una etoile di prima grandezza; posso farti innamorare di nuovo di questo mestiere, perché io vedo la passione che hai dentro e che invece tu pensi di avere perso"
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Il Giardino di Efp e prende spunto da "Il Fantasma dell'Opera"
Genere: Angst, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri, Christophe Giacometti, Phichit Chulanont, Victor Nikiforov, Yuuri Katsuki
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
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Il Giardino di Efp e prende spunto da "Il Fantasma dell'Opera"

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Scorrendo uniti remota via
Brev'ora dopo caduto il dì:
Come previsto ben s'era in prima
Rara beltade ci si scoprì.
Era l'amante di Rigoletto
Che, vista appena, si dileguò.
Già di rapirla s'avea il progetto,
Quando il buffone ver noi spuntò
...
Quand'ei s'accorse della vendetta
Restò scornato ad imprecar.


Rigoletto - Atto Secondo, scena seconda - Giuseppe Verdi

Scorrendo uniti remota via

“Erano qui fino ad un momento fa!”
“Yuuri santo cielo... Se gli avesse fatto del male...”
“Hai chiamato la polizia?”
“Certo monsieur Giacometti! Manderanno una pattuglia appena possibile!”
“Appena... Possibile? Dieu du Monde! Stiamo parlando di un sequestro di persona e di un'aggressione!”
“Lo so! Ma è anche Capodanno monsieur! Hanno tutti gli agenti impegnati sul campo, sia per l'ordine pubblico che per la questione terrorismo e attentati!”
Christophe proruppe in una bestemmia irriferibile.
“Proviamo a vedere nel ristorante, forse sono passati di là” propose subito dopo trovando un flebile pigolio di approvazione da parte del giovane thailandese, in ansia per la sorte dell'amico.
I passi si allontanarono in fretta portandosi appresso l'eco curioso di alcuni invitati che ormai avevano capito che era successo qualcosa di strano e tramite il passaparola cercavano d'informarsi.
Yuuri aveva sentito tutto al di là della parete divisoria oltre la quale era intrappolato, ma la sua rapitrice lo aveva zittito mettendogli una mano sulla bocca ed era stato costretto ad ascoltare impotente i suoi salvatori dirigersi dalla parte sbagliata.
C'era un passaggio segreto sotto la meravigliosa scalinata in marmo dell'ingresso; il giapponese ne aveva sentito parlare e come tutti considerava quella dei sotterranei dell'Operà poco più di una leggenda metropolitana, come il suo famoso Fantasma, i morti in agguato nelle catacombe parigine o i coccodrilli nelle fognature.
Invece negli ultimi minuti era stato costretto a ricredersi su almeno due di quelle voci: i passaggi segreti esistevano e c'era chi sapeva come usarli.
“Molto bene Yuuri, è il caso di dire... Finalmente soli”
La voce dietro la maschera aveva cambiato registro, scendendo verso la modulazione più grave dei toni maschili e tanto bastò al diretto interessato di farsi passare la voglia di ulteriori ipotesi.
La sua risposta fu talmente rapida che non diede tempo Cho-cho san di schivarla, forse nemmeno il suo sequestratore aveva messo in conto che una persona timida e impacciata come lui potesse reagire d'istinto e con tale forza.
La testata colpì violentemente il mento dell'uomo alle sue spalle allontanandolo da lui; la raffinata geisha si era trasformata in un groviglio d'imprecazioni alle quali Yuuri non volle controbattere.

