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Autore: Sarahblack94    16/11/2017    0 recensioni
Hazel Lavellan ha sconfitto Corypheus, sciolto l'inquisizione e riportato Solas in una silenziosa Skyhold. Il suo marchio si è misteriosamente cicatrizzato, ma i suoi sogni sono tormentati e ha spesso la sensazione di dormire per giorni interi, dimenticando la realtà. Si sveglia spesso sudata, con un nodo nello stomaco e il suo primo impulso è cercare Solas. I suoi compagni sembrano spettri e Blackwall è sparito senza lasciare tracce. E' troppo ordinario e tranquillo e le occorrono molti sforzi per elaborare ciò che la sua memoria dimentica durante il sonno. C'è qualcosa che non va, ma nessuno sembra notarlo oltre a lei [...] {SolasxLavellan}
Genere: Angst, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inquisitore, Solas, Un po' tutti
Note: Lemon, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Incompiuta, Spoiler!, Triangolo
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Capitolo V

L'accampamento era accogliente.
Lo scoppiettìo del fuoco vivo suscitava un piacevole tepore solo alla vista, mentre la Luna piena vibrava di luce propria.
Una leggera brezza carezzava le fronde degli alberi, come se volesse sussurrare ai soldati riuniti intorno al focolare parole rassicuranti.
C'era un brusìo leggero, ebbro di parole sibilate e racconti di vita quotidiana, mentre la selvaggina appena pronta veniva consumata di gusto.
Hazel lanciò uno sguardo, lasciandosi stuzzicare dal suo profumo.

«Vuoi  fermarti?» Solas le cercò una mano per donarle una carezza, mentre Hazel ritrovò i suoi occhi, esitante.
«Posso parlare con loro al nostro ritorno»

Lui tacque, concedendole uno sguardo pacato ma distante. Lei colse una triste verità, su cui tuttavia non indagò.

«Ho dimenticato alcune cose in tenda. Fai con calma, vhenan»

E la lasciò, ritirandosi, non prima di aver colto un cenno d'assenso da parte sua.
Hazel sospirò, rimanendo a fissare l'entrata della tenda per qualche attimo.
Ancora una volta, non capiva cosa stesse succedendo. La sua vita con Solas era turbolenta, ben lontana dal placido amore che aveva immaginato tempo addietro.

Dove voleva portarla?

Fece un giro nell'accampamento, senza una meta in particolare. Quel luogo era così caldo e accogliente e allo stesso tempo così estraneo.
Provò ad origliare qualche discorso, ma ogni parola svaniva misteriosamente in qualche angolo della sua mente lontano dalla memoria.
Cercò Harding, ma non vi erano che carte vuote al tavolo su cui poco prima stavano discutendo così animatamente.
Sfogliò la mappa su cui erano tanto concentrati, ma non c'erano segni di alcun tipo.
Lasciò cadere ogni foglio nell'intento di cogliere un qualche tipo di indizio, ma non c'era nulla.
Frustrata, si diresse a passo spedito verso la tenda di Cullen, con l'intenzione di chiedere spiegazione su quei rapporti 'inesistenti'.

Trattenne il respiro per un tempo indecifrabile.
L'armatura da leone del Ferelden scintillava al tenue bagliore delle candele disposte nella tenda, mentre dava le spalle all'ingresso.
Era chino, col capo rivolto verso qualcosa che non riusciva ad intravedere, posto sulla scrivania.
Mormorava, ma non riusciva a capire cosa dicesse. Si avvicinò.

«Cullen?»

Il corpo del comandante s'irrigidii, avvolto in una cortina di nebbia leggera, come fosse intangibile.

Come fosse uno spettro.

Si avvicinò, cauta, allungando una mano nell'intento di sfiorare la sua spalla e attirarne l'attenzione.
Sgranò gli occhi verdognoli, mentre una ruga di velata preoccupazione si fissò tra le sue sopracciglia.

«Comandante...»

