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Autore: JEH1929    16/11/2017    0 recensioni
"Perché, per quanto si cerchi di fuggire dal passato, di lasciarselo alle spalle, quello è sempre lì dietro l’angolo, pronto a richiamarti indietro alla minima deviazione.
Non posso sfuggire all’attrazione fatale di Neptune."
Fanfiction ambientata 5 anni dopo la fine della terza stagione, senza tenere conto del film e dei libri.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Logan Echolls, Un po' tutti, Veronica Mars
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Aprendo la porta del mio appartamento tiro un sospiro di sollievo, poggio la borsa su una sedia, prendo una bevanda fresca dal frigorifero e mi accoccolo sulla poltrona del minuscolo soggiorno-cucina. La segreteria del telefono lampeggia insistentemente, ma non ho la minima voglia di ascoltare la voce di nessuno. Non c’è una persona al mondo che possa avere bisogno di me più di me stessa, in questo momento.
Ho trascorso il pomeriggio tentando di lavorare in maniera proficua in ufficio, effettuando alcune telefonate, ma la mia mente era altrove, non riuscivo a concentrarmi. Jenny un paio di volte mi ha chiesto se andasse tutto bene e io le ho risposto affermativamente e in realtà non riesco a trovare un motivo per cui non debba andare tutto bene.
Nessuno al lavoro sapeva molto di me e del mio passato, non ero molto comunicativa quando si trattava di Neptune. Frank, Travis e Jenny sapevano soltanto lo stretto indispensabile: mio padre era un investigatore privato, lo avevo aiutato, lavorando in ufficio con lui, avevo risolto qualche caso da adolescente (non avevo mai spiegato esattamente di quali casi si trattasse), avevo frequentato criminologia alle Hearst per un anno e mi ero laureata a pieni voti a Stanford. Non c’era bisogno che sapessero altro, soprattutto non il fatto che la famosa star del cinema, ora accusata di omicidio, era stato il cosiddetto “amore della mia vita”. Scuoto la testa al solo pensiero e un lieve sorriso sarcastico mi lampeggia sulla bocca. Bello l’amore epico, eh?
Sussulto nel momento in cui il telefono comincia a squillare. Sospiro, ma non mi muovo dal mio posto, le gambe ancora attorcigliate sulla poltrona. Scatta il bip della segreteria telefonica e sento la voce dell’unico uomo che possa dire di amare veramente e incondizionatamente.
- Veronica, sono due giorni che ti chiamo senza ottenere la minima risposta. Vuoi degnarti di alzare quel telefono e di rispondere a tuo padre o devo venire a San Diego e sfondare la porta di casa tua?
Sorrido per il suo tono irritato e mi alzo, pronta a rispondere.
- Ciao, papà.
- Oh, era ora… se pensavo che bastasse minacciare di sfondare la tua porta per farti rispondere, ci avrei pensato prima.
- Scusa, non è stata una buona giornata.
Il silenzio cala dall’altro lato della cornetta e capisco a cosa sta pensando. Per fortuna non commenta.
- Perché mi hai chiamato? – chiedo dopo qualche secondo.
- Come? Il tuo vecchio non può chiamare la sua bambina solo per sapere come sta?
Ridacchio e lo sento rilassarsi visibilmente.
- Davvero, volevo sapere come stai. Sono cinque mesi che non torni a casa.
La sua voce non ha un tono accusatorio, ma mi fa sentire ugualmente in colpa.
- Sono stata molto impegnata, lo sai. Il lavoro, l’appartamento, la rottura con Piz…
Capisco di aver fatto un errore nel momento in cui le parole mi escono di bocca: mio padre adorava oltre ogni limite il mio ragazzo. Ed anche io in realtà: Piz era la persona più buona, dolce e gentile che mi fosse mai capitato di incontrare, ad esclusione solo di Wallace, forse. Eppure la nostra storia non aveva funzionato. Ci eravamo rincontrati dopo tre anni dalla fine della nostra relazione al primo anno di università e avevamo riprovato a stare insieme. Eravamo andati avanti quasi due anni e mi ero trovata veramente bene con lui, alla fine però avevo dovuto affrontare la realtà: eravamo troppo diversi, talmente opposti l’una all’altro che alla fine eravamo scoppiati. Ci eravamo separati da amici e nel momento in cui lui aveva lasciato l’appartamento che avevamo preso insieme mi ero chiesta se lo avessi mai veramente amato. Non ero molto sicura della risposta. Certamente mio padre non aveva approvato la mia decisione.
