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Autore: DaisyCorbyn    25/11/2017    2 recensioni
[19 anni dopo] [Next generation]
Alwys ha passato i primi 11 anni della sua vita a nascondersi per la sua natura da lupo mannaro, fino a quando un giorno Ted Remus Lupin bussò alla sua porta per dirle di essere idonea per frequentare Hogwarts. Alwys così inizierà una nuova vita con i suoi amici Albus e Rose, nonostante una presenza oscura cercherà di impossessarsi del Mondo Magico.
Dal Capitolo 2:
«Mi chiamo Ted Remus Lupin, sono un professore della Scuola di magia e stregoneria di Hogwarts. Quando un bambino con poteri magici compie 11 anni, riceve una lettera dalla scuola per poter essere ammesso. Non sempre, però, il bambino ha i genitori anch’essi dei maghi e, quando ciò accade, viene inviato un professore per spiegare alla famiglia la situazione. Tu sei stata ritenuta idonea per frequentare Hogwarts e io sono il professore che risponderà a tutte le tue domande» finì con un sorriso e si sistemò l’impermeabile.
I genitori guardarono la figlia annuendo e sorrisero dolcemente come se stessero cercando di convincerla con lo sguardo.
«No» fu l’unica parola che Alwys disse dopo essersi ripresa dal quel fiume di informazioni.
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Albus Severus Potter, James Sirius Potter, Nuovo personaggio, Teddy Lupin
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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21
James non potevi stare zitto?

 
 
I cinque guardarono il Weasley con gli occhi fuori dalle orbite, a causa della sua reazione, e perché erano ansiosi di sapere la risposta.
«Quindi?»
«Devo prima parlare con James.»
Fred si alzò con uno scatto e andò dritto verso l’arco che portava al corridoio principale. Albus realizzò di non aver detto al fratello di essersi inventato che era stato lui ad ideare l’indovinello, quindi si alzò con movimento brusco e trascinò Alwys con sé mentre le altre tre ragazze li guardavano confuse, sperando di raggiungere il fratello prima di Fred.
«James!»
Il Corvonero divenne immediatamente rigido e mentalmente scandagliò la sua fedina penale.
«Come fai a saperlo?»
«Cosa?» James cercò di sembrare rilassato, ma rivoli di sudore gli imperlarono il viso.
«Hai parlato con lui, vero?» chiese Fred.
James boccheggiò non sapendo cosa dire.
«Ma chi? Non capisco» cercò di articolare una frase di senso compiuto, ma lo sguardo accusatorio del cugino gli fece venire l’ansia.
«Come hai fatto a scrivere quell’indovinello?»
James sul momento tirò un sospiro di sollievo, poi però lo guardò confuso.
«Indovinello?»
Fred prese il foglietto dalla tasca dei pantaloni e lo aprì davanti ai suoi occhi.
«Dai, James! Ci sto mettendo così tanto che già te ne sei dimenticato?» Albus corse verso di loro e diede una gomitata al fratello.
«Ti sei impegnato così tanto per scriverlo» esclamò Alwys facendo un sorriso un po’ tirato.
James guardò i due confusi, poi però lesse il contenuto del foglietto e sorrise verso il cugino: «Ma certo! Fred sai la soluzione?»
«Prima vorrei sapere come ti sia venuto» rispose incrociando le braccia al petto.
«Risposta, poi spiegazione» rispose con aria di sfida il Corvonero.
Fred alzò gli occhi al cielo: «Foro Romano.»
I tre all’udire la risposta lo guardarono con un sopracciglio alzato e visibilmente confusi, la stessa espressione del rosso.
«Cosa ho detto?»
«Perché proprio Foro Romano?» chiese Albus grattandosi la tempia destra cercando inutilmente di capirci qualcosa.
«Prima voglio sapere perché James conosce questo posto.»
I tre si guardarono confusi: Alwys ed Albus annuirono verso James che prese un bel respiro.
«C’è una cosa che dobbiamo dirti» disse serio.
«E che non dovrai dire a nessuno» puntualizzò Albus.
«Non è niente di male» aggiunse Alwys notando l’espressione preoccupata di Fred.
«Ok, ora sono molto preoccupato.»
«Un fantasma ha preso la Mappa del Malandrino e per riaverla ci ha posto questo indovinello» spiegò James sorvolando esplicitamente sui dettagli importanti. «Vieni con noi e te lo mostreremo, così capirai meglio.»
