7.
Trascorsero tre giorni in cui Harry
non ricevette neanche un biglietto da Severus.
Nonostante il giovane sapesse di potersi fidare di lui, ogni tanto la
preoccupazione gli faceva trascorrere lunghi secondo a fissare il vuoto. Chissà
dov’era, chissà cosa faceva. E soprattutto chissà come avrebbe passato il
Natale dato che Harry, quel pomeriggio, stava annodandosi la cravatta per
andare alla Tana a cenare con la sua grande famiglia. Ma senza di lui.
Si era infilato una camicia bianca
che non usava quasi mai e vi aveva abbinato la cravatta rossa e oro che Sirius e Remus gli avevano donato
quando aveva conseguito i suoi M.A.G.O.. Poi si gettò
addosso direttamente il cappotto, sapendo che alla Tana lo attendevano un
camino scoppiettante e un maglione fatto a mano. Si guardò brevemente allo
specchio prima di uscire. Non aveva neanche provato ad appiattirsi i ciuffi
ribelli: ormai si sentiva abbastanza certo che nessuno sforzo sarebbe stato
ricompensato. Afferrò il grande sacchetto in cui aveva ficcato tutto i pensieri
natalizi – anche grazie a Hermione, che vi aveva
lanciato un incantesimo di Estensione Irriconoscibile – e, stringendosi al
collo la sciarpa, uscì.
Nevicava su Londra, una Londra
appallottolata sotto ad un cielo nero come l’inchiostro. Harry si sentì un po’
triste mentre i fiocchi di neve gli si posavano sui capelli. Ricordò una
vecchia canzone malinconica e prese a cantarsela in mente, decidendo di
camminare per un po’ sul marciapiede che iniziava ad imbiancarsi. Fu sorpassato
da una famigliola ridente che sembrava tornare dalla pista di ghiaccio poco
distante, i pattini legati al collo e i nasi rossi. Li osservò. Erano in tre.
La ragazzina trottava in mezzo ai suoi genitori, felice. Chissà se qualcuno li
attendeva a casa o se li aspettava un Natale intimo in cui stringersi nel
calore di una piccola, gioiosa famiglia. Harry si fermò per un istante,
lasciando che si allontanassero. Un’anziana accompagnata da un giovane gli
sfilarono accanto, poi un uomo carico di regali.
Harry decise che forse era arrivato
il momento di smaterializzarsi.
Poggiando le suole sulla neve fresca
che circondava la Tana, Harry affondò di parecchi centimetri e, solo nel
candore, si mosse rapido verso la casetta che, sotto il sole, mostrava senza
vergogna le grosse riparazioni che aveva dovuto subire. Ora però brillava di
luce gentile, illuminata dall’interno da candele, decorazioni e focherelli.
Harry aprì la porta senza bussare e fu risucchiato in una cheta riunione di famiglia.
«Harry!»
I coniugi Granger
gli sorridevano, un po’ a distanza dal resto degli invitati. Artur, accanto a loro, gli sorrise con calore.
«Buon Natale!» esclamò lui. Harry
strinse le mani che gli venivano porte.
«Buon Natale» ebbe il tempo di
rispondere prima che una massa di ricci castani gli offuscasse la visuale.
«Tanti auguri» disse Hermione sulla sua sciarpa. Si allontanò giusto per dare a
Ron campo libero per un abbraccio stritolante, di quelli che ormai non si
vergognava più di dare all’amico, così Harry si ritrovò a passare di abbraccio
ad abbraccio, le braccia alzate, mentre ogni Weasley
gli dava il benvenuto.
Quando Percy
si allontanò, il giovane vide che Ginny gli sorrideva
da poco lontano.
«Buon Natale, Gin» disse Harry. Lei
si avvicinò a schioccargli un bacio sulla guancia, reggendo tra le mani pallide
un grosso vassoio pieno di stuzzichini.
«È bello vedere la tua faccia, ogni
tanto» rispose lei, strizzandogli l’occhio.
Proprio in quell’istante la porta si
aprì di nuovo e Harry si levò di mezzo per far entrare gli ultimi arrivati. Si
ritrovò faccia a faccia con Sirius, i cui occhi di
ghiaccio si illuminarono non appena lo videro.
«Sirius!»
esclamò Harry. Tuttora imbacuccato in cappotto e sciarpa, il sacchetto sempre
in mano, si buttò addosso al suo padrino con pesantezza, facendolo retrocedere.
Sirius lo strinse forte, ridacchiando.
