Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Sospiri_amore    15/11/2017    1 recensioni
TERZO LIBRO DI UNA TRILOGIA
Elena se ne è andata via da New Heaven appena finite le scuole superiori, da ragazza ha lasciato gli USA per l'Europa. Tutte le persone a cui ha voluto bene l'hanno tradita, umiliata e usata.
Dopo quattordici anni, ormai adulta, Elena incontrerà di nuovo le persone che più ha amato e odiato nella sua vita, si confronterà con loro rivivendo ricordi dolorosi.
Torneranno James, Jo, Nik, Adrian, Lucas, Kate, Stephanie, Rebecca più altri personaggi che complicheranno e ingarbuglieranno la vita di Elena.
Come mai Elena è tornata in America?
Chi è il padre di suo figlio?
Elena riuscirà a staccarsi dal passato?
Chi si sposerà?
Riusciranno i vecchi amici a trovare l'armonia di un tempo?
Elena riuscirà ad amare ancora?
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

OGGI:
Il terrore




Il cibo che mangio sembra carta vetrata. 

L'ottimo cibo cucinato da Miguel pare bitume.

 

Guardo Andrew e non so cosa fare.

Guardo Bottari e Salti e non so cosa dire.

 

Le mani non tremano come mi sarei aspettata, sono solo fredde. Non riesco a fare altro che stare immobile sulla sedia e fingere di gustare il cibo. 

Non tremo. 

Non piango. 

Ho solo molta paura.

 

E se facessi la mossa sbagliata?

Che Andrew stia ricattando Miguel?

Bottari e Salti c'entrano con tutta questa storia?

Perché Nik non è qui con noi?

 

«Tutto bene Elena? Non hai detto nulla durante tutta la cena. Come sta tuo figlio?». Timidamente Stephanie mi rivolge la parola.

«Senza offesa Stephanie, ma visto i precedenti non credi sia meglio che Elena se ne stia zitta? La cena è ottima e vorrei concluderla senza intoppi», dice acida Rebecca mentre infilza un pezzo di manzo stufato.

«Tutto bene. Ho solo una forte emicrania. Credo di aver bisogno di una boccata d'aria», dico con un filo di voce.

«Ti accompagno nel mio ufficio al piano di sopra», dice Andrew, «C'è una grande finestra e anche un divano dove ti puoi sdraiare». La sua finta educazione è più viscida di un serpente strisciante.

 

Mi alzo senza rivolgere lo sguardo a nessuno.

Andrew mi prende a braccetto.

 

«Continuate pure la cena senza di me. Voglio sincerarmi che Elena stia bene, la vedo parecchio pallida», dice Andrew al resto dei commensali che annuiscono. Il mio colorito verdognolo deve averli convinti.

 

Adesso vomito.

 

Usciamo dall'elegante stanza principale del ristorante passando di fronte al bancone dell'ingresso. Andrew apre una porta in legno massiccia, finemente decorata con motivi rococò, dopo aver digitato un codice su un piccolo pannello, simile a una tastiera del telefono applicato sulla parete.

 

Sento le mie mani farsi più fredde.

 

Una scala ricoperta da moquette bordeaux ci si para davanti.

Andrew mi fa un cenno con la mano: vuole che io salga.

Percorro ogni gradino senza perdere l'attenzione sul mio accompagnatore, non abbasso la guardia. 

 

Il mio cuore pare fermarsi ad ogni respiro.

 

In cima alla scala c'è una grande stanza con pavimento in parquet e mobili dall'aria lussuosa, ma estremamente pomposi: divano e poltrone dorati, cristalli e specchi ovunque, tende rosse e pesanti, un grande letto con lenzuola di seta nere campeggia maestoso tra pareti in marmo scuro. Sembra la stanza di intrattenimento di una donna di malaffare.

 

Andrew si accomoda su una sedia, più simile ad un trono, dietro ad una scrivania pesante e ricoperta da putti dorati scolpiti a mano.

 

Se non fossi nello stato emotivo in cui mi trovo gli scoppierei a ridere in faccia, tutta quella ostentazione è ridicola.

 

«Accomodati, dolcezza. Non ho voglia di doverti sorreggere in caso di svenimento». Andrew apre un piccolo frigo bar alle sue spalle ed estrae una bottiglia di acqua. 

