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Autore: bebe    25/11/2017    1 recensioni
Una ragazza ricca, figlia unica di un famoso produttore, fidanzata con il rampollo di un'altra agiata famiglia californiana, ovviamente approvato dal padre, incontra un attore più grande di lei, con un intenso passato sentimentale e se ne innamora. ricambiata. Ma riuscirà il loro sentimento a resistere alle malelingue, ai pettegolezzi, ed all'ostilità del padre di lei?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Victoria rimase in ospedale per un paio di giorni, a scopo preventivo. Fortunatamente, sia lei che il bambino stavano bene. Le era andata davvero di lusso, sia lei che sua zia si erano prese un bello spavento, ma ora che il peggio era passato, voleva solo concentrarsi sulla gravidanza e dimenticare l’accaduto. Ryan si era occupato di tenere buona la stampa, con l’aiuto di Skyler, ed aveva anche spinto la ragazza a sporgere denuncia contro i paparazzi, che erano stati individuati, ed a richiedere al giudice un ordine restrittivo, in modo da essere certa che non ci fosse un bis. Nel frattempo, la ragazza aveva riflettuto attentamente sulla sua proposta di seguirlo a New York, ed alla fine si era decisa ad accettare. Una parte di lei aveva comprensibilmente paura, viveva quel momento come una sorta di salto nel buio. Era innamorata di Ryan, ma erano passati da una relazione clandestina all’aspettare un figlio ed ora avrebbero iniziato a convivere. Tuttavia, sapeva che quel passo andava fatto, e forse il trasferimento capitava al momento giusto, dopo lo spavento dell’incidente e la delusione perché suo padre non si era fatto vivo, dopo quanto successo.

La ragazza era ancora incredula, non riusciva a metabolizzare l’atteggiamento ostile ed ora anche di disinteresse del padre. Pensava e sperava che, una volta saputo dell’incidente, si sarebbe precipitato in ospedale, o che si sarebbe fatto vivo almeno con zia Charlotte ed invece nulla.

Dopo tre giorni di ricovero, finalmente, i medici decisero di dimetterla, raccomandandole comunque di stare a riposo. Stava giusto preparando le sue cose, mentre Ryan sbrigava alcune formalità in accettazione, quando sentì alle sue spalle dei passi. Convinta che fosse il suo compagno, continuò a riempire il borsone.

“Sono quasi pronta. Spero che il borsone si chiuda, altrimenti mi ci dovrò sedere sopra” stava dicendo, quando sentì schiarirsi la voce e, voltandosi, rimase di stucco nel vedere suo padre.

“Papà” esclamò, quasi in un soffio.

“Ciao Victoria” rispose lui, abbozzando un sorriso.

“Sono felice di vedere che stai bene” continuò a dire. Era visibilmente a disagio, come se non sapesse cosa dire, e in rarissime occasioni la figlia l’aveva visto così in difficoltà, proprio lui che solitamente riusciva sempre a mantenere tutto sotto controllo.

“Sarei venuto prima, ma ero fuori per lavoro. Mi hanno avvisato ieri sera, quando sono rientrato a Los Angeles. Volevo vedere coi miei occhi come stavi” aggiunse.

“Sto bene, per fortuna. Anzi, stiamo bene” precisò, riferendosi ovviamente al figlio che aspettava “Ma poteva andare peggio” rispose. Era felice di vederlo, ma al contempo non riusciva a dimenticare la sua durezza e severità l’ultima volta che si erano visti, quell’accesa discussione e la sua decisione nel cacciarla di casa solo perché non condivideva più le sue scelte di vita.

“Mi hanno tenuta in osservazione un paio di giorni, ma oggi per fortuna posso tornare a casa. Non ne potevo più di stare qui” aggiunse.

“Stai da Skyler o da tua zia?” le domandò.

“Da zia Charlotte” rispose lei “Ma starò lì ancora per poco” precisò, sedendosi sul letto e scrutando la sua reazione.

