Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Nina Ninetta    19/11/2017    8 recensioni
Prima classificata al contest "Dark chest of wonders" indetto da Missredlights sul forum di EFP, a pari merito con "Un inverno a Chicago" di OldFashioned.
Prima classificata pari merito al contest "Raggio di Luna" indetto da mistery_koopa sul forum di EFP.
Premio speciale "Rivelazione femminile – miglior personaggio femminile" nello stesso contest.
Lily si è trasferita da Lecce a Milano solo da pochi mesi. Quando sembra che la sua sia una vita incloncludente e che non riesca a trovare la strada giusta per sé, s'innamora di Sergio, un ragazzo spagnolo che si trova in Italia per lavoro. Tuttavia il loro amore travolgente incontrerà un enorme, insormontabile ostacolo.
Undicesima classificata al contest “Lavoratori allo Sbaraglio” indetto da Laodamia94 sul forum di Efp.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 3
Ferragosto di stelle e gelato

 
 
Lei è li, davanti a lui e ride, gesticola, parla, racconta, narra l'assurda scenetta di poco prima, nel locale dove hanno consumato una cena, come una vera coppietta.
Lei è tutta su di giri, non fa che muoversi nel piccolo spazio disegnato dal suo abbraccio e lui la fissa ammaliato, sorridendole e annuendo al suo racconto quasi surreale.
Lei è lì, con una coppa di gelato all'amarena che continua a passarsi da una mano all'altra. Dice che sia il suo preferito, che ne mangerebbe a quintali ogni giorno, ma intanto non l'ha ancora toccato e sembra in procinto di sciogliersi. Sergio non può fare a meno di scrutarle il viso: ha la pelle bianca come latte, gli zigomi leggermente rosati, due occhi azzurri e labbra rosse che adesso si muovono frenetiche nell'atto di parlare. Vorrebbe zittirle con un bacio, ma si astiene. Gli piace starle abbracciato e ascoltare il suono della sua voce allegra e po' infantile.
La macchina è spenta e Sergio ha approfittato del muso anteriore per adagiarvisi, ha le gambe leggermente divaricate e Lily gli è di fronte, le cinge la vita mentre parla, parla, parla. E ride e va bene così.
Tutto intorno è immobile, ogni cosa ha assunto una leggera sfumatura rosata. Le sagome degli alberi che li circondano sulla collinetta sembrano tante statuine di cui si ode solo il fruscio delle foglie, mosse da un leggero venticello. Oltre la collina un precipizio e in lontananza la città che inizia a illuminarsi. Se fossero esperti del capoluogo lombardo potrebbero distinguere chiaramente il Castello Sforzesco, il Duomo, i Navigli. Invece semplicemente si godono il panorama. Sopra di loro un manto striato di rosa ricorda un dipinto impressionista che copre tutto, come una cupola, come l'ala protettrice di una mamma. È uno spettacolo della natura: il sole tramonta oltre le montagne, muto e placido, intanto il primo puntino luminoso risplende in un mare color pesca.
Lei si volta a guardarlo, la coppetta di gelato ancora nella mano sinistra ha ormai davvero raggiunto lo stato liquido. Ha promesso a Mirko che l'avrebbe riaccompagnata a casa dopo cena: niente sesso, niente preliminari, nessun contatto fisico in pratica e lui vuole mantenere la parola data.
O, perlomeno, sta facendo del suo meglio.
 