- Come sta Piz? – chiede, infatti.
- Non lo so, non lo sento da un po’.
- E Leo?
Altro argomento su cui mio padre e io non riusciamo ad andare d’accordo.
- Sta bene, l’ho visto oggi.
Continuiamo a parlare per qualche altro minuto, poi finalmente il terzo grado finisce. Inizio ad ascoltare gli altri messaggi. Sono quasi tutti di mio padre, uno di Mac, che indaga se sono morta o no, uno di Leo, che mi chiede come è andato il resto della giornata. Nessuno da Wallace, strano.
Poso la cornetta del telefono e vado verso il frigorifero per cercare qualcosa da mangiare, lo apro e agguanto il contenitore del latte, prendo i cereali e faccio per tornare verso la mia poltrona. In quel momento qualcosa scivola sul pavimento del mio appartamento da sotto la porta d’ingresso. Poso velocemente latte e cereali sul tavolo, afferro la lettera che mi è stata appena recapitata e mi sento gelare. La busta è color crema, lucida, una di quelle belle buste da matrimonio, con un taglio elegante, solo che non sono stata invitata a nessun matrimonio. Lo so perché queste è la quarta lettera che ricevo nel giro di quattro mesi.
Con la lettera stretta nella mano destra, corro verso la porta e la spalanco, poi mi precipito giù per le scale, quando scendo in strada ci sono alcune persone che camminano tranquillamente sul marciapiede, nessuna di loro sembra aver minimamente a che fare con la lettera minatoria che ho appena ricevuto.
Non appena torno nel mio appartamento, apro la busta. All’interno vi trovo la stessa carta elegante e la scritta nera al computer risalta chiaramente al centro della pagina:
“Ciao Veronica,
e anche oggi siamo giunti alla tua mensilità.
Ben sei volte a pranzo fuori con Leonardo D’Amato nel solito ristorante italiano. Eccellente lavoro: adesso penserà di avere delle chance.
Ho notato con piacere che il tuo piatto preferito sono le fettuccine alla bolognese. Ottima scelta, anche se potrebbero nuocere gravemente alla linea, tu non devi preoccuparti, stai bene così come sei.
Veronica, Veronica, non ci si comporta così, non sta bene non rispondere al proprio padre e ai propri migliori amici, si finisce per rimanere soli e non è quello che vuoi, non è vero?
I tuoi casi ultimamente sono stati davvero interessanti, mi raccomando, non lasciarti sfuggire nessun caso che il tuo capo sia disposto a offrirti. Altrimenti finirebbe tutto il mio divertimento.
La mancanza di quello smidollato del tuo ragazzo dalla tua casa mi fa supporre che finalmente tu abbia capito che razza di idiota ti eri presa.
La notizia di oggi deve proprio essere stata bella per te. Sono felice che tu l’abbia saputo in quel modo.
Per oggi il resoconto è finito.
A presto.”
Anche le altre tre lettere erano dello stesso tono. Il mio stalker sembrava seguirmi ovunque e sapere sempre nei minimi dettagli quello che facevo. Avevo provato a cercare cimici o telecamere nel mio appartamento, ma o le aveva nascoste veramente bene oppure aveva un altro modo per spiarmi e ancora non ero riuscita a scoprire quale.
Ovviamente la lettera non poteva che arrivare in un giorno come questo.
