Victoria rimase in ospedale per un
paio di giorni, a scopo
preventivo. Fortunatamente, sia lei che il bambino stavano bene. Le era
andata
davvero di lusso, sia lei che sua zia si erano prese un bello spavento,
ma ora
che il peggio era passato, voleva solo concentrarsi sulla gravidanza e
dimenticare l’accaduto. Ryan si era occupato di tenere buona
la stampa, con
l’aiuto di Skyler, ed aveva anche spinto la ragazza a
sporgere denuncia contro
i paparazzi, che erano stati individuati, ed a richiedere al giudice un
ordine
restrittivo, in modo da essere certa che non ci fosse un bis. Nel
frattempo, la
ragazza aveva riflettuto attentamente sulla sua proposta di seguirlo a
New
York, ed alla fine si era decisa ad accettare. Una parte di lei aveva
comprensibilmente paura, viveva quel momento come una sorta di salto
nel buio.
Era innamorata di Ryan, ma erano passati da una relazione clandestina
all’aspettare un figlio ed ora avrebbero iniziato a
convivere. Tuttavia, sapeva
che quel passo andava fatto, e forse il trasferimento capitava al
momento
giusto, dopo lo spavento dell’incidente e la delusione
perché suo padre non si
era fatto vivo, dopo quanto successo.
La ragazza era ancora incredula, non
riusciva a
metabolizzare l’atteggiamento ostile ed ora anche di
disinteresse del padre.
Pensava e sperava che, una volta saputo dell’incidente, si
sarebbe precipitato
in ospedale, o che si sarebbe fatto vivo almeno con zia Charlotte ed
invece
nulla.
Dopo tre giorni di ricovero,
finalmente, i medici decisero
di dimetterla, raccomandandole comunque di stare a riposo. Stava giusto
preparando le sue cose, mentre Ryan sbrigava alcune
formalità in accettazione,
quando sentì alle sue spalle dei passi. Convinta che fosse
il suo compagno,
continuò a riempire il borsone.
“Sono quasi pronta. Spero
che il borsone si chiuda,
altrimenti mi ci dovrò sedere sopra” stava
dicendo, quando sentì schiarirsi la
voce e, voltandosi, rimase di stucco nel vedere suo padre.
“Papà”
esclamò, quasi in un soffio.
“Ciao Victoria”
rispose lui, abbozzando un sorriso.
“Sono felice di vedere che
stai bene” continuò a dire. Era
visibilmente a disagio, come se non sapesse cosa dire, e in rarissime
occasioni
la figlia l’aveva visto così in
difficoltà, proprio lui che solitamente
riusciva sempre a mantenere tutto sotto controllo.
“Sarei venuto prima, ma ero
fuori per lavoro. Mi hanno
avvisato ieri sera, quando sono rientrato a Los Angeles. Volevo vedere
coi miei
occhi come stavi” aggiunse.
“Sto bene, per fortuna.
Anzi, stiamo bene” precisò,
riferendosi ovviamente al figlio che aspettava “Ma poteva
andare peggio”
rispose. Era felice di vederlo, ma al contempo non riusciva a
dimenticare la
sua durezza e severità l’ultima volta che si erano
visti, quell’accesa
discussione e la sua decisione nel cacciarla di casa solo
perché non
condivideva più le sue scelte di vita.
“Mi hanno tenuta in
osservazione un paio di giorni, ma oggi
per fortuna posso tornare a casa. Non ne potevo più di stare
qui” aggiunse.
“Stai da Skyler o da tua
zia?” le domandò.
“Da zia
Charlotte” rispose lei “Ma starò
lì ancora per poco”
precisò, sedendosi sul letto e scrutando la sua reazione.
Andrew sgranò gli occhi
sorpreso e la fissò con aria
interrogativa.
“Ryan mi ha proposto di
seguirlo a New York ed io ho
accettato” gli spiegò, senza girarci troppo
intorno.
L’espressione di suo padre
si indurì subito.
“E tu hai
accettato” rimarcò lui.
“Si, certo che
si” disse lei “Così sarà
tutto più semplice”
aggiunse.
