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Autore: Anwa_Turwen    22/11/2017    1 recensioni
1995.
La seconda Guerra Magica sta per iniziare.
La sicurezza degli studenti di Hogwarts è a rischio, mentre il Ministero stesso fa involontariamente il gioco del nemico.
Anche a Evelyn, sedicenne dall'infanzia tutt'altro che tranquilla, la vita offre una seconda possibilità. Deve dimenticare gli anni trascorsi a piangersi addosso, far pace con il passato, prendere coscienza di sé e del mondo a cui appartiene.
Accompagnata da suo severo professione di pozioni, riuscirà la ragazza a superare le sue paure e, finalmente, a crescere?
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Severus Piton, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Suola di Magia e Stregoneria di Hogwarts

 

Il primo di settembre 1995, l'aria leggera e vagamente uggiosa ancora colorata dei suoni e profumi dell'estate, cominciava a far avvertire l'autunno nel cielo di Londra. 

L'affollato binario Nove e Tre Quarti contava come ogni anno una folla di decine e decine di eccitati ragazzini, impazienti di salire sull'espresso, sedersi al loro posto, e assaporare, tra un rifornimento di Cioccorane e l'altro, l'inizio del nuovo anno scolastico. 

Evelyn Niobe Smyth sembrava solo un'adolescente spaesata, alle prese con le sue prime esperienze sul mondo. Avanzava incerta tra un centinaio o più di visi sconosciuti, stringendo possessivamente la bacchetta nuova in una mano e il manico del baule nell'altra, lasciando che il vento le spettinasse la chioma bruna, e tentando di reprimere l'ansia sotto quella che avrebbe dovuto essere un'espressione vuota. Si muoveva un po' rigidamente e faceva vagare a scatti gli occhi cerulei per trovarsi un varco tra le persone.

Una bambina completamente diversa le caracollava dietro, attaccata al suo braccio, penzolandole intorno con le labbra spalancate in un perenne sorriso, facendo un mucchio di domande su tutto quello che vedeva e guardandola con grandi e sognanti occhi celesti.

"Sai che ci sono quattro Case diverse? La mamma dice che non ci ha mai capito niente, ma a me piacerebbe che mi mettessero a Grifondoro! Suona così bene! Pensa, Ev, un grifone d'oro! Tu in quale Casa vuoi andare? Secondo me staresti bene a Corvo... Corvo... Corvonero! Sei così antipatica oggi! Il corvo è un brutto animale. La mamma dice che non è importante in quale Casa ci mettono perché saremo sempre sorelle, però io..."

Evelyn scosse con fastidio il gomito per spiccicarsi di dosso quell'assillante presenza. Non ottenne neanche pochi attimi di silenzio. 

"Guarda! Hanno tutti un animale! Anch'io ne volevo uno... un gufo. Uno piccolo, un piccolo allocco portalettere. Perché mamma non me l'ha comprato? Sarò l'unica ad essere senza!"

La maggiore sbuffò. "Mamma ti comprerà un animale se passerai l'anno senza brutti voti. Ora taci." rispose con voce atona. Notò distrattamente il gruppo di persone che stava passando loro accanto: un uomo con un largo cappuccio calato sugli occhi e una vecchia signora dallo strano cappello, accompavano una ragazza dell'età di Evelyn dai capelli piuttosto selvaggi, un altro ragazzo con un paio di occhiali tondi e una mezza dozzina di gente di varie età, tutti chiomati di rosso. C'era anche un grosso euforico scodinzolante cane nero.

Di nuovo, la voce squillante della sorella ebbe a interrompere le sue osservazioni.

"Cosa studieremo? Tu lo sai, vero? L'hai già fatto una volta. Dimmi, Ev, cosa faremo quando saremo lì? Non mi hai mai detto cosa facevi a... Evelyn...?"

"Smettila Chloe".

"Uffa, ma che cos'hai? Dai dimmelo, in quale Casa vorresti andare? Per me prorpio Corvonero".

"Ah, davvero? Cosa ne dici di Serpeverde? E comunque, Chloe, non ne sai niente quindi stai zitta".

"Serpeverde?" la ragazzina sembrò pensarci su. "Sembra un nome per furbi. Tu non sei furba, altrimenti ti saresti già liberata di me!"

Il sorriso malandrino sua faccia tonda della sorella era davvero esasperante, pensò la ragazza, e con suo sollievo, un fischio irruppe in quell'istante dalla locomotiva, invitando i passeggeri a salire. Si voltò verso l'ingresso della stazione. 

