Anime & Manga > Caro fratello
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Autore: Miss_Moonlight    19/11/2017    2 recensioni
Con questo racconto, ho voluto proseguire il manga di Ryioko Ikeda, "Oniisama e" ("Caro Fratello"), dunque segue gli avvenimenti del fumetto, non quelli dell'anime (cartone animato).
Rei Asaka (Saint Just) pare essersi suicidata, mentre Kaoru Orihara è morta di cancro, due anni dopo il matrimonio con Takehiko Henmi e la loro partenza per la Germania.
La storia del manga era ambientata verso la fine degli anni Settanta, dunque, nel mio racconto, siamo negli anni Ottanta.
La pubblicherò a capitoli ma non farò attendere molto; ho finito il racconto, lo sto solo ricopiando a pc (dato che a me piace scrivere su carta :) )
Se qualcuno leggerà e ed avesse voglia di scrivermi un commento, mi farebbe piacere!
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Fukiko Ichinomiya, Mariko Shinobu, Nanako Misonoo, Rei Asaka, Takehiko Henmi
Note: Lime | Avvertimenti: Non-con, Tematiche delicate, Threesome
Capitoli:
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Nana stette poco bene per i giorni seguenti, continuando ad avere qualche linea di febbre ma, soprattutto, si sentiva stordita e debole.
Fece gli oneri di casa, guardò vecchie fotografie con sua madre, ascoltò musica, cercò di leggere ma non riuscì.

La mamma cercava di mostrarsi forte, ma…
“Non parla molto, non dice niente della sua vita a Parigi, dello studio...” Confidò la signora Misonoo, a Takehiko, a telefono.
“Mi ha detto che lavora molto...”Rispose lui, con tono altresì dubbioso.
“In biblioteca?” Chiese la signora Misonoo.
“Sì, è quello che so anch'io ma non mi ha detto nulla in più...”
“È così diversa… Si fa fatica a riconoscerla… A volte esce, torna tardi… Poi sta in camera… Mi sembra che pianga… Sono preoccupata Takehiko e non so come parlarle...”

Una mattina, molto presto, Nana telefonò a Mariko, sperando non fosse già uscita per andare a lavoro.
La trovò, le chiese di uscire quella sera.
“Vieni a chiusura, c'è un buon ristorante qua vicino, offre Takashi… A distanza.”
Il tono conciliante di Mariko, perfino scherzoso, fece sentire Nana impossibilitata a contraddirla, dicendole che non trovava il caso andasse alla galleria, con il rischio di incontrare Lady Miya.
*No, non posso parlarle di quel che è successo… Non posso raccontarle dell'aggressione, l'ho promesso. E non posso raccontare quel che è successo dopo. È troppo assurdo!*
“Va bene, ci sarò, grazie. A stasera.” Rispose, quindi.