“Per chi? Per te o per
lui?” la incalzò Andrew.
Victoria sbuffò. A quanto
pare suo padre non era ancora pronto
a cercare di superare i suoi pregiudizi su Ryan.
“Per entrambi. Lui
è nel bel mezzo di un divorzio, le sue
figlie vivono là ed io voglio stare con lui, non restare qui
ad aspettare che
mi raggiunga una volta o due al mese” rispose seria.
Suo padre era ora in silenzio, si
limitava ad ascoltarla, ma
era evidente che non fosse d’accordo.
“Non vuoi proprio cercare
di andare oltre i tuoi pregiudizi
e sforzarti di conoscerlo, vero?” riprese a dire la ragazza,
ma la sua era una
considerazione più che una domanda “Si sta
prendendo le sue responsabilità, sta
cercando di fare la cosa giusta, si sta facendo in quattro per me, mi
ama!”
disse concitata “Perché ti ostini a non
accettarlo? Sono tua figlia, dovresti
volermi bene anche e soprattutto quando non condividi le mie scelte.
Pensi che
per me sia stato facile in queste settimane? Avrei avuto bisogno di te,
ma tu
non c’eri. Credevo che non saresti nemmeno passato qui in
ospedale ormai. Sono
tua figlia anche quando sbaglio. Per la prima volta nella mia vita ho
fatto
qualcosa che non approvi e reagisci così? Mi cacci di casa,
mi rifiuti? Ti
ostini a mettere il tuo orgoglio ferito al primo posto”
aggiunse seria e con
gli occhi lucidi, perché per quanto fosse ancora arrabbiata
e delusa, era pur
sempre suo padre e lo adorava.
Andrew abbassò lo sguardo,
incassando il colpo e restando in
silenzio. Stava per rispondere, quando Ryan, con un pessimo tempismo,
rientrò
nella stanza. Il suo sorriso lasciò il posto ad
un’espressione sorpresa quando
vide Avery ed anche quest’ultimo lo guardò con
aria tirata, non nascondendo il
suo disappunto.
Calò un pesante silenzio,
spezzato solo da un alternarsi di
sguardi fra Victoria e Ryan.
“Ehm…io volevo
solo dirti che le carte per le dimissioni
sono pronte e, quando vuoi, possiamo andare. Ma posso tornare dopo,
così potete
finire di parlare” disse infine l’uomo.
“Non serve. Non
c’è altro da dire. Ci siamo già detti
tutto.” Disse Andrew “Mia figlia ha fatto la sua
scelta. Spero non debba mai
pentirsene.” Aggiunse, voltandosi per raggiungere la porta e
lasciare la
stanza, oltrepassando Ryan.
“Tutto qui?”
rimarcò Ryan.
“Come prego?”
osservò Avery stranito, bloccandosi a pochi
passi dalla porta e voltandosi verso l’uomo. Di certo non era
abituato ad
essere contraddetto.
“Siccome sua figlia ha
scelto di stare con me, con un uomo
che lei disprezza, per ragioni che onestamente devo ancora capire, lei
la
tratta così? Come se fosse un’estranea, come se
non contasse più niente per
lei?” rimarcò.
“Ma come ti permetti?
Dovrei farmi dare lezione di vita e di
morale da un uomo che ha chiaramente dimostrato di non pensare alle sue
di
figlie, tradendo sua moglie ed irretendo una ragazzina?”
sbottò l’altro.
“Sono uno stronzo, va bene,
lo sanno anche i muri. Mi dica
qualcosa di nuovo” rispose, senza colpo ferire, Ryan, facendo
un passo verso
Avery “Io ho sbagliato nei confronti di mia moglie, ma mi
sono innamorato di
sua figlia, che lei ci creda o no. Non volevamo far soffrire nessuno,
ma è
successo. Sto cercando di fare del mio meglio per evitare sofferenze
inutili
alle mie figlie e per fare in modo che il bambino che aspetto da
Victoria non
risenta della situazione, cosa che non si può certo dire di
lei” continuò a
dire serissimo “Sua figlia è tutto
fuorché una sprovveduta, è intelligente e in
gamba, non si farebbe irretire da nessuno, tantomeno da me.
