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Autore: Siria Lilian Black    18/11/2017    1 recensioni
In queste poche righe ho cercato di raccontarvi come un bambino impaurito e insicuro è riuscito a trovare il coraggio di diventare un uomo forte e deciso. Ho scelto di narrarvi la sua storia utilizzando la sua voce e la sua personale esperienza. Spero di averlo fatto nel modo migliore.
L'atmosfera nel mondo magico cambiò dopo quel fatto. Le persone iniziarono a domandarsi se davvero ciò che diceva il Ministero potesse essere o meno attendibile. Tutti si domandavano come avessero fatto dieci persone in isolamento, per quanto brave, a fuggire da una prigione come quella di Azkaban. Molti iniziarono a riconoscere come veritiere le parole di Harry e fu in questo clima che ci ritrovammo dopo vacanze. L'incontro che ne seguì fu uno dei più seri ai quali ho mai partecipato. Ognuno di noi era animato dalla rabbia e dalla determinazione, oltre che dal timore che qualcosa potesse succedere a breve. Forse quel mondo oscuro del quale avevamo solamente sentito parlare stava tornando davvero.»
Genere: Commedia, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Esercito di Silente, Neville Paciock, Nuova generazione di streghe e maghi, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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Disclaimer: La storia che segue non è stata scritta a scopo di lucro. Le ambientazioni e i personaggi principali non mi appartengono e sono frutto della geniale mente di J. K. Rowling.



Coins from the past
- We're gonna make them proud -


Memori degli eventi accaduti durante la recente guerra magica, ai professori di Hogwarts le cui classi si trovavano all'esterno dell'edificio era stato imposto l'obbligo di accompagnare personalmente gli studenti di età inferiore ai sedici anni alle lezioni.

Neville aveva atteso pazientemente gli studenti del primo anno di Serpeverde e Corvonero quella mattina, in piedi accanto alla statua, posta all'ingresso del castello. Per ingannare l'attesa, le dita erano corse ad accarezzare la moneta d'oro che teneva celata nella tasca sinistra del mantello. Un lieve sorriso dolce-amaro comparve sul suo volto, ma così come era apparso, esso scomparve alla vista dei suoi studenti, sostituito da un caloroso sorriso di benvenuto.

«Buongiorno a tutti voi!» Esclamò, una volta giunto l'ultimo studente dai capelli castano scuro. «Quest'oggi ci occuperemo di una pianta piuttosto strana che avrete sicuramente sentito nominare, il Frullobulbo.»

Svariati studenti annuirono, iniziando a borbottare, raccontando ai vicini quando e perché l'avevano sentita nominare. Neville che fin dal suo primo giorno a Hogwarts aveva deciso di rivestire il ruolo di insegnante indulgente, come lui stesso si era definito in Consiglio, li lasciò fare per una manciata di minuti. Poi, alzando la mano, richiamò a sé gli sguardi degli studenti.

«Mi pare di capire che molti di voi ne abbiano sentito parlare, il ché non farà altro che aiutarmi nella lezione che ho preparato per voi quest'oggi. Ma basta tergiversare, copritevi bene e seguitemi, ci aspetta una lezione alquanto divertente!» Concluse con un sorriso entusiasta, aprendo la fila verso il parco.

Continuò a giocare con il galeone ancora per qualche metro, prima di tirar fuori la mano di colpo dalla tasca per aggiustarsi la sciarpa di Grifondoro che portava avvolta attorno al collo. Nessuno si accorse della piccola monetina rotolata via dalla tasca, se non un minuto ragazzino, un po' troppo piccolo e sciupato per la sua età. Aveva i capelli biondi e un sorriso timido, quasi spaventato sul volto. Gli occhi castano chiaro, sempre accesi di curiosità, seguirono il movimento di quel piccolo bagliore dorato fino al pavimento. Tobias era in fondo alla fila, perciò dovette aspettare parecchio, prima di raggiungere quel bagliore che si rivelò essere un galeone, appena afferrato dalle sue dita sottili. La mente di un ragazzino di quell'età gli avrebbe imposto di intascare quella moneta e sorridere per la fortuna avuta, ma lui, con quel suo sguardo acceso di curiosità, notò un'inconguenza: I numeri di serie del galeone non erano numeri a caso, bensì una serie di zero. Lo trovò strano, certo che il Galeone Numero Zero fosse custodito nel caveau più nascosto della Gringott's. Cercò di accelerare il passo per raggiungere il professore senza dover necessariamente aprire la bocca, ma era piccolo e le sue gambe erano troppo corte per stare dietro al passo veloce del Professor Paciock. Perciò Tobias raccolse ogni briciolo di coraggio che Merlino gli aveva donato e
si fece sentire.

«Professor-Paciock-le-è-caduto-questo!» Esclamò, tutto d'un fiato.

Neville, incuriosito da quella voce che era abituato a sentire poco e appena appena sussurrata, si fermò di botto, voltandosi verso il volto paonazzo di Tobias.

«Scusami, Tobias» Esordì, attendendolo. «Ma non ho capito una parola di ciò che hai detto.» Aggiunse con un'espressione comprensiva, anche se lievemente divertita.

«Le è caduto...» Ripetè Tobias, porgendogli la moneta. «Ho pensato che volesse riaverla... è strana.» Concluse, abbassando lo sguardo sulla punta dei piedi.

Le sue Converse rosse e verdi diventavano sempre interessanti quando l'imbarazzo bussava alle porte della sua mente. Neville prese il galeone e gli poggiò una mano sulla spalla sinistra.