«Scommetto che sei arrivato da un
quarto d’ora e nessuno ti ha ancora fatto levare la giacca» mormorò l’uomo.
Harry rise, annuendo impercettibilmente.
«Buon Natale» aggiunse poi il
giovane quando Remus si affiancò a Sirius e fu a tiro di abbraccio. Harry strinse a sé i due
uomini che sentiva così intensamente vicini, come un bambino che si rifugi
nelle braccia dei genitori. Senza esitazione, loro risposero, ma ben presto
furono a loro volta assaliti dalla calca festante e Harry poté allontanarsi e
levarsi il cappotto.
Ron lo afferrò.
«Dormi nel mio letto» gli annunciò.
Non ne era particolarmente lieto.
«Non dormi con Hermione?»
chiese Harry, affidandogli tutto il superfluo e girandogli attorno per mettere
i regali sotto l’albero che brillava di luci morbide.
«Sei matto? Mamma esploderebbe»
rispose Ron. «A proposito, ha detto di farti andare in cucina quando arrivavi,
ma credo che è meglio se stai lontano da quella bolgia»
«Hermione
lo sa che quando non c’è parli come uno gnomo?» chiese Harry, divertito. Impilò
pacchetti su pacchetti sotto le fronde, chiedendosi se davvero aveva avuto il
coraggio di fasciare tutti quei doni.
«Non lo saprà se starai zitto»
rispose Ron, calciandolo lievemente. Harry si alzò: Sirius
e Remus erano ancora in preda alle mille chiacchiere
che non li facevano avanzare dall’ingresso.
«Io li saluto dopo, penso mi
tirerebbero una testata se andassi là anche io» sogghignò Ron.
«Portami da tua mamma, allora, una
bolgia o l’altra dovremo pur affrontarla» disse Harry, muovendosi verso la
cucina. L’enorme tavola imbandita accanto a cui passarono era sicuramente stata
engorgiata con la magia. Hermione
vi stava disponendo piatti di pigs in a blanket*.
«Ti ha dato da lavorare, eh?»
commentò Ron, dispiaciuto.
«Sai com’è tua madre» rispose Hermione. Harry non si fermò: sapeva che Molly poteva
risultare pesante a Hermione, a volte, e decise di
non peggiorare la situazione restando a spiare moglie e marito. Aprì quindi la
porta della cucina, colpendo la schiena di Ginny.
«Ops»
fece. Lei si spostò e gli aprì la porta.
«Entra» gli disse. «C’è poco posto
ma basterà»
«Harry!»
Per la seconda volta il suo nome
venne strillato, con la differenza che furono due le voci ad alzarsi in quel
caso. Molly e Fleur avanzarono verso di lui e il
giovane si ritrovò stritolato nell’abbraccio della signora Weasley
e poi baciato in fronte dalla mezza Veela.
«Buon Natale, Harrì» disse soave la francese.
«Sì, sì, buon Natale caro» gesticolò
Molly. «Ti va di portare di là gli antipasti con Ginny?
Non so più dove mettere il cibo!»
Gli consegnò un grosso piatto in cui
aveva disposto una quantità indefinita di salmone affumicato con mostarda
all’aneto.
Il Natale dai Weasley
si era fatto ancora più selvaggio, dopo la Guerra. Harry lo notava ogni istante
di più: c’era tanto più amore con cui riempire i vuoti, amore che però spesso
restava stagnante nell’aria, come sprecato. Occhieggiò ancora verso Sirius e, quando vide che lui e Remus
erano ancora irraggiungibili, quasi desiderò di avere un Natale soltanto con
loro, come si era immaginato il Natale della famiglia che aveva incrociato per
strada.
Severus aveva ragione. Era davvero
cambiato.
«Novità sul professor Piton?»
La voce di Hermione
lo fece sussultare. Ginny, accanto a loro, la guardò
interrogativa.
«Se avessi lanciato il salmone sai
che avremmo dovuto dormire sotto la neve, sì?» borbottò Harry.
«Il professor Piton?»
chiese Ginny, senza lasciarsi scappare l’osso. «Per
quella strega oscura? Ho letto sul giornale»
«Pensavo venisse, stasera» aggiunse Hermione. Ginny acuì
l’espressione interrogativa.
«È partito» rispose piano Harry.
«Starà via un paio di settimane»
Ginny lo squadrò.
«Tu devi dirmi qualcosa» disse
severa. Hermione le annuì vigorosamente prima di
sfilare verso la cucina con rapidità, pronta ad un nuovo carico di cocktails di gamberi.