E’ incinta, in una
situazione a dir poco surreale, ed è spaventata. Avrebbe
avuto bisogno di lei,
ma lei non c’era. L’ha cacciata di casa come se
avesse ucciso qualcuno. Vuole
odiarmi? Prego, si accomodi, faccia pure, ma non faccia pagare a sua
figlia il
disprezzo che nutre per me. Victoria non se lo merita.”
Aggiunse serio.
Andrew lo fissava, senza dire nulla,
ma senza nemmeno
nascondere quanto poco lo stimasse.
“Ottima interpretazione. Se
fossi così convincente anche nei
tuoi film, avresti già vinto un Oscar” disse
caustico dopo qualche istante “Sei
passato da un matrimonio all’altro, incapace di costruirti
qualcosa di
duraturo, e adesso stai qui a farmi la predica e a cercare di
convincermi che
ami mia figlia. Forse puoi riuscire ad imbambolare lei, ma con me non
attacca.
Un uomo serio e innamorato non si sarebbe comportato come te, non
avrebbe
trascinato la donna che dice di amare in una situazione simile. Un uomo
con gli
attributi avrebbe troncato il suo matrimonio, ed avrebbe vissuto
l’altra
relazione alla luce del sole, senza costringere una ragazzina a fare
l’amante
clandestina, fino a metterla incinta e a lasciare che venisse presa di
mira dai
gossip e dai paparazzi. Prima o poi Victoria capirà che ha
perso tempo con te,
si stancherà e ti pianterà. Mi dispiace solo che
per allora ci sarà un bambino
di mezzo e che lei avrà sprecato i suoi anni migliori con
te.” Concluse
fissandolo.
“Papà basta! Ti
prego, smettila. Piantala di parlare di me
come se non fossi qui o, peggio ancora, come se fossi una povera
deficiente”
intervenne la ragazza, alzandosi in piedi ed avvicinandosi ai due,
forse
temendo anche che potessero arrivare alle mani, viste le occhiatacce
che si
scambiavano “Hai detto bene prima. Ho preso la mia decisione.
Ho scelto di
stare con Ryan, sono felice con lui e presto avremo un bambino. Puoi
decidere
se mi ami a tal punto da mettere da parte le tue convinzioni e il tuo
disappunto per vedermi e mantenere un rapporto con me e con tuo nipote,
quando
nascerà, o puoi scegliere di mettere l’orgoglio al
primo posto e di togliermi
la parola, il saluto e il cognome finché starò
con lui. Scegli” disse decisa.
Andrew sembrava colpito dalle sue
parole, ma non riusciva a
dire niente. Alternò lo sguardo dalla figlia a Ryan, ed alla
fine sospirò.
“Come ho detto, spero che
tu non debba mai pentirti della
tua scelta” disse solo, prima di andarsene.
Victoria rimase lì in
piedi, incredula e ferita. Sapeva
quanto suo padre potesse essere testardo, ma sperava che, messo alle
strette,
avrebbe rivisto la sua posizione. Pensava di essere importante per lui
e che
magari la paura che le fosse successo qualcosa nell’incidente
potesse smuoverlo
e fargli cambiare idea. Non ci aspettava certo che accettasse Ryan
dall’oggi al
domani, ma almeno che si sforzasse di sopportarlo. Si sentiva come se
qualcosa
le si fosse spezzato dentro, ma voleva anche evitare di darlo troppo a
vedere
per non far sentire in colpa Ryan.
“Mi dispiace” le
disse lui in un soffio.
“Forse avrei dovuto stare
zitto, magari ho peggiorato le
cose. E’ che non sopporto il modo in cui ti tratta. Pensavo
fosse venuto qui
per scusarsi, per ricucire con te. Ma poi, quando ha detto quelle cose,
non ci
ho più visto” disse.