«Grazie mille Tobias.» Gli disse, con il tono più serio e grato che gli avevano mai sentito usare. «Non so cosa avrei fatto se l'avessi perso.»

Tobias alzò lo sguardo, puntandolo sugli occhi del professore. Si aspettava di trovarvi scherno, divertimento, invece vi trovò solamente calda gratitudine. Arrossì anche questa volta, ma non era stato l'imbarazzo a far capolino nella sua mente, ma quel senso di importanza che segue sempre una buona azione fatta col cuore.

«P-prego...» Rispose Tobias, accennando un sorriso. Neville replico allo stesso modo, accarezzandogli appena la testa, prima di voltarsi e riprendere a camminare.

Tobias, però, aveva visto qualcosa nel profondo degli occhi del suo professore, perciò, si mise a correre e afferrò il bordo del mantello di Neville, tirandolo appena.

«Perché?» domandò.

Una parola soltanto, ma quel tono e quello sguardo, riportarono nella mente di Neville, il ricordo di un altro ragazzino dai capelli castano chiaro, sempre nascosto allo sguardo altrui da una gigantesca macchina fotografica babbana. Il ricordo di Colin, così come quello di molti altri era ancora vivo nella mente del giovane professore di Erbologia.

Neville alzò lo sguardo sul resto della classe. Ognuno di quei volti nascondeva il ricordo di genitori, nonni, zii o famigliari morti o feriti durante l'ultima grande guerra. Il professore sorpirò, serrando le palpebre per qualche istante, poi, con un lieve sorriso sul volto, si rivolse alla classe:

«Chi di voi ha sentito parlare dell'Esercito di Silente?»

Non una sola mano rimase abbassata. Neville non seppe dire se la cosa fosse dovuta ai nuovi programmi di Storia delle Magia, alla curiosità dei suoi studenti o al fatto che bene o male quasi tutte le famiglie magiche della Gran Bretagna e non solo, si erano trovate invischiate in quella crudele battaglia. La cosa, in ogni caso, rese il suo sorriso appena più aperto.

«Qualcosa mi dice che siete più interessati alla storia di questo galeone, piuttosto che alle proprietà del Frullobulbo, dico bene?» Domandò abbassando lo sguardo sul piccolo Tobias ancora appeso al suo mantello.

Annuirono tutti, biascicando un sì colmo di timidezza.

«D'accordo... in tal caso vi racconterò la storia di questo Galeone e di un gruppo di ragazzi coraggiosi, poco più grandi di voi» Disse, scompigliando i capelli di Tobias con affetto. «Seguitemi...»

***

Neville li condusse nel giardino che circondava la proprietà di Hagrid. Il Custode a quell'ora era impegnato a lezione dall'altra parte del parco e quello era il luogo più riparato e tranquillo al quale aveva pensato non potendo utilizzare le serre in quanto stracolme di distrazioni e probabili pericoli.

Il Professore creò un fuoco con la bacchetta, una di quelle fiamme azzurre innocue e la posizionò esattamente nel mezzo del cerchio che i suoi studenti avevano creato sedendosi sulle gigantesche zucche del custode.

Rigirandosi il galeone tra le dita, Neville iniziò:

«Il mondo non è sempre stato come lo conosciamo oggi. C'è stato un tempo nel quale un mago oscuro potentissimo incuteva così tanto timore che nessun individuo sulla faccia della terra, o quasi, osava pronunciare il suo nome.»

«Sta parlando della seconda guerra, professor Paciock.» domandò un ragazzino sulla sinistra, avvolto da un mantello di Serpeverde.

«Sì, Theodore. Sto parlando proprio di quel periodo. Ebbene, il nome di Lord Voldemort, come tutti sapete, distribuiva buone dosi di terrore quotidiano a ogni abitante del nostro mondo.» Gli sguardi incuriositi si smarrirono un attimo. Conoscevano la storia, conoscevano il nome, ma per quanto si potesse studiare sui libri, l'atmosfera di quel periodo era sempre difficile da riprodurre. Provò così a farlo lui, che quel periodo l'aveva vissuto sulla propria pelle.

«Immaginate un mondo nel quale non potete fidarvi di nessuno, nemmeno del vostro migliore amico. Un mondo nel quale chiunque, dai vostri genitori ai vostri peggiori nemici, potrebbe trovarsi sotto l'influsso di potenti incantesimi. Un mondo nel quale ognuno di voi, anche chi apparentemente non dà idea di esserlo, possa essere un collaboratore di Lord Voldemort. All'epoca eravamo tutti così spaventati da non riuscire nemmeno a nominare il suo nome. Colui Che Non Deve Essere Nominato, così veniva chiamato, era riuscito a instillare il dubbio nelle nostre menti. Potenti maghi continuavano a scomparire, altri venivano trovati morti, eppure il Ministero della Magia e l'allora Ministro, Cornelius Caramell, non voleva credere nel suo ritorno.»

«Ma com'è possibile?» Domandò incredulo un ragazzino di Corvonero dagli occhi scuri.

