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Autore: Signorina Granger    27/11/2017    10 recensioni
INTERATTIVA || Conclusa
C’è un’area ristretta, protetta da una barriera inaccessibile, dove le persone vivono in armonia, nella ricchezza, ognuno ha il suo ruolo e vige la più totale giustizia.
L’opportunità di accedervi viene data a tutti, quando ogni quattro anni ha luogo un Processo di selezione, fatto di test e prove, al quale viene sottoposto chiunque abbia già compiuto vent’anni, dando a chi più se la merita la possibilità di vivere una vita migliore nell’Offshore.
L’occasione è una sola e se sprecata recuperarla è impossibile.
Benvenuti nel Processo.
[La storia prende ispirazione dalla serie “3%”]
Genere: Introspettivo, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maghi fanfiction interattive
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
Capitoli:
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Capitolo 10: Prova individuale 



“Non è per i soldi, lo sai, vero?”

Elizabeth annuì, rivolgendo un’occhiata carica d’affetto ma, allo stesso tempo, di malinconia alla gemella:

“Lo so che non ti importa dei soldi. Ma ne sei sicura?”
“Sì… non ti voglio lasciare sola. E poi, lo sai, voglio trovare chi ti ha fatto del male e fargliene pentire amaramente. Non può passarla liscia, so che preferiresti che io dimenticassi ma no, mi dispiace, proprio non posso farlo.” 

Alethea scosse debolmente il capo e la sorella annuì con un lieve sospiro, porgendole una mano:

“Ok… andiamo, allora.”
L’ex Corvonero sorrise appena, annuendo di rimando e stringendo la mano di Lizzie per uscire dalla stanza.
Come avevano sempre fatto e come avrebbero di certo continuato a fare: insieme.


Voleva che sua sorella se ne facesse una ragione, che andasse avanti, era stata la prima a ripeterglielo a lungo… ma allo stesso tempo lei non era riuscita a farlo, non aveva mai mandato giù quello che le era successo quasi un anno prima e da quando sua sorella glie l’aveva finalmente  confessato si era decisa a trovare quell’uomo, trovarlo per fargliela pagare. 

E farlo dall’Offshore, senza sua sorella accanto, non sarebbe stato possibile. 
Così, di fronte a quel bivio, Alethea Rove invece che se stessa aveva scelto sua sorella, la solidarietà e, soprattutto, la tanto agognata vendetta. 


*


“Stamattina siete entrati qui in 35, ora siete in 23. Ben in dodici hanno scelto di lasciare il Processo con i loro cari e il denaro che abbiamo messo a vostra disposizione, quindi mi congratulo con coloro che sono rimasti… evidentemente, soltanto voi lo volete davvero. Come sapete, alla fine solo un massimo di dieci tra di voi potrà accedere definitivamente nell’Offshore, quindi solo poco meno della metà tra i presenti… abbiamo pianificato solo un’altra prova, ma se non dovessero andarsene come minimo in tredici ce ne sarà un’altra e un’altra ancora, finché i numeri non verrano rispettati. Tutto chiaro?”

Nel non ricevere alcuna risposta, ma solo un lieve mormorio di assensi generali, Benjamin annuì e riprese a parlare dopo una breve pausa, continuando a far correre lo sguardo sui candidati rimasti:

“Bene. L’ultima prova sarà individuale, nessun gruppo e nessuna coppia… ma non si svolgerà oggi, come sempre vi chiameremo quando arriverà il momento. Per ora, candidati, andate a riposarvi… e guardatevi intorno, perché entro una settimana dieci tra di voi saranno nell’Offshore, mentre gli altri saranno tornati a casa, dalle rispettive famiglie.”


*


Non aveva dormito quasi per niente la notte precedente, e neanche quella prima ancora. 
Continuava a maledirsi, a ripetersi di cercare di godersi la comodità e il lusso che le era stato destinato. Ma proprio non riusciva a rilassarsi: viveva da due giorni in perenne stato di allerta, continuando a chiedersi che cosa avrebbe dovuto affrontare nell’ultima prova, e sopratutto quando avrebbe avuto luogo. 

