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Autore: _Schwarz    16/11/2017    1 recensioni
Prima mia fanfiction nel mondo di Dragon Age, si basa sulla domanda che mi sono fatta mentre giocavo le origini dei nani: perché Duncan non avrebbe potuto essere ancora nelle Vie Profonde quando il nano nobile viene esiliato?
E quindi eccole, Nahir Brosca e Sereda Aeducan, due nane che stanno per insegnare agli umani come si combattono i Prole Oscura.
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Alistair Therin, Altri, Custode, Leliana, Zevran Arainai
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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In War, Victory

 

“Those who wander are not always lost”.
~ Peter Pan.
 
 
Non erano cadute nel cielo, non si erano dovute aggrappare a nulla per rimanere ancorate a terra, né pareva fossero destinate a finire di sopra nel loro futuro prossimo, ma il malessere non diminuiva per nulla: Nahir sentiva il suo stomaco fare su e giù per il suo corpo, la nausea una costante, mentre il cielo grigio opaco si estendeva fino all’orizzonte e sembrava non finire mai; era così diverso da tutto ciò che conosceva, così strano e ignoto da riempirla di terrore e curiosità insieme.
L’aria era completamente diversa, molto più umida e fredda di quella di Orzammar, e i suoi capelli si erano gonfiati come mai prima d’allora: anche Sereda pareva avere problemi a controllare i suoi, che oltre a essere gonfi erano lunghi; come se tutto ciò non bastasse la superficie era infinita, camminavano a passo sostenuto da giorni – e maledizione alla Pietra che aveva deciso di dare ai nani gambe così corte –, ma ancora di Ostagar e dei darkspawn nessuna traccia.
Non che la giovane si lamentasse, nessuno con il cervello a posto avrebbe voluto vedere dei darkspawn da vicino, però iniziava a diventare seccante: era scappata da Orzammar per combattere, oltre che per sfuggire a una sentenza di morte, e non metteva mano ai suoi pugnali da eoni.
Non sapeva dire cosa pensasse di ciò la principessa, il suo viso era liscio e inespressivo per la maggior parte del tempo, ma se i sospiri che ogni tanto sentiva venire da lei erano una qualche indicazione, allora non era contenta di quella situazione.
Stava scendendo la notte, quando arrivarono in una locanda un poco dimessa e Duncan decise di concedere a tutti loro un tetto e un letto comodo per quella notte: Sereda e Nahir decisero di dividere la camera, essendo le uniche due donne del gruppo, e notarono in un angolo un gruppo di nani impegnati a giocare a dadi e bere.
La senza casta si avvicinò, sperando di spillare qualche informazione – o soldo, se avesse avuto fortuna – agli altri avventori, e rimase colpita quando la Aeducan la seguì con uno sguardo quasi divertito.
Evidentemente alla principessa mancava avere a che fare con i suoi simili abbastanza da accettare la compagnia di quelli di superficie: si sedettero in mezzo a loro, facendo chiacchiere leggere e chiedendo dei loro mestieri; nessuno fece domande su Sereda, probabilmente la maggior parte pensò che avesse solo lo stesso nome della principessa.
Ma se Nahir pensava che la serata fosse destinata a essere tranquilla si sbagliava, perché proprio in quel momento la non più principessa di Orzammar chiese a una delle nane che trafficava con quelli che lei aveva capito essere inchiostri il prezzo di un tatuaggio.
Per un attimo la senza casta rimase a bocca aperta e poi sbottò: «Non puoi!».
La bionda si voltò a guardarla e il suo sguardo era chiaramente di sfida: «Oh, non posso?».
«Hai la più vaga idea di quanto faccia male un tatuaggio esattamente? E domani dobbiamo viaggiare, non avrai tempo di occupartene come si deve!» continuò Nahir, con un tono che non ammetteva repliche.
Le repliche arrivarono eccome: «Voglio un tatuaggio, e se posso permettermelo me lo faccio».
«Ah! Fai un po’ come ti pare!» si sedette di nuovo Nahir, guardandola di sottecchi.
Sereda sorrise soddisfatta, come se avesse vinto chissà quale premio con la sua resa, e poi tirò fuori una moneta d’oro di Orzammar come per magia.
Doveva averla avuta addosso da prima di essere rinchiusa nelle vie profonde, chissà come aveva fatto a tenersela, i carcerieri di solito controllavano bene per qualunque spicciolo.
Diverse ore e imprecazioni contro la Pietra e tutti gli antenati fino a Paragon Aeducan dopo, Sereda sfoggiava sul viso i suoi nuovi tatuaggi: guance e fronte erano contornati, ma le linee sottili – invece di quelle solitamente grosse e vistose come quelli di Nahir – parevano snellirle il viso e accentuare il biondo dei capelli e il colore chiaro degli occhi.
L’unica pecca era che sottolineavano anche la brutta cicatrice che le era rimasta sulla guancia destra, ma la bionda non pareva preoccuparsene oltre il dovuto.
Persino Duncan e gli altri custodi le fecero dei complimenti e Nahir la vide piangere solo al riparo da occhi indiscreti nella loro camera; fu allora che capì che quei tatuaggi per la principessa dovevano essere ben più che un capriccio del momento: erano la prova fisica che lei non era più Sereda Aeducan, figlia di Re Endrin Aeducan, ma Sereda dei Custodi Grigi, e nulla più.