Mi riempie un bicchiere e me lo porge.

 

Nonostante sia decisa a non dargliela vinta sento le mie gambe diventare gelatina. Mi accomodo di fronte a lui cercando di mantenere viva l'attenzione, non voglio che mi manipoli a suo piacimento.

 

«Sai quanto ho aspettato questo momento?». Andrew si sporge verso di me allungando le mani sul piano del tavolo, «Anni. Mesi. Giorni. È stato... stato... oddio, no... aspetta... sono curioso di sapere cosa hai capito. Sono così eccitato da tutta questa storia». Andrew sembra un bimbo il giorno di Natale.

«Mi fai ribrezzo. Dov'è Nik?», gli chiedo rigida nella mia posizione.

«Un passo alla volta. Un passo alla volta, mia cara. Salti subito al finale quando l'importante è capire tutto quello che c'è stato nel mezzo», mi dice Andrew indispettito. «Dimmi cosa frulla nel tuo cervello».

 

Prendo un profondo respiro.

 

«La cena l'ha cucinata Miguel, il padre di mio figlio. L'hai convinto a partecipare al tuo piano diabolico. Cosa gli hai promesso? Soldi? Fama?», gli chiedo.

«Più o meno, ma non pensare sia solo questo. Miguel è un uomo solido e di principi, sai benissimo che non potrei convincerlo solo con mero denaro. Gli ho dato di più».

«Cosa?». Sento la rabbia sprizzare da ogni poro della mia pelle.

«Gli ho offerto la possibilità di vivere vicino alla persona che ama di più al mondo. Il piccolo e tenero Sebastian», dice viscido.

 

Trattengo il fiato.

Spalanco gli occhi.

 

«Lascia stare mio figlio, lui...».

 

Andrew mi interrompe: «Non mi interessa tuo figlio come non mi interessa Miguel. Loro sono assolutamente privi di interesse per me. Certo il padre di tuo figlio è una scoperta piacevole, un ottimo chef, ma non è... come dire... portato ai complotti come te. È un uomo troppo semplice, non mi divertirei a giocare con lui».

«Allora cosa diavolo vuoi da me?». Mi sporgo verso di lui, la mia faccia è deformata dalla rabbia.

 

Andrew mi osserva divertito, si dondola sulla sua sedia senza smettere di sfiorarsi le labbra con le dita. 

Sembra un mostro che pianifica le sue mosse.

Sembra il male pronto a colpire.

 

«Voglio che tu sappia tutto quello che ti ho fatto. Voglio che tu sappia che ogni cosa nella tua vita ti è successa perché io ho voluto che fosse così. Voglio che tu sappia che il tuo amato figlio è reale grazie a me. Voglio che tu sappia che i tuoi ultimi quattordici anni sono stati un trastullo per me per portarmi dove io volevo che tu mi portassi».

«Quello che dici non ha senso». Sbatto i pugni sul piano del tavolo, mi alzo in piedi avvicinandomi a lui minaccioso.

«Facciamo così, parto dall'inizio, così ti è tutto più chiaro». Andrew si alza per dirigersi verso un bar colmo di bottiglie di liquore. Prende un calice di vetro e appoggia sulla sommità una specie di griglia d'argento con sopra un cubetto di zucchero. Riempie uno strano alambicco con ghiaccio e un liquore trasparente. Dal rubinetto, che sporge da quella piccola struttura, fuoriescono piccole gocce che cadendo sullo zucchero riempiono il bicchiere poco alla volta. Goccia dopo goccia. «Assenzio. Per goderlo a pieno si deve aspettare. Il liquido scioglie lo zucchero che addolcisce l'alcol trasformandolo. Pazienza, ecco il segreto».

 

Ancora in piedi osservo il mostro che mi trovo davanti senza dire nulla. Lo studio lo scruto cercando di prevedere ogni sua mossa.

 

«Quattordici anni fa, dopo che hai saputo che i tuoi ex amici ti avevano usata, mi aspettavo tu volessi giocare con me per fargliela pagare. Amicizie distrutte e amori infranti erano un bel incentivo per manipolare e pianificare strategie per Yale. Tu però sei scappata. La cosa mi ha dato leggermente fastidio». 