Andrew sgranò gli occhi sorpreso e la fissò con aria interrogativa.

“Ryan mi ha proposto di seguirlo a New York ed io ho accettato” gli spiegò, senza girarci troppo intorno.

L’espressione di suo padre si indurì subito.

“E tu hai accettato” rimarcò lui.

“Si, certo che si” disse lei “Così sarà tutto più semplice” aggiunse.

“Per chi? Per te o per lui?” la incalzò Andrew.

Victoria sbuffò. A quanto pare suo padre non era ancora pronto a cercare di superare i suoi pregiudizi su Ryan.

“Per entrambi. Lui è nel bel mezzo di un divorzio, le sue figlie vivono là ed io voglio stare con lui, non restare qui ad aspettare che mi raggiunga una volta o due al mese” rispose seria.

Suo padre era ora in silenzio, si limitava ad ascoltarla, ma era evidente che non fosse d’accordo.

“Non vuoi proprio cercare di andare oltre i tuoi pregiudizi e sforzarti di conoscerlo, vero?” riprese a dire la ragazza, ma la sua era una considerazione più che una domanda “Si sta prendendo le sue responsabilità, sta cercando di fare la cosa giusta, si sta facendo in quattro per me, mi ama!” disse concitata “Perché ti ostini a non accettarlo? Sono tua figlia, dovresti volermi bene anche e soprattutto quando non condividi le mie scelte. Pensi che per me sia stato facile in queste settimane? Avrei avuto bisogno di te, ma tu non c’eri. Credevo che non saresti nemmeno passato qui in ospedale ormai. Sono tua figlia anche quando sbaglio. Per la prima volta nella mia vita ho fatto qualcosa che non approvi e reagisci così? Mi cacci di casa, mi rifiuti? Ti ostini a mettere il tuo orgoglio ferito al primo posto” aggiunse seria e con gli occhi lucidi, perché per quanto fosse ancora arrabbiata e delusa, era pur sempre suo padre e lo adorava.

Andrew abbassò lo sguardo, incassando il colpo e restando in silenzio. Stava per rispondere, quando Ryan, con un pessimo tempismo, rientrò nella stanza. Il suo sorriso lasciò il posto ad un’espressione sorpresa quando vide Avery ed anche quest’ultimo lo guardò con aria tirata, non nascondendo il suo disappunto.

Calò un pesante silenzio, spezzato solo da un alternarsi di sguardi fra Victoria e Ryan.

“Ehm…io volevo solo dirti che le carte per le dimissioni sono pronte e, quando vuoi, possiamo andare. Ma posso tornare dopo, così potete finire di parlare” disse infine l’uomo.

“Non serve. Non c’è altro da dire. Ci siamo già detti tutto.” Disse Andrew “Mia figlia ha fatto la sua scelta. Spero non debba mai pentirsene.” Aggiunse, voltandosi per raggiungere la porta e lasciare la stanza, oltrepassando Ryan.

“Tutto qui?” rimarcò Ryan.

“Come prego?” osservò Avery stranito, bloccandosi a pochi passi dalla porta e voltandosi verso l’uomo. Di certo non era abituato ad essere contraddetto.

“Siccome sua figlia ha scelto di stare con me, con un uomo che lei disprezza, per ragioni che onestamente devo ancora capire, lei la tratta così? Come se fosse un’estranea, come se non contasse più niente per lei?” rimarcò.

“Ma come ti permetti? Dovrei farmi dare lezione di vita e di morale da un uomo che ha chiaramente dimostrato di non pensare alle sue di figlie, tradendo sua moglie ed irretendo una ragazzina?” sbottò l’altro.

