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Autore: Signorina Granger    23/11/2017    10 recensioni
INTERATTIVA || Conclusa
C’è un’area ristretta, protetta da una barriera inaccessibile, dove le persone vivono in armonia, nella ricchezza, ognuno ha il suo ruolo e vige la più totale giustizia.
L’opportunità di accedervi viene data a tutti, quando ogni quattro anni ha luogo un Processo di selezione, fatto di test e prove, al quale viene sottoposto chiunque abbia già compiuto vent’anni, dando a chi più se la merita la possibilità di vivere una vita migliore nell’Offshore.
L’occasione è una sola e se sprecata recuperarla è impossibile.
Benvenuti nel Processo.
[La storia prende ispirazione dalla serie “3%”]
Genere: Introspettivo, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maghi fanfiction interattive
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
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Capitolo 9: La scelta (Parte II)



“Posso sapere, di grazia, che avete da sghignazzare? Siete così felici all’idea della prova imminente?”

Phoebus inarcò un sopracciglio, parlando con un tono che trasudava puro scetticismo mentre, chiuso in ascensore, aspettava di raggiungere l’ultimo piano. 
Alastair, Theodore e Kieran non risposero subito, restando in religioso silenzio per qualche istante – anche se Kieran stava effettivamente sorridendo leggermente – alla domanda dell’amico: 

“Oh, no, niente.”
“Davvero? Perché mi sembra che vi stiate divertendo parecchio, da quando sono tornato a sedermi con voi.”

“Intendi dopo esserti abbandonato alle effusioni con Nymphea?”

Theodore inarcò un sopracciglio e Kieran annuì, ridendo leggermente mentre Phoebus sbuffava sommessamente: 

“Ci avete visti, quindi.”
“Solo Kier. Ma devo ringraziarti, mi hai fatto vincere la scommessa che avevamo fatto, Theo invece ha perso.”
“Già, io dicevo che vi sareste baciati dopo questa prova, Al e Kier prima… non potevi aspettare qualche ora?!”

Theodore sbuffò leggermente mentre Phoebus invece s8 strinse nelle spalle, sorridendo debolmente mente le porte dell’ascensore si aprivano:

“Considerando che uno di noi due potrebbe essere sul punto di andarsene… no, credo di no.”


*


Quando aveva aperto la porta della sua stanza senza trovarvi nessuno all’interno non si era affatto scomposto o stupito, anzi: probabilmente l’avrebbe sorpreso il contrario.
Theodore lasciò che la porta si chiudesse alle sue spalle con un piccolo sbuffo, trascinandosi fino al letto per lasciarcisi cadere sopra: infondo chi mai sarebbe potuto andare a fargli visita? Non aveva mai avuto una famiglia… quando aveva ascoltato la spiegazione della prova si era quasi messo a ridere in faccia all’esaminatore, trovandola assolutamente inutile per quanto lo riguardava.

Dopo qualche minuto la porta della stanza si aprì con uno scatto e il ragazzo sollevò il capo per posare lo sguardo sul suo nuovo “ospite” ricevendo un’occhiata incerta da parte di un’esaminatrice: 

“Mi stavo giusto chiedendo… immagino che per me la prova non valga. Sbaglio?”
“Beh, puoi comunque andartene, se vuoi… insieme a tutto il denaro. Puoi scegliere ugualmente, Theodore.”

“No, grazie, passo. Preferisco vivere nell’Offshore che tornare a casa con un sacco di Galeoni che finirebbero, presto o tardi. Deduco di essere tra i finalisti, quindi.”

Le labbra del Corvonero si inclinarono in un largo sorriso, improvvisamente di ottimo umore mentre la donna annuiva, complimentandosi con lui per la posizione ottenuta: 

“Direi di sì. Resta pure qui, vi daremo notizie quando la prova sarà finita per tutti. Tra un paio di giorni potresti essere nell’Offshore, Theodore Clark.”
“Incrociamo le dita.”

Anche se sarebbe stato bello – pensò il ragazzo mentre la porta si chiudeva nuovamente, riportando lo sguardo sul soffitto della stanza – poter mettersi in qualche modo in contatto con i suoi genitori. Giusto per dimostrargli che il bambino che avevano abbandonato era arrivato dove loro avevano fallito.


*


“Spero tu sia consapevole del tempo che stai perdendo qui.”