 

Andrew si accomoda vicino a me sedendosi sul bordo della scrivania.

 

«Immagina quando ho scoperto che non c'eri alla festa, durante l'incoronazione della reginetta tu eri assente. Una vera disdetta. Anche i tuoi ex amici erano disorientati. James era come impazzito credeva che... che... ma questa è un'altra storia».

 

Andrew pare divertito.

 

«Si è saputo dove fossi solo il giorno dopo che eri partita, ci ha avvisato tuo padre. Tutti insieme abbiamo cercato di capire come mai avessi fatto una cosa del genere. Jonathan non se ne capacitava, Stephanie era sconvolta, anche Rebecca a suo modo era delusa. Ti lascio solo immaginare James... Io, però, a differenza loro, sapevo. Io conoscevo il motivo della tua fuga. Mi sono chiesto, e se rispuntasse all'improvviso? E se spifferasse tutto? Non volevo che rovinassi la mia amicizia con Rebecca e gli altri, del resto mi sono quasi affezionato a loro come uno scienziato con le proprie cavie da laboratorio».

 

Le gocce cadono nel bicchiere riempiendolo con calma e lentezza.

 

«Ti ho cercata, ti ho scovata. Prima a Parigi, poi a Madrid. Facevi la guida turistica, un lavoraccio. Non sembravi intenzionata a tornare e questo mi ha tranquillizzato. Ma sai, non mi piace essere troppo tranquillo, tendo ad annoiarmi facilmente. Avevo molto tempo libero, niente sotterfugi, niente manipolazioni, ero un po' abbacchiato e per questo ho iniziato a riflettere su di te e sulla nostra amicizia. Del resto tu, Nik e tutti gli altri mi avete incastrato con quella storia del Masques. La cosa mi ha dato parecchio fastidio. Ecco, diciamo che me la sono legata al dito».

 

Andrew controlla il livello di liquore nel bicchiere.

 

«Ho pensato parecchio a come fare per incastrarvi, fare qualcosa di epico che vi distruggesse e che rendesse me immensamente potente e ricco. Ti giuro, ho pensato ad ognuno di voi e ho capito che non dovevo colpirvi sui vostri punti deboli, da ragazzo avevo sbagliato strategia, ma dovevo colpirvi sui vostri punti forti. L'onestà di Nik. La forza di Lucas. L'ambizione di Jo. La tenacia di Rebecca. La riservatezza di Stephanie. L'adattabilità di Adrian. La tempra di James e la tua innata e stupida vocazione per il sacrificio e i drammi. Kate l'ho lasciata stare, non ha mai avuto molto interesse per lei».

«Che cosa vuoi dirmi con tutte queste parole?», gli chiedo mentre sento il cuore martellarmi nel cuore.

 

Andrew fa un cenno con la mano per zittirmi, osserva il bicchiere quasi colmo. Chiude il piccolo rubinetto dell'alambicco, toglie la griglia in argento e prende il calice con il liquido perlaceo che ondeggia sinuoso nel bicchiere. Lo sorseggia con calma e una certa delicatezza. «Delizioso».

 

«Andrew!», urlo più forte che posso, urlo tutta la rabbia che sento dentro.

 

Andrew mi guarda divertito: «Sei troppo affrettata, dolcezza, devi imparare a prendere la vita con un po' più di calma».

«Dimmi cosa hai escogitato oppure io...», lo minaccio con l'indice puntato.

«Tu cosa? Cosa? Avvisi i miei ospiti al tavolo giù in sala? Vai alla polizia... e per quale motivo?», mi chiede con un ghigno stampato in faccia.

«Sei un farabutto. Bottari e Salti sono tuoi complici, io...».

«Bottari e Salti sono solo la punta dell'iceberg. Sono lo spauracchio, c'è molto di più dietro». Andrew beve in un sorso il liquido perlaceo schioccando le labbra dopo aver finito.

«Smettila di torturarmi, dimmi che cosa hai fatto e cosa vuoi». Sono a pochi centimetri da lui, sento il profumo erbaceo e alcolico dell'Assenzio uscire dalla sua bocca.