Nana arrivò puntuale ma dovette aspettare che Mariko finisse di parlare con un cliente e, poi, che chiudesse la galleria.
Di Lady Miya nemmeno l'ombra.
Andarono a piedi fino al ristorante che la Sekiya aveva prescelto. Era organizzato in un giardino coperto, una specie di serra.
Lasciarono i soprabiti al cameriere e furono condotte ad un tavolo riservato.
Al loro passaggio, tutti si voltarono a guardarle. Erano appariscenti, soprattutto viste insieme.
Avevano quasi la stessa statura; Mariko era più formosa – lo era sempre stata, anche da ragazzine. Indossava un abito di maglina, blu scuro, lungo fino alle caviglie; avevo un voluminoso collo che faceva sembrare la testa della ragazza come un mazzo di fiori, attorniato da carta crepes.
Nana indossava un completo nero, giacca-pantalone, dal taglio lineare ed una camicia blu, dal collo alla coreana.
“Hai messo quella camicia per abbinarti a me?” Scherzò Mariko.
“Proprio così. Mi è sembrato tu abbia cambiato colore preferito; speravo di non essermi sbagliata...”
“Giusta osservazione. Ma dal viola al blu, il passo è stato breve. Tu, invece...”
“Non ti pace?” Chiese Nana, alzando un sopracciglio. Giocherellava con il tovagliolo.
“Mmm… – la squadrò la Sekiya – Sicuramente hai un sacco di ammiratrici a Parigi.”
“Ho anche degli ammiratori.”
“Avete scelto, signorine?” Chiese il cameriere sopraggiunto, a raccogliere le ordinazioni.
“Hai preferenze, Nana?” Chiese la mora.
“Sei tu l'esperta, mi affido al tuo gusto.”
“Allora… – Mariko studiò il menù con concentrazione – Di antipasto ci porti sashimi, uva di quaglia, tartare di tonno e… uova di salmone! Poi ci porti un astice su insalata e… anzi, faccia anche la pasta italiana allo champagne!”
Il cameriere prendeva nota, tenendo il passo con il ritmo accelerato di Mariko.
“Ah, quelle polpettine di formaggio alle erbe, le ha?” Aggiunse la Sekiya.
“Ma… Mariko?!” Intervenne Nana esterrefatta, ma non fu presa minimamente in considerazione.
“Certo, signorina. Mi permetto di consigliarle anche quelle al tartufo bianco, una novità.”
“Eccellente! Ci porti anche una bottiglia di quel vino...”
“Chablis, signorina?”
“No, quello è francese, giusto? La mia amica vive in Francia, vorrei farle provare qualcosa di diverso. Pensavo a quell'altro, che aveva proposto l'ultima volta al signor Ichinomiya...”
“Ah, il Riesling, dalla Germania! Certamente, signorina. Un aperitivo lo gradiscono, signorine?”
“Sì, grazie. Succo di melograno e Martini bianco per me.” Replicò Mariko.
“Martini bianco, liscio. Doppio.” Concluse Nana.
Appena il cameriere se ne fu andato, non riuscì a trattenersi: “Caspita, Mariko… Che dirà Takashi di un conto del genere?”
Mariko ridacchiò. Poi si fece un po' cupa.
“Takashi è molto generoso. Fosse per lui, non dovrei neanche lavorare. Sarei in giro per il mondo, solo a tenergli compagnia… Ma a me non va. Io voglio lavorare, avere la mia indipendenza. E, poi, mi piace molto il lavoro alla galleria. Ho studiato arte, cioè… sto finendo di studiare Conservazione dei beni culturali. Fukiko ha studiato arte.”
A sentire quel nome, Nana abbassò lo sguardo, fissando il piatto vuoto, davanti a sé.
Mariko se ne accorse e cambiò subito argomento.
“Tu cosa fai?” Chiese all'amica.
“Oh… Non è una domanda che abbia una risposta semplice.”
Arrivarono gli aperitivi e Nana bevve subito un grosso sorso del suo.
“Pardonne – disse, in fretta – il brindisi! Lo possiamo fare con il vino? Ne avevo bisogno. Non sono abituata a parlare di me. Non più… Dunque… Lavoro in biblioteca… di giorno… Ed in un locale notturno, di genere underground, dove c'è, per lo più, musica punk e new wave...”
“Lavori sia di giorno che di notte?!”
“Non tutte le notti ma sì.”
“Non sei stanca?”
“Un po' ma biblioteca mi calma, è un posto tranquillo e, al locale, guadagno abbastanza bene da farcela a vivere da sola. In ogni caso, non starei a casa, non dormo bene, la notte...”
“Capisco. Per me è tutto più semplice, grazie agli Ichinomiya. Oh, perdonami se li nomino sempre è che...”
“Lo capisco. Sono la tua quotidianità.”
“Ma stavamo parlando di te… Gli studi?”
“Sono indietro con gli esami… Sai, lavorando tanto...”
“Eh, anch'io devo ancora finire ma è stata colpa della mia crisi se sono rimasta indietro, ora me la prendo con comodo perché il lavoro che voglio già ce l'ho... Voglio finire però!”
“Bravissima!”
“Tu no?! I tuoi genitori ti aiuterebbero di sicuro, per permetterti di dedicarti più agli studi e concludere… Cioè, tua mamma, voglio dire… E tuo fratello...”
“Loro non centrano, Mariko. È una cosa mia...”
Iniziarono ad arrivare le portate ed i discorsi si fecero più leggeri.
Alla seconda bottiglia di Riesling, Mariko, che pur aveva bevuto si e no tre bicchieri, aveva le guance rosse.
“Non sono abituata a bere molto. Credo di essere brilla!” Esclamò, tra il divertito ed il preoccupato.
Nana svuotò l'ultimo bicchiere. “Io credo di essere fin troppo abituata a bere.” Replicò.
“Ne vuoi ancora? Chiamo subito il signor...”
“No, no, fermati! Può bastare. Magari un digestivo...”
“Sono piena!” Convenne la mora.
“A chi lo dici… Hai esagerato con le ordinazioni!”
Mariko prese, eccezionalmente, due sakè – di solito non ne beveva mai – e Nana, quattro al che, anch'ella, cominciò a sentirsi non del tutto lucida.
Si alzarono.
Mariko scambiò alcune parole con il cameriere, dopodiché egli aiutò le ragazze ad indossare i soprabiti ed aprì la porta, per farle uscre.
“Fiù! – Fischiò la Misonoo, in segno di apprezzamento, una volta che furono fuori – Che trattamento speciale!”
“Eeeh!” Annuì Mariko, recando, sul suo volto, un'espressione soddisfatta. In quel mentre, inciapò e dovette aggrapparsi all'amica, per non cadere.
“Oh-oh, sono un po' ubriaca!” Esclamò.
“Non preoccuparti, sei a due passi da casa, ti accompagno.”
“Prendiamo un taxi, poi ti riporterà a casa.”
“Ma no, sai quanto è distante casa dei miei...”
“Non preoccuparti, Fukiko ha detto di pagare tutto, si è proprio raccomandata per il taxi...”
“Fukiko?!?”
Mariko si tappò la bocca.
“S-sì. Cioè… Non che fosse un segreto ma… Ho sempre l'impressione ti dia ancora molto fastidio il solo sentirla nominare… Invece, quando oggi ho detto che ci saremmo viste per cena...”
“Oggi?”
“Sì… Stamattina… Proprio oggi è tornata in galleria dopo diversi giorni di assenza, perché era caduta da cavallo… Si vedono ancora dei segni, deve aver fatto una bella caduta… Sì, insomma… Non prenderla male… Ha fatto un apprezzamento sul fatto che fossi in tiro e, per non farle pensare che avessi un appuntamento con qualcuno che non sia Takashi, le ho raccontato che saremmo andate a cena fuori. Allora ha subito detto che dovevamo passare una bellissima serata e che avrebbe saldato tutto lei. Io volevo mettere tutto sul conto di Takashi, come quando ci vado con mia mamma ma Fukiko ha detto che si sarebbe offesa se non avessi lasciato a nome suo… E, insomma, su queste cose non è affatto cambiata, è irremovibile… Era molto contenta che ci vedessimo! Mi ha dato i soldi perché voleva assolutamente che io ti mandassi a casa in taxi. Ho avuto l'impressione ti ricordi con molto affetto… Strano! Non l'avrei mai detto. Sai, con il fatto che eri così sparita, non abbiamo mai parlato di te… Beh, deve aver riflettuto molto sul passato, l'ho sempre pensato ma oggi ne ho avuto la conferma, con questo gesto.”
Mariko parlava a ruota libera e la testa di Nana aveva cominciato a girare.
Presero il taxi fino a casa della Sekiya, anche se era a due isolati dal ristorante, dopodiché, la Misonoo lo congedò.
Accompagnò l'amica su in casa e questa crollò, vestita, sul letto.