«Abbi pazienza fino a domani» la
pregò Harry. Ginny lo studiò seria, come avvertendo
le tante premesse silenziose di quel discorso.
«Ma certo» gli promise, sorridendo.
Si allontanò anche lei e, finalmente, alle spalle di Harry apparve Sirius, sgargiante in un completo grigio perla.
«Dammi un po’ del tuo senso
estetico» rise Harry. Sirius gli sistemò il colletto
della camicia con fare paterno.
«Credo sia impossibile da fare.
Allora, che mi dici di raccontare un po’ di quella Inga?»
Harry si lasciò portare verso le
poltrone mal assortite che attorniavano l’abete. La mano di Sirius
sulla spalla gli era mancata.
La cena di Natale si dipanò tra
antipasti, filetto alla Wellington, prosciutto glassato, una decina di contorni
ed enormi vassoi straripanti di datteri, noci, arancia candita e biscotti dalle
18 sino alla mezzanotte. Erano tutti tanto sazi da accorgersi che il 25
Dicembre era scattato solo con mezz’ora di ritardo ed erano anche tutti un pelo
brilli da iniziare a scambiarsi i regali soltanto oltre l’una.
Il processo fu lungo e lento, così
Harry, Ron, Percy, Charlie e George salirono alla
loro minuscola cameretta condivisa solo alle tre. E vi salirono in gran stile:
quasi non si vedevano i loro visi oltre l’ammasso di regali ricevuti. Ebbero
problemi a stipare tutto nella stanza così Harry finì ad indossare il maglione
di Molly – quell’anno era di uno sgargiante color ambra – e a dormire
abbracciato al mantello di Sirius e Remus.
«Quella pellicciona
ti terrà un caldo boia» biascicò Ron vedendolo attrezzarsi a non creare troppo
impegno nella stanza. Lui, d’altra parte, aveva a sua volta indossato i
calzettoni di sua madre e, durante la notte trascorsa a dividersi un minuscolo
letto singolo, i due si ritrovarono a schiene scoperte e braccia penzoloni.
Si svegliarono che le dieci erano
appena arrivate, scossi dalle mani fredde di Hermione.
«Avanti, è tardi, Ron, tua madre
dice di portarvi di sotto per la colazione» la sentì dire Harry.
«Colazione? Abbiamo mangiato come
dei bufloni…»
«Bufali» lo corresse Hermione. Harry sentì il suono del bacio che si scambiavano
e si allungò a prendere gli occhiali. Solo che aveva beatamente scordato di
essere sul filo del letto, così cadde con un gran tonfo, facendo sobbalzare
entrambi gli amici. Le loro risa lo raggiunsero prima di Hermione
che lo aiutò ad alzarsi.
«Buongiorno» biascicò Harry,
massaggiandosi il fianco che aveva dolorosamente sbattuto.
Anche quel giorno la Tana era nel
più totale subbuglio. I genitori di Hermione erano
partiti dopo lo scambio dei regali ma sarebbero ritornati a breve per il
pranzo. Sirius e Remus,
invece, erano già in sala quando Harry scese, e li trovò impegnati a parlare in
serietà con Artur.
«…e poi ho
azionato il congegno! Girava!»
«Sono sempre più certo tu ti sia
imbattuto in un trapano, Artur» annuì Remus.
Harry, alle sue spalle, si sedette
sul bracciolo della sua poltrona e l’uomo gli sorrise, dandogli una pacca sul
ginocchio.
«Dormito bene?» gli sorrise Artur, ma la voce imperiosa di Molly lo richiamò in cucina,
dove l’uomo fuggì rapido scusandosi.
«Quella camera è maledettamente
stretta» lamentò a denti stretti Harry.
«Potevi venire a casa con noi» gli
disse con un vago sorriso Sirius. Il giovane alzò le
spalle.
«Finché posso rispettare la
tradizione la rispetto, o Molly mi ucciderà» rispose.
In quel momento Ginny
gli si avvicinò, una lettera in mano.
«Harry, è arrivata questa per te»
disse, porgendogliela. «Era con un’enorme ulula. È rimasta qui fuori, credo
aspetti una risposta»
Harry prese la lettera.
«Grazie, Gin» le disse piano. La
ragazza era evidentemente divorata dalla curiosità, così lanciò un’occhiata a
Harry. Lui raccolse, annuendo, ma Ginny si allontanò
quando capì che non poteva parlare davanti al suo padrino e al rispettivo
compagno.