«Il tuo lavoro come traduttrice te l'ho trovato io. La Palabra Traduction è un piccolo investimento che sta dando buoni frutti, non molti, ma quel tanto che basta per avere un buon giro d'affari. È incredibile quante poche aziende valide ci siano in questo settore. Hai capito Elena? Hai lavorato per me in tutti questi anni. Ogni soldo che hai preso era mio. E, indovina un po'? Chi può mai aver deciso il tuo trasferimento, poco più ti un anno fa, a Boston? Io». Andrew batte le mani divertito.

 

Indietreggio un passo.

 

«La cosa spassosa è che sei un'ottima traduttrice, quindi ho fatto bene ad investire in te.   Grazie, Elena». Andrew allarga le braccia. «Ricapitolando: buon lavoro e vita serena. Tutto secondo i piani, tutto perfetto. Ma tu, dolcezza, fai una cosa meravigliosa sei anni fa: rimani incinta di uno chef. Un colpo di fortuna. Miguel è uno chef e la mia famiglia opera nel settore. Cosa potrei volere di più? Convincerlo a lavorare in un ristorante stellato nella città in cui, casualmente, vive suo figlio è un gioco da ragazzi. Da pochi mesi è nei miei libri paga».

 

Indietreggio un altro passo.

 

«Non dimentichiamoci di te, mia star. Arrivi a Boston poco più di un anno fa. Trovi un ufficio in centro, abbastanza vicino allo studio legale McArthur, Martin e Spencer. Ti sei mai chiesta come mai costasse così poco? 250 dollari sono un ottimo affare per te considerando che in quella zona l'affitto medio è di 1300 dollari, se non di più», mi dice Andrew.

«Il ristorante Petit. L'ufficio è sopra il ristorante Petit», bisbiglio.

«Indovina di chi è gli ristorante e gli uffici sopra il locale?». Andrew saltella è come stesse per esplodere dalla felicità.

 

Indietreggio un altro passo.

 

«Considerando la tua incapacità di non farti mai gli affari tuoi, la debolezza che Nik ha nei tuoi confronti, il gioco è fatto. Ho ottenuto ciò che volevo. Tu sei in pugno e tutti gli altri pagheranno cara la loro noiosa e insulsa vita», dice Andrew.

«Cosa hai in mente? Cosa diavolo vuoi?», gli chiedo con la voce rotta totalmente paralizzata.

«Dolcezza, non credo sia giusto svelarti tutto subito. Sarebbe poco divertente, non trovi? La cosa importante è che tu non dica niente a nessuno perché il gioco sta per compiersi ed io vorrei che tutto filasse liscio. Se così non fosse sappi che ho nelle mie mani non solo il tuo destino, ma quello di Miguel e il futuro di tuo figlio».

«M-mi stai minacciando?», gli chiedo terrorizzata.

«Tieni la bocca chiusa. Se farsi così, tutto andrà bene». 

 

Andrew mi prende il volto tra le mani poi mi sciocca un rapido bacio sulla bocca. Con vigore prende il mio collo tra le mani massaggiandolo con calma, senza stringere. 

 

Sono bloccata.

Sono nel panico.

 

«Adesso vattene. Fingi che tutto vada come è sempre andato», mi dice.

 

Senza farmelo ripetere mi dirigo verso le scale ricoperte da moquette bordeaux.

 

«A proposito, dolcezza, nel caso ti interessasse Nik è in prigione». Andrew si guarda l'orologio al polso: «In questo momento George McArthur lo sta facendo uscire su cauzione».

«I-in prigione?», dico scioccata.

«La polizia lo ha arrestato dopo aver visionato un video: Nik che entra di nascosto nell'ufficio di Bottari e Salti da una finestra. Un vero peccato che un avvocato così promettente si riduca a fare il topo di appartamenti». Andrew si dirige verso di me. «Immagina se la polizia avesse il video integrale, quello in cui ti si vede aprire la finestra dell'ufficio di quei due. Saresti complice di Nik e finiresti in prigione pure tu. Mi dispiacerebbe per il piccolo Sebastian».

 

Il sangue non scorre più nelle mie vene. 

Il terrore, quello vero, scuote ogni mia cellula. 

Per la prima volta dopo anni sento l'impulso di scappare.

Scappare lontano.

Scappare con Sebastian.

Scappare e basta.

 
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Sospiri_amore