 
 ***


I tatuaggi facevano un male cane, e forse Nahir aveva avuto ragione quando le aveva detto che era meglio non farli, quando non li puoi curare a dovere; ormai però erano lì e non poteva far altro che sopportare. Per fortuna Ostagar era ormai visibile e vicina, dopo più di tre settimane di viaggio, e la principessa sperava di poter riposare, prima di combattere contro i Darkspawn in superficie.
La notte si avvicinava velocemente e Sereda iniziava a imparare le basi della vita lontano da Orzammar: i nani non erano così ben visti dagli umani come aveva sempre supposto; non esistevano reali differenze tra i nani di superficie, a parte la ricchezza che riuscivano ad accumulare, e, soprattutto, i nani di superficie non apprezzavano quelli sotto di essa.
E, si era sempre resa conto Sereda, avevano tutte le ragioni: Orzammar sopravviveva alle loro spalle, del commercio che quei nani portavano nella città, e comunque li umiliava togliendo loro la loro casta e il loro status, come se fossero degli esiliati o criminali.
Dire che era ingiusto era poco, e la principessa si era sempre ripromessa di cambiare le cose – o più specificatamente, di farle cambiare a Trian, visto che lei non aveva intenzione di essere regina; ora, però, non era più un suo problema, visto che lei era, ufficialmente, una dei sopracitati esiliati.
Fu mentre pensava quasi con allegria all’enorme diminuzione delle sue responsabilità che le vide: le rovine di Ostagar dominavano la valle su cui si affacciavano una così grande distesa di alberi che non sarebbe riuscita nemmeno a immaginare possibile, se non fosse stata proprio lì di fronte a lei.
Lei e Nahir si scambiarono sguardi sconvolti ed esaltati, per poi seguire gli altri custodi in fretta verso il lungo ponte.
Erano arrivate, ora le aspettavano prove e battaglie, e loro erano pronte.
«Amgarrak*» sussurrò Sereda e Nahir le sorrise feroce.