“Sono uno stronzo, va bene, lo sanno anche i muri. Mi dica qualcosa di nuovo” rispose, senza colpo ferire, Ryan, facendo un passo verso Avery “Io ho sbagliato nei confronti di mia moglie, ma mi sono innamorato di sua figlia, che lei ci creda o no. Non volevamo far soffrire nessuno, ma è successo. Sto cercando di fare del mio meglio per evitare sofferenze inutili alle mie figlie e per fare in modo che il bambino che aspetto da Victoria non risenta della situazione, cosa che non si può certo dire di lei” continuò a dire serissimo “Sua figlia è tutto fuorché una sprovveduta, è intelligente e in gamba, non si farebbe irretire da nessuno, tantomeno da me. E’ incinta, in una situazione a dir poco surreale, ed è spaventata. Avrebbe avuto bisogno di lei, ma lei non c’era. L’ha cacciata di casa come se avesse ucciso qualcuno. Vuole odiarmi? Prego, si accomodi, faccia pure, ma non faccia pagare a sua figlia il disprezzo che nutre per me. Victoria non se lo merita.” Aggiunse serio.

Andrew lo fissava, senza dire nulla, ma senza nemmeno nascondere quanto poco lo stimasse.

“Ottima interpretazione. Se fossi così convincente anche nei tuoi film, avresti già vinto un Oscar” disse caustico dopo qualche istante “Sei passato da un matrimonio all’altro, incapace di costruirti qualcosa di duraturo, e adesso stai qui a farmi la predica e a cercare di convincermi che ami mia figlia. Forse puoi riuscire ad imbambolare lei, ma con me non attacca. Un uomo serio e innamorato non si sarebbe comportato come te, non avrebbe trascinato la donna che dice di amare in una situazione simile. Un uomo con gli attributi avrebbe troncato il suo matrimonio, ed avrebbe vissuto l’altra relazione alla luce del sole, senza costringere una ragazzina a fare l’amante clandestina, fino a metterla incinta e a lasciare che venisse presa di mira dai gossip e dai paparazzi. Prima o poi Victoria capirà che ha perso tempo con te, si stancherà e ti pianterà. Mi dispiace solo che per allora ci sarà un bambino di mezzo e che lei avrà sprecato i suoi anni migliori con te.” Concluse fissandolo.

“Papà basta! Ti prego, smettila. Piantala di parlare di me come se non fossi qui o, peggio ancora, come se fossi una povera deficiente” intervenne la ragazza, alzandosi in piedi ed avvicinandosi ai due, forse temendo anche che potessero arrivare alle mani, viste le occhiatacce che si scambiavano “Hai detto bene prima. Ho preso la mia decisione. Ho scelto di stare con Ryan, sono felice con lui e presto avremo un bambino. Puoi decidere se mi ami a tal punto da mettere da parte le tue convinzioni e il tuo disappunto per vedermi e mantenere un rapporto con me e con tuo nipote, quando nascerà, o puoi scegliere di mettere l’orgoglio al primo posto e di togliermi la parola, il saluto e il cognome finché starò con lui. Scegli” disse decisa.

Andrew sembrava colpito dalle sue parole, ma non riusciva a dire niente. Alternò lo sguardo dalla figlia a Ryan, ed alla fine sospirò.

“Come ho detto, spero che tu non debba mai pentirti della tua scelta” disse solo, prima di andarsene.

Victoria rimase lì in piedi, incredula e ferita. Sapeva quanto suo padre potesse essere testardo, ma sperava che, messo alle strette, avrebbe rivisto la sua posizione. Pensava di essere importante per lui e che magari la paura che le fosse successo qualcosa nell’incidente potesse smuoverlo e fargli cambiare idea. Non ci aspettava certo che accettasse Ryan dall’oggi al domani, ma almeno che si sforzasse di sopportarlo. Si sentiva come se qualcosa le si fosse spezzato dentro, ma voleva anche evitare di darlo troppo a vedere per non far sentire in colpa Ryan.

“Mi dispiace” le disse lui in un soffio.