Osservo il panorama che il tramonto ci sta regalando. Non mi ero mai resa conto di quanto fosse bella Milano, finora.
Che pace!
Lo guardo come se non mi fossi accorta della sua presenza fino a quel momento. Ha lo sguardo alto e fiero fisso su di me, due occhi castani vispi e profondi nei quali credo di essermi persa fin dalla prima notte, ciglia folte e lunghe, i capelli chiari tirati dietro al capo e trattenuti in un codino, i lati della testa rasati, la barba curata gli delinea perfettamente quel sorrisetto di scherno che sempre lo accompagna. Le labbra, le sue labbra...
«Lo so che sono bellissimo, ma se smettessi di fissarmi...» mi coglie in flagrante. Avvampò e mi guardo i piedi.
Che figura di merda!
Sergio intinge l'indice nella mia coppetta di gelato e poi me lo spalma sulla punta del naso, non ho neanche il tempo di chiedergli cosa faccia che lo ha già leccato via.
«Mmm, anche se sciolto è ancora buono» dice e lo rifà, di nuovo mi sporca il naso di gelato all'amarena e lo tira via con un colpo secco di labbra. «Si, è proprio buono.»
D'istinto gli passo due dita impregnate di gelato sulle labbra, peccato che lui sia lesto a pulirsele con la lingua. Sorride ancora, affermando che non ci sono dubbi: quel gelato è la fine del mondo!
«Lo vuoi assaggiare?» Mi chiede, come se non lo avessi già mangiato prima. Faccio per rispondergli, ma lui prende il mio viso fra le mani e mi bacia. Sento le sue dita scorrere fra i lunghi riccioli biondi, la bocca contro la mia, il suo sapore che sa di gelato all'amarena.
Lascio cadere la coppetta sul prato e mi afferro a lui che a fior di labbra mi dice di rientrare in macchina. Eseguo senza replicare.
 
Nell'abitacolo della Peugeot riprendono da dove avevano interrotto, ma d'improvviso lui si allontana piano, scuotendo il capo. Si accorge dall'espressione intristita di Lily e se ne dispiace: non vuole offenderla, però deve riportarla a casa. L'ha promesso. Mette in accensione la macchina che romba seccata. Sente il suo sguardo di ghiaccio puntatogli addosso, non può farci niente. Improvvisamente l'aria si è fatta irrespirabile, fa maledettamente caldo per essere ormai sera, anche il 14 agosto.
Sta cercando di sostituire il pensiero che ha di loro due soli, in auto, in un luogo deserto e un panorama mozzafiato con il tridente CASA-DIRETTORE-PROMESSA.
Lei adagia la mano sulla sua, che ancora tiene le chiavi nella serratura della macchina, con un colpo secco spegne il motore e il silenzio invade l'abitacolo. Sergio non osa voltarsi a guardarla, perché sa che a quel punto non le resisterebbe. Ma aveva dimenticato quanto difficile fosse da domare quella ragazza.
«Non ti piaccio più?»
Sergio stringe i pugni.
«Ti accompagno a casa. È meglio.»
Lily spalanca gli occhi.
Cosa diavolo significa “è meglio”?
La ragazza scavalca i sedili anteriori per atterrare su quelli posteriori. Questa volta lui si gira di scatto. Finalmente ha attirato la sua attenzione e gli sorride ammaliante.
«Che stai facendo?» Sbotta il ragazzo spagnolo
Lei inizia con il togliersi i sandali ai piedi.
«Secondo te?»
Sergio si posa una mano sul viso e scuote il capo bisbigliando:
«No, Lily, por favor
La ragazza in un attimo si abbassa le spalline del vestito, mostrando l'intimo scuro. Lui  sbircia attraverso le dita dischiuse, continuando a scuotere il capo. Il sorriso accattivante di lei non accenna a diminuire, neanche quando si lascia scivolare una spallina del reggiseno da una spalla, poi dall'altra. Sergio apre lo sportello dell'auto e scende, sbattendolo con forza.
Lily rimane così, immobile come un'ebete e tale si sente.
Poi di colpo la portiera posteriore si spalanca e lei sobbalza quando lo vede rientrare, ha smesso la sua espressione maliziosa e adesso sembra quasi spaurita e un po' confusa.
E a lui piace sempre di più.
«Mi hai fatto prendere un colpo!» esclama, tenendo un palmo sul petto nudo, dove il cuore pulsa impazzito.
Sergio non le chiede scusa per lo spavento procuratole, piuttosto la sovrasta con il suo fisico e prende a morsicarle il collo, appena sotto l'orecchio, ai morsi si alternano baci umidi e respiri caldi.
«Togliamo questo, perché non ci serve» continua, slacciando il gancetto del reggiseno, mentre avverte lievi gemiti di piacere provenire dal fondo della gola di Lily «E infine...»
 