Al contrario di ciò che si vede nei film d'azione dove l'eroe e l'antagonista si sprecano in lunghissime filippiche per esigenze di copione, il giovane tenore si diede subito alla fuga, scappando alla cieca, nel buio, in quello che sembrava uno stretto corridoio di servizio dove una persona di media corporatura faticava a passare.
Non si curò di controllare se il suo rapitore lo stesse inseguendo, doveva trovare un'uscita, ma quel dannato budello sembrava infinito.
O almeno lo fu finché Yuuri non si schiantò contro una parete emersa all'improvviso dalle tenebre.
La sua corsa finiva in un vicolo cieco quindi?
Ansimando provò a guardarsi attorno, tastò il muro per verificare se proseguiva a destra o a sinistra, sempre con l'ansia di veder sbucare dal nulla il pazzo col pugnale.
I suoi occhi intanto si stavano abituando all'oscurità, il nero si scompose in tonalità di grigio, che gli permisero di identificare grossomodo un percorso; forse un po' di luce filtrava dal soffitto o da qualche altra uscita segreta, ma la penombra purtroppo gli rivelò anche qualcos'altro: una sagoma chiara veniva verso di lui dal corridoio e lo costrinse a scegliere in fretta una direzione: svoltò a sinistra incurante della voce alle sue spalle che gridava il suo nome e gli chiedeva di fermarsi.

Merda! Non voglio morire qui sotto!

A proposito: sotto o sopra?
Era difficile orizzontarsi, capire se stava salendo o scendendo, ma il pavimento sembrava avere una leggera pendenza verso il basso.
La luce di una vecchia uscita d'emergenza gli venne incontro brillando come un faro in una notte tempestosa.
Yuuri si gettò sulla porta solo per scoprire che le maniglie erano chiuse da una robusta catena d'acciaio, sigillata da un lucchetto altrettanto robusto. Provò a scuoterlo, a tirarlo senza alcun risultato.
“Yuuri aspetta! Fermati! È pericoloso qui!”
Il giovane soffocò un gemito, lasciò il lucchetto e infilò la prima via di fuga utile che si apriva davanti a lui: una stretta scala a chiocciola che portava ai piani inferiori.
“Fermati! Non voglio farti del male!”
“Fanculo!” strillò l'altro in preda al panico, mentre era alle prese coi gradini traballanti; quella scala doveva pur portare da qualche parte!
Quando mise piede a terra sentì subito il freddo pungente, il mucido tipico degli ambienti sotterranei in cui l'odore di muffa si mescolava all'umidità e dava all'aria un sentore malsano e pesante.
Si trovava in un locale ampio, dagli alti soffitti, come intuì dall'eco che si riverberava sulle pareti; quel rumore metallico e sincopato lo mise di nuovo in allarme: erano i passi dello psicopatico che scendevano a precipizio dagli scalini.
“Yuuri fermati!” gli intimò ancora e se il giovane non avesse avuto in circolo tutta quell'adrenalina avrebbe potuto notare una sfumatura spaventata nella voce del suo inseguitore.
Ma Yuuri riusciva solo ad elucubrare scenari terribili nel caso fosse riuscito a catturarlo di nuovo; sarebbero potute passare settimane, mesi o anni prima che qualcuno rinvenisse i suoi resti in quella specie di labirinto!
Sempre che volesse lasciare dei resti!
Aveva l'aria di un pazzo bene organizzato, di quelli meticolosi, che curano i dettagli; lo avrebbe torturato a morte e poi fatto a pezzi!
Magari era di quei soggetti che conservavano i cadaveri nel freezer e li cucinavano nelle occasioni speciali!
Ok, forse aveva visto troppe serie TV sui serial killer.
“Fanculo!” ribadì scappando; gli era parso di sentir scorrere dell'acqua da qualche parte davanti a sé, magari era finito in una specie di collettore fognario e in tal caso gli bastava seguire il canale di scolo per arrivare ad una scala che portava ad un tombino in superficie e quindi alla salvezza.
Alla difficoltà di procedere nel buio totale si aggiunse la superficie viscida e insidiosa su cui le sue scarpe, ideali per una festa elegante, si rivelarono del tutto inutili; scivolava, pattinava letteralmente su uno strato vischioso di cui volle ignorare la composizione.
L'unica nota positiva era il silenzio calato alle sue spalle; forse il maniaco aveva rinunciato a inseguirlo e l'unico rumore a fargli compagnia insieme allo sciabordio dell'acqua era il furioso martellare del suo cuore.
Quanta strada aveva fatto?
E dove conduceva il tunnel?
Tastando le pareti aveva trovato solo mattoni umidi rivestiti di un sottile strato di muschio.
Niente scale, niente vie di fuga.
Ad un certo punto il rumore d'acqua si fece più forte; credette di riconoscere il boato di un fiume e aveva senso, perché la Senna scorreva nei paraggi del Teatro; presto avrebbe trovato una porta, una grata e, se la fortuna non gli aveva voltato le spalle, poteva ancora guadagnare la libertà!