“Forse avrei dovuto stare zitto, magari ho peggiorato le cose. E’ che non sopporto il modo in cui ti tratta. Pensavo fosse venuto qui per scusarsi, per ricucire con te. Ma poi, quando ha detto quelle cose, non ci ho più visto” disse.

“Lascia stare, non voglio parlarne, non adesso” lo fermò Victoria, ancora troppo scossa e delusa dall’atteggiamento di suo padre. Sapeva quanto potesse essere ostinato, ma mai si sarebbe aspettata che potesse arrivare ad anteporre il suo orgoglio a sua figlia.

Finì di riempire il suo borsone, che tuttavia non voleva chiudersi.

“Dannazione, questo affare non si vuole chiudere!” sbottò innervosita.

“Lascia, faccio io” intervenne Ryan, richiudendolo velocemente.

“Mi pare che abbiamo preso tutto. Possiamo andare” riprese a dire lui, dopo aver dato un’occhiata veloce in giro.

“L’auto è nel parcheggio sotterraneo” aggiunse, accompagnandola fuori. Raggiunsero l’auto di Ryan, e lasciarono l’ospedale.

Per tutto il tragitto la ragazza quasi non aprì bocca. Era pensierosa, guardava fuori dal finestrino, apriva bocca giusto per rispondere a qualche domanda di Ryan. Lui sapeva perfettamente il perché di quel suo stato d’animo ed evitò di bombardarla di chiacchiere. Inoltre, si sentiva anche in colpa, convinto di aver peggiorato la situazione, mettendosi in mezzo e rispondendo ad Avery in quel modo.

Ryan non la riaccompagnò da sua zia, ma nella villetta di Beverly Hills dove erano soliti incontrarsi, e dove ad attenderli c’erano Charlotte e Skyler. Le avevano organizzato una piccola festa di bentornata a casa, forse anche per rallegrarle l’umore, ignare di quanto appena successo in ospedale con Andrew.

Appena la ragazza mise piede in casa, vide la zia e la sua migliore amica, e la sala addobbata con un striscione di ‘bentornata’, palloncini, fiori, ed un piccolo buffet con tartine salate e pasticcini.

“Sorpresa!” esclamò Skyler, andandole incontro.

Victoria non era esattamente dell’umore di avere compagnia, ma fece buon viso a cattivo gioco. Spiluccò qualcosa, restando comodamente seduta sul divano, ma era evidente che fosse pensierosa.

“Che succede, tesoro? Non sei contenta di essere a casa?” le domandò sua zia, raggiungendola e sedendosi accanto a lei, mentre Skyler stava dando una mano a Ryan a riordinare in cucina.

“Con Ryan abbiamo pensato che qui saresti stata più tranquilla. In qualche modo alcuni giornalisti hanno trovato il mio indirizzo, me li sono ritrovata sotto casa ritornata dall’ospedale dopo l’incidente, non volevamo che ti dessero il tormento” le spiegò.

“Avete fatto bene, non è un problema, mi sento a casa anche qui” rispose la ragazza, stringendo le spalle ed accennando un sorriso “Mi spiace che ti stiano dando fastidio” aggiunse.

“Non preoccuparti per me! Si stancheranno alla svelta!” la rassicurò sua zia “Pensa solo a riposarti, al resto pensiamo noi.” Riprese a dirle “Mi spiace così tanto per quello che è successo. Ci ripenso sempre e forse se non avessi accelerato così tanto…” stava dicendo la donna, sentendosi in qualche modo responsabile per l’accaduto.

“No, no, zia non dire così. Non è stata colpa tua, ci hanno inseguite, quasi speronate. Chiunque al tuo posto avrebbe fatto lo stesso, anche io avrei cercato di seminarli. Non pensarci più, davvero. Stiamo bene, tutti e tre, è questo quello che conta” la rassicurò.