Il rosso deglutì e annuì poco convito. Andarono verso le scale che stavano facendo impazzire alcuni studenti del primo anno per quanto si stessero muovendo e arrivarono al settimo piano.
«La stanza delle necessità?» chiese notando ciò che stava facendo James.
Lui annuì, aprì la porta che era spuntata nel muro e il vento gli scompigliò i capelli: la casa che pendeva da un lato in mezzo alla distesa di spighe secche era ancora lì.
«Ma questa è la Tana!» esclamò estasiato Fred mentre i tre lo guardarono curiosi «Voi non la potete conoscere, ai vostri genitori non piace parlare del passato… a mio padre sì, invece» si girò verso di loro per guardarli uno ad uno negli occhi «È la vecchia casa dei Weasley, prima della Seconda Guerra Magica. Le foto del matrimonio di zio Bill e zia Fleur sono state scattate qui» spostò lo sguardo verso la casa malandata che era come se emanasse ricordi dalle pareti «Perché la stanza delle necessità ci ha condotto qui?»
I tre tacquero.
James strinse i pugni lungo i fianchi: «Lo capirai dentro.»
Arrivarono ai piedi dell’imponente struttura che li sovrastava con la sua altezza, entrarono e gli occhi di Fred incominciarono a pizzicargli perché dentro di sé aveva sempre desiderato vedere dove suo padre fosse nato, dove fosse cresciuto con suo fratello.
«Perché dentro è così?» fece scivolare una mano lungo il tavolo rosicchiato dai topi sporcandosela di cenere mista a polvere.
Il suo sguardo si posò sull’orologio le cui lancette, che erano nove e non due, erano state bruciate verso la fine. James lo prese per mano, fece cenno ad Alwys e ad Albus di rimanere lì e salirono le scale che scricchiolarono ad ogni loro passo.
«Dietro questa porta troverai tutte le risposte.»
Fred lo guardò serio e varcò la porta che si chiuse dietro di sé. La stanza era immersa nel silenzio, molto probabilmente se ci fosse stato qualcuno lì avrebbe sentito il suo cuore che gli martellava il petto.
«Chi sei?»
Fred si girò di scatto incontrando due occhi castani.
«Papà?» il fantasma divenne rigido e lentamente si avvicinò al ragazzo.
«Come ti chiami?» chiese, e Fred notò che anche la voce era uguale a quella di suo padre.
«Fred Weasley Jr.»
L’uomo sorrise, si portò una mano agli occhi per coprirli.
«Certo che George non ha per niente fantasia» calde lacrime gli rigarono il volto nonostante stesse sorridendo.
Il ragazzo si portò entrambe le mani alla bocca, scoppiò a piangere e si mise a correre per abbracciarlo, ma fra le sue braccia ci fu solo l’aria gelida che lo avvolse.
«Perché…?» farfugliò indeciso su quale domanda scegliere fra il mare che aveva in testa.
«Sono un fantasma» guardò fuori dalla finestra come se guardare gli occhi di Fred fosse troppo doloroso.
«Perché sei qui? Perché hai fatto quell’indovinello? Perché non ci hai detto prima che eri qui?» cercò di toccarlo, ma la sua mano passò oltre i vestiti e sentì improvvisamente freddo.
«Ho deciso di rimanere perché c’è una cosa che devo fare» rispose mentre incominciò a passeggiare per la stanza come se fosse trasportato dal vento che entrava dalla finestra «Ma allo stesso tempo non volevo mostrarmi perché sapevo che avrei causato solo altro dolore» strinse i denti «Poi James ha portato la Mappa del Malandrino e ho pensato che un ultimo scherzo me lo potevo concedere» passò accanto alla finestra e il suo sorriso brillò insieme alle rughe sotto i suoi occhi «Lo hai risolto?»
«Penso di sì… mio padre mi ha parlato tantissimo di te, sono le poche volte in cui lo vedo ridere per davvero» l’uomo si portò una mano alla bocca e si girò per non farsi vedere dal ragazzo. «È il Foro Romano?»
Il fantasma si mise a ridere.
«Ma solo i più stupidi potrebbero pensarci» citò e un comodino si materializzò accanto a lui. «Primo cassetto.»
Fred si avvicinò, aprì e vi trovò dentro la Mappa del Malandrino.
«Grazie…» si girò per guardarlo e il loro occhi finalmente si incontrarono. «Potrò venire a trovarti?»