 
 ***


E ovviamente era andata male.
Ostagar era stata la peggiore sconfitta che Sereda riusciva a ricordare, e lei ne aveva viste diverse di spedizioni tornare sconfitte e con meno di metà degli uomini con cui erano partite. O non tornare affatto.
Eppure la sconfitta di Ostagar le bruciava molto di più di tutte le altre a cui aveva assistito; prima di tutto perché lei era lì, e non aveva comunque potuto fare nulla: non per gli altri custodi, non per Duncan, l’umano a cui doveva la vita, e non per Re Cailan, troppo giovane e pieno di speranze per essere ucciso in quella maniera.
Allo stesso tempo lei sapeva che avrebbero perso: l’esercito del Ferelden non era abbastanza numeroso, né abbastanza preparato per battere quell’orda mostruosa.
Non potevano vincere senza rinforzi, ma quello che aveva fatto Loghain Mac Tir non era perdonabile comunque, i morti ad Ostagar non erano morti solo a causa dei darkspawn.
Erano caduti davanti al tradimento del loro generale più fidato.
Alistair e Nahir erano convinti che fosse solo colpa di Loghain, si rifiutavano di vedere la realtà per quella che era, e volevano giustizia per un crimine che era stato commesso solo in parte.
A volte non capiva se si era portata dietro due guerrieri o due bambini: per fortuna c’erano Morrigan e i due Mabari che avevano salvato a Ostagar – Duster e Lady – a riportare la maturità e la sanità mentale ad un livello accettabile.
Si erano lasciati alle spalle le Selve Korcari poche ore prima e il villaggio menzionato da Morrigan quando erano partiti dalla capanna di Flemeth – e ancora non capiva la paura mostrata da Alistair a sentire quel nome – era finalmente in vista, e già da lontano si potevano notare due cose: non c’erano soldati, in quel posto, e una quantità enorme di rifugiati probabilmente fuggiti dai villaggi più a sud appena sentito della sconfitta dell’esercito reale.
Arrivati al villaggio non solo si trovarono con due nuovi membri nella compagnia – e ora viaggiavano insieme non solo due nane, un’eretica vestita da barbara, un guerriero biondo e due mabari da guerra, ma anche una sorella della Chiesa e un Qunari; se speravano di passare inosservati avevano scelto il modo sbagliato per farlo – ma scoprirono di essere ricercati per aver tradito il re, se Alistair era furioso prima, ora era più rabbioso di un cane idrofobo, e di avere delle ricche taglie sulla testa, pagate niente meno che dal Teyrn di Gwaren.
Uccidere quei poveri rifugiati che volevano solo dare da mangiare alle loro mogli e figli era stato difficile, ma non potevano certo morire lì, o Ferelden avrebbe avuto parecchi problemi a fermare l’orda di mostri che avanzava dal sud.
 
Nahir aveva la sensazione che, prima di avere di nuovo un tetto sulla testa, sarebbe passato davvero tanto tempo.
Stava risistemando le sue cose nel suo zaino dopo l’intensa giornata di cammino che avevano affrontato per allontanarsi il più possibile da Lothering e i suoi templari; le notizie trovate in quel villaggio erano state tutte fuorché confortanti: una taglia sulle loro teste, l’Arl Eamon più volte nominato da Alistair sul letto di morte, i Darkspawn che avanzavano indisturbati mentre gli umani si contendevano un trono che gli sarebbe crollato sotto le mani, se non avessero fatto qualcosa.
L’idea migliore era, secondo lei, tornare ad Orzammar: i nani li avrebbero aiutati sicuramente contro il Flagello, re Endrin non avrebbe mai rifiutato la chiamata alle armi dei Custodi Grigi, specie se era sua figlia a farla.
Ma Sereda aveva rifiutato categoricamente.
«Se vogliamo avere una sola speranza di fermare quegli esseri e il loro dannato Arcidemone, dobbiamo fermare la guerra civile qui sopra: l’aiuto della nostra gente sarà inutile se gli umani non tolgono le loro teste da sotto la sabbia» aveva ribadito l’ex principessa di Orzammar, e Alistair si era dimostrato d’accordo con lei.
«Ha ragione Sereda, per questo ci serve Arl Eamon» aveva annuito convinto, ma anche lì la nana bionda scosse la testa.
«Prima di tutto dobbiamo contattare i maghi» disse lei, lasciando entrambi a bocca aperta.
«Perché i maghi?» chiese interessata Nahir, notando con la coda dell’occhio gli sguardi concentrati e interessati degli altri membri del gruppo, che non facevano nemmeno finta di non ascoltare.
«Li avete visti combattere, giusto? I maghi sono quelli che hanno fatto più danni contro i darkspawn, e visto che combatteremo un drago, è meglio prima assicurarsi di avere i mezzi per ucciderlo» rispose la Aeducan, poi continuò: «la seconda tappa sarà Redcliffe, per questo Arl Eamon, perché dobbiamo fermare la guerra civile prima che distrugga ciò che resta dell’esercito del Ferelden. Dopo di loro, dovremo andare ad Orzammar e se ci avanzerà tempo penseremo ai Dalish».
«I Dalish sono famosi per essere i migliori arcieri dell’intero Ferelden. Sarebbe meglio…» iniziò Alistair, ma Sereda lo interruppe immediatamente: «Da quanto ho sentito dire io sono anche estremamente difficili da rintracciare! Non possiamo perdere mesi dietro a dei fantasmi. Li cercheremo per ultimi».
E così fu delineata la loro strategia per salvare Ferelden, non tanto dal Flagello, quanto da se stesso.