“Sai, Ryan sembrava un leone in gabbia quando è arrivato in ospedale. Era così preoccupato per te e per il bambino. Ed era furioso coi paparazzi quando ha saputo la dinamica dell’incidente. Credo si sentisse anche in colpa, perché non era qui, e non poteva proteggervi” riprese a dire “E’ in gamba, finora mi piace come si sta prendendo cura di te” ammise, sorridendo sollevata.

“Già. Magari anche papà la pensasse così” scappò detto a Victoria.

“E’ passato in ospedale stamattina” spiegò a sua zia “Quando l’ho visto, ho pensato che avesse cambiato idea o che almeno avesse deciso di mettere da parte la sua opinione su Ryan. Ero sicura che la preoccupazione per me sarebbe stata più forte di tutto il resto, che avrebbe fatto un passo indietro, e invece no. Abbiamo finito per discutere e poi è arrivato Ryan e ha quasi litigato anche con lui” continuò.

“Mi dispiace, tesoro” disse sua zia, accarezzandole un braccio “Tuo padre è un uomo molto particolare, sa essere molto testardo, ma vedrai che col tempo cambierà idea” le disse, cercando di farle vedere le cose in una prospettiva meno negativa.

“Non lo so” ammise lei, sospirando “Se non ha cambiato idea dopo quello che mi è successo, non credo la cambierà mai a questo punto. Non capisco nemmeno perché ce l’abbia così tanto con Ryan! Era sposato, va bene, ma non mi ha mai costretta a fare niente. Tutto quello che è successo, lo volevo anche io, ma lui si comporta come se mi avesse plagiata o costretta, è assurdo” continuò “E’ talmente orgoglioso da essere disposto a rinunciare a sua figlia piuttosto che cambiare idea” aggiunse dispiaciuta.

Charlotte non sapeva più cosa dirle. In fondo, la nipote aveva ragione, Andrew si era comportato male, e non era sicura che si sarebbe ravveduto molto presto. Era ostinato, caparbio ed era molto difficile fargli cambiare idea, quando si fissava su qualcosa, non era facile smuoverlo. Ma in questo caso era coinvolta sua figlia, e per Charlotte era inconcepibile che arrivasse a mettere un muro solo perché non condivideva le sue scelte. Victoria era per lei come una figlia e detestava vederla soffrire, soprattutto per causa di Andrew. Tuttavia, lasciò cadere il discorso, anche per non impensierire ulteriormente la ragazza.

“Allora, hai deciso di trasferirti a New York con lui?” riprese a dire, cambiando volutamente argomento.

Victoria annuì.

“Si, credo sia la cosa migliore. Tanto ormai, a parte te e Skyler, non ho più molto che mi trattenga qui. E poi così Ryan non dovrà fare avanti e indietro e potrà vedere le sue figlie, almeno spero. Sua moglie gli sta rendendo la vita un inferno” rispose sospirando.

“Lascia che se ne occupi lui” le suggerì sua zia, con fare materno “So che vorresti aiutarlo, perché lo ami, ma non addossarti preoccupazioni che non ti spettano. E’ un periodo delicato anche per te, non devi stressarti, devi solo pensare a te e al bambino. Ryan è un uomo fatto ed ha le spalle larghe, lascia che sistemi da solo i suoi problemi” aggiunse.

Nei giorni successivi, Victoria restò a riposo, passando dal letto al divano. La cosa non la esaltava, ma se tentava anche solo di sparecchiare, Ryan la bloccava subito. Era molto protettivo e si assicurava sempre che non facesse sforzi, si riposasse e prendesse le vitamine e gli integratori. Insomma, era un vero e proprio tesoro con lei. Nel frattempo, dopo il via libera della ginecologa per il viaggio in aereo, lui aveva iniziato ad organizzare la partenza per New York. Aveva trovato un appartamento spazioso in uno stabile praticamente blindato ed al riparto da paparazzi e curiosi. Le aveva anche mostrato le foto sul suo iPad: c’erano una cucina a vista, un salotto spazioso e confortevole, tre camere da letto, di cui una padronale con bagno annesso e cabina armadio, altri due bagni, uno sgabuzzino, ed un parcheggio sotterraneo. Sembrava davvero il posto ideale per loro ed era a pochi passi da Central Park.