È dentro di me e ogni mio muscolo si scioglie e si concede a lui.
Mi sussurra qualcosa che faccio fatica a comprendere, sono totalmente persa e presa da lui, dal suo odore, dai suoi baci, dal suo andirivieni dentro di me, dalle sue spalle forti che mi stringono.
Quanto vorrei che il tempo arrestasse la sua corsa inesorabile.
Mi bacia con delicatezza ancora una volta.
Un ultimo bacio che sigilla il rapporto appena consumato.
«Te adoro» sussurra e non riesco a trattenere un sorriso di gioia.
Siamo qui, insieme, nell'abitacolo della sua macchina grondante di ricordi e desideri esauditi. Siamo qui, come in una trincea che ci ripara e protegge dal mondo che è lì fuori e aspetta paziente il momento in cui abbandoneremo il nostro rifugio per attaccarci.
Siamo nel nostro microcosmo perfetto.
È la nostra “Isola che non c'è”.
 
Aspiro una lunga boccata di fumo che rilascio oltre il finestrino aperto. Chino la testa e vedo il suo viso, ha un'espressione serena e le palpebre abbassate. Il suo capo è adagiato sulle mie gambe nude e le nostre mani sono intrecciate sul suo addome. Posso sentire i battiti regolari del cuore. Apre lentamente gli occhi e mi accorgo che sono leggermente lucidi, le sue labbra si distendono in un sorriso che stenta a trattenere.
«Si?» non ce la fa e sorride e io lo ricambio
«Conosci Peter Pan?» Gli chiedo
«Chi?»
«Peter pan? Capitan Uncino? L'Isola che non c'è?» Lo vedo riflettere
«Mmm... no.»
Rido e volto lo sguardo alle stelle che risplendono in alto, nel cielo senza nuvole, aspirando ancora dalla sigaretta.
«Niente, lascia stare.»
È tutto così dannatamente idilliaco che tremo al pensiero di dover sciogliere quell'incantesimo. Vorrei che questa sigaretta fosse infinita, perché so che nel momento in cui si spegnerà dovremo tornare alla vita reale e non mi va.
Vorrei che ci fosse, da qualche parte, il tasto rewind per rivivere fino alla nausea questa serata perfetta.
Lui ha di nuovo chiuso gli occhi e adesso gioca con le dita della mia mano.
«Posso farti una domanda?» chiede senza sollevare le palpebre e non attende neanche la mia risposta «Quegli orecchini sono così importanti per te? Li indossi sempre.»
«Sono un regalo di Antonio e sì… » ammetto con un sospiro «Sono molto importanti.»
Qualche secondo dopo Sergio si rimette seduto e mi dice che è ora. Dobbiamo andare. Avrei fatto meglio a non nominare mio fratello, credo…
 
Accosta diligentemente la macchina al marciapiede. Sulla destra torreggia la casa del direttore Rizzo, le luci sono spente, eccetto quella al piano terra.
La guarda seduta al suo fianco: stringe le mani sulla borsa con veemenza e si morsica il labbro inferiore coi denti. Poggia la propria mano sulle sue, sono gelide, lei non si volta a guardarlo, continua a fissare la casa che attende di vederla rientrare, come una caverna buia, di cui non si conoscono le sorprese che riserva.
Lily spezza il silenzio con un timbro pacato:
«Antonio mi sta aspettando sveglio. E se lui... ?»
«E se lui niente» la interrompe Sergio, sfiorandole il mento con le dita per voltarla verso di sé. «Gli spiegheremo la situazione» sono a un palmo di distanza. «Prima o poi dovremo farlo.»
Lei non risponde, lo fissa, poi lo bacia.
 
