Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: BabaYagaIsBack    24/11/2017    1 recensioni
Re Salomone: colto, magnanimo, bello, curioso, umano.
Alchimista.
In una fredda notte, in quella che ora chiameremmo Gerusalemme, stringe tra le braccia il corpo di Levi, come se fosse il tesoro più grande che potesse mai avere. Lo stringe e giura che non lascerà alla morte, il privilegio di portarsi via l'unico e vero amico che ha. Chiama a raccolta il coraggio e tutto ciò che ha imparato sulle leggi che governano quel mondo sporcato dal sangue ed una sorta di magia e, per la prima volta, riporta in vita un uomo. Il primo di sette. Il primo tra le chimere.
Muovendosi lungo la linea del tempo, Salomone diventa padrone di quell'arte, abbandona un corpo per infilarsi in un altro e restare vivo, in eterno. E continuare a proteggere le sue fedeli creature; finchè un giorno, una delle sue morti, sembra essere l'ultima. Le chimere restano sole in un mondo di ombre che dà loro la caccia e tutto quello che possono fare, è fingersi umani, ancora. Ma se Salomone non fosse realmente morto?
Genere: Avventura, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


Capitolo diciassettesimo
§ Non avere paura dei Mostri §
parte prima

 

"I'll stop the whole world,
I'll stop the whole world

From turning into a monster and eating us alive
Don't you ever wonder how we survive?
Well now that your gone, the world is ours.
I'm only human, I've got a skeleton in me
But I'm not the villain, despite what you're always preaching
Call me a traitor, I'm just collecting your victims
They're getting stronger, I hear them calling"

- Monster, Paramore

 

D'improvviso Noah si sentì paralizzare, incapace di dare un senso a quello che era appena accaduto. L'aveva capita. Lui, che nemmeno aveva idea di quale lingua fosse, era riuscito a capire le parole di quella sconosciuta - e metterla a tacere. Come, non se lo riusciva a spiegare.
Allentando la presa su Levi, senza però mollarlo del tutto per paura che gli potesse sfuggire di mano, volse il capo in direzione del divano, lì dove, sbigottita, la ragazza lo stava fissando a sua volta.
Bagnandosi le labbra, la vide sporgersi con il busto verso di lui, quasi fosse un animale incuriosito dalla preda, pronta a saltargli addosso: «Lo parla davvero. Lui... lui sa l'ebraico» le sentì uscire di bocca. Non seppe dirsi a chi si stesse rivolgendo, a dire il vero dubitò stesse parlando con qualcuno in particolare, eppure quelle sue parole lo fecero rabbrividire - o forse fu il suo sguardo, rosso e caldo come il sangue.

Ebraico, ripeté tra sé e sé, cercando di ricordare quando mai l'avesse udito, ma più tentava di riportare alla memoria quel momento, meno gli sembrava essere avvenuto in un passato vicino o lontano.

Dalla cucina, facendolo sussultare, arrivò il vocione dell'uomo coi dreadlock: «Non hai detto che è successo anche ieri sulle scale?» le domandò, riprendendo a mescolare qualsiasi cosa ci fosse nella bacinella incurante della situazione e lei, come ridestandosi dai propri pensieri, si ritrasse nuovamente.
«Ha farfugliato, potevo benissimo aver capito male.» Ora, più che sorpresa, dava l'idea di essere infastidita e, nel guardarla, Noah non si accorse di aver mollato definitivamente la presa su Levi, permettendogli di sgattaiolare via. Il corpo di lui gli scivolò via dalle dita in un batter d'occhio e nel rendersene conto il cuore prese un'impennata, schizzandogli in gola. Visto il modo in cui lo aveva spinto al muro, urlandogli addosso e digrignando i denti, gli venne naturale temere una vendetta che, stranamente, non ebbe luogo. 
Piuttosto che scagliarglisi contro e ripagarlo con la medesima violenza, il ragazzo prese le distanze alzando le mani in segno di resa. A quella distanza, l'attenzione di Noah poté concentrarsi non solo sul suo sguardo, ma anche sull'espressione che aveva in viso. Era serafico, i lati della bocca si spingevano leggermente verso l'alto e, in quella posa, la cicatrice sul suo zigomo prendeva la forma di una linea netta, un taglio deciso che lo fece tremare. Fu solo a quel punto che gli tornarono alla mente le parole del sé bambino e, intrecciando nuovamente lo sguardo con quello di Levi, sussurrò: «Nakhaš.»

Tutto, in lui, corrispondeva alla descrizione nel suo diario - e se si sforzava, se si impegnava davvero fino allo stremo, poteva immaginare la pelle del ragazzo riempirsi di scaglie scure.

