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Autore: Adhara    21/11/2017    1 recensioni
Soltanto una nuova minaccia per il Mondo Magico poteva far riavvicinare l'Auror Potter col suo ex professore di Pozioni. Due uomini del tutto nuovi, vecchi rancori e una strega oscura sono gli ingredienti per una pozione ammaliante e... pericolosa.
Genere: Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Altro personaggio, Il trio protagonista, Severus Piton | Coppie: Harry/Severus, Remus/Sirius, Ron/Hermione
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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7.

Trascorsero tre giorni in cui Harry non ricevette neanche un biglietto da Severus. Nonostante il giovane sapesse di potersi fidare di lui, ogni tanto la preoccupazione gli faceva trascorrere lunghi secondo a fissare il vuoto. Chissà dov’era, chissà cosa faceva. E soprattutto chissà come avrebbe passato il Natale dato che Harry, quel pomeriggio, stava annodandosi la cravatta per andare alla Tana a cenare con la sua grande famiglia. Ma senza di lui.

Si era infilato una camicia bianca che non usava quasi mai e vi aveva abbinato la cravatta rossa e oro che Sirius e Remus gli avevano donato quando aveva conseguito i suoi M.A.G.O.. Poi si gettò addosso direttamente il cappotto, sapendo che alla Tana lo attendevano un camino scoppiettante e un maglione fatto a mano. Si guardò brevemente allo specchio prima di uscire. Non aveva neanche provato ad appiattirsi i ciuffi ribelli: ormai si sentiva abbastanza certo che nessuno sforzo sarebbe stato ricompensato. Afferrò il grande sacchetto in cui aveva ficcato tutto i pensieri natalizi – anche grazie a Hermione, che vi aveva lanciato un incantesimo di Estensione Irriconoscibile – e, stringendosi al collo la sciarpa, uscì.

Nevicava su Londra, una Londra appallottolata sotto ad un cielo nero come l’inchiostro. Harry si sentì un po’ triste mentre i fiocchi di neve gli si posavano sui capelli. Ricordò una vecchia canzone malinconica e prese a cantarsela in mente, decidendo di camminare per un po’ sul marciapiede che iniziava ad imbiancarsi. Fu sorpassato da una famigliola ridente che sembrava tornare dalla pista di ghiaccio poco distante, i pattini legati al collo e i nasi rossi. Li osservò. Erano in tre. La ragazzina trottava in mezzo ai suoi genitori, felice. Chissà se qualcuno li attendeva a casa o se li aspettava un Natale intimo in cui stringersi nel calore di una piccola, gioiosa famiglia. Harry si fermò per un istante, lasciando che si allontanassero. Un’anziana accompagnata da un giovane gli sfilarono accanto, poi un uomo carico di regali.

Harry decise che forse era arrivato il momento di smaterializzarsi.

Poggiando le suole sulla neve fresca che circondava la Tana, Harry affondò di parecchi centimetri e, solo nel candore, si mosse rapido verso la casetta che, sotto il sole, mostrava senza vergogna le grosse riparazioni che aveva dovuto subire. Ora però brillava di luce gentile, illuminata dall’interno da candele, decorazioni e focherelli. Harry aprì la porta senza bussare e fu risucchiato in una cheta riunione di famiglia.

«Harry!»

I coniugi Granger gli sorridevano, un po’ a distanza dal resto degli invitati. Artur, accanto a loro, gli sorrise con calore.

«Buon Natale!» esclamò lui. Harry strinse le mani che gli venivano porte.

«Buon Natale» ebbe il tempo di rispondere prima che una massa di ricci castani gli offuscasse la visuale.

«Tanti auguri» disse Hermione sulla sua sciarpa. Si allontanò giusto per dare a Ron campo libero per un abbraccio stritolante, di quelli che ormai non si vergognava più di dare all’amico, così Harry si ritrovò a passare di abbraccio ad abbraccio, le braccia alzate, mentre ogni Weasley gli dava il benvenuto.

Quando Percy si allontanò, il giovane vide che Ginny gli sorrideva da poco lontano.

«Buon Natale, Gin» disse Harry. Lei si avvicinò a schioccargli un bacio sulla guancia, reggendo tra le mani pallide un grosso vassoio pieno di stuzzichini.

«È bello vedere la tua faccia, ogni tanto» rispose lei, strizzandogli l’occhio.

Proprio in quell’istante la porta si aprì di nuovo e Harry si levò di mezzo per far entrare gli ultimi arrivati. Si ritrovò faccia a faccia con Sirius, i cui occhi di ghiaccio si illuminarono non appena lo videro.