Visto che, oramai, Mariko era al sicuro, Nana la lasciò e si diresse verso la stazione metro.
Poco dopo, era seduta al bancone di un locale notturno, con la camicia allentata sul collo, un bicchiere di Vermut in mano ed un sigaro – spento, nell'altra.
Aidan, l'australiano che gliel'aveva offerto, la guardava con interesse, dimentico delle ragazze in intimo, che ballicchiavano sul palco.
“Certo che sei proprio strana, darling.” E le accese il sigaro.
Nana aspirò forte e scoppiò a tossire, come se stesse per lasciarci le penne. L'australiano, invece, scoppiò in una fragorosa risata e le tolse il sigaro di mano.
“You're to cute to be a tomboy.” La schernì.
“Bullshit! – Replicò lei e svuotò il bicchiere. – Un altro!” Gridò al cameriere.
Aiden la guardava instancabilmente, ammirato.
“Come ti chiami?” le chiese.
“Rei.” Rispose lei, senza pensarci.
“Lovely.” Fece lui.

Nana aprì gli occhi a fatica. Sentiva le tempie, i bulbi oculari e la fronte intera martellarle violentemente.
C'era buio intorno a sé. Cercò di aguzzare la vista.
Una camera sconosciuta… Di fianco a lei, un uomo… l'australiano!
Allungò la mano al comodino, in cerca di una radio-sveglia che indicasse l'ora ma quel che afferrò fu una bottiglietta del frigo bar, ancora piena a metà.
Meccanicamente, se la portò alle labbra ma bastò il solo sapore del liquore per farle tornare su tutto quello che aveva bevuto la sera prima.
Corse in bagno e raggiunse il water appena in tempo.
Già che c'era, bevve abbondantemente acqua calda e vomitò ancora, finché da lei non uscì altro che acqua.
Quando ebbe finito, si lavò la faccia con l'acqua fredda; si bagnò un po' i capelli, alle tempie; si guardò allo specchio ma ne distolse subito lo sguardo, colma di
disapprovazione.
Uscì dal bagno. L'australiano dormiva come un sasso.
Nana si vestì, quindi frugò nelle tasche dei pantaloni di lui, abbandonati a terra e prese dei soldi, quindi se ne andò.

Quando arrivò a casa, trovò la mamma ad aspettarla.
Questa, non appena la vide, sgranò gli occhi. “Nanako, cielo! Come sei ridotta?! Ma… hai bevuto? E di chi è questa giacca?”
Solo allora Nana si accorse di aver preso l'indumento sbagliato e di star indossando la giacca dell'australiano, grande tre volte lei.
Si portò una mano alla fronte. “Ho un po' esagerato, ieri.”Ammise.
“Nanako, sono molto preoccupata. Ho provato ad essere comprensiva, a darti spazio ma non posso vederti così e...”
“Ti prego, mamma, non ora!” La zittì la giovane Misonoo e si avviò verso le scale.
“Nanako!” La richiamò sua madre.
“Nana, chiamami Nana. Non sono più Nanako, la brava bambina.” Rispose lei, senza voltarsi.

   
 
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