Sua madre Niobe era una strega alta e ben piazzata, dal colorito olivastro, che parlava inglese con un po' di accento e le stava guardando corrucciata mentre veniva loro incontro. 

"Abbi cura di te, Evelyn, fa che questo non rimanga solo un... tentativo... di accoglienza." Alla signora Smith non sfuggì l'impercettibile spasmo sul volto della figlia maggiore, né il modo nervoso con cui aveva abbassato lo sguardo; si rivolse subito all'altra. "Chloe, dai retta a tua sorella, e non farti notare subito da tutta la scuola."

"Mamma, io non devo obbedire a Ev, ma soltanto ai professori, quindi farò quello che mi pare anche se lei non vuole" rispose con innocente petulanza la più piccola; sua madre alzò gli occhi al cielo. "Ev, bada anche a tua sorella. E ricordatevi che qualsiasi possibile... rivalità... tra dormitori, serve solo ad accrescere la volontà di mettervi in gioco, e non è una scusa per bisticciare da mattina a sera! Scrivete presto, e ora andate, su!" 

Apprestandosi finalmente a partire, Evelyn vide con la coda dell'occhio sua sorella che abbracciava la madre, e quest'ultima sussurrarle qualcosa. Forse, di prendersi cura di lei. Di controllarla. 

Si accigliò. 

Aveva un bisogno urgente di trovare uno scompartimento vuoto e un po' si tranquillità per rimettere i pensieri al loro posto. Sapeva già che Chloe disponeva di una parlantina inarrestabile e che non avrebbe avuto problemi a socializzare. Sperava di scaricarla a qualche più idonea coetanea e rimediare un poco di solitudine, ma...

"Ev, posso sedermi vicino a te?"

L'interpellata si passò una mano sul volto e aggiustò i capelli che il vento aveva aggrovigliato, e ancora prima di cominciare a pensare a una risposta, decise di lasciar perdere. Sua sorella sarebbe stata ovunque. 

Il treno era stipato, non uno scompartimento era libero. D'altra parte era colpa sua se aveva aspettato l'ultimo momento per salire.

Optò disperatamente per uno dei posti verso il fondo, dei meno occupati. In effetti, vi era solo una brunetta pallida ancora vestita al modo babbano, che si guardava i piedi persa nei suoi pensieri. 

Evelyn sedette, a disagio, trascinandosi dietro la sorella, e quando l'altra alzò gli occhi, mormorò le sue scuse chiedendo se fosse occupato. Ma era fin troppo evidente che la ragazza pallida non stesse aspettano nessuno.

Fu un viaggio tranquillo, nonostante l'atmosfera tesa e il silenzio imbarazzato. Evelyn cercava di non osservare troppo la sconosciuta occupante e vedeva Chloe muoversi a disagio sul sedile, impaziente di iniziate una conversazione. 

Sapeva che erano da parecchio suonate le undici. L'anno scolastico era legalmente iniziato. Le sue dita prudevano intorno alla bacchetta, mentre si chiedeva da quanto tempo, ormai, non produceva un incantesimo di qualsiasi tipo. Un incantesimo legale, controllato. Due anni? Tre?

Osservò di sfuggita la sua compagna; i lisci capelli neri le ricadevano sul viso, non sembrava stesse badando a lei. Sollevò la bacchetta e la studiò.

Legno di faggio e crine di unicorno, tredici pollici, flessibile. Era lucida, di un bel castano ramato, finalmente intagliata sull'impugnatura. L'aveva comprata appena due giorni prima dal signor Ollivander (quanto la inquietava quell'uomo!). Le aveva detto solamente che la bacchetta era nuova, e di averne cura questa volta.

Hogwarts non aveva nulla che non andava. 

Si sarebbe impegnata.


***


Un lungo fischio informò i passeggeri di essere fermi alla stazione di Hogsmeade. 

Evelyn tirò una gomitata alla sorella e si ricordò con orrore che doveva andare insieme a quelli del primo anno. Anche se poi, non doveva andare con quelli del primo anno.

Forse tutto questo avrebbe acquisito più senso all'aria fresca di settembre e alla luce della luna.

Il resto del tragitto passò come in sogno, senza lasciare i ricordi più nitidi delle emozioni; neanche lei sapeva cosa stava provando mentre attraversava il lago su una barchetta con tre microscopiche matricole del calibro di sua sorella, veniva accolta al portone da un'austera strega dal cappello a punta, e sfilata nei corridoi in mezzo a bambini di cinque anni più piccoli che la guardavano dal basso con soggezione.