La voce di Kieran ruppe il silenzio che era andato a crearsi per qualche minuto, continuando a tenere gli occhi fissi sul pavimento per evitare di guardare il padre, seduto ad un paio di metri di distanza, sulla poltroncina. 

“Non ho nessuna intenzione di andarmene… per te, poi? Dovrebbero usare la Maledizione Imperius per farmelo fare.”

Il Serpeverde rise appena, una risata che risuonò breve e sprezzante dentro la stanza insonorizzata. Il ragazzo sollevò lo sguardo per posarlo sull’uomo che aveva davanti, che era ancora in silenzio ed evitava di guardarlo a sua volta… anche se lo vide chiaramente muoversi leggermente a disagio sulla poltrona, lanciando una fugace occhiata in direzione de vaso pieno di denaro scintillante. 

“Oh, certo… sei qui perché ti farebbero comodo quei soldi. Ma se anche me ne andassi con il denaro, di certo non lo condividerei con te.”
“Mi hanno chiesto di venire, Kieran, non è stata una mia idea.”
“Sì, lo immagino, figuriamoci… come se ti importasse avermi intorno o meno, non ti fa alcuna differenza. Ma te lo ripeto: stai solo sprecando tempo, io da qui non me ne vado finché non mi sbatteranno fuori a calci. E spero davvero di farcela, così avrò anche la soddisfazione di essere riuscito dove TU hai fallito, invece.”

Kieran abbozzò un sorriso, estremamente compiaciuto alla sola idea mente guardava il padre sospirare, scuotendo debolmente il capo: 

“Sicuro della tua scelta? Quelli ci farebbero comodo.”
“Non mi importa cosa fa comodo a te. Oggi voglio essere egoista, sai? Oggi penso solo a me stesso, papà. E ora, puoi anche andartene.”


Solo quando l’uomo si fu alzato per uscire dalla stanza, senza neanche avergli rivolto un ultimo saluto, Kieran s’infilò una mano nella tasca dei pantaloni, estraendo una foto ripiegata. 
Sorrise leggermente al volto sorridente di sua madre, che non aveva mai potuto guardare negli occhi, e avvicinò la foto per lasciarci sopra un bacio: 
ci siamo quasi, mamma


*


“Phoebus…”
“Ti prego, ti risparmio la fatica e il fiato… no. Non torno a casa, è fuori discussione. Non vedevo l’ora di potermene andare e l’Offshore è la mia più grande aspirazione da anni, non ci rinuncerò.”

Phoebus parlò senza scomporsi troppo, sorridendo appena in direzione della madre, che strinse le labbra con evidente irritazione, fulminandolo con lo sguardo: 

“Volti le spalle alla tua famiglia in questo modo? Sul serio?”
“Sai, siete sempre stati troppo.. rigidi, a mio parere. Vedi, voi voltate le spalle a chiunque non la pensi come vi compiace, non siamo poi tanto diversi… voglio essere IO a decidere della mia vita, mamma. Tu hai accettato di seguire le indicazioni dei tuoi genitori, hai sposato tuo cugino, ma io non sono così. Eileen è mia cugina, non ho assolutamente niente contro di lei, ma non la sposerò.
 Sono arrivato a questo punto e voglio continuare.”


“La situazione della nostra famiglia è già precaria, Phoebus, possibile che tu non lo capisca? Possibile che non ti importi? Abbiamo bisogno di questo matrimonio, e anche tutto quel denaro ci farebbe comodo.”

“Mi dispiace, ma non sono in vendita. Per quanto mi riguarda potresti anche andartene con i soldi, ma temo che non sia possibile prenderlo a meno che anche io non ti segua… e ti assicuro che non accadrà. Quindi, mamma, salutami papà e gli altri ma no, io non torno indietro. E faresti meglio a dire ad Eileen di non aspettarmi.”

Phoebus abbozzò un sorriso, guardando la madre sbuffare e alzarsi quasi con aria divertita, anche quando la donna se ne andò sbattendosi la porta alle spalle. 
Non gli era mai piaciuto che si decidesse per lui… e non aveva alcuna intenzione di far scegliere la propria strada alla sua famiglia. 


Il Serpeverde sorrise, rendendosi conto di aver superato anche quell’ennesima prova: un altro passo in meno alla fine. 
Ma dopo qualche istante quella smorfia sollevata svanì dal suo volto, collegando tutti i pezzi; tutti loro stavano ricevendo visite da qualcuno che avrebbe potuto convincerli ad andarsene dal Processo? 