«Sirius!» esclamò Harry. Tuttora imbacuccato in cappotto e sciarpa, il sacchetto sempre in mano, si buttò addosso al suo padrino con pesantezza, facendolo retrocedere. Sirius lo strinse forte, ridacchiando.

«Scommetto che sei arrivato da un quarto d’ora e nessuno ti ha ancora fatto levare la giacca» mormorò l’uomo. Harry rise, annuendo impercettibilmente.

«Buon Natale» aggiunse poi il giovane quando Remus si affiancò a Sirius e fu a tiro di abbraccio. Harry strinse a sé i due uomini che sentiva così intensamente vicini, come un bambino che si rifugi nelle braccia dei genitori. Senza esitazione, loro risposero, ma ben presto furono a loro volta assaliti dalla calca festante e Harry poté allontanarsi e levarsi il cappotto.

Ron lo afferrò.

«Dormi nel mio letto» gli annunciò. Non ne era particolarmente lieto.

«Non dormi con Hermione?» chiese Harry, affidandogli tutto il superfluo e girandogli attorno per mettere i regali sotto l’albero che brillava di luci morbide.

«Sei matto? Mamma esploderebbe» rispose Ron. «A proposito, ha detto di farti andare in cucina quando arrivavi, ma credo che è meglio se stai lontano da quella bolgia»

«Hermione lo sa che quando non c’è parli come uno gnomo?» chiese Harry, divertito. Impilò pacchetti su pacchetti sotto le fronde, chiedendosi se davvero aveva avuto il coraggio di fasciare tutti quei doni.

«Non lo saprà se starai zitto» rispose Ron, calciandolo lievemente. Harry si alzò: Sirius e Remus erano ancora in preda alle mille chiacchiere che non li facevano avanzare dall’ingresso.

«Io li saluto dopo, penso mi tirerebbero una testata se andassi là anche io» sogghignò Ron.

«Portami da tua mamma, allora, una bolgia o l’altra dovremo pur affrontarla» disse Harry, muovendosi verso la cucina. L’enorme tavola imbandita accanto a cui passarono era sicuramente stata engorgiata con la magia. Hermione vi stava disponendo piatti di pigs in a blanket*.

«Ti ha dato da lavorare, eh?» commentò Ron, dispiaciuto.

«Sai com’è tua madre» rispose Hermione. Harry non si fermò: sapeva che Molly poteva risultare pesante a Hermione, a volte, e decise di non peggiorare la situazione restando a spiare moglie e marito. Aprì quindi la porta della cucina, colpendo la schiena di Ginny.

«Ops» fece. Lei si spostò e gli aprì la porta.

«Entra» gli disse. «C’è poco posto ma basterà»

«Harry!»

Per la seconda volta il suo nome venne strillato, con la differenza che furono due le voci ad alzarsi in quel caso. Molly e Fleur avanzarono verso di lui e il giovane si ritrovò stritolato nell’abbraccio della signora Weasley e poi baciato in fronte dalla mezza Veela.

«Buon Natale, Harrì» disse soave la francese.

«Sì, sì, buon Natale caro» gesticolò Molly. «Ti va di portare di là gli antipasti con Ginny? Non so più dove mettere il cibo!»

Gli consegnò un grosso piatto in cui aveva disposto una quantità indefinita di salmone affumicato con mostarda all’aneto.

Il Natale dai Weasley si era fatto ancora più selvaggio, dopo la Guerra. Harry lo notava ogni istante di più: c’era tanto più amore con cui riempire i vuoti, amore che però spesso restava stagnante nell’aria, come sprecato. Occhieggiò ancora verso Sirius e, quando vide che lui e Remus erano ancora irraggiungibili, quasi desiderò di avere un Natale soltanto con loro, come si era immaginato il Natale della famiglia che aveva incrociato per strada.

Severus aveva ragione. Era davvero cambiato.

«Novità sul professor Piton

La voce di Hermione lo fece sussultare. Ginny, accanto a loro, la guardò interrogativa.

«Se avessi lanciato il salmone sai che avremmo dovuto dormire sotto la neve, sì?» borbottò Harry.

«Il professor Piton?» chiese Ginny, senza lasciarsi scappare l’osso. «Per quella strega oscura? Ho letto sul giornale»

«Pensavo venisse, stasera» aggiunse Hermione. Ginny acuì l’espressione interrogativa.