«Nigel, le persone sopravvissute a una guerra tendono, come dire, a cullare sé stesse in un falso senso di sicurezza una volta sventata la minaccia caratterizzata dal cattivo di turno. Voldemort, prima della fatidica notte nella quale perse il suo potere, aveva terrorizzato il mondo intero. Nessuno, e quando dico nessuno lo intendo veramente, poteva dirsi al sicuro. Maghi potentissimi cadevano sotto il peso delle sue maledizioni e altrettanti perdevano la ragione a causa delle torture inflitte loro dai suoi seguaci. Il mondo era un luogo oscuro e fidatevi quando vi dico che talvolta risulta facile nascondere l'evidenza dietro un'illusione pur di non ritrovarsi a provare le stesse sensazioni.» Cercò di spiegarlo con un tono serio, non con l'intenzione di terrorizzare i suoi studenti, bensì, con l'intento di far loro capire quanto oscuro e pericoloso fosse stato il periodo passato.

«Ma torniamo ai giorni che precedettero la seconda guerra. In tutto questo, un luogo soltanto restava al sicuro, protetto da potenti magie, dalle speranze e dalla forza di centinaia di giovani maghi. Qualcuno vuole provare a indovinare di che luogo sto parlando?» Domandà stemperando il clima teso e grave che aveva creato il discorso precedente.

«Hogwarts!» Rispose una ragazzina dai capelli dorati, alzando la mano.

«Esatto, Anna.» Esclamò Neville, accennando un applauso. «Hogwarts, nonostante all'esterno incombesse la minaccia più terribile del nostro tempo, restava l'unico luogo sicuro nel quale rifugiarsi.»

«Ma questo cosa c'entra con il finto galeone?» Un ragazzino dall'aria vispa e curiosa lo interruppe senza nemmeno prendersi la briga di alzare la mano.

Con un sorriso, Neville alzò appena le mani, quasi in cenno di resa.

«Dammi il tempo di arrivarci George.» Gli rispose, facendogli capire che avrebbe chiarito i suoi dubbi, ma solamente a tempo debito.

«Come vi stavo dicendo, Hogwarts restava l'unico luogo veramente sicuro in tutto il Regno Unito. Ed è all'alba del mio quinto anno che inizia la storia di questo finto Galeone.» Continuò, alzando il Galeone di fronte a sé e rigirandoselo tra le dita. «Tornando agli inizi dell'ultima guerra: Voldemort, come ben sapete, aveva trovato il modo di tornare in vita alla fine del mio quarto anno a Hogwarts e, nonostante il Professor Silente cercasse di convincere ogni anima pia di questo fatto piuttosto ovvio, l'allora Ministro non volle crederci e fece di tutto per screditarlo. Sia lui, sia Harry Potter vennero additati e screditati dalle istituzioni e da quasi tutti i maghi e le streghe della regione. Tutti cercavano di negare l'evidenza, nascondendosi dietro le pagine della Gazzetta del Profeta. Uno studente, Cedric Diggory, era morto l'anno precedente e il mondo che circondava il castello di Hogwarts continuava a ripetere che si era trattato esclusivamente di un brutto incidente. Erano pochi quelli di noi che come il Professor Silente credevano alle parole di Harry.»

Neville prese una piccola pausa, lanciando un'occhiata al galeone dorato.

«Lord Voldemort era tornato. E noi, che avevamo avuto la fortuna di nascere dopo la sua caduta, potevamo solamente immaginare cosa significasse combatterlo e sopravvivergli.»

I ragazzini, o forse era meglio chiamarli ancora bambini, si guardarono attorno, cercando nello sguardo dei loro compagni le sensazioni di cui stava parlando il Professore. Anche loro, come gli studenti di Hogwarts dell'epoca, potevano solamente immaginare cosa significasse vivere in quell'epoca così oscura.

«Dovete sapere che in quel periodo, qualora il Preside reggente non avesse proposto entro l'inizio dell'anno un nuovo professore al quale assegnare le cattedra vacanti, il Ministro stesso avrebbe dovuto occuparsi di trovarne uno. Fu così che continuando la sua opera di screditamento, il Ministro Caramell costrinse Il Professor Silente ad assumere una nuova professoressa di Difesa Contro le Arti Oscure: Dolores Umbridge. Magari potrete chiedere al vostro Professore di Storia della Magia perché ad Hogwarts, durante quel periodo, i professori di Difesa Contro le Arti Oscure non sono mai durati più di un anno. Mi piacerebbe potervi raccontare anche quello, ma se decidessi di farlo, dovrei rubare un paio di ore ai Professori che verranno dopo di me quest'oggi... e non mi sembra il caso» Concluse con un sorriso divertito in risposta agli sguardi speranzosi di alcuni studenti.

«Mi dispiace Tessa, ma dovrai proprio seguire anche oggi la lezione di Volo.» Aggiunse, rivolgendosi alla ragazzina di Corvonero che aveva borbottato un uffa tra i denti.

«Ma tornando al Galeone... Tutti noi ci aspettavamo di veder arrivare una professoressa in grado di insegnarci a difendere noi stessi e i nostri compagni dalle Arti Oscure. Ci aspettavamo una Professoressa capace di spiegarci cosa significasse ritrovarsi a un istante soltanto dalla morte. Speravamo che lei potesse darci le basi sulle quali costruire il nostro futuro, ma la Professoressa Umbridge non fece niente di tutto questo. Ci teneva in classe, seduti a rileggere fino allo sfinimento degli infiniti capitoli su come combattere i maghi oscuri, senza mai darci la possibilità di mettere in pratica tali incantesimi.»

«Ma non ha senso!» Lo interruppe una ragazzina indignata con gli occhiali squadrati stretti tra le dita. « A cosa serve sapere come eseguire un incantesimo senza aver mai avuto l'occasione di provarlo?» Concluse, calcando gli occhiali sul naso.