Non è un bacio come i precedenti, è totalmente diverso.
È dolce e delicato e mi trasmette una profonda calma.
Lo sto amando.
È strano, ma questo pensiero non mi spaventa più. E forse dovrebbe.
Scendo dall'auto a malincuore, già mi manca il nostro stare vicini. Chiudo lo sportello e mi dirigo verso l'uscio di casa, intuisco che lui è ancora lì poiché non ho sentito la macchina allontanarsi, ma non oso voltarmi.
Entro e chiudo la porta alle mie spalle e solo allora sento il rombo dell’auto sempre più lontano, fino a non sentirlo più.
Avanzo di qualche metro e Antonio è lì, ad attendermi, proprio come mi aspettavo. È seduto sulla sua poltrona preferita a leggere il giornale del giorno precedente.
Ricorda maledettamente mio padre!
Mi guarda ammutolito e io gli sorrido, o perlomeno cerco di farlo. Alzo una mano in segno di saluto e faccio per avviarmi al piano di sopra, quando chiede:
«Dove sei stata?» Il suo tono è incolore, il cuore prende a martellarmi nel petto come un pazzo. Ho le vertigini.
«In giro» gli rispondo vagamente, avanzando di qualche scalino, ma lui prosegue e io sono costretta a fermarmi di nuovo. Cosa darei per teletrasportarmi nella mia camera, lontano da quegli occhi di ghiaccio che mi esaminano.
«Con chi?»
Cazzo! Lo sa! Mio fratello lo sa!
Con dipinto sul volto il sorriso migliore (spero che lo sia, non ho avuto tempo di fare le prove allo specchio) mi volto indietro.
«Con amici.»
Non risponde. Mi studia con il suo sguardo indagatore: è come se vorrebbe frugarmi dentro per leggere le verità che celo.
Devo dileguarmi o avrò un crollo nervoso. Gli auguro la buona notte e riprendo la scalata verso la salvezza, quasi correndo.
«Perlomeno te lo ha detto che ha un figlio?»
No. Non l'ha fatto.
È come se il mio spirito avesse abbandonato il corpo, svuotandolo di ogni emozione e sensazione. Non provo nulla, assolutamente niente. Mi congedo con una buona notte biascicata e mi vedo salire le scale, gradino dopo gradino, come un automa.
È inaspettatamente indolore.
Che bel Ferragosto di merda!
 
 
15 agosto 2010. E chi se lo scorda più un ferragosto come questo!
Il sole è caldo.
Il mio cuore no.
Mi sento sola.
Sono sola.
Con il mio dolore.
Sono ferma, immobile, davanti casa sua da non so quanto tempo.
Secondi, minuti, ore: per me non fa più alcuna differenza. Il salto nel burrone, in cui sono sprofondata questa notte, non si ciba del tempo.
Ho le braccia distese lungo il corpo, lo sguardo alto a fissare la finestra della sua camera da letto, nascosta dalle tende tirate, il sole mi sbatte addosso con tutta la sua forza.
Allora perché dei brividi mi attraversano il corpo come scariche elettriche?
Ho attorcigliato i capelli sul capo: tenerli sciolti non ha più senso.
«Prima di tutto, sciogli i capelli, sempre. Sei più bella» mi aveva detto la sera precedente, quando ero salita in auto. Quel ricordo non mi tocca, è lontano, mi sembra la vita di un'altra persona. Non la mia.
Allora perché sto trattenendo, a stento, le lacrime?
Ha un figlio.
Ha un figlio.
Ha un figlio.
C'è stato un momento in cui quel pensiero mi ha abbandonato?
No, non c'è stato. Avrei voluto, ma non è accaduto.
Credevo di conoscerlo e invece non so niente di lui, e questa è la cosa che più mi fa male. Tanto.
Infine decido a salire i pochi gradini che mi condurranno a lui e al nostro addio.
 
È muta.
A volte Sergio ha quasi la sensazione che non respiri nemmeno. Da quando è comparsa sul pianerottolo di casa ha avuto la costanza di tacere per quasi mezz'ora. Dopo i primi vani tentativi di sciogliere quel silenzio copioso, si è arreso.
Il piccolo bilocale è in disordine, immerso nella penombra. Si è appena svegliato, perciò si prepara un caffè per sé e anche uno per lei, nonostante non abbia risposto alla domanda se ne desiderasse. Lily è ancora ferma al centro del piccolo ingresso e Sergio non riesce a capire se stia entrando o uscendo. Di sicuro il giorno di Ferragosto non si aspettava iniziasse così, e pensare che aveva anche rinunciato a tornare in Spagna per trascorrerlo con lei.
«Okey! ¿Que sucede?» Afferma d'improvviso. Fa qualche passo verso la sua direzione, si sforza di tenere un tono basso e cordiale, ma sente l'agitazione impossessarsi della ragione. Fa per cingerle la vita, ma lei glielo impedisce indietreggiando.
«Hai un figlio...»
Sergio non comprende se quella sua frase sia una domanda o un'affermazione. Balbetta.
«S-sì...»
«Sì?» ripete lei, con le guance che iniziano a colorirsi. «SÌ? COSA SIGNIFICA "SÌ"?»
Sta urlando e gesticolando. Lui le prende i polsi e, con tutta la delicatezza di cui è dotato, la porta con sé, verso il divano.
«Vieni, siediti e parliamone con calma...»
Sono nei pressi del piccolo divano a due posti, color verde oliva. Con un gesto furioso Lily si libera dalla sua presa. È andata, non riesce più a fermarsi.
«Hai un figlio e non mi hai detto niente. Mai! In tutti questi giorni che... che...» si porta le mani sulla testa «Oddio! Non ci posso credere! Un figlio!»
«Te lo avrei detto presto...»
«PRESTO? Che razza di concezione avete voi spagnoli del significato di "presto"?» Esclama. «E tua moglie? La tua compagna? Chi è? Dov'è? Magari sei ancora impegnato con lei e io sono stata per te solo una puttanella...»
Sergio le si accosta, la sua espressione è mutata, quasi aggressiva.
 