Aveva un’idea ben precisa di chi avessero fatto incontrare a Nymphea… e non era del tutto sicuro dell’esito di quella chiacchierata. 
Phoebus si alzò, scattando in piedi come una molla per poi affrettarsi ad uscire dalla stanza, quasi correndo a cercare la porta della ragazza. 
 


*


“Nym!”

Aveva appena aperto la porta quando rimase come pietrificata, gli occhi chiari fissi sui due bambini che, sorridendo vivacemente, saltarono giù dal letto per correrle incontro e abbracciarla. 

“C-ciao…”
“Ci sei mancata!”
“Perché sei qui?”
“Torniamo a casa?”

Nymphea abbozzò un sorriso, inginocchiandosi lentamente per stringere Nerine e Cole in un abbraccio, gli occhi improvvisamente lucidi. Non seppe mai se per gioia o amarezza. 

“Io… sto facendo un gioco. E ho quasi vinto. Ma non vi ho portati con me perché è un gioco da grandi.”
“Ma ora torni a casa con noi, vero?”

Nerine sorrise, cingendo la vita della sorella con le braccia pallide e rivolgendole un gran sorriso mentre la ragazza deglutiva, accarezzandole i capelli. 

“Ecco…”
“Perché ci sono tutti questi soldi? Li hai vinti Nym?”
“No Cole, non ancora.”

Dovrei abbandonare tutto per vincerli


La ragazza sospirò, prendendo la sorellina per mano per raggiungere il suo letto e sedersi sul bordo, facendola accomodare accanto a lei per poi invitare anche il fratellino ad avvicinarsi. 

“Ok, sentite… state bene, vero?”
“Sì, ma ci manchi.”

“Anche voi. Ma non ho… non ho ancora finito, qui. Non posso tornare a casa, non ora.”

“Perché?!”
“Non posso mollare tutto proprio ora Cole, cercate di capire… devo arrivare alla fine.”

“E non possiamo stare qui con te?”
Nerine inarcò un sopracciglio e la sorella le sorrise debolmente, scuotendo il capo mentre allungava una mano per accarezzarle il viso pallido: 

“No tesoro, purtroppo no. Ma devo vincere, ok? Così forse riuscirò a far guarire mamma e papà. E poi staremo di nuovo tutti insieme.”
“Ma… Starai via ancora molto?”

“Non lo so, ma molto probabilmente no. Voi dovete solo continuare a fare i bravi senza di me, come sicuramente avete fatto finora.”

Nymphea inclinò leggermente le labbra carnose in un sorriso, sbattendo le palpebre per ricacciare le lacrime indietro mentre i due bambini restavano in silenzio per qualche istante, prima che Nerine le si avvicinasse per abbracciarla, cingendole la vita con le braccia con decisione e implorandola di tornare a casa con loro.


E mentre scuoteva debolmente il capo, accarezzandole la nuca con la mano e cercando al contempo di non piangere davanti a loro, Nymphea pensò di non aver mai odiato il Processo tanto quanto in quel momento. 



*


Li aveva liquidati nel giro di poco, assicurando che non sarebbe mai e poi mai tornata a casa con loro, le persone che mai l’avevano accettata davvero anche se, almeno in linea teorica, avrebbero dovuto farlo per primi. 

Hailey sorrise appena, pescando un Galeone dal mucchio per rigiraselo tra le dita, ripensando a quando i genitori l’avevano confinata a vivere da sola, sopra al loro negozio. 
Abbandonare tutto per loro? Perdere quella preziosa opportunità? 

No, mai e poi mai… anche solo per la soddisfazione di dimostrare a se stessa e ai genitori che si erano sbagliati riuscendo ad arrivare fino in fondo: loro non avevano mai minimamente creduto in lei, e sarebbe stato estremamente piacevole riuscire a condurre una vita migliore lasciandoli indietro. 

La Corvonero lasciò cadere la pesante e scintillante moneta nel mucchio, che aveva chiaramente visto i genitori adocchiare, prima di affermare con entrambe le mani il bordo di vetro e spingerlo con decisione verso quello del tavolino, facendo cadere il vaso sul pavimento.


“Che cosa…”

Quando la porta si aprì e un esaminatore fece irruzione nella stanza Hailey stava ancora sorridendo con aria compiaciuta, sollevando entrambe le sopracciglia e accennando al vaso in frantumi e le monete riversate su tutto il pavimento:


“Chiedo scusa, che sbadata... In ogni caso, io rimango in gioco. Ci vuole ben altro dei miei genitori per convincermi ad andarmene.”