«Era ciò che ci stavamo chiedendo tutti, Eileanoir. Lord Voldemort era tornato e noi non stavamo imparando un accidente.» Spiegò Neville, lasciandosi sfuggire un po' dell'indignazione che aveva provato quell'anno. «Eravamo giovani e impreparati e sapevamo che qualora avessimo incontrato lui o uno dei suoi seguaci saremmo morti senza riuscire nemmeno a battere ciglio. All'epoca, vi confesso, me la feci addosso dalla paura. Continuavo a domandarmi quale botta potesse aver preso il Cappello Parlante prima di decidere di smistarmi tra i Grifondoro.» Spiegò, passandosi una mano tra i capelli, senza celare l'imbarazzo che quella considerazione risvegliava nella sua memoria.

I suoi studenti scoppiarono a ridere, guardandosi tra loro. Tutti sapevano le gesta che il loro professore aveva compiuto durante la guerra. Sapevano della Spada di Grifondoro, dell'ultimo Horcrux, di tutte le volte nelle quali aveva rischiato la vita per difendere i suoi compagni. Neville Paciock ai loro occhi era l'esatta rappresenzazione dell'essere Grifondoro, a causa di ciò non erano riusciti a trattenere le risate, sentendolo così insicuro riguardo la sua appartenenza a quella Casa.

«Credetemi quando vi dico che in me non vi era nemmeno un briciolo di ciò che caratterizza i Grifondoro, all'epoca. Non una singola virgola. Ma, fortunatamente, Merlino ha fatto sì che nel nostro stesso anno, una brillante strega di nome Hermione Granger avesse un'idea geniale: Se la scuola non ci dava la possibilità di imparare a difenderci, allora lo avremmo fatto da soli.»

Lasciò loro qualche istante per digerire tale informazione, fin quando, un ragazzino diligente e ligio alle regole non alzò la mano in attesa che il Professore lo facesse parlare. Neville gli fece un lieve cenno e lui prese la parola.

«Ma non era contro il regolamento scolastico?» Domandò com'era prevedibile facesse.

«Oh, sì che lo era, James. Ma lasciate che vi dica una cosa. Le regole servono a far sì che le persone possano vivere in comunione tra loro. Ci aiutano a seguire la strada giusta. Servono affinché possiamo apprendere cosa è giusto e cosa non è giusto fare, per questo vi si chiede di rispettarle. E nella maggior parte dei casi è giusto così, ma ci sono situazioni, come quella della quale vi sto parlando, nel quale le regole sono così stupide e immotivate che infrangerle è l'unica soluzione. Con questo non sto cercando di dirvi che è giusto infrangere le regole, ma ci sono delle situazioni nelle quali, dopo un'attenta analisi -mettere le caccabombe sotto la cattedra di un insegnate che vi sta antipatico non rientra in queste-, infrangere le regole è l'unica via d'uscita per non rischiarci le penne e per far si che nemmeno altri rischino di pagare un prezzo così alto.»

Era un discorso complicato e Neville ne era consapevole. Era impensabile che dei ragazzini di undici anni potessero comprendere a fondo le leggi della morale, ma sperava con le sue parole di arrivare al cuore di chi, come loro all'epoca, avrebbe saputo cogliere il senso più profondo di quella considerazione, qualora ce ne fosse mai stato bisogno. Era certo che tra loro ci fossero un Harry, un Ron, una Hermione, pronti a mettere in gioco tutto pur di proteggere ciò che di più caro avevano al mondo senza aspettarsi nulla in cambio.

«Ma torniamo al nostro racconto. Quando Hermione Granger venne da me, un mattino degli ultimi di Settembre, spiegandomi che avrebbe desiderato creare un gruppo di studio di Difesa Contro le Arti Oscure, accettai di farne parte senza pensarci due volte. Gli incantesimi pratici non erano il mio forte, allora, e quello mi sembrò l'unico modo per apprendere ciò che la scuola non mi stava insegnando. Non sapevo ancora di cosa si sarebbe trattato, ma l'idea di appartenere a qualcosa che ci avrebbe permesso di difenderci in un prossimo futuro, mi dava coraggio. In un certo senso ognuno di noi non era più solo. Hermione ci diede appuntamento il primo fine settimana di Ottobre alla Testa Di Porco; un pub di Hogsmeade, per chi non lo sapesse. Non avevo idea di quante persone avessero aderito. A scuola cercavamo di parlarne il meno possibile, perché più i giorni passavano, più la Umbridge imponeva nuove regole, una più stupida dell'altra, per evitare che qualcuno decidesse di fare qualunque cosa andasse contro la sua idea di perfezione per quanto riguardava l'ambiente scolastico. Così, quando quel giorno raggiunsi l'ingresso del Pub e trovai una trentina di persone ad attendermi, rimasi a bocca aperta.»

«Solo trenta?» Il ragazzino dagli occhi scuri riprese la parola, interrompendo ancora il Professore.

Neville annuì e continuò: «Sì, più o meno quanti siamo noi oggi, Nigel. Eravamo pochi e tanti al tempo stesso. Come ho già detto, pochi di noi credevano realmente al ritorno di Lord Voldemort e tra noi erano ancora di meno quelli disposti a infrangere le regole imposte dalla Umbridge, rischiando l'espulsione. Difatti, anche alcuni degli studenti che si erano presentati all'incontro quel giorno non credevano che Voldemort fosse tornato sul serio.»


«Ma allora erano stupidi!» Un piccolo Serpeverde dall'aria buona, ma saccente, incrociò le braccia, interrompendo Neville con l'aria di uno che la sapeva lunga.

