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Autore: Sospiri_amore    16/11/2017    1 recensioni
TERZO LIBRO DI UNA TRILOGIA
Elena se ne è andata via da New Heaven appena finite le scuole superiori, da ragazza ha lasciato gli USA per l'Europa. Tutte le persone a cui ha voluto bene l'hanno tradita, umiliata e usata.
Dopo quattordici anni, ormai adulta, Elena incontrerà di nuovo le persone che più ha amato e odiato nella sua vita, si confronterà con loro rivivendo ricordi dolorosi.
Torneranno James, Jo, Nik, Adrian, Lucas, Kate, Stephanie, Rebecca più altri personaggi che complicheranno e ingarbuglieranno la vita di Elena.
Come mai Elena è tornata in America?
Chi è il padre di suo figlio?
Elena riuscirà a staccarsi dal passato?
Chi si sposerà?
Riusciranno i vecchi amici a trovare l'armonia di un tempo?
Elena riuscirà ad amare ancora?
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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OGGI:
Ansia che paralizza





Il taxi arriverà tra poco.

 

Non sono riuscita a continuare la cena insieme agli altri dello studio legale, non me la sono sentita.

Ho la nausea, il cibo pare rivoltarsi nel mio stomaco. 

 

Tutto quello che mi ha detto Andrew mi pare solo un brutto incubo.

Se quello che afferma è vero, i miei ultimi quattordici anni di vita sono una menzogna, frutto di un gioco perverso, il risultato di una ossessione malata. 

 

Il mio lavoro.

Il mio ufficio in centro.

Il trasferimento a Boston.

 

Tutto deciso da Andrew.

Tutto pianificato a lungo termine.

 

Anche la nascita di Sebastian è merito suo, in un certo senso. Se non avessi avuto il lavoro alla Palabra Traduction non avrei mai potuto crescere mio figlio da sola. Certo ci sono i soldi che ci passa Miguel, ma servono per coprire le rette della scuola e poco più. 

L'affitto basso del mio ufficio, il lavoro di traduttrice che mi permette di essere autonoma è solo parte di un grande e patetico scherzo.

 

E Bottari e Salti?

Nik?

Loro che c'entrano con me?

 

Il freddo della notte pare aggrapparsi alle mie gambe. Il tubino che indosso sotto il cappotto non riesce a scaldarmi come dovrei. 

 

Tremo.

 

Tremo per quello che è appena successo.

Tremo per il mio futuro incerto appeso a sottilissimi fili pronti a rompersi da un momento all'altro.

 

Il taxi è arrivato.

Più lontana sarò dal ristorante di Andrew e più mi sentirò tranquilla.

 

I sedili in pelle mezzi consumati dell'auto mi paiono la cosa più comoda su cui mi possa sedere. Il tassista fa partire il tassametro con un gesto deciso, il suono metallico della leva abbassata mi fa sobbalzare per lo spavento. L'uomo non mi degna della minima attenzione, per lui sono un'anonima passeggera con l'aria un po' sfatta e il colorito verdognolo. Con lo sguardo perso sulla strada, l'uomo ruota una manopola in cerca di una stazione musicale che gracchia le ultime hit della stagione. 

 

Mi sento in un limbo senza forma.

 

Le strade deserte di Boston paiono quelle di una città abbandonata. Attraversiamo il quartiere Irlandese dove i pub sono pieni di avventori che, con la loro Guinness in mano, seguono qualche partita alla televisione tra una zuppa o un panino alla carne. 

Non ci sono suoni nel veicolo, ma solo il rombo del motore e musica distorta dalle casse della radio del taxi.

 

Con le mani giocherello con la chiusura della mia borsetta.

La apro.

La chiudo.

 

La apro.

 

Senza un motivo preciso guardo il cellulare che è scivolato fluido dall'interno di raso della borsetta fino alle mie cosce.

 

Otto chiamate.

Otto chiamate senza risposta.

L'icona della cornetta del telefono, con di fianco il numero otto, mi avvisa che qualcuno mi ha chiamata più volte.

 

Una speranza si accende nel mio cuore.

 

E se le parole di Andrew fossero tutte bugie?

Potrebbe essere stato Nik a chiamarmi.

Andrew potrebbe aver mentito per il solo gusto di farmi soffrire, nessuno mai potrebbe fare quello che ha fatto lui. Nessuno mai avrebbe una tale costanza, cattiveria e ossessione nei miei riguardi. 

Nik sta bene.

Nik sta bene.

 

Mento a me stessa sperando che l'illusione possa diventare realtà, proprio come quando i bimbi fingono di credere a Babbo Natale nonostante sappiano benissimo che il panciuto vecchietto non esiste.

 

Nik sta bene.

Nik sta ben...

 

Il cellulare squilla.

Un numero sconosciuto appare sul mio schermo.

 

La pancia mi fa male.

Le mani mi sudano.

Non è il numero di telefono di Nik. 

No.

 

«P-pronto?», chiedo con la salivazione azzerata.

«Elena? Scusa il disturbo. Sono George, George McArthur», dice la voce dall'altra parte.