 
 ***



E, nonostante tutti i piani e le discussioni, la prima tappa era stata Denerim: la scusa ufficiale era il voler tastare il terreno per vedere quanto la popolazione fosse fedele a Loghain e se erano altrettanto facilmente riconoscibili senza le loro armature da Custodi Grigi addosso; quella meno ufficiale era cercare Gorim, il secondo di Sereda, che voleva sapere se era vivo o meno.
Trovarono il famoso Gorim sposato e con un figlio in arrivo: una brutta ferita non guarita gli impediva di tornare a combattere, ma fece loro un notevole sconto su ciò che gli serviva, e soprattutto aveva informazioni e un dono per la Mia Signora Aeducan, come continuava a chiamarla lui.
Suddetto dono erano uno scudo molto vecchio e usurato dal tempo, ma che ancora recava uno stemma familiare nanico impresso sopra – quello degli Aeducan, molto probabilmente, anche se Nahir non avrebbe saputo riconoscerne uno nemmeno pagata in argento – e una lettera, che Sereda lesse velocemente per poi quasi strapparla in un attacco di rabbia.
Si fermò però, e la ripiegò con cura per poi sistemarla in una delle tasche del suo zaino.
«Andiamo, qui abbiamo finito» disse poi, voltandosi con un’espressione a metà tra il rassegnato e il disgustato sul viso
 