Forse si sentiva solo ridicola.

Ciò di cui le premeva davvero, era rivedere il vecchio preside.

L'unica persona là dentro, probabilmente, che aveva già incontrato una volta. Anche se desiderava dimenticarne il ricordo per cancellare terrore e imbarazzo. In ogni caso, non era ancora il momento di dare libero sfogo al caos che le vorticava in capo. 

La lunga fila a cui era in coda sfociò d'un tratto nella Sala Grande. Molti ragazzini occhieggiarono intorno senza fiato: era magnifica. Quattro lunghi tavoli fitti di studenti erano adornato con i colori delle Case, stemmi era stendardi erano appesi alle pareti. 

Il soffitto sembrava scomparire nel cielo nero, ma la sala era illuminata da decine era decine di candele che galleggiavano misteriosamente a mezz'aria, diffondendo una luce soffusa, quasi romantica. Forse ci si poteva della scuola...

La strega dall'aria seria che li aveva accolti all'entrata, indirizzò la fila di nuovi studenti davanti al tavolo dei professori, difronte all'intera Hogwarts. Come doveva sembrare strano, si chiese Evelyn, veder lei, in piedi, tra dozzine di marmocchi nervosi, in attesa di... cosa? Forse di essere presentati? Ognuno avrebbe parlato davanti a tutti? E come avrebbero fatto ad assegnarli a un dormitorio? 

Vedeva molti dei suoi futuri compagni bisbigliare, e notò chiaramente occhiate stupite, subito represse, inequivocabilmente al suo indirizzo. Il pubblico non era un problema, lo ignorò semplicemente.

Ma se avesse inaugurato un'altra volta qualche sciagura? Se avesse perso il controllo?

Tremò.

La professoressa aveva posizionato accanto ai ragazzini uno sgabello di legno, e sopra, un... cappello? Un vecchissimo lurido cappello pieno di toppe? E cosa intendeva, cavarne un coniglio?

Evelyn si rese conto che d'un tratto tutti i bisbigli erano cessati e che l'intera scuola stava fissando il cappello.

Quello si mosse da solo, lungo lo strappo più largo, e cominciò a cantare.

 

Quand'ero un cappello silente e ancor nuovo

e Hogwarts da poco di maghi era un covo,

i suoi quattro padri, i suoi fondatori

restavano uniti senza odi o rancori.

Comune era il nostro più grande ideale:

"Che il nostro sapere sia reso immortale!

Così edifichiamo, in un solco profondo,

la scuola di maghi migliore del mondo. 

Restiamo concordi, facciamo una scuola,

la nostra sapienza, in fondo, è una sola.

Insieme affrontiamo quel ch'è da decidere,

nessun sognerà di poterci dividere".

Nessuno è leale quant'eran costoro,

così Serpeverde, così Grifondoro.

Nessuno è più amico in modo sincero,

come Tassorosso fu di Corvonero.

Eppure qualcosa dovette andar storto 

perché il sentimento ben presto fu morto.

Ebbene a quel tempo io ero presente

e posso narrarvi la storia dolente.

Parlò Serpeverde: "Sol chi ha sangue puro

è degno di avere da mago il futuro".

Parlò Corvonero: "Del mago l'essenza 

è essere il primo per intelligenza".

Parlò Grifondoro: "Bisogna dar saggio

soltanto di avere enorme coraggio".

Parlò Tassorosso: "Ha grande importanza

che sia rispettata la vera uguaglianza".

Al primo momento fu poco il fastidio

che venne causato dal loro dissidio

e questo poteva succeder perché

ognuno una Casa aveva per sé

e per insegnare quel che preferiva. 

Così Serpeverde per scelta elettiva

prendeva rampolli di nobile schiatta

quanto la sua stessa: la razza sia intatta!

Ma per Corvonero i più pronti intelletti

finivan per esser gli allievi perfetti

mentre Grifondoro sceglieva seguaci 

fra tutti i maghetti per certo più audaci.

Nessuno più in alto, nessuno più in basso

nel gruppo omogeneo che andò a Tassorosso.

Quartetto di maghi, quartetto di Case:

l'accordo era saldo, la pace rimase.

E furono ancora annate felici

in cui ancora scuola, a Hogwarts, si era tra amici.

Finché la discordia non vinse gli affetti

facendosi forte dei nostri difetti.