Qualcosa lo abbrancò alla vita e lo trascinò indietro prima che potesse muovere un altro passo; a Yuuri mancarono il respiro e la possibilità di reagire sentendosi portare via.
Poi le luci del vecchio impianto elettrico sfrigolarono, si accesero e il giovane realizzò cosa c'era appena oltre e soprattutto chi lo aveva salvato da un salto di almeno una decina di metri in un enorme pozzo di raccolta delle acque.
“Lasciami maledetto bastardo! Lasciami!”
Adesso che ci vedeva avrebbe venduto cara la pelle: si divincolava, scalciava, urlava e mordeva qualsiasi cosa trovasse a portata dei suoi denti e per l'altro diventava difficile tenerlo fermo, figurarsi provare a parlargli e rassicurarlo sulle sue intenzioni!
Usando il suo peso il giovane riuscì a destabilizzarlo e a farlo retrocedere spingendolo contro la parete, annaspò con le mani alla cieca nel tentativo di afferrargli i capelli, o un orecchio per indurlo ad abbandonare la presa ferrea in  cui lo teneva imprigionato, ma l'unica cosa che riuscì a strappargli fu la maschera.
E l'uomo, a sorpresa, lo lasciò andare coprendosi il volto con un grido di rabbia; l'altro, sbilanciato, cadde in avanti e quando fece per voltarsi ad affrontarlo un oggetto lo colpì con tale forza da mandarlo a sbattere per terra dove rimase cosciente alcuni istanti poco prima di perdere i sensi; il tempo sufficiente ad inquadrare una sagoma fuori fuoco china su di lui e di maturare la consapevolezza che era ancora nelle mani del suo rapitore.



Yuuri era sveglio già da un po' di tempo, ma resistendo all'impulso di alzarsi subito per tentare la fuga, aveva imposto al suo corpo l'immobilità assoluta.
Faceva affidamento su udito, tatto e olfatto per capire dove si trovava.
Innanzitutto era sdraiato su qualcosa di abbastanza morbido da escludere che fosse un pavimento o un tavolaccio di legno; non era legato, imbavagliato o bloccato, tuttavia una cosa fredda e umida pesava sulla sua testa e gli bagnava i capelli.
Faceva più caldo dei sotterranei in cui si era svolto il folle inseguimento e l'odore di quel posto aveva qualcosa di rassicurante; profumo di dolci... No, anzi di cannella, spezie, arance candite.
Perfetto se si fosse trovato nel retrobottega di una pasticceria o di un erborista, peccato che l'invasato col pugnale non lo avrebbe portato a fare shopping nei suoi negozi preferiti!
Nel tendere le orecchie scoprì poco o nulla: c'era un gran silenzio, ovattato, morbido appena venato da un sommesso fruscio dalle cause incerte.
Sotto le palpebre captava un ambiente buio o almeno poco illuminato e questo lo convinse a sollevarle appena, scoprendo con sommo disappunto di avere davanti un mare di nebbia indistinta.
Il motivo era facile da spiegare: durante la colluttazione aveva perso le lenti a contatto e questo lo metteva definitamente nella merda, per usare un delicato eufemismo.
Come tutti i miopi strizzò gli occhi e si sforzò di mettere a fuoco i dettagli dell'ambiente, ma una vaporosa figura emersa dalla penombra gli premette una mano sul petto spingendolo di nuovo giù.
“Hai battuto la testa, devi rimanere sdraiato”
“D-disse il padrone di casa mentre affilava la mannaia per fare a pezzi il suo ospite...”
“Oh, lo spirito c'è, buon segno” convenne la figura con un tono conciliante.
Yuuri provava a distinguere i tratti del suo viso, però intravedeva solo la massa chiara dei suoi lunghi capelli che incorniciava un volto levigatissimo, di un pallore perfetto e innaturale.
Un'altra maschera.
“L'ironia rende le carni più tenere, si sa” disse cercando di nuovo di alzarsi.
“No-no, mettiti giù” ribadì il suo sequestratore.
Quando Yuuri provò a muoversi l'oggetto freddo gli scivolò sulla faccia e scoprì che si trattava di una borsa del ghiaccio “E il freddo le frolla meglio”
Tornò a sdraiarsi solo perché aveva scoperto che appena provava a girare la testa tutto saliva su una giostra che ruotava a velocità folle e lui soffriva le giostre fin da bambino.
“Yuuri... Yuuri se il mio scopo fosse stato ucciderti avrei trovato un metodo più discreto”
“Come per Jean Jeaques Leroy?”
“A quest'ora quel borioso calcascene si starà godendo i soldi dell'assicurazione in una bella baita di Saint Moritz insieme alla sua fidanzata”
“Poteva farsi male sul serio, poteva morire!” esclamò il giovane giapponese alle prese con un nuovo capogiro.
“Non conosco nessuno che sia morto per essere caduto ad un metro da terra, però, forse trattandosi di te si, ci sarebbe questo pericolo”.