Ben presto arrivò la mattina della partenza. Victoria non aveva un grosso bagaglio, quello che era rimasto da sua zia Charlotte le sarebbe stato inviato di lì a pochi giorni. Era nervosa, perché le sembrava in qualche modo di fare un salto nel vuoto, ma anche eccitata per quel nuovo capitolo che avrebbe iniziato con Ryan. Il momento più difficile era stato dover salutare, la sera prima, sua zia e Skyler. Anche se non era un addio ma un arrivederci, era stato strano per loro doversi salutare, ma si sarebbero riviste presto. Sicuramente sua zia l’avrebbe raggiunta per la nascita del bambino/a, anche prima, e lo stesso valeva per la sua migliore amica, che volava spesso nella Grande Mela per lavoro. Fino all’ultimo momento, Victoria era stata sul punto di chiamare suo padre, aveva anche composto il numero, ma si era sempre fermata un attimo prima di far partire la chiamata. Già sapeva che le sarebbe mancato, ma non si sentiva di fare lei il primo passo.

Ryan aveva organizzato tutto nel dettaglio. Un’auto li era andati a prendere un paio d’ore prima del volo, per il check in ed i controlli di rito. Erano stati scortati nella saletta d’attesa privata del LAX, per evitare i paparazzi, che gravitavano sempre intorno all’ingresso dell’aeroporto in attesa di qualche personaggio famoso. Non riuscirono a passare del tutto inosservati, erano ancora sulla bocca di tutti e su tutti i siti di gossip, ma la sicurezza dell’aeroporto riuscì a scortarli senza che fossero avvicinati o importunati, eccezion fatta per qualche commento poco carino di alcuni di loro rivolto alla ragazza, a cui Ryan rispose con un’occhiataccia severa.

Espletati i controlli di rito, riuscirono finalmente ad imbarcarsi e dopo un volo di circa sei ore, arrivarono al JFK. Anche lì trovarono la sicurezza ad attenderli ed a scortarli fino ad un Suv nero con finestrini oscurati ed autista, che li accompagnò in quella che sarebbe stata la loro nuova casa.

“Finalmente!” esclamò Ryan, una volta messo piede nel loro lussuoso appartamento al trentesimo piano.

“Benvenuta a casa!” aggiunse, con tono dolce, precedendola all’interno.

“Se qualcosa non ti convince, possiamo fare dei cambiamenti! Puoi cambiare tutto quello che vuoi” le disse, mentre lei si guardava intorno.

“Per adesso mi piace tutto! E’ ancora più bello che in fotografia” osservò lei “E’ molto grande. E luminoso. E poi la vista è spettacolare” aggiunse, avvicinandosi alle finestre.

“Staremo bene qui, vedrai!” le fece eco lui, avvicinandosi ed abbracciandola da dietro “Nessuno ci darà fastidio, potrai stare tranquilla e rilassarti” aggiunse, posandole un bacino fra il lobo dell’orecchio ed il collo “Cercheremo una ginecologa che possa seguirti. In realtà ho già anche qualche nome, ma ne parleremo meglio nei prossimi giorni, con calma” aggiunse premuroso.

Lei si lasciò coccolare bel volentieri. Quando la abbracciava riusciva sempre a farla sentire al sicuro, protetta, al suo posto nel mondo ed in quel particolare momento, con tutti quei cambiamenti, era esattamente ciò di cui aveva bisogno.

“Sei pentita?” le domandò poi, a bruciapelo.

Lei si voltò nel suo abbraccio, per guardarlo negli occhi.

“Di cosa? Di essermi trasferita qui?” rimarcò incerta.