Aveva anche perso il conto dei giorni che erano passati da quando era iniziato il Processo, non aveva idea di che giorno fosse… circa tre settimane, probabilmente, ma le sembrava che la vita vera, con la sua famiglia, fosse lontana anni luce.


Lilian sospirò, rigirandosi sul morbido materasso mentre la stanza era illuminata dalla luce che filtrava dalla finestra, era tarda mattinata e probabilmente di lì a poco avrebbero pranzato…
 Anche se avrebbe di gran lunga preferito che quell’ultima prova arrivasse e basta, era stanca di aspettare. 

Quando sentì bussare la ragazza si irrigidì, esitando prima di invitare il suo ospite ad entrare e rilassandosi quando si rese conto che era solo Mairne, che le sorrise prima di avvicinarlesi:

“Ciao, dormigliona.”
“Dormigliona un cavolo, non chiudo occhio, praticamente… sono tesa come una corda di violino, non ne posso più di aspettare, perché non possono sottoporci alla prova e basta?”
“Immagino che faccia parte del gioco coglierci impreparati… ma non ti nascondo che sono un po’ nervosa anche io. Insomma, sarebbe davvero frustrante andarsene proprio adesso, no? Dopo tutta la fatica che abbiamo fatto…”

“Se ne devono andare solo altri tredici, ora sembrano molti ma in confronto ai 190 del primo giorno… abbiamo fatto molta strada biondina, cerchiamo di non farci buttare fuori proprio all’ultimo. Se non altro, c’è una buona probabilità che almeno una di noi ce la faccia, sarei comunque felice di vederti trionfare.”
“Lo stesso, ma ovviamente preferirei farcela insieme… a te e a Noah. Credo che andrò a trovare anche lui, ieri era più musone del solito!”

Mairne diede un piccolo colpetto affettuoso sulla spalla dell’amica, rivolgendole un ultimo, incoraggiante sorriso prima di alzarsi e raggiungere nuovamente la porta della stanza, lasciando sola l’ex Grifondoro. 

Lilian puntò nuovamente lo sguardo sul soffitto, ripetendosi che ce l’avrebbe fatta: non avrebbe sopportato l’idea di tornare a casa dopo aver negato alla sua famiglia il denaro che tanto le sarebbe servito. 


*


“Allora… visto che non hanno intenzione, come sempre, di dirci quando avrà luogo l’ultima prova e qui gli argomenti di conversazione scarseggiano… dimmi, come va con il tuo ragazzo? Hai fatto bene a dirmi che i suoi genitori volevano costringerlo a sposare sua cugina, stavo già preparando i guantoni per farlo nero.”
“Per carità! E poi… non è il mio ragazzo. Cioè, non lo so.”

“Per l’amor del cielo… Oh certo, non è il tuo ragazzo, si limita a ficcarti la lingua in gola ogni volta che può, oltre che sorriderti come un benamato idiota. Nymphea, ma devo insegnarti tutto? Vai e metti le cose in chiaro, lo sanno anche i muri che ti piace.”
“Non stressarmi, ci pensa già il contesto!”

Nymphea sbuffò debolmente, incrociando le braccia al petto e mettendosi immediatamente sulla difensiva. Zavannah roteò gli occhi e fece per replicare, ma decise di lasciar perdere quando si accorse che  qualcuno si stava avvicinando a lei e all’amica, prendendo posto accanto a Nymphea sulla panca per rivolgerle un sorriso e darle un bacio su una guancia: 

“Eccoti qui… finalmente hai messo piede fuori dalla tua camera, volevo bussare ma temevo di svegliarti. Dormito bene?”
“Ciao. Abbastanza bene, grazie.”