“Facciamola breve” rispose Yuuri aggrottando la fronte “Se non vuole uccidermi, cosa vuole da me? Soldi? Favori... Particolari?”
“Oh-oh!” Il tono dietro la maschera si fece divertito “Non avevo valutato questo aspetto, però adesso che mi ci fai pensare... Perché no?”
L'interlocutore ammutolì, si era appena cacciato con le sue mani in un mare di guano e una replica poteva solo peggiorare la situazione. La figura sfocata reclinò appena il capo, come a volerlo studiare meglio.
“Quindi pensi che io voglia qualcosa da te...”
“Le circostanze lasciano poco spazio ad altre interpretazioni” mormorò il cantante sentendosi a disagio in quella specie di conversazione calata in un contesto così surreale.
“Concordo, ma, nonostante mi sia arrovellato durante le ultime settimane, non sono riuscito a trovare un modo migliore di presentarmi” “B-bussare alla sala prove... O aspettarmi all'uscita del Teatro ad esempio?”
L'uomo si scostò in modo brusco alzandosi dalla larga ottomana su cui Yuuri giaceva sdraiato; il giovane lo vide rifugiarsi nelle ombre fino a diventare tutt'uno con esse; ignorava i motivi di quel repentino cambiamento, ma lui era stato la causa scatenante e ne provava timore.
“Ho... Detto qualcosa di sbagliato?”
“Non sei tu ad essere sbagliato Yuuri” gli rispose una voce atona dall'oscurità, poi dopo una lunghissima pausa aggiunse “Lo è il mondo là fuori e io ho deciso di troncare i rapporti con lui quando lui lo ha fatto con me”
Il giapponese stava per partire con una difesa d'ufficio sulla bellezza della vita, però si morse la lingua; nemmeno per lui il mondo era una scoperta così straordinaria, sarebbe stato ipocrita da parte sua decantargli virtù inesistenti; tanto più che il misterioso personaggio sembrava soffrire di una feroce misantropia e di una avversione totale al genere umano.
Doveva tenere bene a mente che quello era lo stesso psicopatico vestito da donna che lo aveva minacciato con un pugnale e che, fino a prova contraria, lo teneva confinato chissà dove nei sotterranei dell'Operà.
Se voleva avere qualche speranza di rivedere la luce del Sole, Phichit e la sua famiglia, doveva essere cauto e assecondarlo in ogni modo.
“Perciò ti starai chiedendo perché sei qui e cosa hai fatto per meritare questa fortuna data la mia intolleranza verso i miei simili...” Yuuri arrossì, colto in flagranza di cattivi pensieri.
L'uomo produsse una risata discreta velata dalla maschera e tornò ad avvicinarsi al suo ospite, il quale lo fissava con gli occhi spalancati del cerbiatto fermo in mezzo alla strada che vede arrivare i fari di una automobile.
“È una mia curiosità... I-in effetti” mormorò in un tremulo filo di voce.
“In realtà non voglio niente da te in questo momento, niente che tu non voglia darmi di tua... Spontanea volontà” gli occhi di Yuuri si fecero se possibile ancora più grandi “Sono io che posso dare qualcosa a te. Volevo approfittare del ballo per avvicinarti e parlartene con calma, però quando ho visto quella canaglia di svizzero metterti alle strette ho dovuto rivedere in fretta tutti i miei piani”
“Beh, lo fa con tutti... è una specie di... Cerimonia di Benvenuto. Il lato positivo è che una volta provato l'articolo si stanca e va a cercarne uno nuovo”
“È uno zotico irritante!” l'esclamazione livida di rabbia fece sussultare il giovane, che si rintanò nel divano “Dovrebbe vivere nella consapevolezza che ogni volta che allunga le mani su una vittima indifesa potrebbe essere l'ultima!”
“M-mi dispiace”
“Ti dispiace per lui?”
“Mi dispiace, so che dovrei impormi di più, farmi valere, ma... Non ne sono capace...” mormorò Yuuri rigirandosi tra le mani la borsa del ghiaccio.