“Lascia stare, non voglio
parlarne, non adesso” lo fermò
Victoria, ancora troppo scossa e delusa dall’atteggiamento di
suo padre. Sapeva
quanto potesse essere ostinato, ma mai si sarebbe aspettata che potesse
arrivare ad anteporre il suo orgoglio a sua figlia.
Finì di riempire il suo
borsone, che tuttavia non voleva
chiudersi.
“Dannazione, questo affare
non si vuole chiudere!” sbottò
innervosita.
“Lascia, faccio
io” intervenne Ryan, richiudendolo
velocemente.
“Mi pare che abbiamo preso
tutto. Possiamo andare” riprese a
dire lui, dopo aver dato un’occhiata veloce in giro.
“L’auto
è nel parcheggio sotterraneo” aggiunse,
accompagnandola fuori. Raggiunsero l’auto di Ryan, e
lasciarono l’ospedale.
Per tutto il tragitto la ragazza
quasi non aprì bocca. Era
pensierosa, guardava fuori dal finestrino, apriva bocca giusto per
rispondere a
qualche domanda di Ryan. Lui sapeva perfettamente il perché
di quel suo stato
d’animo ed evitò di bombardarla di chiacchiere.
Inoltre, si sentiva anche in
colpa, convinto di aver peggiorato la situazione, mettendosi in mezzo e
rispondendo
ad Avery in quel modo.
Ryan non la riaccompagnò
da sua zia, ma nella villetta di
Beverly Hills dove erano soliti incontrarsi, e dove ad attenderli
c’erano
Charlotte e Skyler. Le avevano organizzato una piccola festa di
bentornata a
casa, forse anche per rallegrarle l’umore, ignare di quanto
appena successo in
ospedale con Andrew.
Appena la ragazza mise piede in casa,
vide la zia e la sua
migliore amica, e la sala addobbata con un striscione di
‘bentornata’,
palloncini, fiori, ed un piccolo buffet con tartine salate e pasticcini.
“Sorpresa!”
esclamò Skyler, andandole incontro.
Victoria non era esattamente
dell’umore di avere compagnia,
ma fece buon viso a cattivo gioco. Spiluccò qualcosa,
restando comodamente
seduta sul divano, ma era evidente che fosse pensierosa.
“Che succede, tesoro? Non
sei contenta di essere a casa?” le
domandò sua zia, raggiungendola e sedendosi accanto a lei,
mentre Skyler stava
dando una mano a Ryan a riordinare in cucina.
“Con Ryan abbiamo pensato
che qui saresti stata più tranquilla.
In qualche modo alcuni giornalisti hanno trovato il mio indirizzo, me
li sono
ritrovata sotto casa ritornata dall’ospedale dopo
l’incidente, non volevamo che
ti dessero il tormento” le spiegò.
“Avete fatto bene, non
è un problema, mi sento a casa anche
qui” rispose la ragazza, stringendo le spalle ed accennando
un sorriso “Mi
spiace che ti stiano dando fastidio” aggiunse.
“Non preoccuparti per me!
Si stancheranno alla svelta!” la
rassicurò sua zia “Pensa solo a riposarti, al
resto pensiamo noi.” Riprese a
dirle “Mi spiace così tanto per quello che
è successo. Ci ripenso sempre e
forse se non avessi accelerato così
tanto…” stava dicendo la donna, sentendosi
in qualche modo responsabile per l’accaduto.
“No, no, zia non dire
così. Non è stata colpa tua, ci hanno
inseguite, quasi speronate. Chiunque al tuo posto avrebbe fatto lo
stesso,
anche io avrei cercato di seminarli. Non pensarci più,
davvero. Stiamo bene,
tutti e tre, è questo quello che conta” la
rassicurò.
“Sai, Ryan sembrava un
leone in gabbia quando è arrivato in
ospedale. Era così preoccupato per te e per il bambino. Ed
era furioso coi
paparazzi quando ha saputo la dinamica dell’incidente. Credo
si sentisse anche
in colpa, perché non era qui, e non poteva
proteggervi” riprese a dire “E’ in
gamba, finora mi piace come si sta prendendo cura di te”
ammise, sorridendo
sollevata.