*


“… nonna?”

Alastair sgranò gli occhi, guardando sua nonna sorridergli e annuire, avvicinandosi al nipote per abbracciarlo: 

“Ciao Al…”
“Non ti dovevi disturbare a venire… come state tu e il nonno?”
“Bene, anche se un po’ ci manchi. Come sta andando? Sono molto fiera di te.”

La donna sorrise, guardando il ragazzo con sincero affetto mentre gli prendeva il volto tra le mani, guardandolo sorridere di rimando:

“Me la sto cavando. Vieni, siediti.”

Alastair condusse la donna verso il letto, facendola sedere accanto a lui prima che l’anziana strega scuotesse leggermente il capo, parlando con tono tetro:

“Sai perché sono qui, tesoro?”
“Convincermi ad andarmene?”

“Beh, in teoria sì. Ma non vogliamo che tu perda questa occasione per noi, tesoro… vogliamo il meglio per te, anche i tuoi genitori lo volevano.”

Alastair abbozzò un debole sorriso mentre stringeva delicatamente la mano della nonna tra le sue, lanciandole un’occhiata incerta:

“Sei sicura? Voi avete fatto tanto per me, forse dovrei ricambiare… non mi piace l’idea di lasciarvi soli.”
“Non ci devi niente Al, sei il nostro unico nipote, cosa avremmo dovuto fare, lasciarti solo? No, sei giovane, vai per la tua strada, afferra quest’opportunità. Non ho intenzione di tornare a casa con te, chiaro?!”

“Ah, quindi non mi vuoi tra i piedi?”

Il ragazzo sorrise, inarcando un sopracciglio e guardando la donna annuire con determinazione con aria divertita:

“Certo che no, voglio che tu abbia una vita migliore, quella che i tuoi genitori speravano che avessi. Perciò non voglio neanche sentirti ipotizzare di lasciare questo posto, Alastair: noi siamo vecchi, tu hai tutta la vita davanti. Goditela.”


*


“Sei sicura? Non ti vogliamo fare alcun tipo di pressione, devi decidere tu… anche se non ti nascondo che ci mancherai molto.”

Mairne abbozzò un sorriso, annuendo alle parole della madre mentre la donna le sfiorava i capelli, sistemandole una ciocca di capelli biondi dietro l’orecchio:

“Anche voi mamma… ma non preoccuparti, c’è Noah che bada a me. A proposito, come se la passa Darcy?”
“Bene, sono venuta qui con lei. Pensi che Noah resterà?”

“Non lo so…”

Mairne scosse il capo, mordendosi il labbro e  incupendosi leggermente: non ne avevano parlato apertamente a pranzo, prima della prova, ma la ragazza non aveva fatto altro che chiedersi cosa avrebbe deciso l’amico. Sapeva quanto fosse legato a sua sorella e aveva il timore che scegliesse di tornare a casa invece che proseguire il percorso nel Processo con lei.

Ma non aveva detto nulla, non volendo influenzarlo con la sua opinione: era una decisione che doveva prendere in autonomia.

“Beh, puoi andare a scoprirlo. E siamo molto fieri di te tesoro, sei stata bravissima ad arrivare fin qui.”
“Grazie mamma.”

Mairne sorrise, lasciandosi abbracciare dalla madre prima che la donna le facesse cenno di uscire dalla stanza, mettendole un braccio intorno alle spalle per poi lasciare la camera insieme a lei.
Vedendole uscire in contemporanea un esaminatore posò lo sguardo su di loro, studiandole attentamente finché non vide traccia del vaso contenente i Galeoni e capì, facendo silenziosamente cenno alla donna di avviarsi verso gli ascensori. 

E dopo averle rivolto un ultimo, debole sorriso, promettendole che si sarebbero comunque viste presto, Mairne si voltò, avviandosi rapidamente verso la porta della stanza di Noah.
Ma a quanto sembrava lui l’aveva battuta sul tempo visto che quasi si scontrarono quando lei aprì la porta, facendolo sussultare: 

“Mairne! Che cosa fai qui?”
“Sono venuta a chiederti… allora? Te ne vai con Darcy?”