Nymphea piegò le labbra in un sorriso, ignorando di proposito l’occhiata eloquente che la bionda le rivolse – sottintendendo un chiarissimo “visto” – mentre il ragazzo allungava una mano per prendere un pezzo di pane dal cestino:

“Io muoio dalla voglia di sapere che cosa dovremo fare… ma il fatto che la prova sia individuale non mi rassicura, per niente.”
“Neanche a me. Spero solo che vada tutto bene, e che siano clementi, soprattutto.”


*


“È tutto pronto?”
“Sì Signore… se vuole, possiamo cominciare.”

Benjamin annuì debolmente, continuando a tenere gli occhi azzurri fissi sullo schermo che aveva davanti, osservando i ragazzi conversare e pranzare nella mensa: 

“… Va bene, andiamo ad annunciare l’inizio della prova. Direi che hanno avuto abbastanza tregua.”


*


“Spero che vi siate riposati e rifocillati ragazzi, perché è arrivato il momento della vostra ultima prova. Come vi avevo predetto sarà individuale, quindi non solo dovrete affrontarla da soli, ma non sarà uguale per tutti, ne abbiamo pianificate diverse per ognuno di noi… vi abbiamo osservati per tutto il tempo, e per alcuni la prova sarà… strettamente personale, diciamo.”

Benjamin esitò per un attimo, facendo vagare lo sguardo sulla ventina di ragazzi che aveva davanti, cogliendo distintamente una nota di preoccupazione negli occhi di molti di loro. 
Trattenne a stento un debole sorriso, ripensando a quando quel momento era toccato a lui: probabilmente non aveva mai avuto paura per una prova come per quell’ultima, l’unica costante in quasi tutti i Processi insieme ai Colloqui.


“Pertanto, non l’affronterete simultaneamente, siete stati divisi in gruppi più piccoli in ordine alfabetico. Quelli che chiamerò adesso verrano affidati all’attenzione di un esaminatore ciascuno e dovranno seguirlo, vi verrà spiegata la vostra prova. Perciò, candidati, buona fortuna.”


*


Quando era stata chiamata per prima, Lilian non aveva saputo se esserne felice o meno: da una parte era sollevata che quell’agonia stesse finalmente per finire, ma dall’altra era praticamente terrorizzata. 
Anche Mairne e Noah erano stati chiamati nel primo gruppo e non le era rimasto che salutarli e augurar loro buona fortuna prima di allontanarsi insieme all’esaminatrice alla quale era stata affidata, che la stava portando al piano inferiore.

“Lilian, ricordi dopo i Colloqui, quando uno tra i ragazzi eliminati si è tolto la vita?”

La donna si fermò quando ebbero raggiunto un corridoio, voltandosi verso di lei mentre la ragazza annuiva, deglutendo: come avrebbe potuto dimenticarlo?

“Beh… qui dentro ci sono i suoi genitori, li abbiamo convocati ma ancora non sanno niente. Quello che devi fare è semplicemente metterli al corrente.”

Lilian si sentì raggelare, sgranando gli occhi e guardando la strega che aveva di fronte con sincera incrudeltà, chiedendosi se non avesse capito male:

“Come? Non… non posso farlo”
“Beh, devi, se vuoi superare definitivamente il Processo. Sei arrivata a 99 gradini Lilian, e per farne 100 te ne manca solo uno… sicura di voler abbandonare adesso?”

“Perché devo farlo? Non lo conoscevo nemmeno!”
“Il tempo passa, Lilian… e hai un massimo di dieci minuti insieme a loro. Devi guardarli, dirgli quello che è successo e convincerli che non è stata colpa del Processo, che non lo devono rinnegare o impedire ai loro figli più giovani di parteciparvi. Tutto chiaro?”

“Cristallino.”

Lily piegò le labbra in una smorfia, parlando con un tono gelido e lanciando un’occhiata alla parete di vetro, attraverso la quale poteva vedere le due persone che, ignari, l’aspettavano prima di aprire la porta, dicendosi che sì, poteva superare anche quell’ultima ostacolo. 