Indietreggiò, mentre un brivido gelido le oltrepassò il palmo della mano.
Era come se avesse toccato un bozzolo di nebbia gelida, come se Cullen non fosse reale, tangibile. Come fosse un'illusione della sua mente.

Annaspò, nel panico. Si sentii gelare.
Trattenne l'istinto di gridare, chiamare aiuto. D'un tratto la mente ricordò della strana sensazione provata nell'accampamento poco prima.
Tentò di calmarsi, restando esattamente lì dov'era. Respirò, tremante.
Quella sensazione di gelo si fece appena più intensa, sicché dovette stringersi il palmo per dominarla.
Era una sensazione così fredda che le sembrò di bruciare, paradossalmente.
Sibilò tra i denti, premendo le unghie contro il palmo, come se volesse offrire un contrappeso a quel dolore atroce.

"Non ti ringrazierò mai abbastanza per ciò che hai fatto per me"

Hazel alzò lo sguardo verso le spalle di Cullen. Giurò di averlo sentito parlare.

"Voglio dire... la faccenda del Lyrium. Chiunque... qualunque... Inquisitore non si sarebbe fatto scrupoli a sostituirmi.
O anche solo a controllarmi. L'hanno già fatto in passato.
"

«Cullen? Parla con me!»

Hazel riprovò ad affrontare la nebbia, questa volta senza esitare. La scarica di gelo la travolse ancora, inglobandola totalmente.
Si scontrò contro la scrivania, mentre la sagoma di Cullen si sfocò appena, come fosse un riflesso su una distesa d'acqua, improvvisamente smossa da un sassolino.  
L'elfa rimase china contro il tavolo, a mani giunte, lasciandosi scivolare verso terra. Lottò contro il dolore lancinante, respirando con forza.

"Non ti ho mai ringraziato abbastanza, ma avrei voluto farlo, avrei voluto che ciò che vidi attraverso la tua gentilezza, il futuro che immaginai per noi... che fosse..."

«Cullen... ma dove sei...» Sibilò afflitta, guardando l'interno di quella tenda nella speranza di cogliere un reale segno della sua presenza lì.
Si spinse di schiena contro la scrivania per tirarsi su. Non voleva arrendersi. Sentì di star tralasciando un dettaglio in quella stanza.
«Non posso essere tornata nell'Oblio. Solas era qui con me poco fa. Eravamo svegli, entrambi. Era tutto così...»

"...Reale."

Si tenne alla scrivania con entrambe le braccia. Fu solo in quel momento che vide l'oggetto verso cui Cullen era rivolto.
Una consapevolezza più grande di qualsiasi altra cosa potessero raccontargli, che i suoi occhi potessero vedere, che le sue dita potessero toccare, s'impadronì di lei.
Indietreggiò, spalancando la bocca, col fiato sospeso. Gli occhi sbarrati, possessori di una nuova, crudele verità.

"Ma non lo è stato... niente sembra più reale da quando non sei più con noi."

Cullen stava parlando con lei, ma non era in quella tenda.
La voce del comandante scivolò in un silenzio che Hazel percepì come un ennesimo brivido.
Molte volte l'Inquisitrice conobbe la solitudine, ma mai come in quel momento.
 
«Perché non è reale

Trasse quella conclusione come fossero le sue ultime parole. Lo sguardo fisso sull'Eluvian che giaceva sulla scrivania.
Vide il volto di Cullen, chino sul suo capezzale a mani giunte. Le parlava a bassa voce, con gli occhi velati di lacrime.

«Non è reale.» Ripetè, schiudendo le labbra, come se facendolo riuscisse a prenderne maggiormente atto.
 La vicinanza al portale risvegliò l'antico dolore del suo marchio, come tutte le volte in cui si era trovata nelle vicinanze di un artefatto elfico, nell'Oblio.