Trovate il tasto pausa e premetelo, vi prego.
Ho paura di impazzire e di non riuscire a trattenermi più. Sono come un fiume in piena che straripa e trascina tutto via con sé.
«Hai un figlio e non mi hai detto niente. Mai! In tutti questi giorni che... che...» mi porto le mani sui capelli, ho l'istinto di strapparmeli uno a uno. Aria. Ho bisogno di respirare. «Oddio! Non ci posso credere! Un figlio!»
Non riesco a dire altro: figlio qua, figlio là.
«Te lo avrei detto presto...»
«PRESTO? Che razza di concezione avete voi spagnoli del significato di "presto"?»
Vorrei strozzarlo a mani nude.
« E tua moglie? La tua compagna? Chi è? Dov'è?»
In quel momento metto a fuoco una verità lacerante che mi assale e destabilizza: il problema, per me, non è il fatto che lui abbia un figlio, bensì l'ipotesi che possa avere una moglie.
Un'altra donna.
Cosa ti aspettavi Lily? Uno vergine?
«Magari sei ancora impegnato con lei e io sono stata per te solo una puttanella...»
L'espressione che ha sul viso muta, lo vedo a occhio nudo. Mi si avvicina, è a un centimetro, però non mi tocca.
«Non dire mai più una cosa del genere. Non devi neanche pensarla» usa l'imperativo con un tono così duro che mai gli avevo sentito prima. Poi continua: «Mio figlio si chiama Alonso...» e mi mostra il nome tatuato sull'avambraccio che avevo già notato, ma che non mi aveva incuriosito, accidenti a me! «E si, sta con la mamma, però non ho più nessuna relazione con lei.»
Non lo so cosa mi prende.
Una cosa è certa, nessun pensiero coerente mi attraversa la mente in questo momento.
Non sono io. Mi sembra di star guardando la scena di un film.
Alzo una mano e lo schiaffeggio.
Un unico schiaffo che - per me - vale più di cento, mille, milioni di parole.
Uno schiaffo rabbioso il cui tonfo rimbomba tutto intorno e nella mia testa. Forte, come la sirena di un'automobile violata.
Tuttavia, l'unica cosa a essere stata violata è il nostro amore.
 