Neville scosse appena la testa, alzandosi in piedi dalla gigantesca zucca sulla quale si era seduto. Lanciò il galeone in aria facendolo atterrare nuovamente sul palmo della mano, mentre camminava avanti e indietro di fronte ai suoi studenti.

«Alex, e tutti voi, rifletteteci un momento.» Iniziò, continuando a camminare di fronte a loro. «Nessuno fino ad allora lo aveva visto. I soli ad averlo incontrato erano i suoi seguaci, Harry Potter e Cedric Diggory. Uno di essi non era sopravvissuto per raccontarlo; i suoi seguaci, mai e poi mai avrebbero rivelato il suo ritorno se non sotto preciso ordine, perciò, l'unico rimasto a portare testimonianza di ciò che era accaduto, era un ragazzino di quattordici anni spaventato, appena uscito dalla temibile terza prova del Torneo Tremaghi. Il mondo magico aveva trovato più semplice credere che Harry avesse ucciso Diggory o che non avesse fatto in tempo a salvarlo e avesse nascosto i suoi errori professando il ritorno di un mago oscuro scomparso tredici anni prima.»

Percorse i volti dei suoi studenti con lo sguardo e trovandovi solamente confusione, continuò: «Provate a mettervi nei loro panni. Se Bonnie si alzasse in questo momento e vi dicesse di aver incontrato Bellatrix Lestrange e di esserle sfuggita, senza alcuna prova da farvi vedere se non raccontandovi a voce la vicenda, le credereste?» Domandò, guardandoli negli occhi uno per uno.

Gli studenti abbassarono lo sguardo, Alex compreso, scuotendo la testa. Neville sorrise, continuando a parlare.

«Avrebbero dovuto credere, certo, sarebbe stato tutto molto più facile ma il loro modo di fare è più che comprensibile, non credete? In ogni caso, quel giorno, con un boccale di Burrobirra bollente tra le mani rimanemmo ad ascoltare le parole di Hermione. Dentro di me cresceva un entusiasmo che mai avrei pensato di provare. Stavamo facendo qualcosa. Stavamo ponendo le basi per combattere il mago oscuro più potente del nostro tempo. Eravamo dei ragazzini, alcuni di noi avevano ancora tredici anni, ma stavamo facendo qualcosa che nessun adulto all'epoca avrebbe mai pensato di fare, se escludiamo, ovviamente Albus Silente e l'Ordine della Fenice. Eravamo dei bambini, quasi, ma ci eravamo messi in testa di sfidare il mago oscuro più potente di tutti i tempi.» Il lieve orgoglio celato nel tono di Neville fece sorridere entusiasti i suoi studenti.

«Harry, nonostante all'inizio fosse restio a insegnarci qualcosa, sapete... non credeva molto nelle sue capacità, all'epoca; acconsentì a diventare il nostro insegnate. Decidemmo quel giorno che ci saremmo incontrati almeno una volta alla settimana, tenendo conto degli impegni scolastici di ognuno. Non avevamo ancora un luogo dove incontrarci, ma avevamo uno scopo. E quando segnammo i nostri nomi su una pergamena, per confermare la nostra partecipazione, alzammo lo sguardo osservandoci in modo diverso per la prima volta. Ognuno di noi custodiva un grande segreto. Ognuno di noi stava contribuendo a combattere una battaglia che vista dai nostri occhi sembrava impossibile da vincere. Quel giorno, così come il giorno del mio smistamento mi sentii parte di qualcosa di grande.» Spiegò.

Lo sguardo di Neville brillò per l'emozione, mentre con gli occhi scrutava i volti dei suoi studenti. Ricambiò le occhiate di ognuno di loro, sperando che potessero capire con quello sguardo soltanto quanto quel senso di appartenenza fosse stato importante per lui e per gli altri.

«Sapevamo di non essere più soli a combattere una battaglia più grande di noi. Purtroppo restava un ultimo scoglio da superare. La Professoressa Umbridge aveva vietato qualunque forma di aggregazione. Squadre, gruppi di studio, di gioco, qualunque unione di più di due studenti era formalmente proibita dalle nuove regole di Hogwarts. Il che significava che per mettere in pratica il nostro ideale sarebbe stato necessario trovare un luogo nascosto tempo stesso grande abbastanza per ospitarci tutti. In quello stesso periodo la Professoressa Umbridge aveva istituito la sua personale agenzia segreta, se così vogliamo chiamarla: un gruppo di studenti ligi alle sue regole che avevano il compito di sottrarre punti e riportare a lei ogni infrazione. Si facevano chiamare la Squadra di Inquisizione. Potete immaginare quanto fosse difficile riuscire a incontrarci per decidere un luogo dove iniziare la nostra personale battaglia. Passarono giorni prima che questa situazione si sbloccasse. Ci incrociavamo a due a due per i corridoi, a lezione. Ci scambiavamo bigliettini nelle lezioni che sapevamo essere sicure. La Professoressa Mc Grannitt, per fare un esempio, non ci avrebbe mai denunciati alla Umbridge, se l'avesse saputo. Avremmo potuto chiedere aiuto a lei, pensandoci, ma non volevamo mettere in mezzo nessun altro. Rischiavamo già tanto così. Arrivò una meravigliosa creatura a servirci la soluzione su un piatto d'argento. Dobby, il meraviglioso Elfo Domestico raccontò ad Harry di una strana stanza, situata nell'ala più remota del castello, che era in grado di apparire e scomparire e di fornire al suo evocatore tutto ciò di cui aveva bisogno.»