 
 
Sono seduta alla mia scrivania da due ore, in attesa di un cliente con un notevole ritardo. Frank è ancora arrabbiato con me e per punizione mi ha affibbiato questo caso noiosissimo, mentre lui e Travis sono usciti per il caso di Montana, che ovviamente mi è stato tolto. Jenny, capelli castano scuro ondulati e perfettamente ordinati dietro le orecchie, naso greco e occhi nocciola, è seduta alla scrivania accanto alla mia. Condividiamo l’ufficio, mentre Travis ha un ufficio tutto suo, dove tiene le sue apparecchiature. Jenny sembra una ragazza molto tranquilla e riservata, ma sul lavoro è molto brava. Ha una laurea in psicologia. Non è molto comunicativa e non racconta mai dettagli della sua vita privata e delle sue abitudini e passioni. So che ha un fidanzato e che è originaria dell’Ohio, ma niente di più. Ma, del resto, io non sono molto più comunicativa di lei, quindi finiamo per trovarci bene in compagnia l’una dell’altra.
Il telefono squilla e Jenny alza la cornetta.
- Pronto, Rooney Investigation, sono Jenny Bowen, desidera?
Jenny ascolta la risposta.
- Certo, gliela passo.
Allontana la cornetta dalla bocca.
- Veronica, chiedono espressamente di te.
La guardo interrogativa, ma lei alza le spalle e mette giù il telefono nel momento in cui rispondo.
- Pronto, Rooney Investigation, sono Veronica Mars, in cosa posso esserle utile?
- Veronica, finalmente, ho dovuto smuovere mari e monti per riuscire a trovarti. Non pensavo ti fossi andata a cacciare in un brutto buco come questo, dopo la tua brillante carriera universitaria.
Ha una voce allegra, rilassata, come se non mi stesse implicitamente insultando, ma stessimo soltanto parlando come due vecchi amici. Lo riconosco all’istante.
- Dick Casablancas.
Vedo Jenny che mi guarda con espressione curiosa, sicuramente conosce Dick Casablancas di nome e si chiede per quale motivo abbia chiamato la Rooney Investigation di San Diego e perché abbia espressamente chiesto di me. Non immagina neanche lontanamente la verità. Non appena nota che mi sono accorta del suo sguardo indagatore, torna a lavorare sulle sue carte.
- Veronica Mars… Vogliamo continuare a ripetere i nostri nomi all’infinito?
- Che vuoi Dick?
- Amichevole come al solito, eh Veronica?
- Taglia corto.
- Hai sentito di Logan?
- Sì.
La mia risposta stringata e monocorde non sembra scoraggiarlo affatto.
- Ha bisogno del tuo aiuto, Veronica.
- Io non faccio più queste cose.
- Ma se lavori in un ufficio di investigazione!
- A San Diego, Dick, se non ci fossi arrivato da solo.
- Puoi chiedere un permesso, o quello che si deve chiedere quando si lavora, e venire a Neptune.
- Il fatto che la grande quantità di denaro, che ingiustamente ti ritrovi, ti renda possibile fare quello che vuoi, non significa che io sia disponibile o che abbia la possibilità e la voglia di fare quello che dici.
- Mi confondi sempre le idee con i tuoi discorsi complicati.
- Quello che ho detto significa che non posso e non voglio venire.
- Quanto sei acida, Veronica.
- Quanto sei stupido, Dick.
- Logan ha bisogno di te.
Mi blocco un secondo, quante volte ho sentito questa frase nel corso della mia vita e ogni volta sono accorsa, anche nei momenti di massima rottura fra di noi. Io ero sempre lì, pronta ad aiutarlo ad ogni sua minima richiesta. Ma adesso è tutto cambiato, io sono cambiata.
- Ti ha chiesto lui di chiamarmi? – domando.
- Scherzi? Lui non sa neanche che ti sto chiamando, penso che mi ucciderebbe se lo sapesse.
- Almeno avrebbero un motivo in più per condannarlo.
- Non crederai davvero che sia colpevole?
Credo che sia colpevole? Sono cinque anni che non lo vedo, che non ci parlo, che non ho notizie di lui, se non i gossip che non sono riuscita ad evitare. Posso davvero affermare di conoscerlo ancora? Può essere davvero la stessa persona che era cinque anni fa? Lo stesso ragazzo scapestrato, irresponsabile, sconsiderato e immaturo, ma con quella traccia di dolcezza, di bontà di fondo, che tentava continuamente di nascondere ma che io riuscivo in alcuni momenti a vedere?
- No. – rispondo.
- Allora devi venire.