«Non ho mai smesso di sognare, sono sempre stata qui»

Alzò appena la voce, come se le servisse a contrastare le fitte crescenti sul suo palmo.
Si guardò le mani, come se facendolo riuscisse a vedere in lei una prova contraria, una qualsiasi dimostrazione che tutto ciò che aveva appena scoperto fosse in realtà falso.
Il marchio era vivo, ebbro di un bagliore verdognolo e l'unica persona in grado di controllarlo non era lì.
Improvvisamente, si sentì più vicina alla propria morte, la stessa che l'Eluvian le stava mostrando. Specchio crudele.
Cullen desiderò attraversare le porte della realtà, pur di far dono all'Inquisitrice dei propri pensieri.
Seppure accecato dalla sua fedeltà ad Andraste, riuscì a trovare una chiave per accedere parzialmente a quel regno ignoto, custode di anime, emozioni e ricordi.

«Volevi che io lo vedessi... non potevi parlarmene» Udii un respiro che non le apparteneva, alle proprie spalle.
«Hai lasciato che lo capissi da sola.» La voce ferma, la mente troppo instabile. Abbassò lo sguardo.

«Dolore. La delusione ha il suono di un lutto per un corpo mai ritrovato. Un pensiero costante, gelido. Avevano qualcosa in comune.»

Hazel non sentii il bisogno di girarsi, poiché riconobbe la sua voce.
Non si trattava di Solas.
Cole era lì.

"Forse avrei potuto impedire tutto questo, renderti migliore ogni momento prima della tua morte..."
 
Cullen le parlava ancora, sottovoce. Era una nenia, una condanna contro se stesso. Stava elaborando il dolore della sua perdita ed era solo.

Dov'erano finiti tutti i suoi amici? L'avevano abbandonata tutti?

«Cole...» Gli occhi di Hazel erano vuoti, velati di tristezza.

«Quando?»

Quando è successo?

«Tentava di stringerla a sé, ma non aveva più un corpo da reclamare. Solo un'anima. Sola, ma luminosa. Sapeva che l'avrebbe ritrovata.
Sapeva di non avere troppo tempo, ma continuava a perderla


Hazel percepì una stretta al cuore. Un'emozione che fino ad ora aveva ignorato la sorprese, sgorgando dai suoi occhi.
Pianse la propria morte, a capo chino. Le lacrime percorsero i contorni del suo vallaslin.

«Entrambi nascosero la verità. Non erano nemici, ma si contendevano un cimitero. Entrambi desideravano le sue ossa, ma non nella stessa maniera.»

L'elfa si voltò, senza guardarlo. Gli lanciò le braccia al collo, stringendosi a Cole.
Niente le suggerì che fosse realmente lì, ma lo era. Poteva toccarlo, poiché era uno spirito ed era lì, esattamente come lei.

"Non so bene dove sei, adesso, né se il creatore reclamerà la tua anima... forse dovremmo farti una cerimonia elfica, o qualcosa del genere"

Cullen continuava a parlare tra sé e sé, mentre Hazel trovò riparo nell'abbraccio del suo amico spirito.
Ci furono brevi attimi di silenzio, prima che un clangore metallico scosse quel clima funereo.

«Non ha ancora finito di lamentarsi?»

Una voce sprezzante, scura, penetrò il silenzio.
Hazel sollevò lo sguardo. L'aveva già sentita da qualche parte.

«Più tempo perdete a piangervi addosso, più sarà difficile tornare indietro.»

Lingua tagliente avanzò come un'ombra nel bel mezzo del nulla.
La tenda era svanita, così come il resto dell'accampamento. L'illusione si spezzò, quanto le certezze di Hazel.
Cole si distaccò dall'abbraccio dell'elfa con discrezione, nell'intento di coprire l'Eluvian ormai sospeso nel vuoto con un panno di stoffa.
La sua ricerca interiore l'ha indotto a riconciliarsi con l'Oblio ed essere in grado di controllarne certi aspetti, tanto quanto Solas.
La voce di Cullen si spense sotto lo strano mormorìo del ragazzo spirito, che desiderò offrire pace e serenità alla sua mente spezzata.

«E tu chi saresti?» Chiese l'Inquisitrice, rivolgendosi alla nuova figura con una nota di evidente sfiducia.