«La stanza delle Necessità!» Lo interruppe una bimba dai riccioli biondo cenere.

«Esattamente Grace!» Si complimentò Neville. «Dobby spiegò a Harry come evocare la Stanza delle Necessità e senza nemeno saperlo ci fornì il luogo perfetto nel quale organizzare i nostri inconti. La sera del giorno dopo fissammo il nostro primo incontro. Ci toccò fare un passaparola per non rischiare di incrociarci in troppi in mezzo ai corridoi. La stanza era una stanza speciale e leggendo nell'anima di Harry che l'aveva evocata sapeva benissimo chi fare entrare e chi no. Ci bastava solamente desiderare di essere lì ed ecco che le porte verso il cammino della nostra battaglia di aprivano di fronte a noi. Quel giorno decidemmo che Harry sarebbe stato il nostro capo, oltre che nostro insegnante e scegliemmo per noi un nome. Un nome che potesse darci il senso di ciò che stavamo facendo. Un po' come i nomi che portate appuntati sul petto, mediante gli stemmi delle vostre Case. Decidemmo di chiamarci Esercito di Silente, per schierarci apertamente contro quelle zucche vuote che continuavano a dire che Voldemort non era tornato, scegliemmo di limitarci a chiamarlo E.S. in pubblico, per non mettere nei guai il nostro preside. E quando appendemmo il foglio con i nostri nomi al muro della stanza ci convincemmo che la parte più difficile era superata. Iniziammo quella sera stessa, partendo dalle basi. L'Incantesimo di Disarmo fu il primo.»

Alex si esibì in una mezza risatina: «L'Expelliarmus contro i Mangiamorte, maddai!»

Neville sorrise, ricordando le parole di un certo Smith.

«Se ben ricordi è ciò che ha salvato Harry Potter un sacco di volte, durante gli scontri diretti contro Voldemort... può sembrare sciocco, ma l'Expelliarmus è fondamentale in ogni duello, indipendentemente dal livello del mago che si ha di fronte. Ovviamente non è l'unica cosa che serve.» Concluse con un sorriso delicato.

«Quel giorno ci fermarmmo all'Incantesimo di Disarmo, ma nelle settimane che seguirono andammo avanti, nonostante non riuscissimo a vederci regolarmente. Ognuno di noi portava dentro di sé un qualcosa di magico. Era un po' come l'atmosfera calda che precede il Natale. Una sensazione di felicità surreale. Sapevamo di star combattendo una battaglia importante anche se in gran segreto e per me era quanto di più bello potessi aspettarmi. Era come se tutto ciò che di brutto mi circondava non potesse scalfire l'importanza che rivestivano quegli incontri. Migliorai a vista d'occhio negli incantesimi pratici. Harry era un insegnante comprensivo e chiaro. Sapeva esattamente cosa dire per tirare fuori il meglio di noi, o forse era soltanto l'atmosfera che ci accoglieva in quella stanza, non so dirlo con precisione, ma in due incontri soltanto, almeno per quanto mi riguarda, avevo battuto ogni mio record personale in fatto di incantesimi.» Concluse con una risatina e i suoi studenti lo seguirono a ruota.

«Fu allora che Hermione saltò fuori con una delle sue solite idee brillanti.» Spiegò, mostrando il galeone ai suoi studenti. «Creò un galeone finto per ognuno di noi, celandovi all'interno un potente incantesimo. L'Incanto Proteus.»

«Ma è roba da ultimo anno!» Esclamò Tessa, spalancando occhi e bocca.

«Esattamente, ma Hermione come ben sapete era una strega brillante. Così creò queste piccole meraviglie, collegate le une alle altre. Quando Harry decideva l'orario e il giorno del nostro prossimo incontro, non doveva far altro che cambiare con la magia il numero di serie del suo galeone e istantaneamente ognuno dei nostri avrebbe cambiato numeri, riscaldandosi appena per testimoniare il cambiamento»

«Un po' come il Marchio Nero...» Mormorò confuso Tobias, tormentandosi le maniche del mantello.

Neville annuì.

«Se ci pensate era un modo molto più umano del loro e al tempo stesso un promemoria di ciò che stavamo combattendo. Le riunioni nel periodo che precedette il Natale furono scarse, ma sempre più intense. Ogni giorno imparavamo qualcosa di nuovo e cresceva in noi la speranza che forse potessimo fare qualcosa per proteggere noi, i nostri amici e le nostre famiglie dall'oscuro mago del quale nessuno parlava. Con la promessa di iniziare con incantesimi sempre più difficili Harry ci lasciò, chiedendo a chi fosse rimasto a Hogwarts di esercitarsi il più possibile durante le vacanze.»

Gli studenti del primo anno ormai lo ascoltavano rapito, quasi stesse raccontando una storia qualunque. Conoscevano ciò che era accaduto durante la guerra, ma non avevano idea di ciò che fosse successo prima. Tutti questi particolari li incuriosivano a tal punto che alcuni di loro avevano iniziato a prendere appunti.