- Dick, non ho la minima intenzione di accorrere in soccorso di nessuno, né di ricacciarmi in alcun guaio che riguardi minimamente Logan Echolls, ne ho avuti abbastanza in passato.
Sentendomi pronunciare il nome di Logan, Jenny alza lo sguardo e sgrana leggermente gli occhi, sbalordita. Già il fatto che conosca Dick l’ha stupita, sentirmi parlare della star del cinema accusata di omicidio con tanta familiarità sembra lasciarla basita.
- Sono disposto a pagarti.
- Non ho alcuna intenzione di accettare il caso.
- Non pensavo che una persona piccola come te potesse essere tanto cattiva.
- Cosa vuoi che ti dica, Dick?
- Sei senza cuore, Veronica Mars. Duncan è scomparso dalla faccia della terra e Logan è stato accusato di omicidio per ben due volte. Porti sfortuna
Sussulto, non so se Dick sia consapevole di aver pronunciato le stesse parole che mi rivolse anni fa, poco dopo la fuga di Duncan. Jenny mi lancia uno sguardo preoccupato, probabilmente notando la mia espressione. Non ne sono sicura ma penso di essere impallidita.
- Comunque pensaci, Veronica. – conclude Dick, con il tono più serio che penso di avergli mai sentito nella mia intera esistenza.
Senza che sia riuscita a riprendermi, mi ritrovo con la cornetta silenziosa ancora attaccata all’orecchio, la voce di Dick scomparsa. Lentamente appoggio il telefono sulla scrivania.
- Va tutto bene, Veronica? – mi chiede Jenny.
Annuisco, felice ancora una volta che sia una persona di poche parole e che si faccia gli affari suoi, anche se sono sicura stia ardendo dalla curiosità.
In quel momento il cliente in ritardo fa il suo ingresso, adducendo qualche scusa imbarazzata che non riesco a cogliere, ancora troppo presa a riflettere sulle parole di Dick. Poi torno a immergermi nel mio lavoro, facendo l’unica cosa che riesce a distogliermi dai miei problemi personali e ad evitarmi di impazzire: inizio a investigare.
 
 
Mi alzo dal letto. La stanza buia mi sta soffocando, ma aprire le tapparelle e lasciar entrare la luce sarebbe perfino peggio. Finirei per vedere la quantità spropositata di fotografi, giornalisti e paparazzi appostati di fronte al cancello della villa mia e di Dick.
Scendo le scale e raggiungo la cucina. Il frigorifero è vuoto e ovunque regna il disordine. Marcia, la donna che pulisce casa nostra, non è più potuta venire da quando è iniziata la persecuzione esterna, visto che veniva continuamente assediata dai giornalisti. Dick ovviamente non pensa di pulire qualcosa o acquistare del cibo, io ormai vivo praticamente nella mia camera, da quando, dopo aver pagato la cauzione spropositata ed essere stato costretto ad indossare un noioso braccialetto alla caviglia, sono tornato a casa. Il pulsare regolare del braccialetto elettronico mi disturba, rimandandomi indietro a momenti che fino ad ora avevo cercato di ricacciare nel profondo della memoria e che adesso rischiano di riemergere tutti insieme, furiosamente. Quello che era stato l’anno peggiore della mia vita mi sembra adesso stranamente vicino, mentre fino a ieri pensavo facesse parte di un passato chiuso e finito per sempre. La morte di Lilly, il senso di rabbia e di impotenza che avevo provato, l’odio riversato sull’unica persona che in realtà sentiva le stesse cose che sentivo io, la mia cattiveria. Poi la morte di mia madre, la mia incredulità e quella speranza, che adesso mi sembra soltanto l’emozione di un ragazzino troppo solo e troppo triste. Poi l’inizio della mia storia con Veronica, quando eravamo entrambi così diffidenti di fronte a quei sentimenti improvvisi e inaspettati: un passaggio dall’odio all’amore troppo repentino, che aveva portato ad una fine altrettanto repentina. L’incidente sul ponte con i PCHers e l’accusa di omicidio e i tentativi di difendermi dall’accusa di un assassinio che non avevo commesso, di nuovo. E adesso come allora mi trovo nella stessa identica situazione. Triste e arrabbiato, un bracciale pulsante alla caviglia, accusato di un omicidio che non ho commesso, ma che presenta testimoni e prove inoppugnabili della mia colpevolezza.