La bionda si  morse il labbro, facendo saettare lo sguardo oltre la spalla del ragazzo per sbirciare l’interno della stanza, senza però trovarvi traccia della ragazzina e provando così un piccolo moto di sollievo, che aumentò a dismisura quando Noah sorrise, scuotendo il capo e allungando una mano per sistemarle i capelli chiari: 

“No, resto qui. Stavo per venire a chiederti la stessa cosa, ma deduco che tu abbia fatto la mia stessa scelta.”
“Sì. Ma ero sicura che saresti tornato a casa, perché non l’hai fatto?”


Mairne si accigliò leggermente, guardando l’amico con sincera perplessità prima che il ragazzo l’abbracciasse, affondando il viso tra i suoi capelli: 

“A Darcy sta bene così… e con un po’ di fortuna, tra quattro anni sarà al nostro posto ce la farà anche lei. Per ora ho un’altra sorellina a cui badare.”


Le labbra di Mairne si stirarono istintivamente in un sorriso a quelle parole, mormorando un tenue “grazie” mentre ricambiava l’abbraccio, stringendo l’amico il più forte possibile.


*


Dopo aver salutato suo fratello Zavannah sbuffò debolmente, passandosi una mano tra i capelli biondi mentre camminava lungo l’ampio, arioso e illuminato corridoio, dirigendosi verso la porta di Nymphea per vedere come stesse. Era certa che avesse ricevuto la visita dei fratelli e non era sicura di come avrebbe potuto prenderla. 

Lei, dal canto suo, per quanto volesse bene alla sua famiglia non aveva accettato di tornare a casa e suo fratello, con suo gran sollievo, non solo aveva capito ma non aveva nemmeno insistito, limitandosi a salutarla e augurarle buona fortuna prima di andarsene. E  Zavannah gli era sicuramente molto grata per non averla messa in difficoltà più di quanto la prova in sè già non facesse. 


La bionda smise però di pensare alla sua famiglia e al dialogo appena concluso con il fratello maggiore quando si accorse che qualcuno stava praticamente correndo nella direzione opposta, rischiando di travolgere le poche persone che occupavano il corridoio. 
Zavannah inarcò un sopracciglio, guardando Phoebus avvicinarsi di filata ad una porta per poi esitare e, alla fine, aprirla. 

Non ci mise molto a rendersi conto che si trattava proprio della stanza di Nymphea ed istintivamente si fermò, indecisa sul da farsi e chiedendosi che cosa avesse deciso di fare l’ex compagna di Casa. 
Forse doveva seguire Phoebus? O aspettare qualche minuto e lasciarli soli? 

La bionda sbuffò, incrociando le braccia al petto e spostando nervosamente il peso da un piede all’altro, aspettando con impazienza di vedere uno dei due comparire dalla porta lasciata semi-aperta. 

Anche lei voleva sapere cosa avesse deciso di fare Nymphea, dopotutto. 




Era rimasta seduta sul suo letto, immobile, riuscendo ancora a sentire distintamente le loro voci mentre li avevano portati fuori praticamente di peso, asserendo che il tempo era finito e che dovesse prendere una decisione. 

Nymphea sollevò una mano, asciugandosi le guance umide mentre cercava di non pensare alle preghiere di Nerine, che mentre l’avevano praticamente trascinat fuori dalla stanza l’aveva implorata di tornare a casa loro. 

Lei aveva assicurato ai due bambini che si sarebbero visti comunque presto, ma il suo stomaco si era comunque stretto dolorosamente in una morsa, perfettamente consapevole che prima del loro Processo sarebbero passati 16 anni. E non era nemmeno detto che riuscissero a passarlo. 

Se da una parte si ripeteva che lo faceva specialmente per i loro genitori, dall’altra si sentiva ancora terribilmente in colpa.
Ed era piuttosto sicura che non avrebbe mai dimenticato la voce di Nerine, così come l’espressione delusa e ferita di Cole nel vedersi abbandonato di nuovo dalla sorella, il loro unico punto di riferimento. 

“Nym?”

La ragazza alzò lo sguardo, deglutendo a fatica mentre la sua attenzione si catalizzava su Phoebus, che era appena comparso sulla soglia della stanza, una mano sullo stipite della porta: 

“… allora? Cosa… cosa hai deciso di fare?”

Sembrava davvero nervoso e forse in un altro momento avrebbe sorriso, ma non lo fece, limitandosi ad abbassare lo sguardo, asciugandosi le lacrime. 

“Resto.”

Quando la voce rotta della ragazza arrivò alle sue orecchie tirò quasi un sospiro di sollievo, sorridendo debolmente prima di avvicinarlesi e sedersi accanto a lei, sul materasso. 