«Appena tornati dalle vacanze di Natale, successe qualcosa che nessuno di noi si sarebbe mai aspettato. Dieci dei più pericolosi Mangiamorte seguaci di Voldemort erano evasi dalla prigione di massima sicurezza di Azkaban. L'atmosfera nel mondo magico cambià dopo quel fatto. Le persone iniziarono a domandarsi se davvero ciò che diceva il Ministero potesse essere o meno attendibile. Tutti si domandavano come avessero fatto dieci persone in isolamento, per quanto brave, a fuggire da una prigione come quella di Azkaban. Molti iniziarono a riconoscere come veritiere le parole di Harry e fu in questo clima che ci ritrovammo dopo le vacanze. L'incontro che ne seguì fu uno dei più seri ai quali ho mai partecipato. Ognuno di noi era animato dalla rabbia e dalla determinazione, oltre che dal timore che qualcosa potesse succedere a breve. Forse quel mondo oscuro del quale avevamo solamente sentito parlare stava tornando davvero.»

Si prese qualche istante per raccogliere i ricordi e cercare di esporli al meglio, mentre osservava i suoi studenti scambiarsi commenti e considerazioni. Alcuni di loro sembravano elettrizzati all'idea, altri spaventati, altri determinati. Era un po' come trovarsi di fronte la sua versione adolescente accompagnata dai suoi vecchi compagni di scuola.

Sospirò prima di riprendere il discorso.

«Suppongo che la maggior parte di voi sappia ciò che successe ai miei genitori durante il primo regno del terrore di Voldemort, perciò potete ben capire quanto l'evasione delle persone che l'avevano causato mi avesse scosso. Iniziai a lavorare sodo, molto più di quanto non avessi fatto fino ad allora. Miglioravamo a vista d'occhio, non più guidati dal timore, bensì dalla voglia di fare effettivamente qualcosa per evitare che la storia si ripetesse. Ma, mentre noi facevamo di tutto per combattere, la Professoressa Umbridge faceva di tutto per impedirci di impugnare le bacchette.»

«Ancora non se n'era fatta una ragione?!» Domandò sconvolta Eileanoir, con uno sguardo incredulo.

«In tutta franchezza Eileanoir, non si sarebbe accorta di un drago nemmeno se le avesse starnutito sotto il naso.» Replicò Neville con leggerezza, scatenando le risate divertite dei suoi studenti.

«La Professoressa Umbridge impose alla Squadra d'Inquisizione di tenerci d'occhio. Organizzarono dei turni di ronda per seguire ognuno di noi. All'epoca non ne eravamo a conoscenza, ma, per farla breve, mostrammo loro l'ingresso della nostra sala riunioni. Servì loro molto tempo per comprendere come funzionasse, però. Riuscimmo ad arrivare all'Incanto Patronus prima del nostro ultimo incontro.»

Fece una pausa per godersi i volti incuriositi dei suoi studenti. Sapeva che avrebbero gradito la sua storia, ma avendo avuto così poche occasioni di raccontarla a qualcuno che non facesse parte della sua famiglia, che l'idea di trasmetter loro un capitolo così pieno di speranza della sua vita lo emozionò nel profondo.

«Un pomeriggio, la porta della Stanza delle Necessità si spalancò di colpo, rivelando la figura di Dobby, colui che ci aveva spiegato come raggiungerla. Dobby, tra un tremito e l'altro ci impose di fuggire, la Professoressa Umbridge stava arrivando, eravamo nei guai. Molti di noi riuscirono a fuggire, ma nessuno si curò di portare via la pergamena incantata sulla quale avevamo firmato la nostra partecipazione. Venimmo puniti tutti per aver fatto parte di quel gruppo di difesa segreto, ma sapete tutti cos'è successo alla fine di quell'anno e dell'anno seguente. E fu solamente grazie a Harry e ai nostri incontri segreti che riuscimmo a portare a casa la pelle per l'estate.»

Neville tornò a sedersi sulla sua gigantesca zucca, rigirandosi il galeone tra le dita.

«Ma fu due anni dopo che la nostra esperienza ci tornò veramente utile. I Mangiamorte, come ben sapete, avevano preso possesso di Hogwarts e noi avevamo bisogno di un modo per continuare a combatterli, anche se esporsi significava rischiare la vita, anche se ad ogni azione molto spesso corrispondeva una reazione tutt'altro che positiva. Utilizzammo i galeoni per tenerci in contatto. Io, Ginny e Luna organizzammo una resistenza interna alle mura di Hogwarts. Iniziammo a depistare i Mangiamorte, a tenere alto il nome di Silente e di tutto ciò che per noi lui significava. Silente ci aveva lasciati, ma i suoi insegnamenti e quelli di Harry ardevano dentro di noi come fiamme vive. Eravamo giovani e parecchio stupidi, ma riuscimmo a dare filo da torcere a coloro i quali speravano di insegnarci ad amare le Arti Oscure.»

Neville tornò ad alzarsi e riprese a camminare avanti e indietro di fronte ai ragazzi.

«Ginny durante l'estate aveva sentito che il Professor Silente aveva lasciato in eredità la Spada di Grifondoro a Harry, così, quando scoprimmo che il Preside Piton la teneva custodita nel suo ufficio, cercammo di rubarla. Fu un fiasco totale.» Ammise con un tono imbarazzato e una mezza risatina.

«Non sapevamo il perché, lo scoprimmo molto tempo più tardi, ma sapevamo che se Silente aveva deciso di lasciarla ad Harry doveva avere un motivo ben preciso per farlo. Il nostro vecchio Preside non era un uomo comune, né semplice da decifrare, perciò, ancora una volta avevamo deciso di fidarci di lui. Finimmo per essere puniti più duramente del solito e fu così che arrivò il Natale. Alcuni di noi tornarono a casa, Luna tra tutti non vedeva l'ora di riabbracciare suo padre, ma venne rapita durante il viaggio per Londra.»