L’uomo sorrise.
«Ormai questo non è più il mio posto.»
«E dove andrai?»
«In un posto migliore e dove sarò felice» anche se Fred stava sorridendo, il ragazzo riprese a piangere «Non c’è bisogno di essere triste» si avvicinò a lui e cercò di consolarlo con lo sguardo perché non poteva accarezzarlo «Sono felice ora che ho finalmente realizzato ciò che mi ha fatto rimanere qui.»
«E cos’era?» chiese il ragazzo tra un singhiozzo e l’altro.
«Sapere che George è felice.»
Scomparve in una nuvola di fumo che uscì dalla finestra per volare in alto, lasciando Fred accasciato per terra che, non potendo più trattenere le lacrime, stringeva a sé la mappa. Con la manica della camicia si asciugò il viso e prese un bel respiro. Con decisione aprì la porta e incontrò lo sguardo di James, che appena vide la mappa sorrise. Si abbracciarono e tornarono al primo piano, dove c’erano Albus e Alwys che dormivano sul divano: lei era appoggiata sulla sua spalla e lui sulla sua testa. Fred e James sorrisero con tenerezza, li presero sulle spalle ed uscirono dalla stanza delle necessità, sapendo che tutto ciò che era successo sarebbe rimasto dietro quelle mura malandate e nei loro cuori.
 
«Alwys!» la Grifondoro aprì gli occhi rimanendo accecata da una flebile luce.
Si mise a sedere notando che si trovava nel letto e si massaggiò la testa per il dolore causato dal brusco risveglio.
«Ci sei?» mise a fuoco la figura stropicciandosi gli occhi.
«Rose?» cercò di dire tra uno sbadiglio e l’altro.
«Se non ti svegli faccio apparire un secchio d’acqua!»
«Sono sveglia!» esclamò alzando le mani in aria e in quel momento si accorse che tutti stavano beatamente dormendo.
«Non urlare! Devi venire con me, Albus ha scoperto qualcosa» le disse in anticipo capendo la domanda che stava per farle.
La ragazzina annuì, si cambiò, perché Rose aveva l’uniforme, accarezzò Ninfa che la salutò con un sonoro sbadiglio e uscirono dalla stanza.
«Puoi veramente far apparire le cose?»
La rossa rise e scese le scale facendo i gradini a due a due.
Arrivarono nella sala comune dove Albus era intento a fare avanti e indietro dal divano ad un mobile dall’altro lato della stanza con in mano la Mappa del Malandrino.
«Eccovi!» esclamò a bassa voce per paura che qualcuno potesse scoprirli.
«Alwys non voleva alzarsi» si giustificò la rossa, invece l’altra la guardò con la bocca spalancata come se avesse tradito la sua fiducia.
«Guardate qui» disse ignorando la frase della cugina.
Le due ragazzine si avvicinarono e puntarono i loro occhi sulla mappa: il professore stava incontrando un certo Ingole Kelva.
«Ma tu non dormi?» chiese Alwys visibilmente assonnata.
«Io… sì, ma avevo da fare» la buttò lì e spostò di nuovo lo sguardo verso la pergamena.
«Hai idea di chi sia?» chiese Rose storcendo il naso.
«Se non lo sai tu, non lo so io» controbatté stringendo le spalle. «Stanno parlando da una buona mezz’ora.»
I tre divennero più sospettosi: si sedettero sul divano e aspettarono una qualsiasi mossa da parte del professore. Passò un quarto d’ora, il sonno si stava per impossessare delle due ragazzine quando ad un tratto Albus balzò in piedi.
«Sta andando verso la Foresta Proibita!» esclamò scuotendo le due amiche che aprirono gli occhi frastornate.
«Di nuovo? Non possiamo andare lì» protestò Alwys guardando l’amico che prese il mantello dell’invisibilità nascosto sotto una delle poltrone.
«Alwys le creature staranno dormendo» controbatté Albus che nel frattempo aprì il mantello sul divano.
«E poi staremo attaccati al professore» lo sostenne Rose.
«Creature?» chiese preoccupata, ma entrambi la ignorarono e aprirono la mano davanti a loro.
Alwys, controvoglia, lo fece pure: «Decreto Segreto!»