“Sono venuti i tuoi fratelli?”

Parlò con il tono più dolce che gli riuscì mentre allungava una mano, sfiorandole i capelli scuri mentre la ragazza annuiva, parlando con un filo di voce e continuando a non guardarlo. 

“Adesso mi odieranno.”
“Ma certo che no… capiranno, Nymphea. Forse non adesso, ma presto o tardi lo faranno. Vuoi solo aiutare i tuoi genitori, se ci riuscirai avranno qualcuno che si prenderà cura di loro... Tu hai già fatto abbastanza.”

Il Serpeverde sorrise appena, prendendole il viso tra le mani per costringerla a guardarlo e appoggiare le labbra sulle sue, immensamente sollevato della scelta che la ragazza aveva deciso di prendere. 


*


“Io non… non voglio più essere un peso per voi. Avrete una bocca in meno da sfamare, così facendo. Mi dispiace solo per il denaro, se potessi ve lo lascerei volentieri.”
“Lo so bene… Ma non preoccuparti per noi, stiamo bene. E ti assicuro che non sei mai stata un peso, tesoro.”

Lilian abbozzò un sorriso e la madre ricambiò, guardandola con affetto mentre le teneva il viso tra le mani. 

“Allora… sicura della tua scelta? Noi ovviamente vogliamo solo il meglio per voi, e siamo molto fieri di te.”
“Lo so. Mi mancherà vivere con voi, ma ci potremo vedere comunque, di tanto in tanto… credo che sia arrivato il momento, per me, di spiccare il volo. Ma salutami tutti, ok? Da’ un bacio a Lindsey da parte mia, dille che la sua sorellina la pensa sempre.”


*


Erza si fermò sull’uscio della sua stanza, appoggiandosi allo stipite della porta mentre guardava sua madre, così come i genitori e i fratelli di alcuni altri candidati, avviarsi verso gli ascensori. 
L’ex Serpeverde si guardò intorno per cercare di individuare qualche suo compagni che avesse scelto di lasciare il Processo, sperando ardentemente che si trattasse di un numero abbastanza elevato: in fin dei conti più se ne andavano con quella prova e meno ne rimanevano ad ostacolare la sua vittoria. 

La porta accanto alla sua, rimasta chiusa fino a quel momento, si aprì di scatto e la rossa si voltò istintivamente, ritrovandosi a guardare due ragazze strette in un abbraccio sulla soglia della stanza. E ben presto si rese conto di conoscere piuttosto bene una delle due, ma rimase in religioso silenzio, lasciando ad Asterope e la sorella la loro dovuta privacy. 

“Sei sicura? Non mi è piaciuta l’idea di lasciarti da sola, non è giusto che tu non possa avere la mia stessa opportunità.”
“Lo so, ma che vuoi farci… è andata così, qualcuno ha deciso che io e la magia non saremmo entrate in contatto. Davvero, non preoccuparti, non devi abbandonare tutto solo per me. Però vieni a trovarmi, ok?”

“Tutte le volte in cui potrò. E ti scriverò, ovviamente.”
“Bene… voglio sapere per filo e per segno com’è fatto questo fantomatico Offshore.”

Andromeda sorrise alla sorella maggiore, che ricambiò e annuì, guardando la ragazza con affetto e un velo di malinconia. Aveva davvero preso in considerazione di tornare a casa, ma era stata proprio sua sorella a dirle di non farlo, per quanto le sarebbe piaciuto continuare a stare insieme. 


“Spero tanto di vederlo a mia volta.”
“Beh, ormai manca poco, no? E se anche fosse, non voglio che tu te ne vada a causa mia. La mamma per sposare papà ha rinunciato alla sua famiglia, e se anche non si fosse innamorata di un Babbano di certo i Black non avrebbero accettato una come me. Fai come lei, segui quello in cui credi. Mi mancherai, certo, ma va bene così… forse dobbiamo prendere strade diverse.”

Andromeda si strinse nelle spalle, parlando con noncuranza e un tono piuttosto neutro, come se ormai avesse accettato la sua “condizione particolare” di Magonò. 

“D’accordo… ti direi di prendere il denaro e portarlo a casa, ma purtroppo non è possibile.”
“Non fa niente, infondo non ci serve poi così tanto… Buona fortuna Pippy. Ti voglio bene.”