«Ma nessuno fece nulla? Gli Auror?» Domandò Grace, stringendo tra le dita i lembi del mantello.

«Non vi era più l'ombra di un Auror che non fosse un Mangiamorte o quasi, giunti a questo punto. Voldemort aveva preso possesso del Ministero, oltre che del resto della Gran Bretagna. Ma tornando alla nostra storia: Al ritorno io e Ginny continuammo la missione che ci eravamo preposti. Continuammo a dar loro rogne ogni santo giorno. Usavamo i Galeoni per non farci beccare, non potevamo incrociarci nei corridoi, Hogwarts era diventata peggio di una di quelle scuole militari babbane. Arrivato il periodo di Pasqua, però, Ginny fu costretta a rimanere a casa. Rimasi io e pochi altri con me. Giorno dopo giorno, però le punizioni diventavano sempre più crudeli e un paio di settimane prima della fine della scuola, decisero che le torture non erano abbastanza...»

Neville lasciò la frase a metà, lasciando scivolare il Galeone nella tasca del mantello.

«È stato allora che ho deciso di rispolverare il vecchio trucco della Stanza delle Necessità. Mi sono nascosto lì, per continuare a giudare la nostra piccola rivoluzione senza lasciarci effettivamente le penne. Vedete, la Stanza delle Necessità è una stanza veramente epica!» Esclamò lasciandosi cadere nuovamente sulla sua zucca gigante.

«Esaudisce ogni vostro desiderio, ovviamente tenendo conto delle leggi che regolano la magia, ragazzi. Ma per questo vi consiglio di chiedere un approfondimento alla professoressa di Trasfigurazione. Mi bastò desiderare una stanza sicura dove nessun sostenitore dei Carrow potesse entrare per ottenere un nascondiglio sicuro. Mi bastò pensare al cibo per creare un passaggio segreto per la Testa di Porco. Poco a poco anche altri membri dell'Esercito di Silente mi iniziarono a trasferirsi all'interno della stanza. Sapete tutti come andò a finire. Harry ci raggiunse e da lì ebbe inizio la Battaglia di Hogwarts.»

I ragazzi e le ragazze si guardarono attorno, cercando gli uni gli sguardi degli altri. Erano emozionati, quasi entusiasti. Sembravano aver capito l'importanza di quella piccola monetina. Tutto era nato da lì, senza di essa non avrebbero saputo come incontrarsi, non avrebbero mai imparato a difendersi e probabilmente non sarebbero mai riusciti a sconfiggere Lord Voldemort.

«È iniziato tutto da qui.» Continuò Neville. «Da questo piccolissimo Galeone falso. Da una manciata di incantesimi e dalle speranze di un gruppo di trenta ragazzi. Silente diceva sempre che la difesa più grande di Hogwarts non sono le mura o i suoi potentissimi incantesimi protettivi, bensì tutti gli studenti e gli insegnanti che la abitano. Voi, diceva sempre, siete la più grande difesa di Hogwarts.» Disse loro, cercando i loro sguardi emozionati.

«Non dimenticatelo mai, ragazzi, mai.» Concluse con un gran sorriso. Poi, voltandosi verso Tobias domandò: «Pensi che abbia risposto a dovere alla tua domanda?»

Tobias sorrise emozionato, con un calore e una sicurezza che non aveva mai mostrato prima di allora.

«Sì, Professor Paciock.» Rispose senza esitazione. «Grazie mille!»

Neville ricambiò con un gran sorriso, poi, data un'occhiata al grande orologio di Hogwarts li condusse nuovamente verso il campo di Volo, aveva rubato cinque minuti all'insegnante di volo, con la quale andò a scusarsi personalmente.

Tornando verso le serre, Neville tornò a stringere tra le dita il suo Galeone. Era da tempo che non vedeva il numero di serie mutare, era successo il giorno del decimo anniversario dell'ultima Battaglia di Hogwarts e sapeva che sarebbe passato molto tempo prima di vederle mutare ancora, ma l'idea di averlo sempre lì con lui, lo aiutava a tenere accanto a sé il ricordo di coloro che se n'erano andati. Il ricordo di quella volta nella quale aveva deciso di prendere tutto il coraggio che aveva tra le mani e di meritarsi una volta per tutto la Casa nella quale era stato smistato.

Non era nato Grifondoro, Neville, ma quella moneta aveva contribuito a farlo divenire tale.




NDA:
Questa storia è nata un pomeriggio di Ottobre del 2015. Inutile dirvi quanto sia stato un parto darla alla luce. Inizialmente avevo pensato di dare una forma diversa al suo contenuto, di far raccontare a Neville i fatti accaduti sotto forma di ricordo al primo memoriale della Battaglia di Hogwarts, ma mi è sembrato troppo presto e troppo inutile. Ho pensato fosse più furbo far sì che raccontasse a un gruppo di giovani menti quello che l'E.S. ha significato per lui e i suoi compagni. Un po' come se volesse lasciare loro il ricordo di ciò che per lui ha significato così tanto.
Ho scritto questa storia a più riprese, non riuscendo mai a trovare il giusto ritmo narrativo. Spero di aver fatto un lavoro decente, ultimandola in un solo fiato.
Spero sia di vostro gradimento e vi invito a rendermi partecipe dei vostri pensieri in merito, che essi siano positivi così come negativi. Spero un giorno di poter scrivere qualcosa di mio, di originale, e ho bisogno di tutto l'aiuto possibile per continuare a crescere da questo punto di vista.
Un abbraccio, Siria.
   
 
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