Si nascosero sotto il mantello e uscirono dalla sala comune stando attenti a non svegliare i quadri, guidati dalla flebile luce della bacchetta di Rose che ancora non era riuscita a evocare una luce vera e propria. Uscirono dal castello e furono investiti dal freddo accumulato durante la notte e che il sole ancora non aveva attenuato perché nascosto dietro le montagne. Alwys alzò gli occhi versp cielo e fu affascinata dallo spettacolo che le si parò davanti: verso il castello si poteva vedere ancora qualche stella coraggiosa e la luna leggermente trasparente, dall’altro lato, invece, i primi raggi del sole che stavano stuzzicando col loro tepore il freddo blu della notte.
Arrivarono vicino alla casa di Damien ed un rumore li fece sobbalzare: istintivamente si nascosero dietro un cespuglio incolto, nonostante fossero invisibili, e videro una figura con un lungo mantello nero uscire a passo spedito dalla porta che si chiuse con un tonfo.
«James?» chiamò Albus e il ragazzo si girò con uno sguardo preso dal panico.
Si girò e rigirò per capire da dove venisse la voce e, appena i tre si tolsero il mantello, si portò una mano al cuore che sicuramente stava battendo all’impazzata e li guardò furiosi.
«Cosa ci fate qui?» disse con la voce bassa ma furibonda, non volendo svegliare il proprietario della casa.
Con quattro falcate decise li sovrastò con la sua altezza dovuta alla maggiore età.
«Il Professor Draconem ha incontrato un tizio e ora sta andando nella Foresta Proibita» spiegò squadrando il fratello dalla testa ai piedi.
«Ingole Kelva» puntualizzò Rose che lo guardò con un sopracciglio alzato.
«Ok, andiamo» rispose James in fretta: prese il mantello, li coprì e li trascinò il più lontano possibile dalla casa.
I tre si guardarono confusi e le due ragazzine fecero un cenno con il capo ad Albus verso James per fargli capire che doveva indagare.
«Allora… cosa ci facevi nella casa di Damien?»
Le due amiche si presero il viso fra le mani per il poco tatto dell’amico.
«Niente» rispose senza nemmeno girarsi per guardarli.
Le due ragazzine fecero un altro cenno ed Albus, alzando gli occhi al cielo, provò a continuare la discussione: «È molto presto, magari potevi andarci di pomeriggio.»
«Ero libero solo sta mattina» la freddezza delle sue parole fece venire un brivido a tutti e tre.
«Va tutto bene fra voi, adesso?»
James si fermò di botto e i ragazzini sbatterono contro la sua schiena.
«Ora ricordo!» i tre si scambiarono delle occhiate confuse. «Ingole Kelva lavora con Zio Charlie in Romania, è, potremmo dire, un suo apprendista.»
Albus fece finta di non badare al brusco cambiamento di discorso, e lasciò stare perché il maggiore con passo deciso era andato avanti e i tre rischiavano di rimanere indietro mentre cercavano di comunicare a gesti per non farsi sentire da lui.
«Cosa dovrebbe volere il professore da un tipo del genere?» osservò Rose, ma tutti fecero spallucce.
«A meno che non abbia un drago non ne ho idea» ma tanto quella opzione era ovviamente da scartare.
«Sì e alle cinque del mattino si diverte a cavalcarlo» scherzò Rose e tutti risero.
Appena misero piede sulle foglie secche che scricchiolarono al loro passaggio, ad Alwys venne un brivido lungo la schiena perché il ricordo della sera passata con Damien le ritornò alla mente. Combattendo contro il freddo che via via si faceva sempre più penetrante, cercarono di stare al passo del professore che con il suo lungo mantello nero si confondeva fra i tronchi degli alberi. Passavano i minuti e i tre incominciarono a stancarsi: Draconem non accennava a rallentare e i tre inciamparono più volte su radici o grosse pietre. Dopo mezz’ora, James incominciò a preoccuparsi perché dopo esattamente un’ora ci sarebbe stata la sveglia e non osava immaginare che punizione avrebbe scelto il professore per loro se fossero stati scoperti. O peggio, li avrebbe sicuramente espulsi.
Finalmente, in lontananza, un’enorme figura scura apparì dalla nebbia che la avvolgeva: due occhi verde smeraldo si aprirono nell’ombra ad un’altezza abbastanza consistente, il suo ruggito, appena vide il professore, fece vibrare il busto degli alberi come se tremassero per la paura, due ali si aprirono smuovendo l’aria. Appena riuscirono a definirne i contorni non ebbero più dubbi: era un drago.
«James non potevi starti zitto?»
   
 
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