Le Case che furon già i quattro pilastri

del forte di Hogwarts, causaron disastri.

Ognuna a ogni altra nemica da odiare, 

la pace per sempre sembrò tramontare.

La scuola pareva crollare giù a terra

perché fra gli amici non c'era che guerra.

Dov'eran sorelle, dov'eran fratelli,

restavan soltanto oltraggi oltraggi duelli.

Ma poi Serpeverde si mise in cammino:

sparì falla dcuola un certo mattino.

Se pur terminarono gli odi più acuti, 

non fummo più amici, restammo abbattuti.

Da allora dissolta fu la compagnia:

tre erano a Hogwarts, il quarto andò via.

Ma fra queste Case, da che se ne andò, 

l'antica armonia giammai ritornò. 

E adesso sentite il Cappello Parlante

di cui conoscete il tema costante:

capisco chi siete, e a una Casa vi assegno,

a questa mansione è adatto il mio ingegno.

Ma l'anno è speciale ea la mia canzone

si spinge un po' oltre l'usata funzione.

Io sono costretto a farvi dividere,

ma ciò che sia giusto non riesco a decidere.

È compito mio, e tutti lo sanno,

formar quattro gruppi: lo faccio ogni anno.

Ma il loro distacco - e il dubbio è supremo -

potrebbe causare la fine che temo.

Pensate ai pericoli, i segni leggete, 

la Storia ha dei moniti, li conoscerete.

Un grande nemico, esterno e mortale,

potrebbe annientarci: il rischio è reale.

Per batterlo, amici, la strada è una sola: 

restiam sempre uniti e salviamo la scuola!

Ho messo in avviso chi a me è stato attento,

adesso procedo con lo Smistamento. 

 

[*]


Evelyn era stata attenta. Molto attenta. Forse ora ne sapeva di più su Hogwarts, sulle sue Case: da quel che aveva capito, il Cappello Parlante stesso li avrebbe smistati. 

E aveva capito anche un'altra cosa, molto importante. Che le dicerie sul ritorno di Lei-Sapeva-Chi, fortemente smentite dal Ministero, non erano soltanto dicerie. Che non era di uso comune, da parte del Cappello, spingersi ad avvertire la scuola del pericolo incombente. E che quindi, il Pericolo era reale.

Ma intanto la professoressa aveva srotolato una lunga pergamena, è cominciato a chiamare in ordine alfabetico i nuovi nomi.

Era semplice, pensò Evelyn, mentre Abercrombie Euan (Grifondoro) si dirigeva tutto tremante al suo posto: bastava sedersi e indossare il cappello!

La lista dei nomi scorreva, ogni volta applausi entusiasti scrosciavano da uno dei gruppi, la fila di ragazzini si accorciava...

"Smyth, Chloe!" chiamò la voce squillante della strega.

Chloe andò a balzelli impazienti verso la panca, prese il Cappello, e se lo ficcò con convinzione fino al naso.

Passarono un paio di secondi. Il cuore di Evelyn martellata. 

GRIFONDORO! Urlò lo strappo sul Cappello.

Vide la sorella, incapace di trattenere il sorriso, saltellare verso il suo tavolo, al settimo cielo per gli applausi. La sua piccola peste preferita aveva appena realizzato un sogno. 

Qual era, invece, il suo sogno? Troppo tardi per pensarci, ormai. 

"Smyth, Evelyn!" 

Si avviò lentamente ad essere smistata. La sala sussurrava, l'adrenalina era troppa. 

Sperò solo che nulla andasse storto. 

Aveva il Cappello - e ora?

Interessante! - disse una voce nella sua testa - intelligente, astuta, riflessiva, abbastanza costante. Corvonero potrebbe essere una buona scelta. 

 Corvonero?! Una seconda impertinente voce sembrò riecheggiare con stupidità nelle sue orecchie: "Secondo me staresti bene a Corvonero. Sei così antipatica oggi! Il corvo è un brutto animale".

Ma dai, cosa c'entrava, ancora non sapeva di cosa si stesse parlando, e poi il simbolo era un'aquila, non un corvo...

Non Corvonero? Come mai non ti piace? 

Ma no, non le importava nulla, era solo sua sorella che...

Sei anche testarda? Allora non mi lasci scelta.

SERPEVERDE!

 

 

[*La canzone del Cappello Parlante è interamente tratta dal capitolo n° 11 del libro Harry Potter e l'Ordine della Fenice. Crediti all'autrice e ai traduttori.]

   
 
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