“Già. Magari
anche papà la pensasse così”
scappò detto a
Victoria.
“E’ passato in
ospedale stamattina” spiegò a sua zia
“Quando
l’ho visto, ho pensato che avesse cambiato idea o che almeno
avesse deciso di
mettere da parte la sua opinione su Ryan. Ero sicura che la
preoccupazione per
me sarebbe stata più forte di tutto il resto, che avrebbe
fatto un passo
indietro, e invece no. Abbiamo finito per discutere e poi è
arrivato Ryan e ha
quasi litigato anche con lui” continuò.
“Mi dispiace,
tesoro” disse sua zia, accarezzandole un
braccio “Tuo padre è un uomo molto particolare, sa
essere molto testardo, ma
vedrai che col tempo cambierà idea” le disse,
cercando di farle vedere le cose
in una prospettiva meno negativa.
“Non lo so”
ammise lei, sospirando “Se non ha cambiato idea
dopo quello che mi è successo, non credo la
cambierà mai a questo punto. Non
capisco nemmeno perché ce l’abbia così
tanto con Ryan! Era sposato, va bene, ma
non mi ha mai costretta a fare niente. Tutto quello che è
successo, lo volevo
anche io, ma lui si comporta come se mi avesse plagiata o costretta,
è assurdo”
continuò “E’ talmente orgoglioso da
essere disposto a rinunciare a sua figlia
piuttosto che cambiare idea” aggiunse dispiaciuta.
Charlotte non sapeva più
cosa dirle. In fondo, la nipote
aveva ragione, Andrew si era comportato male, e non era sicura che si
sarebbe
ravveduto molto presto. Era ostinato, caparbio ed era molto difficile
fargli
cambiare idea, quando si fissava su qualcosa, non era facile smuoverlo.
Ma in
questo caso era coinvolta sua figlia, e per Charlotte era inconcepibile
che
arrivasse a mettere un muro solo perché non condivideva le
sue scelte. Victoria
era per lei come una figlia e detestava vederla soffrire, soprattutto
per causa
di Andrew. Tuttavia, lasciò cadere il discorso, anche per
non impensierire
ulteriormente la ragazza.
“Allora, hai deciso di
trasferirti a New York con lui?”
riprese a dire, cambiando volutamente argomento.
Victoria annuì.
“Si, credo sia la cosa
migliore. Tanto ormai, a parte te e
Skyler, non ho più molto che mi trattenga qui. E poi
così Ryan non dovrà fare
avanti e indietro e potrà vedere le sue figlie, almeno
spero. Sua moglie gli
sta rendendo la vita un inferno” rispose sospirando.
“Lascia che se ne occupi
lui” le suggerì sua zia, con fare
materno “So che vorresti aiutarlo, perché lo ami,
ma non addossarti
preoccupazioni che non ti spettano. E’ un periodo delicato
anche per te, non
devi stressarti, devi solo pensare a te e al bambino. Ryan è
un uomo fatto ed
ha le spalle larghe, lascia che sistemi da solo i suoi
problemi” aggiunse.
Nei giorni successivi, Victoria
restò a riposo, passando dal
letto al divano. La cosa non la esaltava, ma se tentava anche solo di
sparecchiare,
Ryan la bloccava subito. Era molto protettivo e si assicurava sempre
che non
facesse sforzi, si riposasse e prendesse le vitamine e gli integratori.
Insomma, era un vero e proprio tesoro con lei. Nel frattempo, dopo il
via
libera della ginecologa per il viaggio in aereo, lui aveva iniziato ad
organizzare la partenza per New York. Aveva trovato un appartamento
spazioso in
uno stabile praticamente blindato ed al riparto da paparazzi e curiosi.
Le
aveva anche mostrato le foto sul suo iPad: c’erano una cucina
a vista, un
salotto spazioso e confortevole, tre camere da letto, di cui una
padronale con
bagno annesso e cabina armadio, altri due bagni, uno sgabuzzino, ed un
parcheggio sotterraneo. Sembrava davvero il posto ideale per loro ed
era a
pochi passi da Central Park.