Come aveva letto, Levi era bello. Qualsiasi maschio, etero o meno, avrebbe faticato a negare l'incredibile fascino che lo contraddistingueva; e non si trattava solo del suo look stravagante o del fisico scolpito, ogni aspetto della sua persona sembrava distinguerlo da qualsiasi altro individuo - in particolare, Noah dovette ammetterlo, ciò che più di tutto catalizzò nuovamente il suo interesse furono gli occhi: spaventosi, inumani, eppure mozzafiato. Se ci si soffermava a sufficienza, si potevano scorgere nelle sue iridi dorate pagliuzze verdi, nere e ambrate, per non parlare delle pupille, solchi, o meglio feritoie, verso l'ignoto - ma anche la meraviglia.
Certo, anche le labbra violacee e la lingua biforcuta avevano suscitato in lui grande interesse, ma nulla era paragonabile a quello sguardo pieno di vita e al contempo brutalità, quasi avesse visto l'inimmaginabile.

Sicuramente, guardandolo, qualcuno avrebbe potuto definirlo mostruoso - in effetti anche a lui era apparso tale all'inizio -, i più eclettici invece lo avrebbero potuto paragonare a una creatura sputata fuori da antiche leggende o fantasie malate, eppure, mentre se ne restava lì, immobile a studiarlo, Noah d'un tratto si accorse di trovare Levi familiare, giusto. Qualsiasi peculiarità del suo aspetto era corretto esistesse, così, inspiegabilmente rincuorato dalla sua visione, il padrone di casa rilassò i muscoli. Per qualche strano motivo la sorpresa, ma anche la paura, si erano dissolte, lasciando spazio solo all'esasperazione.

«Che diamine sta e mi sta succedendo?» chiese, stavolta con più pacatezza, esausto alla sola idea di dover lottare ancora contro loro e se stesso - perché ogni volta che li osservava, che si trattasse di Levi o i suoi fratelli, sia la mente sia il corpo sembravano sfuggire al suo controllo. A intermittenza smetteva di essere padrone di sé e la cosa, seppur involontariamente, lo sfiancava; inoltre, doveva convincerli a rispondere alle sue domande.
Forse, pensandoci, quei tre non erano il suo problema, piuttosto la soluzione. Forse, ciò che gli serviva era mettersi seduto e ascoltare ciò che avevano da dirgli - mal che fosse andata, in fin dei conti, avrebbe sempre potuto denunciarli per stalking.

Dal fondo della stanza, la voce della ragazza tornò a pizzicargli le orecchie: «Dubito ci crederesti se te lo dicessimo.»
«Davvero? Mettetemi alla prova, dopotutto non avete nulla da perdere.»
L'uomo ai fornelli trattenne una risata, distraendolo: «Beh, non mi sembra tu lo abbia fatto quando Levi si è presentato...» e in effetti, ripensandoci, non poteva dargli torto - ma nemmeno loro potevano farlo con lui! Chi mai avrebbe creduto di aver di fronte un Generale dell'esercito di Salomone? Erano passati mille anni dalla caduta del suo impero e Levi, persino abbondando con l'età, non doveva essere più che trentenne. Oltre a ciò, l'immortalità era solo una chimera.
«Vuoi biasimarmi? Tre estranei piombano nella mia vita, mi perseguitano, si fanno trovare a casa mia e quando chiedo loro chi diamine siano o cosa vogliono da me, rispondo in modo vago o dicendo cose che.. beh, non è che abbiano gran senso.» Trascinando i piedi, Noah si portò fino al centro della stanza, poi, come se nulla fosse, si mise a sedere per terra, in un punto strategico. Doveva poter osservare tutti i presenti, in modo da tenerli controllati, così come doveva essere abbastanza vicino alla porta della propria stanza in caso fosse stato necessario fuggire.
«E ora cos'è cambiato?» domandò lei, sempre meno garbatamente.
«Diverse cose.»
«Tipo?»

Noah aprì bocca per parlare, ma Levi lo precedette, quasi gli avesse letto, in parte, nel pensiero. Senza staccargli gli occhi di dosso il ragazzo si rivolse alla sorella, citando solo alcuni dei motivi per cui, in quel momento, aveva deciso di dar loro una chance.
«Mi ha visto in sogno, ad esempio. E non in una circostanza qualsiasi, ma... beoto layelah, lifeney shehi mite'orerett. Inoltre ti ha parlato nella nostra lingua, Z'év, e poco fa mi ha chiamato per nome. Suppongo anche che senta ciò che sentiamo noi quando gli siamo vicini» fece una pausa, incrociando le braccia al petto: «E sicuramente c'è altro, ma spero questo possa bastarti, per ora.»
Lei distolse lo sguardo, puntandolo da qualche parte sui listelli del parquet.

Z'év.
Noah ripeté quella parola più volte, assaporandola esattamente come aveva fatto con Nakhaš. Aveva il sospetto che, come per quello di Levi, anche il nome di lei nascondesse un significato più profondo e arcanoma non trovandovi alcun significato, men che meno un ricordo ad esso associato, decise di lasciar perdere - aveva cose ben più importanti su cui concentrarsi. 

«Bene, adesso che conoscete il motivo per cui non vi sbatto fuori, di grazia, volete rispondere alle mie domande?» 
E spuntando dalla cucina, il terzo fratello si fece avanti: «A tutte quelle che vuoi, mio Melekĕ. Abbiamo quaranta minuti prima che la torta sia pronta.»

Beoto layelah, lifeney shehi mite'orerett: quella sera, prima del risveglio
Melekĕ: Re


 
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: BabaYagaIsBack