«Chi ti manda gli auguri?» chiese Sirius, curioso. Harry fece un ghigno.
«Lo saprai a tempo debito» lo
punzecchiò. Sirius guardò Remus
con un’espressione sconvolta mentre Harry leggeva.
Sono
in Siberia, va tutto bene, sarò di ritorno i primi giorni del nuovo anno.
Credo
tornerò con notizie interessanti anche se mi manchi da impazzire e vorrei
essere con te.
Anche
se so dove sei, sì, vorrei essere lì con te.
S.T.P.
Harry piegò con cura la lettera e si
alzò.
«Vado a rispondere e torno» disse,
allontanandosi prima che Sirius potesse dare fiato
alla bocca.
L’uomo tornò a guardare Remus.
«Se fossi Felpato annuserei
disastri, vero?» chiese.
Remus gli accarezzò il viso con dolcezza.
«Non sarà il mio naso lupesco a
toglierti la sorpresa» gli sorrise, prima di allungarsi a catturare la sua
bocca in un bacio.
Harry trovò un foglio e una penna
nella stanza accanto e restò in piedi a scrivere di fretta. Poi rilesse un paio
di volte il proprio biglietto, sperando di non essere stato troppo sdolcinato.
Ti
vorrei qui con me. Al diavolo quella pozione, torna presto.
Buon
Natale,
tuo,
H.
«Ora mi spieghi?»
Ginny gli apparve davanti come sbucando
dal pavimento. Harry sussultò.
«Ce l’avete con me, vero?» gemette,
portandosi una mano sul cuore. La ragazza rise, poi lo prese per il polso e gli
mostrò, fuori dalla finestra, l’ulula panciuta che attendeva.
«Ne voglio una, è bellissima» disse Ginny mentre Harry legava alla sua zampa il biglietto.
Prese un biscotto gufico da una terrina poggiata sul
davanzale della finestra, glielo diede e lei sbatté una volta le palpebre per
poi volare via.
«Credo venga dalla Siberia» disse
Harry chiudendo la finestra.
«E in Siberia chi…?»
chiese Ginny. Il giovane sospirò.
«Severus Piton» rispose.
«Ok, quindi c’è ancora in ballo
quella strega» annuì la ragazza. «E quello di cui parlavate ieri tu e Hermione?»
«Sempre Severus
Piton» rispose Harry. Ginny
lo guardò, spaesata.
«Ehm» mormorò. «Non ho capito il
nesso»
Harry si mosse nervoso, poi si
guardò attorno. Nessuno poteva sentirli: i più vicini erano Ron e Hermione che erano appena entrati in casa con una catasta
di legna. Ron vide sua sorella e Harry e fece loro un cenno prima di
allontanarsi.
«Io sto…
uscendo con lui» disse piano Harry. «Cioè, lui non esce. Non usciamo, ecco. Ci
vediamo e… e stiamo insieme»
«Insieme tipo me e te ora?» chiese Ginny, un vago senso di orrore nella voce.
«Insieme con me e te allora» rispose Harry. La ragazza lo
fissò sconcertata per un lunghissimo momento, poi la voce di Molly risuonò
chiamando a raccolta i ragazzi per la colazione. Ginny
non si mosse ma posò una mano sulla spalla di Harry, come cercando equilibrio.
«Non ti offendere Harry, è solo che
non me lo aspettavo per niente» mormorò la ragazza.
«Neanche io, sinceramente» rispose
Harry.
Ginny lo studiò, la fronte aggrottata.
«Ma tu sei felice?» chiese. Harry
annuì.
«Non fraintendermi, Gin, ma credo di
non aver mai sentito le farfalle nello stomaco come ora» mormorò.
Ginny lo guardò ancora a lungo, poi un
nuovo urlo di Molly risuonò nella casa.
«Credi che mamma si accorga se metto
del whiskey incendiario nel latte?» pigolò la più giovane dei Weasley prima di dirigersi in cucina.
°°°
Qualche parola per
disambiguare alcuni aspetti del Natale che ho inserito nel capitolo.
La tradizione inglese
non è esattamente simile alla nostra in fatto di festeggiamenti ma, per non avventurarmi
in un terreno a me troppo sconosciuto, ho preferito immaginarmi il Natale dei
Maghi, nella mia storia, simile al nostro. Le portate mangerecce che ho
inserito nel contesto, comunque, sono tratte dalla tradizione britannica.