Ben presto arrivò la
mattina della partenza. Victoria non
aveva un grosso bagaglio, quello che era rimasto da sua zia Charlotte
le
sarebbe stato inviato di lì a pochi giorni. Era nervosa,
perché le sembrava in
qualche modo di fare un salto nel vuoto, ma anche eccitata per quel
nuovo
capitolo che avrebbe iniziato con Ryan. Il momento più
difficile era stato
dover salutare, la sera prima, sua zia e Skyler. Anche se non era un
addio ma
un arrivederci, era stato strano per loro doversi salutare, ma si
sarebbero
riviste presto. Sicuramente sua zia l’avrebbe raggiunta per
la nascita del
bambino/a, anche prima, e lo stesso valeva per la sua migliore amica,
che
volava spesso nella Grande Mela per lavoro. Fino all’ultimo
momento, Victoria
era stata sul punto di chiamare suo padre, aveva anche composto il
numero, ma
si era sempre fermata un attimo prima di far partire la chiamata.
Già sapeva
che le sarebbe mancato, ma non si sentiva di fare lei il primo passo.
Ryan aveva organizzato tutto nel
dettaglio. Un’auto li era
andati a prendere un paio d’ore prima del volo, per il check
in ed i controlli
di rito. Erano stati scortati nella saletta d’attesa privata
del LAX, per
evitare i paparazzi, che gravitavano sempre intorno
all’ingresso dell’aeroporto
in attesa di qualche personaggio famoso. Non riuscirono a passare del
tutto
inosservati, erano ancora sulla bocca di tutti e su tutti i siti di
gossip, ma
la sicurezza dell’aeroporto riuscì a scortarli
senza che fossero avvicinati o
importunati, eccezion fatta per qualche commento poco carino di alcuni
di loro
rivolto alla ragazza, a cui Ryan rispose con un’occhiataccia
severa.
Espletati i controlli di rito,
riuscirono finalmente ad
imbarcarsi e dopo un volo di circa sei ore, arrivarono al JFK. Anche
lì
trovarono la sicurezza ad attenderli ed a scortarli fino ad un Suv nero
con
finestrini oscurati ed autista, che li accompagnò in quella
che sarebbe stata
la loro nuova casa.
“Finalmente!”
esclamò Ryan, una volta messo piede nel loro
lussuoso appartamento al trentesimo piano.
“Benvenuta a
casa!” aggiunse, con tono dolce, precedendola
all’interno.
“Se qualcosa non ti
convince, possiamo fare dei cambiamenti!
Puoi cambiare tutto quello che vuoi” le disse, mentre lei si
guardava intorno.
“Per adesso mi piace tutto!
E’ ancora più bello che in
fotografia” osservò lei “E’
molto grande. E luminoso. E poi la vista è
spettacolare” aggiunse, avvicinandosi alle finestre.
“Staremo bene qui,
vedrai!” le fece eco lui, avvicinandosi
ed abbracciandola da dietro “Nessuno ci darà
fastidio, potrai stare tranquilla
e rilassarti” aggiunse, posandole un bacino fra il lobo
dell’orecchio ed il
collo “Cercheremo una ginecologa che possa seguirti. In
realtà ho già anche
qualche nome, ma ne parleremo meglio nei prossimi giorni, con
calma” aggiunse
premuroso.
Lei si lasciò coccolare
bel volentieri. Quando la
abbracciava riusciva sempre a farla sentire al sicuro, protetta, al suo
posto
nel mondo ed in quel particolare momento, con tutti quei cambiamenti,
era
esattamente ciò di cui aveva bisogno.
“Sei pentita?” le
domandò poi, a bruciapelo.
Lei si voltò nel suo
abbraccio, per guardarlo negli occhi.
“Di cosa? Di essermi
trasferita qui?” rimarcò incerta.