Lingua tagliente cercò l'elsa del suo spadone, per assicurarsi che fosse ancora lì, offrendo all'elfa un profilo innegabilmente elvhen.
Nella penombra di quel luogo dimenticato Hazel riuscì ad intravedere la pelle scura dell'elfo, su cui s'inerpicavano tralci azzurrognoli, in cui percepì l'essenza del Lyrium.
Intrecciò il proprio sguardo al suo, percependo la repulsione altrui attraverso i suoi occhi cerulei, ridotti a due fessure sospettose.

«Chi non muore si rivede, eh?» Una voce familiare la distrasse del tutto, lasciandola sbigottita.
«Varric!» Sprigionò il primo vero sprizzo di gioia della giornata, precipitandosi ad abbracciare il suo amico nano,
compagno di bevute e sventure nella sua battaglia contro Corypheus. Era spuntato dal nulla, proprio come gli altri.
Quest'ultimo la strinse in una morsa di affetto, affondando la testa bionda contro lo stomaco esile dell'elfa.

«Amico mio! Mi spiace proprio deluderti, ma ancora una volta dovrò sconvolgere le tue convinzioni!»
 Varric sollevò la testa, inarcando un sopracciglio, pregustandosi già una delle pessime battute di Hazel.

«A quanto pare anche chi muore si rivede.» Concluse lei, ironica, sebbene incapace di nascondere l'amarezza.
Il nano inclinò la testa, fissandola qualche attimo con uno sguardo che aveva tutta l'aria di essere un rimprovero.

«Ragazza mia, te l'ho sempre detto che l'influenza di quell'elfo pelato ti avrebbe mandato in pappa il cervello.
Siete entrambi troppo melodrammatici e tu non sei morta!
»
Hazel aggrottò la fronte, interdetta.

«Non ancora, almeno» La voce scura fuori campo non si trattenne dal dire la propria, con lo stesso disprezzo con cui si era manifestata fino ad ora.
Varric arricciò il naso, intimando all'elfo di darci un taglio con una serie di gesticolazioni noncuranti, prima di afferrare Hazel per un braccio.

«Dettagli insignificanti! Ma lascia che te ne parli qualcuno che ne capisce sicuramente più di me e... a proposito! Lui è Fenris!»

L'Inquisitrice si lasciò portare a braccetto da Varric, lanciando uno sguardo verso l'elfo, di cui ora conosceva il nome.
Curiosamente, anche lui la stava guardando, di sottecchi, in un modo che non le piaceva neanche un po'.  
Aveva sentito la sua voce quando venne circondata dalle ombre, nella sala da lettura di Solas.
Era gelida e sprezzante, mentre intimava ai suoi amici di non svegliarla. Aveva senso, non sarebbe stata una buona idea. Tuttavia, si chiedeva il perché.

Una stretta allo stomaco accompagnò le fitte di dolore al marchio. Ricordò di chi si trattasse, chi fosse quell'elfo misterioso.
Ricordò la tristezza di Varric, del nome che vergò sulle lettere da spedire dopo il suo viaggio nell'Oblio.
Il dolore che la sua scelta causò - ciò che reputò il "male minore" - distrusse la vita di qualcun altro.
Per sua decisione Hawke era morta e quella voragine di odio negli occhi di Fenris le scatenava un senso di colpa dannatamente pesante.

L'Inquisitrice cercò di dire qualcosa, ma l'elfo si tirò sù il cappuccio dell'armatura, accellerando il passo fino a superare entrambi.
«Onorato.» Pronunciò, aspro.

Hazel non ebbe il tempo di riflettere ulteriormente sulla situazione.
Proprio quando credette di essere giunta alla verità nuovi dubbi erano pronti ad attanagliarla e quello aveva tutta l'aria di essere il preludio di una nuova battaglia.
Si ritrovò così insieme agli altri ad attraversare una coltre di nebbia fitta, senza la minima idea su dove li avrebbe condotti.
   
 
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