*


L’aveva portato in una stanza deserta e praticamente buia, mettendogli tre Galeoni tra le mani e indicandogli le quattro foto che erano state lasciate sul pavimento. 
Foto che raffiguravano Phoebus, Kieran, Theo e persino lui.

“Hai tre monete, ma le foto sono quattro. Hai cinque minuti di tempo, quando saranno scaduti io tornerò qui e dovrai aver messo una moneta su ogni foto, eccetto ovviamente per una. Il ragazzo rappresentato nella foto lasciata senza moneta verrà automaticamente eliminato… A te la scelta, Alastair.”

“Devo decidere IO? Non è equo, non hanno una prova da affrontare a loro volta?”
“Per ora abbiamo aspettato apposta, quelli che si salveranno l’affronteranno presto… nel frattempo, uno di loro verrà rimandato a casa. Mi sembra sia piuttosto semplice, quindi… scegli con attenzione.”

L’esaminatore si congedò con un ultimo, lievissimo sorriso prima di allontanarsi, uscire dalla stanza e chiudersi la porta alle spalle, lasciandolo solo insieme alle tre monete e le quattro foto. 

Se possibile, quella prova era ancor peggio della precedente… e non sapeva proprio come ne sarebbe uscito.


*



“Mairne?”

Sentendosi finalmente chiamare la bionda alzò lo sguardo di scatto, sorridendo quasi con sollievo mentre annuiva, alzandosi in piedi: le avevano fatto aspettare qualche minuto, che la ragazza aveva passato letteralmente in agonia, da sola in quel corridoio asettico. 

“Prego, vieni dentro.”
L’ex Corvonero non se lo fece ripetere due volte e si affrettò ad entrare nella stanza indicatale dall’esaminatrice, prendendo posto su una delle due sedie presenti nella stanza quadrata, entrambe poste davanti ad un piccolo tavolo. 
La donna si chiuse la porta alle spalle e poi la imitò, prendendo posto di fronte a lei e abbozzando un lieve sorriso:

“Curiosa?”
“Abbastanza. Nervosa, anche.”
“Non devi esserlo, la tua prova non è complessa… anzi, è molto semplice, in realtà, questione di pochi minuti e poi sarai libera. Se di restare qui o di tornare a casa, starà a te stabilirlo. Allora Mairne… tu e Noah Carroll siete molto amici, vero?”

“Sì. Perché?”
“Beh, vi abbiamo visto insieme davvero molto spesso, e quando eravate nella cantina ti ha difesa.”
“Ci conosciamo dalla scuola, è il mio migliore amico.”

Mairne annuì, stringendosi nelle spalle e sforzandosi di restare rilassata, anche se la piega che quella conversazione aveva preso non le piaceva per niente. 

“Si vede. Che siete molto uniti, intendo… fino a che punto?”
“Farei qualunque cosa per lui. E lui per me, ne sono sicura.”

“Già… è una frase che ho sentito spesso, sai? Abbiamo avuto a che fare con coppie di fratelli, di fidanzati, o di grandi amici… ma non tutti reagiscono allo stesso modo a questa prova. Mairne, mi  dispiace dirtelo, ma Noah non è riuscito a superare la sua prova. Ti abbiamo fatta aspettare per questo, prima abbiamo sottoposto LUI.”


La bionda rimase in silenzio per un attimo, deglutendo a fatica e trattenendosi dall’alzarsi, correre fuori dalla stanza per raggiungere l’amico e prenderlo per i capelli, uccidendolo per essersi sognato di fallire e abbandonarla. 
Non poteva essere stato eliminato davvero. Non facevano che parlare dell’Offshore e di farcela insieme da anni, ormai. Aveva immaginato di vivere lì con lui così tanto spesso che nella sua testa ormai era diventata praticamente una certezza. 

“Che cosa ha sbagliato?”
“L’ultima prova può giocare brutti scherzi, Mairne… la stanchezza, l’ansia. Ci siamo passati tutti. Ma Noah può ancora superare il Processo Mairne.”