«È partito» rispose piano Harry. «Starà via un paio di settimane»

Ginny lo squadrò.

«Tu devi dirmi qualcosa» disse severa. Hermione le annuì vigorosamente prima di sfilare verso la cucina con rapidità, pronta ad un nuovo carico di cocktails di gamberi.

«Abbi pazienza fino a domani» la pregò Harry. Ginny lo studiò seria, come avvertendo le tante premesse silenziose di quel discorso.

«Ma certo» gli promise, sorridendo. Si allontanò anche lei e, finalmente, alle spalle di Harry apparve Sirius, sgargiante in un completo grigio perla.

«Dammi un po’ del tuo senso estetico» rise Harry. Sirius gli sistemò il colletto della camicia con fare paterno.

«Credo sia impossibile da fare. Allora, che mi dici di raccontare un po’ di quella Inga

Harry si lasciò portare verso le poltrone mal assortite che attorniavano l’abete. La mano di Sirius sulla spalla gli era mancata.

 

La cena di Natale si dipanò tra antipasti, filetto alla Wellington, prosciutto glassato, una decina di contorni ed enormi vassoi straripanti di datteri, noci, arancia candita e biscotti dalle 18 sino alla mezzanotte. Erano tutti tanto sazi da accorgersi che il 25 Dicembre era scattato solo con mezz’ora di ritardo ed erano anche tutti un pelo brilli da iniziare a scambiarsi i regali soltanto oltre l’una.

Il processo fu lungo e lento, così Harry, Ron, Percy, Charlie e George salirono alla loro minuscola cameretta condivisa solo alle tre. E vi salirono in gran stile: quasi non si vedevano i loro visi oltre l’ammasso di regali ricevuti. Ebbero problemi a stipare tutto nella stanza così Harry finì ad indossare il maglione di Molly – quell’anno era di uno sgargiante color ambra – e a dormire abbracciato al mantello di Sirius e Remus.

«Quella pellicciona ti terrà un caldo boia» biascicò Ron vedendolo attrezzarsi a non creare troppo impegno nella stanza. Lui, d’altra parte, aveva a sua volta indossato i calzettoni di sua madre e, durante la notte trascorsa a dividersi un minuscolo letto singolo, i due si ritrovarono a schiene scoperte e braccia penzoloni.

Si svegliarono che le dieci erano appena arrivate, scossi dalle mani fredde di Hermione.

«Avanti, è tardi, Ron, tua madre dice di portarvi di sotto per la colazione» la sentì dire Harry.

«Colazione? Abbiamo mangiato come dei bufloni…»

«Bufali» lo corresse Hermione. Harry sentì il suono del bacio che si scambiavano e si allungò a prendere gli occhiali. Solo che aveva beatamente scordato di essere sul filo del letto, così cadde con un gran tonfo, facendo sobbalzare entrambi gli amici. Le loro risa lo raggiunsero prima di Hermione che lo aiutò ad alzarsi.

«Buongiorno» biascicò Harry, massaggiandosi il fianco che aveva dolorosamente sbattuto.

Anche quel giorno la Tana era nel più totale subbuglio. I genitori di Hermione erano partiti dopo lo scambio dei regali ma sarebbero ritornati a breve per il pranzo. Sirius e Remus, invece, erano già in sala quando Harry scese, e li trovò impegnati a parlare in serietà con Artur.

«…e poi ho azionato il congegno! Girava!»

«Sono sempre più certo tu ti sia imbattuto in un trapano, Artur» annuì Remus.

Harry, alle sue spalle, si sedette sul bracciolo della sua poltrona e l’uomo gli sorrise, dandogli una pacca sul ginocchio.

«Dormito bene?» gli sorrise Artur, ma la voce imperiosa di Molly lo richiamò in cucina, dove l’uomo fuggì rapido scusandosi.

«Quella camera è maledettamente stretta» lamentò a denti stretti Harry.

«Potevi venire a casa con noi» gli disse con un vago sorriso Sirius. Il giovane alzò le spalle.

«Finché posso rispettare la tradizione la rispetto, o Molly mi ucciderà» rispose.

In quel momento Ginny gli si avvicinò, una lettera in mano.

«Harry, è arrivata questa per te» disse, porgendogliela. «Era con un’enorme ulula. È rimasta qui fuori, credo aspetti una risposta»

Harry prese la lettera.