L'uomo a quelle parole sembrò calmarsi di colpo, prese la borsa e la sistemò di nuovo sulla sua testa, poi rabbuffò il cuscino e aggiustò il panno con cui lo aveva coperto; come se volesse scusarsi della risposta aggressiva.
Aveva un modo di fare scostante e insieme premuroso, in questo era identico alla Cho-cho san delle mail, semmai vi fossero ancora dubbi sulla sua vera identità.
“Preparo un tè, ti aiuterà a sentirti meglio”
Yuuri fu sul punto di rifiutare, però si trattenne per paura della reazione, i suoi scatti d'ira, i cambiamenti d'umore repentini lo spaventavano anche se adesso giocava al Padrone di casa ospitale.
Forse per lui si trattava di questo: un gioco.
Indossare una maschera equivaleva ad interpretare una parte e chissà chi nascondevano davvero quei volti di cartapesta.
Era ovvio che il giovane fosse curioso di sapere perché celasse la sua identità, ed era altrettanto ovvio che l'idea di chiederglielo lo terrorizzava.
“Ecco, tieni, fa attenzione perché è bollente” gli disse tornando da una stanza attigua a cui lo sguardo miope di Yuuri non era arrivato.
Adesso si trattava di bere dalla tazza che l'uomo gli stava porgendo; cosa fare? Declinare l'offerta equivaleva a contrariarlo, d'altronde lì dentro poteva esserci qualunque cosa: dalla cicuta ad una dose da cavallo di LSD.
“S-si... Grazie” le loro mani si sfiorarono per un lungo istante; la mancina era ancora avvolta in un guanto nero, che pareva tutt'uno col maglione a collo alto; attraverso la stoffa sottile percepì il suo calore e arrossì senza apparente motivo.
“Oh, questo è sconveniente” sottolineò l'uomo a cui non era sfuggito il suo disagio e lentamente abbandonò la presa lasciandogli la tazza“I giapponesi non amano il contatto fisico, soprattutto se si tratta di estranei”
“I-in realtà è una leggenda! Ormai ci siamo abituati a stringere la mano alle persone che conosciamo e ad abbracciarle”
“Si? Quindi mi abbracceresti Yuuri?”
Il cantante, che aveva appena bagnato cautamente le labbra nel liquido ambrato si fece andare di traverso il sorso di tè e fu costretto a ingoiarlo insieme ad eventuali sostanze estranee ivi presenti.
Come se si aspettasse una reazione del genere l'uomo scoppiò a ridere e lo aiutò a non soffocare con delle pacche leggere sulla schiena.
“Scherzavo! Te l'ho detto non voglio niente che tu non sia disposto a darmi di tua spontanea volontà; soprattutto perché potremmo non avere il tempo di conoscerci meglio e questo essere il nostro primo e ultimo incontro”
“Perché ne parla così?” chiese l'altro d'impulso; che diavolo stava dicendo? Ragionando a mente fredda doveva saltare di gioia!
“Perché se vorrai rivedermi dipenderà da te; posso fare molto di più che darti qualche consiglio via E-mail, togliere di torno la concorrenza o rapirti da un corteggiatore molesto. Posso darti lezioni di canto, di portamento e di dizione, posso fare di questa ballerina di fila una etoile di prima grandezza; posso farti innamorare di nuovo di questo mestiere, perché io vedo la passione che hai dentro e che invece tu pensi di avere perso”