«Buonasera, George». Sono stupita, di certo non mi aspettavo di trovare lui quando ho risposto.

«Dove sei? Sei ancora al ristorante?», mi chiede.

«No. Sto andando a casa con un taxi, ho lo stomaco sottosopra, ho preferito andarmene».

«Perfetto. Vieni all'appartamento di Nik, ti stiamo aspettando». Poi butta giù, senza aggiungere altro.

 

Non posso aspettare.

Cambio di rotta, devo andare a casa di Nik il prima possibile.

 

Il tassista non batte ciglio, cambia direzione invertendo il veicolo e passando all'altra carreggiata. Barcollo un attimo, ma riprendo subito l'equilibrio.

 

Le mani sono aggrappate ai sedili consumati.

Gli occhi sono fissi sulla strada.

1.

2.

3.

1.

2.

3.

1.

2.

3.

...

Conto senza fermarmi.

Conto per non impazzire d'ansia.

 

Ci vogliono meno di dieci minuti prima di arrivare all'appartamento di Nik. 

George mi aspetta per strada, mi fa cenno con una mano per farsi raggiungere dal taxi.

 

«Si avvicini a quell'uomo», dico all'autista.

Il tassista ubbidisce.

George allunga una banconota da cento dollari all'autista attraverso la portiera: «Il resto lo tenga per mancia». Poi mi prende per mano e mi aiuta a scendere dal veicolo che parte subito dopo sgommando.

 

George è serio, era da tempo che non lo vedevo così, sembra preoccupato.

 

Vorrei dirgli che so che Nik è stato arrestato.

Vorrei dirgli che è tutta colpa mia.

Vorrei dirgli tante cose, ma ho un groppo in gola.

 

Se Andrew è riuscito ad incastrare me e far arrestare Nik, di cos'altro potrebbe essere capace? Non voglio che George finisca nei guai per colpa mia. Non posso permetterlo, lui non c'entra nulla.

 

«È successa una cosa... una cosa grave», esordisce George mentre mi spinge con delicatezza verso l'ingresso del palazzo dove abita Nik.

 

Lo fisso impietrita, ammutolita.

 

«Nicholas ha fatto una cosa che non doveva fare e adesso è nei guai, guai seri».

 

Il portone è aperto.

Entriamo per poi dirigerci verso l'ascensore.

 

«Non voglio tenerti sulle spine troppo a lungo, ma... ma... Nik è stato arresto con l'accusa di effrazione, violazione di domicilio e furto».

 

Impallidisco e trattengo il fiato.

 

«Credimi, neanche io mi sarei aspettato una cosa del genere... adesso andiamo, Nik ci sta aspettando».

 

George schiaccia il pulsante sulla tastiera.

L'ascensore parte e il mio stomaco si contorce durante tutto il tragitto, la mia anima diventa come carta velina e la mia forza si dissolve ogni secondo che passa.

 

Un passo.

Ansia.

Un passo.

Paura.

Un passo.

Terrore.

Un passo.

 

Toc.

Toc.

 

Nik apre la porta di scatto.

Di fronte a me non ho l'uomo che conosco, ma una copia sfatta e sfinita. La camicia aperta e stropicciata, i capelli in disordine e due profonde occhiaie scavate sotto gli occhi.

 

Non so cosa sto provando.

Non lo so davvero.

Se tutto questo fosse colpa mia?

Se tutto questo fosse stato causato dal mio rifiuto di andare con Andrew a Yale?

 

«Elena». Nik mi abbraccia, mi stritola.

«N-Nik...».

«Come stai? ...George ti ha detto? ...Si risolverà tutto, stai tranquilla...». Nik mi inonda con le sue parole, parla così veloce che capisco a fatica cosa stia dicendo.

«Calmati Nicholas. Elena non sa nulla, le ho accennato a grandi linee cosa è successo, credo sia il caso che sia tu a raccontargli tutto», dice l'uomo mentre si toglie il cappotto.

 

Nik mi prende per mano facendomi accomodare sul divano della sala:«Ti ricordi che dovevo andare al porto? Il detective dello studio legale mi aveva detto che Salti e Bottari avevano questo magazzino non intestato all'azienda. Pensavo che lì potesse trovarsi qualcosa per incastrali... quei bastardo... ma invece sono io quello caduto nella trappola».

«Nik smettila di farneticare. Lascia fuori Salti e a Bottari. È grazie a questa tua ossessione e che sei finito nei guai», urla George verso Nik. «Lascia perdere quei due, non c'entrano nulla. Nulla. Sono due uomini d'affari che a te non sono mai andati giù. Anche Charlie, l'avvocato Spencer... ti ricordi? Il tuo miglior amico, crede che tu sia andato oltre con le tue farneticazioni».

 

Nik stringe la mascella.

Credo che se potesse urlerebbe pure lui, ma pare riuscire a trattenersi.

 

«Attieniti ai fatti, non coinvolgere Elena nelle tue fantasie», finisce di dire George con voce più calma.