Non ricordava che la scalata per l’ingresso di Orzammar fosse così ripida, ma in effetti lei non l’aveva mai percorsa in salita – né percorsa in generale, visto che con Duncan erano usciti da tutt’altra parte – ma a prescindere, era davvero troppo in salita per le sue gambe corte.
Erano passati più di nove mesi dall’ultima volta che lei e Sereda erano state a Orzammar, e né lei né l’altra nana erano ansiose di tornarci, su questo avrebbe potuto scommettere le sue – poche – monete.
All’inizio della loro avventura, avevano pensato di metterci meno di tre mesi per arrivare a Orzammar, ma avevano sottovalutato di molto la loro situazione: combattere ogni giorno non permetteva di viaggiare velocemente, né lo permetteva il dover evitare villaggi e città; l’unica cosa buona era che erano riuscite ad ottenere il supporto dei maghi e di Arl Eamon, e che la soluzione di tutto quello schifo sembrava un poco più vicina.
Superato il ponte notarono una strana calca – principalmente nani mercanti – stazionata fuori dalle porte che davano sulla sala dei Paragon: i nani non erano famosi per essere gentili con quelli che avevano scelto di vivere in superficie, ma non era certo usanza lasciarli lì fuori al freddo senza motivo.
Sereda si bloccò e sbiancò davanti al portale chiuso, affrettando il passo verso di esso, lasciando che gli altri la seguissero senza poter fare domande.
Salirono la scalinata e l’esiliata principessa di Orzammar si infilò nella conversazione senza curarsi di star interrompendo il messaggero di Teyrn Loghain: «Perché il portale è chiuso? Che è successo?».
La guardia nanica si voltò verso di lei, probabilmente con una risposta brusca già pronta, ma si fermò vedendo il viso di Sereda: «Tu sei… l’esiliata? Re Endrin Aeducan è tornato alla Pietra poco meno di due lune fa, distrutto dalla perdita dei suoi figli».
«Cosa? Mio padre è morto?» la giovane pareva non avere parole e Nahir le si affiancò, ma quella scosse la testa e continuò: «Richiedo udienza all’assemblea dei Deshyr».
«Se non entro io, non entra nessuno!» ringhiò il giovane ambasciatore alla loro sinistra, ma nessuno di loro ci badò.
«Nessuno può entrare fino a che la questione della successione non verrà sistemata, e questo vale soprattutto per te e per questa gangue*. Oh, non pensare che non ti abbia riconosciuta, donna» rispose la guardia, facendo un cenno sdegnato verso Nahir.
«Siamo Custodi Grigi» ribatté aspramente Sereda, consegnando alla guardia il trattato firmato dal popolo nanico: «Quello è il sigillo reale, e se nell’anno in cui sono stata via i nani non hanno fatto più cambiamenti che dal primo Flagello, allora solo il re e l’Assemblea possono rispondere al nostro appello. Facci passare».
La guardia dopo aver studiato il sigillo si fece stancamente da parte, ma vennero nuovamente interrotti dal messaggero: «I Custodi Grigi hanno ucciso Re Cailan e tradito Ferelden! Vi ordino di uccidere questi traditori all’istante!» urlò indicando il loro gruppo, al che Sereda, che aveva esaurito la pazienza nel momento stesso in cui aveva saputo della morte del padre, mise mano alle armi subito imitata da Leliana, Morrigan e Sten e sibilò: «I Nani non prendono ordini dagli umani, e soprattutto non dalla feccia come te. Ora torna dal tuo falso re o giuro sul Creatore e la Pietra che gli spedisco la tua testa».
L’uomo impallidì e se ne andò, non senza lanciare altre minacce di morte, ma se il meglio che Loghain Mac Tir poteva fare erano assassini del livello di Zevran, che era lì in loro compagnia giocherellando a sua volta con i suoi pugnali, allora avevano poco di cui preoccuparsi.
«Entrate, Custodi Grigi, ma sappiate che non troverete aiuto ad Orzammar» disse la guardia, facendoli passare e le pesanti porte si chiusero con un rumore sordo dietro di loro.

 





Note autrice:
Salve! Ed eccoci qui con il secondo capitolo xD
La scorsa volta, nelle note, mi sono dimenticata di dire che terrò alcune parole in inglese e non userò la traduzione - un po' perché io gioco in inglese e quindi non so/odio la traduzione, e un po' perché mi piacciono di più.
Le parole che avrete già notato sono darkspawnParagon (perché Campione non rende affatto come traduzione), e le altre le scriverò via via che appariranno.
Le due parole con l'asterisco che ci sono nel testo sono invece parole naniche: "Amgarrak" vuol dire "vittoria", mentre "Gangue" è un insulto usato solitamente contro i senza casta e significa, letteralmente, "spreco della pietra". Popolo tenero, quello nanico.
E niente, le due reclute fresche fresche di iniziazione ora sono nel bel mezzo del salvataggio del Ferelden, vedremo come andrà ad Orzammar.
E sì, se ve lo state chiedendo, questa storia si concentrerà maggiormente su Orzammar, visti gli interessi opposti che guideranno Nahir e Sereda nei prossimi capitoli. 
Ora vi saluto O/


 
   
 
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