La ragazza sorrise alla sorella maggiore, strizzandole l’occhio prima di voltarsi e allontanarsi verso gli ascensori con le mani sprofondate nelle tasche, mentre Asterope la seguiva con lo sguardo, chiedendosi come dovesse essere per lei vivere nella consapevolezza di essere diversa, che la sua condizione non fosse accettata dal Processo. Sua madre era una strega e anche sua sorella, ma non le era comunque permesso di prendere parte alla selezione per vivere nell’Offshore. 


“Tutto bene?”
“Sì. È stato solo un po’… difficile. Ma forse ha ragione lei.”
“Vuole che tu prenda la decisione più conveniente per te, significa che ti vuole molto bene. Con mia madre non è stato molto difficile, ho subito messo in chiaro che no, non l’avrei mai seguita, neanche per il doppio di quei Galeoni. Sento che il mio posto è altrove.”

“Allora speriamo che tu non ti stia sbagliando.”


*


“Leta, te l’ho detto, non…”
“Lo so, so che cosa hai detto. Ma non sono comunque convinta, per niente. Non mi è piaciuta l’idea di lasciarti sola. Sicura di stare bene?”

Alethea si morse il labbro, rivolgendo un’occhiata apprensiva alla sorella gemella, che sospirò e annuì, sporgendosi leggermente per avvicinarsi alla sorella e prenderle le mani tra le sue:

“Sì, sicura.”
“Davvero? Perché l’altra volta, quando stavi male, ci hai messo parecchio a parlarmene.”

“Leta va tutto bene. E non ti devi sentire in colpa se tu sei qui e io no, è soltanto merito tuo. È grazie a TE se adesso di qui, ad un passo dall’Offshore. È quello che abbiamo sempre voluto.”

“Appunto, abbiamo. Abbiamo sempre fatto tutto insieme.”
“Lo so, ma a volte le persone cambiano, i fratelli crescono… e le strade si dividono. Ti voglio bene, lo sai, e per questo voglio che tu vada fino in fondo.”

“Non ti voglio lasciare da sola. Credo che tu sia l’unica amica che io abbia mai avuto.”
“So che non sei molto incline a socializzare, ma si può sempre iniziare a farlo. Non rinunciare a tutto per niente, Leta.”

“Lizzie, non sarebbe per niente! Sei mia sorella, sei molto importante per me… sei la cosa più importante. E in queste settimane mi sono chiesta spesso come stessi, è stato molto difficile non poterti vedere o parlare. Non so se voglio vivere così… e poi quelli ci farebbero comodo, non pensi?”

“È solo denaro, Leta. Il denaro finisce.”
“Ma il nostro legame no. Non voglio che finisca. Non voglio stare lì e continuare a chiedermi se stai bene, se hai avuto una ricaduta…”

“È successo, ok? Sì, è successo, ma è passato, e ora sto bene. Non ho preso parte al Processo, è vero, nel periodo in cui ci si doveva registrare ero… molto giù, e non l’ho fatto. Avrei dovuto ascoltarti, ma non l’ho fatto. Ora tu ascolta me.”

Alethea sbuffò, facendo scivolare le mani dalla presa della gemella, distogliendo lo sguardo e puntando gli occhi chiari sul pavimento lucido e liscio. 
Voleva vivere nell’Offshore, lo voleva davvero… ma non voleva neanche perdere sua sorella, forse la 
persona che amava di più, e vedendola dopo alcune settimane se n’era resa conto appieno.

Non solo non le piaceva l’idea di poterla vedere poco, ma pensava anche a cosa sarebbe successo se fosse stata male di nuovo… questa volta senza avere lei accanto ad aiutarla a rimettersi in piedi, ad uscire dalla depressione post-traumatica.


“Allora? È una decisione che devi prendere tu, Leta. Se tornerai a casa con me non dico che me la prenderò, da un lato mi renderebbe felice… ma voglio anche che tu stia bene.”
“Io sto bene comunque, Lizzie, Offshore o non Offshore. Certo, lì sarebbe tutto molto più bello, più semplice… ma forse la vita comoda non è sempre la soluzione per la felicità. Una vita comoda ha senso se non puoi condividerla con qualcuno a cui tieni molto?”





………………………………………………………………………
Angolo Autrice:

Capiterà che non vi lasci sulle spine alla fine di un capitolo? 
Anche questa volta, troverete la risposta domenica con il seguito… a presto :P

Signorina Granger 

   
 
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