Lui strinse le spalle “Di tutto. Di avermi seguito qui, di stare con me” ammise, abbassando poi lo sguardo “So che ti manca tuo padre, che ti pesa non sentirlo. Se siete ai ferri corti è per colpa mia, e forse se quella mattina in ospedale fossi stato zitto, non sarebbe finita così”

“No, no, non addossarti colpe non tue” lo rassicurò lei, allungando una mano per accarezzargli una guancia.

“Quello che è successo non dipende da te. E non è per quello che gli hai detto che siamo a questo punto. Lui è ostinato e testardo, ha preferito anteporre il suo orgoglio ferito a sua figlia, che altro c’è da dire?” continuò “Magari un giorno si renderà conto di aver sbagliato, capirà che è stato troppo rigido e severo con te. Ti ha giudicato dal primo momento, senza nemmeno essersi preso la briga di conoscerti, senza fidarsi del mio giudizio. L’hai sentito in ospedale, no? Mi ha trattata come una povera cretina che si fa plagiare. Però gli andava bene quando gli davo sempre retta.” Borbottò indispettita.

“Non sono pentita della mia scelta” riprese a dire “Sono esattamente dove dovrei essere. Ti amo, e anche se le cose non sono andate proprio nella maniera più ortodossa e convenzionale, non mi pento. Quindi, smettila di sentirti in colpa, non ce n’è motivo” aggiunse, abbozzando un sorriso ed allungandosi poi per rubargli un bacio morbido. Lui intensificò quel contatto fra loro, stringendo piacevolmente la presa sui suoi fianchi. Era da un bel po' ormai che non avevano un po' di intimità, qualche momento tutto per loro, ed era normale che sentissero la mancanza l’uno dell’altra anche in quel senso, soprattutto dopo quel trambusto.

“La dottoressa ha detto qualcosa?” le domandò lui, già col fiato corto, staccandosi appena per riprendere fiato “Si, insomma. Dobbiamo stare attenti o possiamo?” le domandò con un’aria adorabilmente impacciata che la fece sorridere intenerita.

“Ha detto che possiamo, stai tranquillo! Mancano ancora diversi mesi all’astinenza forzata e vorrei approfittarne finché non sono enorme come una balena spiaggiata! Non sono di cristallo e non mi romperò, Ryan” lo prese affettuosamente in giro.

“Sai che non ti facevo così chioccia?” ridacchiò, inclinando appena il capo per guardarlo.

“Smettila, non sono una chioccia, non è vero!” rise lui, lievemente imbarazzato.

“Si, che lo sei! Non che mi lamenti, ma non ti facevo così protettivo” aggiunse, osservandolo attentamente.

“Ok, ok, va bene! Forse un po', ma puoi biasimarmi?” le fece notare lui, tenendola stretta “Sono stati giorni piuttosto pesanti ed intensi, sei incinta, e adesso sei una città nuova, lontana da casa tua, da tua zia, da Skyler. Mi preoccupo per te perché ti amo, e perché non voglio che succeda niente né a te né al fagiolino” aggiunse.

“Lo so, ma non c’è motivo di preoccuparsi. Quando sto con te, sono più che certa che non mi succederà niente” rimarcò senza esitazione “Adesso ti decidi a baciarmi oppure vuoi continuare a perderti in chiacchiere, Reynolds?” aggiunse divertita.

Lui sorrise, appena imbarazzato, e poi riprese a baciarla teneramente, e via via con sempre più trasporto. Ben presto l’atmosfera di scaldò fra loro e, dopo aver seminato una scia di vestiti, in una rivisitazione in chiave erotica della fiaba di Hansel e Gretel, arrivarono a tentoni e ridacchiando, alla loro camera da letto, inaugurandola nel migliore dei modi, facendo appassionatamente l’amore. Ryan era sempre stato un amante appassionato, ma ora che Victoria era incinta, si era dimostrato ancora più attento e premuroso del solito, facendola davvero sentire speciale, bellissima, come fosse stata la donna più bella al mondo, l’unica che contasse per lui.

  
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