La donna sorrise appena, intrecciando le mani mentre si sporgeva leggermente in avanti, verso di lei, continuando a tenere gli occhi fissi nei suoi mentre Mairne contorceva la mascella, sapendo già cosa stesse per sentire.

“Puoi cedergli il suo posto, se vuoi.”


Senza immaginare che in quel momento Noah si trovava nella sua stessa situazione.


*


“Ciao Theodore… prego, siediti.”

Theodore inarcò leggermente un sopracciglio, osservando brevemente Benjamin con un’espressione scettica, continuando a chiedersi il perché di quel “colloquio” imprevisto. 
Di sicuro, si era aspettato ben altro per la sua prova, non di dover parlare con il Direttore del Processo.

Il ragazzo si avvicinò al tavolo rettangolare a capo di cui era seduto Benjamin, prendendo posto alla sua sinistra senza fiatare, aspettando che fosse lui a parlare. 

“Immagino che tu ti stia chiedendo perché sei qui.”
“In effetti sì, Signor Kubrick.”

“Teniamo sotto controllo tutti i candidati durante il Processo, Theodore. E ovviamente, alcuni ci colpiscono più di altri. Tu sei, indubbiamente, un ragazzo molto sveglio, te la sei cavata piuttosto bene fino ad ora.”
“Grazie.”
“Solo i migliori arrivano fino alla fine, Theodore… tu pensavi di arrivare fino a questo punto?”

“Non saprei… credo di no.”
“Neanche io. Mi sono reso conto che era tutto vero solo quando mi hanno sopposto alla cerimonia di purificazione… Sai, anche io ero molto sveglio. Tra i più acuti, penso… sei Corvonero?”

Il ragazzo annuì e Benjamin abbozzò un sorriso, annuendo di rimando: 

“Lo immaginavo… anche io. Penso proprio che tu passerai la selezione, Theodore.”

Il ragazzo inarcò un sopracciglio, restando in religioso silenzio ma continuando a chiedersi il perché di quella chiacchierata. 

“E proprio perché penso che ci somigliamo, ti ho fatto chiamare per chiederti quello che venne chiesto anche a me, vent’anni fa. Ti sei mai chiesto perché ogni anno ha luogo il Processo? Perché esiste l’Offshore?”
“Per mantenere l’ordine? Per dare la possibilità alle persone di entrare nella cerchia ristretta?”

“Naturalmente… ma dimmi, come pensi che la prendano i ragazzi che vengono eliminati, che varcano quella soglia e tornano a casa, perdonando la loro unica occasione? Male, certo. Alcuni reagiscono con una forte crisi riguardo le proprie capacità, l’auto stima può calare, può sopraggiungere la depressione… in altri casi, prevale la rabbia verso quest’istituzione. Il Processo ha luogo ogni quattro anni e questo è l’85°.”

“È molto tempo.”
“Già. E dimmi, perché nessuno si oppone? Viviamo in una società dove non vige l’uguaglianza Theodore, alcune persone, molto poche, hanno più risorse di altre… ma perché, dopato tutto questo tempo, il potere e anche nelle nostre mani? Di chi vive dall’altra parte?”

Il Corvonero aggrottò la fronte, cercando di cogliere il motivo di quella domanda. In effetti non aveva mai valutato la situazione da quell’angolazione.

“Non credo di saper rispondere.”
“È per questo che il Processo esiste, Theodore. È un’ideologia. Più le persone stanno male e soffrono, maggiore è il desiderio e l’inclinazione a cercare qualcosa di migliore a cui aggrapparsi, qualcosa che diminuisca, almeno un po’, le difficoltà. Dà alla massa qualcosa a cui aggrapparsi e lei ci si ancorerà. Il Processo serve a non sollevare polemiche, proteste, mantiene l’ordine: noi viviamo meglio di molti altri, ma diamo comunque l’impressione di permettere a qualcuno di compiere un salto di qualità. Le persone si aggrappano a questo, alla speranza, e non sollevano proteste.”

