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Autore: Anwa_Turwen    19/11/2017    1 recensioni
1995.
La seconda Guerra Magica sta per iniziare.
La sicurezza degli studenti di Hogwarts è a rischio, mentre il Ministero stesso fa involontariamente il gioco del nemico.
Anche a Evelyn, sedicenne dall'infanzia tutt'altro che tranquilla, la vita offre una seconda possibilità. Deve dimenticare gli anni trascorsi a piangersi addosso, far pace con il passato, prendere coscienza di sé e del mondo a cui appartiene.
Accompagnata da suo severo professione di pozioni, riuscirà la ragazza a superare le sue paure e, finalmente, a crescere?
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Severus Piton, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Prologo

 

La sala era pervasa da mormorii.

Una cinquantina di persone sedevano a semicerchio intorno alla parete nord, parlottando tra loro, e lanciando sguardi poco amichevoli verso il centro della stanza.

In basso rispetto ai sedili, stavano alcuni altri; si sarebbe detto che avessero tutti un pessimo umore, a dispetto delle cascate di sole penetranti dalle alte finestre di pietra. Il complesso di cipigli e toghe nere faceva pensare che si fosse nel bel mezzo di un processo.

L'imputato era una ragazzina sui dodici anni che sembrava desiderar di sprofondare, tanto era rannicchiata in quella grande sedia di ferro, dai cui braccioli pendevano minacciose, un paio di sibilanti catene

Il cupo rimbombo di un colpo abbattuto sul tavolo fece cessare il brusio.

"Signori, devo pregarvi di fare silenzio!" Esclamò la voce intransigente dell'uomo che presiedeva l'incontro. 

"Riprendiamo. Signora e Signorina, se vogliamo concludere in fretta, prego di partrcipare".

La donna massiccia che stava in piedi al lato della ragazzina terrorizzata parve sul punto di ribattere, per poi incrociare le braccia e corrucciarsi più di quanto già non fosse. Le sue guance chiazzate di rosso e la rabbia a stento trattenuta la facevano sembrare sul punto di esplodere.

Dall'altra parte, un piccolo uomo quasi calvo singhiozzava, piegato in due sulla sedia, continuando a frizionarsi con le dita gli occhi arrossati, da sotto un paio di grandi lenti.

"Consapevole di aver agito volontariamente e deliberatamente in ciascuna delle situazioni che sono state descritte, ammetti dunque la tua colpevolezza e te ne assumi ogni responsabilità?" La domanda e il tono solenne in cui era esposta non fecero che impaurire ancora di più, per quanto possibile, la giovane incriminata.

Essa annuì fra i tremiti.

"Verbalizza!" Intimò l'inquisitore.

Un debole sì giunse dalla sua direzione.

"Prego di ripetere più forte!"

"Sì".

La donna al lato si contrasse fino all'inverosimile. Avrebbe volentieri picchiato sia l'inquisitore che la figlia. 

"Lascio dunque che sia giudicata secondo le regole dell'Istituto Durmstrang. Karkaroff" aggiunse, con un cortese cenno del capo verso l'ala sinistra dell'assemblea.

"Grazie, Direttore. Quale elemento dannoso nel comportamento e nell'esempio, chiedo che la signorina sia allontanata dall'Istituto" scandì l'uomo di cui era stato fatto il nome. "Procediamo con le votazioni. Chi è concorde all'espulsione senza revoche?"

Fu un torvo individuo in prima fila, ad alzare per primo il braccio con arroganza. Il sinistro, perché il destro era tenuto fermo da una solida ingessatura; aveva anche molti bendaggi a fasciargli la testa, e a giudicare dall'espressione, sembrava che ne andasse della sua dignità.

Uno dopo l'altro, quasi tutti i rappresentanti dell'Istituto Durmstrang ebbero alzato il braccio, e per ultimo anche il preside Karkaroff levò il suo.

Un lieve sorriso ironico comparve sul volto del Direttore.

"Non vi crucciate, signora. Come potete vedere, il voto affermativo è stato unanime - beh, quasi. Dichiaro dunque l'espulsione della signorina Evelyn Smyth dall'Istituto di Magia di Durmstrang, e la conseguente perdita definitiva di ogni diritto a frequentarne i corsi".

L'uomo bendato sembrava non aver visto giorno più perfidamente felice in tutta la sua vita, tanto malvagio e storto era il ghigno sul suo viso.

"Ora, dato l'esito della discussione, sarebbe nostro dovere distruggere la bacchetta della persona accusata. Prego, signorina".

La ragazzina guardò con una strana, dura espressione di timido disprezzo verso il suo inquisitore, poi verso la donna a fianco.

Stringendo le labbra olivastre in una linea minacciosa, la madre si incamminò lentamente verso il banco dei giudici. Estrasse una bacchetta magica dalla chiara tonalità di nocciola, e la porse al Direttore.

Egli la prese e ricominciò a parlare, mentre un segretario scriveva freneticamente su una pergamena tutto ciò che veniva detto.

Ma Evelyn non poteva più ascoltare. Rimase seduta, senza che un solo muscolo o nervo del suo esile corpo rimanesse rilassato; osservò il filo sottile della speranza che ancora le rimaneva, spezzarsi, e penzolare ridicolo, come una ragnatela vecchia, inutile, di cui perfino il vento ama prendersi gioco.

La mattonella su cui poggiava il suo piede destro emise un sinistro scricchiolio simile a quello prodotto dal magico legno nelle mani dell'inquisitore.

Anche la sua bacchetta, la sua bella bacchetta di larice, la sua prima, levigata bacchetta, così lucida e perfetta, veniva spezzata con semplicità, e giacque inutilizzabile sull'orlo del banco.

Un'unica grossa lacrima calda scivolò lungo la gota pallida, raggiunse il mento, precipitò e svanì con precisione nella mattonella, attraverso la crepa che vi si era appena formata.

   
 
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