C’è però una differenza: adesso sono solo. Ovvio, c’è Dick e ci sono i miliardi di fans che sostengono la mia innocenza, fidandosi ciecamente di me anche di fronte alle prove comprovate della mia colpevolezza, ma sento la mancanza di Veronica, anche se non lo ammetterei per nulla al mondo. Perfino nei momenti di maggiori crisi fra noi, lei c’è sempre stata, nel bene o nel male si è sempre interessata di quello che mi riguardava, ha sempre cercato di aiutarmi a difendermi dalle accuse che mi venivano mosse, ha indagato e scavato in tutti i misteri che mi circondavano, è sempre accorsa ai miei richiami. Anche se con battute acide e commenti pungenti, lei c’è sempre stata. Adesso, dopo cinque anni che non ci vediamo e non ci parliamo, sono davvero convinto di essere ancora qualcosa per lei oltre che un brutto ricordo del passato che necessita di essere cancellato? Oppure non sono più neanche questo?
Sento degli strepiti provenire dal salotto e vado in quella direzione. Dick è sdraiato sul divano in mutande, una birra appoggiata al suo fianco e il joystick fra le mani. Non appena mi vede, mette il gioco in pausa e mi sorride.
- Amico, finalmente ti sei deciso a uscire dalla tua caverna.
Non rispondo, lui mi offre la sua birra e io tracanno un paio di sorsi.
- Non c’è nulla da mangiare. – dico, con voce atona.
- Che bisogno c’è di mangiare quando abbiamo queste? – risponde lui, tirando su la bottiglia.
Rifletto che forse è proprio la semplicità di Dick che mi fa stare così bene con lui.
- Non c’è niente che ti turbi, eh Dick?
- Cerco di non farmi mai turbare da niente. – risponde, sorridendo.
Mi siedo al suo fianco.
- Ehi, amico, hai decisamente bisogno di una doccia. – dice.
Potrebbe avere ragione, ma in questo momento non mi importa poi molto.
- Sapevi che Veronica lavora come investigatore privato a San Diego? – mi chiede dopo qualche minuto, facendomi sussultare. Non capisco se a sorprendermi sia il tono serio con cui ha parlato oppure l’argomento tanto improvviso. Sono anni che non parliamo di lei.
Annuisco, senza scendere nei particolari di come io faccia a saperlo.
- Come lo sai? – chiedo.
- Non è stato facile individuarla.
Ci metto qualche secondo a realizzare quello che ha detto e soprattutto le implicazioni della sua affermazione, ossia che lui ha probabilmente cercato di rintracciare Veronica per chiederle aiuto nel mio caso.
- Dick, non le avrai mica chiesto aiuto?
- Ehi, non ti incazzare, mi sembrava la miglior cosa da fare.
- E…? – non riesco a trattenermi dal chiedergli, anche se vorrei mordermi la lingua subito dopo.
- Ha rifiutato categoricamente.
Mi alzo in piedi, afferrando la sua birra.
- Io non voglio il suo aiuto. – affermo, cercando di nascondere la delusione nella mia voce, mentre mi affretto a tornare nella mia camera. Solo.
 
 
La segreteria del telefono lampeggia nuovamente, quando rientro nel mio appartamento. La lettera minatoria è rimasta dove l’ho lasciata ieri sera, non ho avuto il coraggio di spostarla, il solo contatto con quella carta raffinata mi dà i brividi. Ho rinchiuso le altre tre in una scatola che poi ho infilato in fondo all’armadio. Non ho detto a nessuno di queste lettere, né ai miei colleghi né a mio padre, che finirebbe soltanto per preoccuparsi ulteriormente della mia vita, più di quanto non faccia già. Ho provato ad analizzarle e a cercare di capire chi possa essere a inviarmele, ma sono talmente neutre che potrebbe trattarsi di chiunque e io non manco certo di nemici. Potrebbe essere un cliente insoddisfatto qualunque, qualcuno che ce l’ha con Frank, qualcuno ossessionato dalla Rooney Investigation o da me, qualcuno a cui ho pestato i piedi per arrivare fin qui, perfino qualcuno dal mio passato a Neptune, anche se mi sembra l’ipotesi meno plausibile, perché venire a tormentarmi ora che vivo a San Diego e sono completamente cambiata?
