Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
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Autore: ADH    23/11/2017    0 recensioni
Per JK lo sfogo non era nulla di cui preoccuparsi. Protetto sotto a spesse mura in metallo, le misure di sicurezza della sua ricca casa creavano un secondo mondo sicuro e impenetrabile. Tutto ciò che accadeva fuori accadeva fuori e basta, a lui non interessava. Le persone potevano scannarsi a vicenda, compiere azioni ignobili e passarla anche liscia, finché Jungkook era rinchiuso in casa cose come quelle erano ignorate.
Ma quando sua madre fu uccisa, proprio in casa sua, sotto quelle mura che credeva sicure, allora il piccolo Jungkook iniziò a rendersi conto di quanto ciò che può accadere fuori possa irrompere nella sua tranquillità. Quando si accorse che non esiste posto sicuro, che starsene tranquillo è impossibile, iniziò a interessarsi.
Durante lo sfogo miliardi di innocenti venivano assassinati e gli artefici rimanevano impuniti. Il governo aveva deciso così, un giorno all'anno, per dodici ore, le persone avrebbero potuto fare tutto ciò che volevano. Bastavano dodici ore per tranciare vite su vite.
Ma JK deciderà di sfruttare proprio lo sfogo per ottenere vendetta.
Genere: Angst, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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-Signori e signore, vi presentiamo l'ultimo lotto della serata.-

Il palcoscenico si aprì mostrando tre sconosciuti, tremanti ed insanguinati messi in ginocchio con le mani dietro la testa, perennemente sotto il controllo di persone alte quanto montagne, incappucciate e armate fino ai denti.

Un ragazzo, una donna e un uomo. Da Jin erano visti così, dalle persone che lo circondavano erano visti come carne al macello. 

  Quello scenario avvenne quasi sette anni or sono. Quando Jin e Nam si incontrarono per la prima volta.  

Jin doveva avere pressapoco una quindicina di anni quando per la prioma volta il padre lo costrinse a partecipare allo Sfogo, minacciandolo. 

Alla fine Jin dovette stare affianco al padre, a guardare persone che venivano svendute come merce per la "purificazione dell'anima".

-Il costo è un po' alto, ma ne vale la pena miei cari! Non hanno corso molto, quindi non sono esausti, sono sicurissima che la caccia sarà divertente ed emozionante! Partiamo con un prezzo di mille dollari, signori e signore.- Una donna in abito blu con un gigantesco microfono in mano si divertiva a indicare con grazia e garbo, mentre con un sorriso agghiacciante ammiccava alle persone sedute ai tavoli. 

-Padre, dobbiamo farlo per forza?- Jin chiese quasi disperato al padre. Esso stava analizzando le povere vittime e, ignorando completamente il figlio, alzò la mano rugosa. 

-Oh Mr. Kim! Scommetto che vuole purificarsi l'anima insieme al suo figlioletto, sarebbe l'ora di fargli sperimentare per la prima volta la purificazione!- la donna continuò civettuola, mentre Mr. Kim sorrideva ed annuiva.

Aveva costretto il figlio ad unirsi a lui per lo sfogo, ma Jin non voleva uccidere nessuno. 

-Perfetto, allora due per il signor e il signorino!-

...

All'interno della zona di caccia, completamente al buio, una donna e suo figlio tremavano di paura nascosti dietro ad una statua. 

Mentre Jin e suo padre recitavano la preghiera per ringraziare i padri fondatori, anche se nel mentre a Jin gli si rivoltavano le budella. Uccidere qualcuno? Il solo pensiero era un tormento. 

Jin e suo padre poi partirono alla ricerca dei due. Jin in un qualche modo si augurava di non trovarli. 

La madre disse al figlio di nascondersi sotto ad una fontana, era buio pesto e loro non potevano vendere molto bene, quindi non sapevano davvero se quella fosse una fontana oppure no.

Mentre Jin e suo padre avevano degli occhiali per la visione notturna,  ed entrambi avevano impugnate delle armi, che Jin però non aveva intenzione di usare. 

Il ragazzino continuava a tremare nel suo nascondiglio, mentre la madre si stava impegnando nel tenere lontano il cacciatore. 

Jin ci passò proprio avanti, e vide quel ragazzo, poco più piccolo di lui, nascosto ed impaurito. 

Anche quel ragazzo lo vide, e pensò bene di scappare, ma le gambe non funzionavano. Scappare era solo un modo per diventare un obbiettivo in movimento.

Jin non seppe che fare, rimase a fissare il punto dove era nascosto, insicuro su cosa fare. 

-T-tu- fece Jin e il ragazzo iniziò ad agitarsi nello stretto posto dove era rannicchiato. Jin abbandonò l'arma al suolo e si avvicinò con cautela -Calmo, calmo. Posso aiutarti okay? Smetti di agitarti-

Le sue parole non servivano, il ragazzo continuava a tremare e a piangere. 

Jin vide che era un ragazzo dalla pelle oliva, occhi piccoli ma molto espressivi, un viso tondo e capelli corvini. 

Era come lui, eppure doveva essere destinato alla vita di una preda.

-Ascoltami, io mi chiamo Seokjin, ma soltanto quei ricconi del cazzo mi chiamano così. Chi mi conosce davvero mi chiama solo Jin. Il tuo nome qual'è?- 

Il ragazzo non trovò il coraggio di rispondere e, anche volendo, non ci sarebbe riuscito. Tremava troppo, si agitava in continuazione e tra un singhiozzo e l'altro non sapeva che pesci prendere. 

-Va bene, non importa. Ma ora devi calmarti, posso portarti via di qui se vuoi, ma se continui così sarei lento nei movimenti e mio padre potrebbe trovarti e ucciderti. Perciò calmo.- 

La voce lenta di Jin era in qualche modo piacevole, riusciva a mascherare il fatto che anche lui fosse nel panico più totale. 

Uno sparo echeggiò nella stanza e un urlo di una donna fece venire i brividi ad entrambi. 

Le lacrime di Nam in un qualche modo si fermarono. 

Jin decise di darsi una mossa. Si tolse gli occhiali e li mise a Nam poi decise di trascinarlo al sicuro. Sapeva bene che nelle vicinanze doveva esserci una botola, un nascondiglio che aveva trovato lui quando era un ragazzino. 

Nam era come un sacco di patate, si lasciava trascinare senza reagire, anzi, era talmente immobile che spesso Jin dovette girarsi più volte per controllare che non fosse sparito nel nulla. 

Quando riuscì a trovare il nascondiglio ci infilò il corpicino magro del ragazzo, prima di chiuderla disse -Rimani qui finché non riaprirò la botola, nessuno ti troverà, sta tranquillo.- 

Jin chiuse e fece come promesso. Una volta finito lo sfogo tornò dal ragazzo e lo trovò ancora sveglio, pallido come un cadavere e con le guance segnate dalle lacrime. 

Quella vista fece star male Jin che, in un qualche modo, si sentiva responsabile. 

Pose una mano al ragazzo per farlo uscire, gliela prese senza esitare. Jin lo spinse fuori dalla stretta botola.

-Mi chiamo Namjoon- fece il ragazzo, stringendo ancora la mano dell'altro. 

   
 
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