«Grazie, Gin» le disse piano. La ragazza era evidentemente divorata dalla curiosità, così lanciò un’occhiata a Harry. Lui raccolse, annuendo, ma Ginny si allontanò quando capì che non poteva parlare davanti al suo padrino e al rispettivo compagno.

«Chi ti manda gli auguri?» chiese Sirius, curioso. Harry fece un ghigno.

«Lo saprai a tempo debito» lo punzecchiò. Sirius guardò Remus con un’espressione sconvolta mentre Harry leggeva.

 

Sono in Siberia, va tutto bene, sarò di ritorno i primi giorni del nuovo anno.

Credo tornerò con notizie interessanti anche se mi manchi da impazzire e vorrei essere con te.

Anche se so dove sei, sì, vorrei essere lì con te.

S.T.P.

 

Harry piegò con cura la lettera e si alzò.

«Vado a rispondere e torno» disse, allontanandosi prima che Sirius potesse dare fiato alla bocca.

L’uomo tornò a guardare Remus.

«Se fossi Felpato annuserei disastri, vero?» chiese.

Remus gli accarezzò il viso con dolcezza.

«Non sarà il mio naso lupesco a toglierti la sorpresa» gli sorrise, prima di allungarsi a catturare la sua bocca in un bacio.

Harry trovò un foglio e una penna nella stanza accanto e restò in piedi a scrivere di fretta. Poi rilesse un paio di volte il proprio biglietto, sperando di non essere stato troppo sdolcinato.

 

Ti vorrei qui con me. Al diavolo quella pozione, torna presto.

Buon Natale,

tuo,

H.

 

«Ora mi spieghi?»

Ginny gli apparve davanti come sbucando dal pavimento. Harry sussultò.

«Ce l’avete con me, vero?» gemette, portandosi una mano sul cuore. La ragazza rise, poi lo prese per il polso e gli mostrò, fuori dalla finestra, l’ulula panciuta che attendeva.

«Ne voglio una, è bellissima» disse Ginny mentre Harry legava alla sua zampa il biglietto. Prese un biscotto gufico da una terrina poggiata sul davanzale della finestra, glielo diede e lei sbatté una volta le palpebre per poi volare via.

«Credo venga dalla Siberia» disse Harry chiudendo la finestra.

«E in Siberia chi…?» chiese Ginny. Il giovane sospirò.

«Severus Piton» rispose.

«Ok, quindi c’è ancora in ballo quella strega» annuì la ragazza. «E quello di cui parlavate ieri tu e Hermione

«Sempre Severus Piton» rispose Harry. Ginny lo guardò, spaesata.

«Ehm» mormorò. «Non ho capito il nesso»

Harry si mosse nervoso, poi si guardò attorno. Nessuno poteva sentirli: i più vicini erano Ron e Hermione che erano appena entrati in casa con una catasta di legna. Ron vide sua sorella e Harry e fece loro un cenno prima di allontanarsi.

«Io sto… uscendo con lui» disse piano Harry. «Cioè, lui non esce. Non usciamo, ecco. Ci vediamo e… e stiamo insieme»

«Insieme tipo me e te ora?» chiese Ginny, un vago senso di orrore nella voce.

«Insieme con me e te allora» rispose Harry. La ragazza lo fissò sconcertata per un lunghissimo momento, poi la voce di Molly risuonò chiamando a raccolta i ragazzi per la colazione. Ginny non si mosse ma posò una mano sulla spalla di Harry, come cercando equilibrio.

«Non ti offendere Harry, è solo che non me lo aspettavo per niente» mormorò la ragazza.

«Neanche io, sinceramente» rispose Harry.

Ginny lo studiò, la fronte aggrottata.

«Ma tu sei felice?» chiese. Harry annuì.

«Non fraintendermi, Gin, ma credo di non aver mai sentito le farfalle nello stomaco come ora» mormorò.

Ginny lo guardò ancora a lungo, poi un nuovo urlo di Molly risuonò nella casa.

«Credi che mamma si accorga se metto del whiskey incendiario nel latte?» pigolò la più giovane dei Weasley prima di dirigersi in cucina.

 

°°°

Qualche parola per disambiguare alcuni aspetti del Natale che ho inserito nel capitolo.

La tradizione inglese non è esattamente simile alla nostra in fatto di festeggiamenti ma, per non avventurarmi in un terreno a me troppo sconosciuto, ho preferito immaginarmi il Natale dei Maghi, nella mia storia, simile al nostro. Le portate mangerecce che ho inserito nel contesto, comunque, sono tratte dalla tradizione britannica.

 

  
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