«Stavo dicendo... sono andato al porto, ma invece di trovare le persone che stavo cercando una manciata di agenti mi aspettava per arrestarmi. A quanto pare hanno per le mani un video in cui risulta che io sia entrato nell'ufficio di Bottari e Salti», dice Nik asciutto.

 

Con le labbra spalancate lo ascolto. 

Non ho il coraggio di dire che so come stanno le cose, che potrei toglierli dal dubbio, che potrei rivelare che probabilmente c'è Andrew dietro a tutto. 

Non ho prove.

Non ho niente in mano che dimostri che i due investitori italiani siano collegati ad Andrew. Niente che confermi che le mie supposizioni siano vere.

 

«Mi hanno portato al distretto, fatto riempire scartoffie, foto segnaletiche e tutto il resto lo puoi immaginare». Nik liquida la sua storia così senza aggiungere altro. Rassegnato. Sconfitto.

«Raccontala giusta. Dille che se non fosse stato per Caroline saresti finito in guai ancora più grossi. Spiegale che ho dovuto pagare una cauzione e insabbiare il tuo arresto affinché questa notizia non nuoccia allo studio legale. Il mio studio legale, lo stesso che ho affidato a te, il mio pupillo», sbraita George verso Nik.

«Mi dispiace. Quante volte devo dirtelo? Questa storia mi è sfuggita di mano. Ok? Ho fatto tutto questo per te e lo studio legale, l'unica mia ragione di vita. Farei di tutto per proteggerlo e quello che ho fatto è stata l'unica scelta possibile», dice Nik a muso duro a George.

«Hai rubato, Nik. Come hai potuto rubare?», dice George con la voce tremante.

«Si sono inventati tutto. Non ho rubato nessun assegno, è tutta una loro messa in scena. Quello che tenevo in mano era una ricevuta per l'affitto dei mobili che avevano nel loro ufficio. Non possono dimostrare che l'abbia preso io quell'assegno, dal video non si capisce. L'immagine è troppo sgranata», risponde Nik furente.

«Quindi Salti e a Bottari mentono quando denunciano la sparizione di un assegno da centomila dollari dal loro ufficio? Casualmente la loro denuncia per furto arriva il giorno dopo la tua effrazione. Se non sei stato tu chi vuoi che sia stato?». George prende per le spalle a Nik scuotendolo. 

 

Mi sembra di rivedere la scena all'ospedale quando George e James si urlavano cattiverie in faccia, quando il peggio dei due esplodeva incontenibile. 

Demetra era morta da poco ed io, come allora, mi sento inerme. Inutile.

 

Un tremito mi parte dallo stomaco per diramarsi in ogni direzione. È come se qualcuno avesse lanciato un sasso in mezzo ad una pozza e le onde si propagassero all'infinito, anch'io mi sento così. Ho un buco nero che comprime il mio stomaco che inesorabile risucchia ogni mia energia.

 

Le gambe mi cedono.

Fortunatamente non arrivo a terra, Nik mi prende al volo.

 

«Elena. Elena». Dice Nik preoccupato.

George arriva con una bottiglietta d'acqua e sorreggendomi la testa mi aiuta a bere un sorso. «Adesso calmati. Abbiamo esagerato, a volte capita di discutere anche se si vuole bene a qualcuno. Vedrai che lo tiro fuori dai guai, non ti preoccupare».

«Va tutto bene, troppe notizie tutt'e insieme». Cerco di allentare la situazione con una battuta anche se non ho minimamente voglia di ridere.

 

Nik mi stritola. «Te l'ho detto Elena, risolverò tutto», mi sussurra in un orecchio.

 

«Adesso porto Elena a casa. Il mio autista ha la macchina parcheggiata qui sotto. Una buona notte di riposo la rimetterà in sesto». George prende il mio cappotto e mi aiuta a indossarlo. «Tu, Nicholas Martin, sei agli arresti domiciliari. Chiaro? Non puoi uscire, non puoi andare da nessuna parte. Non farti venire strane idee. Capito?».

«Non mi muovo di qui», ringhia Nik.

 

Con calma mi alzo in piedi, le ginocchia tremano, ma sono abbastanza solide per tenermi in piedi. Mi abbottono il cappotto mentre George chiama il suo autista.

 

«Elena. Elena. Devi farmi un favore. Capito?». Nik parla veloce sembra non prendere il fiato tra una parola e l'altra.

«Nik... io... io...». I pensieri corrono veloci tra le minacce di Andrew e il racconto dell'arresto di Nik.

«No. Tranquilla. Una cosa semplice. Caroline. Cerca Caroline. Ho chiamato lei quando ero in stato d'arresto, ma non è mai venuta. Caroline non mi abbandonerebbe mai, nonostante tutto quello che è successo nell'ultimo periodo. Lei non si è presentata al distretto, ma a chiamato a George per tirarmi fuori dai guai». Nik mi bacia frettolosamente sulle guance visto che George sta arrivando per portarmi a casa. «Cerca Caroline», mi sussurra con un filo di voce.

 

Con l'ansia che mi paralizza, il terrore che scorre nel sangue faccio cenno di sì con la testa, anche se non ho la minima idea da dove partire e cosa effettivamente io debba fare.

 
   
 
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