Ascolto la segreteria telefonica e c’è un messaggio di Mac. Ancora nessun messaggio da Wallace. Strano. La voce di Mac è arrabbiata, visto che continuo a non rispondere alle sue chiamate.
“Veronica, hai intenzione di rispondermi questa volta? Si tratta di Wallace.”
L’oggetto della chiamata della mia amica attira subito la mia attenzione. Compongo velocemente il numero del suo appartamento e lei mi risponde al terzo squillo.
- Pronto?
- Mac, sono io.
- Veronica, finalmente.
- Mac, che cosa è successo? Wallace sta bene? Tu stai bene? – la tempesto di domande.
- Veronica, calmati… - mi interrompe lei.
- Mac, dimmi cosa è successo.
La sento sospirare.
- Veronica, volevo solo sapere come stai.
- Per questo mi hai chiamato dicendomi che è successo qualcosa a Wallace. – il tono è fintamente arrabbiato, anche se un leggero senso di colpa mi assale.
- Sai, non mi rispondevi in nessun altro modo.
- Scusa Mac, ma…
- Sì, lo so, avevi da fare a lavoro, lo so.
- Comunque sto bene, davvero.
La sento esitare per qualche secondo.
- Hai saputo di Logan?
Tutti che continuano a pormi la stessa domanda.
- Sì e sto bene, davvero. Logan è il passato. – ormai mi sono stancata di ripeterlo.
La sento esitare di nuovo, quindi decido di cambiare argomento.
- Tu come stai? Come va il lavoro alla Kane Software? – chiedo.
- Tutto bene, anche se la sporadica presenza di quella strega di Celeste Kane rende il tutto peggiore. Stiamo lavorando a un progetto davvero interessante…
- Ti credo sulla parola. – la interrompo, prima che inizi a sparare termini informatici di cui non capisco niente.
- Comunque quello che ti ho detto nel messaggio non è del tutto falso. – riprende.
- Wallace non sta bene?
- No… ecco, in realtà fisicamente sta bene. Ma ultimamente lo vedo un po’ depresso. Sono secoli che non usciamo, quando gli chiedo di andare a bere qualcosa, rifiuta. Praticamente va a lavoro e trascorre il resto del tempo solo nel suo appartamento. Non so cosa gli sia successo, ma, dopo che ha portato la squadra a New York, è tornato strano. Ho provato a indagare, ma mi ha detto che va tutto bene e sai che io non sono brava a convincere le persone a dirmi quello che gli passa per la testa. Non come te almeno.
- In effetti è strano. Sono settimane che non ricevo telefonate o messaggi da Wallace, quando di solito mi chiama almeno una volta a settimana.
- Io penso che gli sia successo qualcosa a New York, che l’ha buttato giù in questo modo.
- Ottima deduzione, Watson.
- Grazie, Sherlock.
- Potresti venire a Neptune e vedere come sta. Sono mesi che non torni.
- Vedrò cosa posso fare.
Continuiamo a parlare per qualche altro minuto, poi chiudiamo la telefonata.
Poco tempo dopo mi ritrovo in camera, una valigia aperta sul letto e l’armadio spalancato. Invio un messaggio veloce a mio padre per avvertirlo del mio arrivo e uno a Frank in cui mi prendo quattro giorni di ferie, che non può rifiutarmi, visto che non mi sono mai assentata dal lavoro da quando mi ha assunta.
Mentre guido lontano da San Diego, cerco di convincermi che è soltanto per Wallace che sto tornando indietro e che non c’è nessun altro motivo che mi spinge a precipitarmi a Neptune.



Ciao a tutti! Scusate per il ritardo di un giorno nella pubblicazione del capitolo, ma ho avuto un esame veramente tosto.
Spero che il capitolo vi piaccia!
Ringrazio di nuovo L Ignis_46, passate a trovarla!
   
 
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