Uno schiaffo?
Perché Lily? Perché?
Rabbia, nausea, dolore, collera, adrenalina, tutte queste emozioni gli ballano dentro, ma una su tutte lo spaventa e insieme lo eccita.
Il desiderio che ha di lei.
Stringe i pugni lungo i fianchi. La guancia gli duole e si sta leggermente arrossando sotto la barba. Con uno scatto felino le chiude le mani intorno i polsi, questa volta con maggior forza, e la sospinge verso la parete. Attira le braccia di lei dietro la sua schiena, senza liberarle, e le preme le labbra sulla bocca.
Sente inizialmente la volontà di Lily opporsi a quel contatto fisico, poi cede e il bacio si tramuta in un vortice di sensazioni ed emozioni profonde e sconcertanti. Avverte le difese crollare e la lascia libera, cosicché le sue mani possano muoversi ansiogene su tutto il corpo. Dalla bocca scende lungo la curva del collo e la sente sussurrare con affanno.
«Mi hai tradito...»
Lui arresta la sua corsa trepidante e la guarda con fare interrogativo. Lily ha gli occhi umidi e lucidi.
«No, non è vero. Ma cosa...» tenta di abbozzare un sorriso
«Si» prosegue lei. «Hai tradito la mia fiducia...» gli accarezza la guancia schiaffeggiata con mano tremante. «Torno al mio paese. Torno a Lecce. Antonio mi rispedisce a casa.»
Sergio scuote il capo a bocca aperta. Non capisce.
«Per lui sono stata un fallimento» gli sorride tristemente mentre una lacrima le riga il volto. «Auguri per tutto, amore mio» conclude, sfiorandogli le labbra.
Lui non si smuove di un millimetro.
Le parole di Lily gli sembrano surreali e impossibili.
Già, impossibili.
Cosa  dice? Andare via? E dove?
Il suo bacio è lieve e casto. Puro.
È impietrito, riceve quest'ultima carezza senza battere ciglio, come un vegetale. Sente il suo corpo scivolargli tra le dita, senza avere la forza di afferrarlo e trattenerlo, di stringerlo a sé. Ode il tonfo della porta d'ingresso che si chiude e si ritrova da solo, nel suo bilocale italiano a fissare la parete.
Si sposta nella camera da letto e tira fuori la valigia dall'armadio, la apre e comincia a riversare dentro abiti alla rinfusa: è stato lontano dalla sua patria e da Alonso per troppo tempo.
Un pensiero però lo coglie alla sprovvista: non le ha nemmeno detto addio.
 
 
 
Epilogo
 
UN ANNO DOPO
15 agosto 2011
 
Mi bacia a timbro sulle labbra, mi da appuntamento a domani e si allontana, sciogliendo le nostre mani intrecciate.
Resto ancora un po' qui fuori, a respirare a pieni polmoni la brezza marina che soffia da est. Il cielo è puntellato di stelle, il sole è ormai tramontato oltre l’orizzonte.
Accendo una sigaretta e tiro una lunga boccata di fumo.
Sono tornata nel mio paese natio da circa un anno. A volte mi sembra di non averlo mai lasciato, altre notti, invece, sogno di essere ancora lassù, circondata dal caldo afoso e da gelati all'amarena.
Ho un ragazzo. L'ho conosciuto a un corso universitario per laureandi in giurisprudenza, da qualche settimana abbiamo iniziato a uscire insieme. È simpatico, moro con gli occhi chiari, un sorriso smagliante ed è molto garbato nei modi. Non ha neanche cercato di portarmi a letto finora. È il mio tipo ideale, insomma, l'uomo che ho sempre sognato da bambina. Mi trasmette serenità.
Mio fratello Antonio non ha più toccato l'argomento e non l'ha fatto neanche sua moglie Beatrice, per questo credo che non le abbia detto niente e non posso che essergli grata.
Per tutto.
È a lui che devo il raggiungimento del primo traguardo della vita: la laurea. E alle sue perle che mi hanno dato la forza di arrivare fino alla fine, riuscendo a trasformare le giornate in qualcosa di "soddisfacente", a rendere orgogliosi di me mamma e papà - soprattutto il secondo. Ad avere un fidanzato... onesto.
Eppure, ci sono giorni che quando cala la notte mi sento sola, come se mi fosse stata strappata via una parte di me.

 
“Quando la buia notte
sembra infinita, ti prego,
ricordati di me”

 
 
È la frase che si può leggere all’inizio della mia tesi di laurea, perché in fondo è anche un po’ grazie a Sergio se oggi sono qui…
Ci sono notti in cui chiudo gli occhi e mi vedo salire su un treno per tornare a riabbracciarlo, anche solo per un attimo; per baciarlo ancora e sentire il tocco caldo delle sue labbra sulle mie; il solletico della barbetta sulla pelle del viso. Solo per stringermi di nuovo a lui e sentirmi protetta fra le sue braccia forti; per inebriarmi del suo profumo che, oramai, ho quasi dimenticato.
Ma non il suo ricordo... di quello no, non riesco a liberarmene.
 

FINE
 

 
  
Leggi le 8 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Nina Ninetta