Lui strinse le spalle “Di
tutto. Di avermi seguito qui, di stare
con me” ammise, abbassando poi lo sguardo “So che
ti manca tuo padre, che ti
pesa non sentirlo. Se siete ai ferri corti è per colpa mia,
e forse se quella
mattina in ospedale fossi stato zitto, non sarebbe finita
così”
“No, no, non addossarti
colpe non tue” lo rassicurò lei,
allungando una mano per accarezzargli una guancia.
“Quello che è
successo non dipende da te. E non è per quello
che gli hai detto che siamo a questo punto. Lui è ostinato e
testardo, ha
preferito anteporre il suo orgoglio ferito a sua figlia, che altro
c’è da dire?”
continuò “Magari un giorno si renderà
conto di aver sbagliato, capirà che è
stato troppo rigido e severo con te. Ti ha giudicato dal primo momento,
senza
nemmeno essersi preso la briga di conoscerti, senza fidarsi del mio
giudizio.
L’hai sentito in ospedale, no? Mi ha trattata come una povera
cretina che si fa
plagiare. Però gli andava bene quando gli davo sempre
retta.” Borbottò indispettita.
“Non sono pentita della mia
scelta” riprese a dire “Sono
esattamente dove dovrei essere. Ti amo, e anche se le cose non sono
andate
proprio nella maniera più ortodossa e convenzionale, non mi
pento. Quindi,
smettila di sentirti in colpa, non ce n’è
motivo” aggiunse, abbozzando un
sorriso ed allungandosi poi per rubargli un bacio morbido. Lui
intensificò quel
contatto fra loro, stringendo piacevolmente la presa sui suoi fianchi.
Era da
un bel po' ormai che non avevano un po' di intimità, qualche
momento tutto per
loro, ed era normale che sentissero la mancanza l’uno
dell’altra anche in quel
senso, soprattutto dopo quel trambusto.
“La dottoressa ha detto
qualcosa?” le domandò lui, già col
fiato corto, staccandosi appena per riprendere fiato “Si,
insomma. Dobbiamo
stare attenti o possiamo?” le domandò con
un’aria adorabilmente impacciata che
la fece sorridere intenerita.
“Ha detto che possiamo,
stai tranquillo! Mancano ancora
diversi mesi all’astinenza forzata e vorrei approfittarne
finché non sono
enorme come una balena spiaggiata! Non sono di cristallo e non mi
romperò, Ryan”
lo prese affettuosamente in giro.
“Sai che non ti facevo
così chioccia?” ridacchiò, inclinando
appena il capo per guardarlo.
“Smettila, non sono una
chioccia, non è vero!” rise lui,
lievemente imbarazzato.
“Si, che lo sei! Non che mi
lamenti, ma non ti facevo così
protettivo” aggiunse, osservandolo attentamente.
“Ok, ok, va bene! Forse un
po', ma puoi biasimarmi?” le fece
notare lui, tenendola stretta “Sono stati giorni piuttosto
pesanti ed intensi,
sei incinta, e adesso sei una città nuova, lontana da casa
tua, da tua zia, da
Skyler. Mi preoccupo per te perché ti amo, e
perché non voglio che succeda
niente né a te né al fagiolino”
aggiunse.
“Lo so, ma non
c’è motivo di preoccuparsi. Quando sto con
te, sono più che certa che non mi succederà
niente” rimarcò senza esitazione
“Adesso ti decidi a baciarmi oppure vuoi continuare a
perderti in chiacchiere,
Reynolds?” aggiunse divertita.
Lui sorrise, appena imbarazzato, e
poi riprese a baciarla
teneramente, e via via con sempre più trasporto. Ben presto
l’atmosfera di
scaldò fra loro e, dopo aver seminato una scia di vestiti,
in una rivisitazione
in chiave erotica della fiaba di Hansel e Gretel, arrivarono a tentoni
e
ridacchiando, alla loro camera da letto, inaugurandola nel migliore dei
modi,
facendo appassionatamente l’amore. Ryan era sempre stato un
amante
appassionato, ma ora che Victoria era incinta, si era dimostrato ancora
più
attento e premuroso del solito, facendola davvero sentire speciale,
bellissima,
come fosse stata la donna più bella al mondo,
l’unica che contasse per lui.