La sua espressione restava un enigma, la maschera bianca rimandava sempre una serena e assoluta neutralità, ma Yuuri percepì il tono: comunicava aspettativa, entusiasmo, passione, la sua stessa passione per il canto.
Se si fosse basato sugli ultimi dieci minuti di conversazione per dare una risposta avrebbe accettato all'istante, ma la sua parte razionale si fece sotto di prepotenza mettendo all'angolo l'euforia.
Quello era un estraneo che si nascondeva dietro una maschera, non si era fatto scrupolo a “togliere di mezzo” Leroy o minacciare Giacometti.
Gli aveva puntato un pugnale alla gola in mezzo alla gente e lo aveva sequestrato, mettendo a rischio la sua vita.
“I-io...” non sapeva come continuare, cosa rispondere.
Si morse il labbro e strinse la presa sulla tazza che reggeva in grembo.
L'interlocutore intuì la sua confusione e intervenne a toglierlo dall'imbarazzo da lui stesso provocato.
“Tutto congiura contro di me. Posso capirlo. Se fossimo in un processo le prove sarebbero sufficienti a condannarmi. Ma, Vostro Onore, vorrei invocare l'attenuante della mia competenza in materia...”
Yuuri annuì e il contenuto delle E-mail lo dimostrava; non erano citazioni pescate da Wikepedia, le sue osservazioni tecniche erano sempre state precise, puntuali, circostanziate.
Poteva essere realmente un melomane, un musicista o egli stesso un cantante.
Questo tuttavia non escludeva il fatto che fosse anche pericoloso.
Uno sbadiglio interruppe il filo del ragionamento; Yuuri se ne stupì e si vergognò; questo si era disdicevole!
Sbadigliare e starnutire in pubblico erano ancora considerati gesti estremamente scortesi in Giappone!
Al primo ne seguì un altro e un altro ancora; il giovane farfugliò delle scuse scoprendo che riusciva a fatica a tenere gli occhi aperti.
“È l'effetto dell'antidolorifico che ho messo nel tè” spiegò l'uomo con naturalezza.
Allora aveva messo davvero qualcosa nella tazza quella maledetta canaglia!
“Per il colpo alla testa che hai preso prima, ti aiuterà col dolore, ma quando verranno a prenderti, non fare l'eroe, lascia che ti accompagnino al Pronto Soccorso, potrebbe essere un leggero trauma cranico ed è meglio evitare di correre rischi”
Il giovane lo guardò di traverso.
All'improvviso si sentiva così stanco!
“In realtà potrai raccontare ciò che vuoi ai tuoi soccorritori, anche che c'è un uomo che vive e si nasconde nei sotterranei del Teatro, prima o poi troveranno l'accesso ai passaggi segreti e lo scopriranno in ogni caso”
“E chi mi crederebbe... Hanno visto una donna e poi... Io non so nemmeno il suo vero nome!”
“Tutto a suo tempo Yuuri” l'uomo gli tolse la tazza dalle mani e lo aiutò a sdraiarsi di nuovo “Non sforzarti di rimanere sveglio, i soccorritori ti troveranno facilmente”
“S-si, ma...” le parole si impastavano in bocca insieme al sapore del tè e da lì in poi tutto si fece confuso; il suo bizzarro rapitore aveva continuato a parlargli, o forse no, stava cantando per lui e avrebbe voluto dirgli di cantare ancora, di non smettere, aveva una voce così bella, così dolce; perfino dietro l'ingombrante schermo della maschera.



“Si... Canta...”
“Chi Yuuri? Chi sta cantando?”
“Cho-cho san... Canta...”
“Ossignore è sveglio! Si è svegliato!”
“Lasci fare a noi, si allontani per favore”
Il giovane avvertiva delle presenze attorno a sé e una voce familiare, alterata dalla preoccupazione: Phichit!
Una luce violenta scavò nelle sue pupille e gli strappò un'imprecazione di disappunto.
“Quando maledice in giapponese è buon segno!” il tono di Phichit adesso era tinto di sollievo.
Il pungolo luminoso si allontanò insieme al suo utilizzatore e altre voci si intrecciarono al chiacchiericcio di fondo.
“C'è reazione pupillare, ma lo portiamo in ospedale per accertamenti...”
“Ma certo, certo! Fate tutti gli esami del caso!”
“Monsieur Giacometti dovrebbe leggere e firmare il verbale per la polizia e abbiamo bisogno del suo nulla osta per visionare i filmati delle telecamere di sicurezza”
Merde! E al mio cantante chi pensa?”
“Io! Vado io sull'ambulanza insieme a lui!”
A quel punto Yuuri era abbastanza sveglio da riconoscere la sagoma sorridente del suo amico seduta al suo fianco.
“Dove...”
“Siamo sull'ambulanza, adesso ti portiamo all'Ospedale, perché sospettano un trauma cranico”
“S-si... Probabile” biascicò il giovane giapponese chiudendo gli occhi; il riflesso intermittente del lampeggiante sui vetri gli dava la nausea.
“Ti abbiamo trovato svenuto nel Palco Reale dopo averti cercato ovunque! Quella pazza...”
“Qua... Quale pazza, di chi stai parlando?”
“Yuuri non ricordi cosa è successo? Oddio... I medici lo dicevano che sarebbe potuto succedere! Parlo di Madama Butterfly! Alla festa!” “Il Ballo in Maschera...”
“Si! Hai ballato con Cho-cho san, poi lei...”
“Il pugnale...”
“Si e poi... Siete spariti! Dove ti ha portato?”
Yuuri strizzò gli occhi sforzandosi di ricordare, poi alzò la mano e fece un blando gesto di diniego.
“Niente... è tutto così confuso...”
“Va bene, va bene! Non devi sforzarti!” l'amico strinse la mano tra le sue e sgranò un largo sorriso “L'importante è che tu sia vivo!”
Lui però voleva ricordare!
C'era un vuoto importante tra gli ultimi momenti alla festa e il suo risveglio in ambulanza!
In quel vuoto era successo qualcosa di straordinario; qualcosa che faceva sembrare i rapimenti alieni roba da fumettacci di terz'ordine! Però la stanchezza ebbe la meglio ancora una volta.
Decise di farsi bastare l'entusiasmo di Phichit, almeno finché non si fosse diradata la nebbia fitta che aveva in testa.
Dentro quella nebbia c'era la risposta a tutte le sue domande, non solo sui fatti relativi al ballo, a Cho-cho san e alla sua sparizione, ma soprattutto su chi era davvero Yuuri Katsuki e dove stava andando.


Fine Terza parte


† La voce della coscienza †

Ohi-ohi!
Quest'ultimo capitolo oltre ad essere lungo è anche piuttosto movimentato!
La nostra (o meglio IL nostro) Cho-cho san è impegnato con uno Yuuri piuttosto riluttante a credere alle sue buone intenzioni (chiunque lo sarebbe X°D).
Eppur qualcosa nel giappino si muove!
Insomma pare che la proposta fatta dal bislacco sequestratore mascherato lo abbia impressionato più di quanto dia ad intendere!
E' la Sindrome di Stoccolma, la curiosità o una cronica mancanza di denaro a spingerlo verso quella direzione?
Non appena avrà assorbito gli effetti della botta in testa e gli sarà tornata la memoria lo scopriremo!
Perché il finale resta aperto e io ho tutta l'intenzione di scoprire che combinerà Yuuri nei giorni successivi.
Se interessa anche a voi abbiate fede e un po' di pazienza, perché sono già al lavoro :3

Grazie a tutti quelli che mi hanno seguito fino a qui, la prima parte è conclusa, la seconda è tutta da scrivere! -corre a mettersi avanti prima di perdere l'ispirazione- °-°'


   
 
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