“E questo cosa c’entra con me?”
“I ragazzi che passano il Processo vengono selezionati con cura, vi osserviamo a lungo, anche al di fuori delle Prove… ma il primo periodo passato nell’Offshore può essere… turbolento. Alcuni fanno più fatica ad attenersi alle regole di altre. La vita nell’Offshore è molto piacevole, te l’assicuro, ma ci sono regole che vanno rispettate… per mantenere la società perfetta tale ce n’è bisogno. Quello che ti sto chiedendo è di… aiutarci a monitorare la situazione.”

“… mi sta chiedendo di fare la spia controllando i miei compagni?!”


*


“Temo che il tuo tempo sia scaduto, Alastair… che cosa hai deciso?”

Sentendo la voce dell’esaminatore Al si voltò, rivolgendogli un’occhiata cupa prima di spostarsi di un passo, permettendo all’uomo di vedere come aveva posizionato le monete: forse un giorno si sarebbe dato del folle, ma per il momento andava bene così.

“Ho scelto.”

Guardò gli occhi scuri dell’esaminatore catalizzarsi sulle quattro foto e inarcare un  sopracciglio quando si concentrò sulla sua stessa foto, trovandola senza moneta. 

“Quindi ti sei auto eliminato. Hai deciso di salvare gli altri.”
“Già. Sono miei amici, non me la sento di negare a nessuno di loro quest’opportunità.”

Alastair si strinse debolmente nelle spalle, parlando con un tono piatto e quasi cupo mentre il mago si voltava verso di lui, abbozzando un sorriso: 

“Bene. Ottima scelta, Alastair… Hai superato il test.”


*


Quando aprì la porta, Mairne era quasi in lacrime, continuando a risentire le parole dell’esaminatrice. 

“Biondina!”
Sentendo una voce, la sua voce, Mairne alzò lo sguardo, sorridendo con indescrivibile gioia e sollievo nel trovarsi l’amico davanti, correndogli incontro per abbracciarlo di slancio. 

“Ne deduco che hai deciso anche tu di “cedermi il posto”.”
“Secondo te avrei potuto fare altro?”

Noah sorrise di fronte al lieve sbuffo della ragazza, accarezzandole i capelli e chinandosi per darle un bacio su una guancia: 

“Grazie. Sono un branco di bastardi, ma non sono comunque riusciti a dividerci. Quando mi hanno detto che non avevi superato la tua prova non sapevo se disperarmi o venire ad ucciderti.”
“Lo stesso… non pensarci neanche, a lasciarmi sola in mezzo a questa gente!”


“Ragazzi!”

Sentendo una voce altrettanto familiare i due si voltarono, sciogliendo l’abbraccio per concentrare la propria attenzione sulla ragazza che, sorridendo, stava correndo loro incontro: 

“Ce l’ho fatta!”


*


“Allora, Phoebus… la tua prova consiste nell’ideare un nuovo test per il Processo. Hai trenta minuti e ti abbiamo fornito i registri dei vecchi Processi, se vuoi puoi consultarli. Ovviamente non devi pianificare tutti i particolari, ma dovrai presentarmi un’idea, e deciderò se bocciarla o reputarla adeguata. Tutto chiaro?”

Phoebus annuì, prendendo lentamente posto sull’unica sedia presente nella stanza, davanti alla scrivania, e quasi non udendo l’augurio che la donna gli rivolse prima di uscire dalla stanza, lasciandolo solo.

Il Serpeverde sospirò, passandosi nervosamente una mano tra i capelli scuri mentre posava lo sguardo sulla pila di registri che gli avevano lasciato: trenta minuti per organizzare un ipotetico test, non era impossibile, ma neanche semplice. 
Ma doveva farcela, in ogni caso. 


*


“La tradizione vuole che al termine delle prove individuali vengano proiettate, su quelle sue pareti, gli ologrammi dei due Fondatori. Il tuo compito sarà azionare i due interruttori, alle 18 in punto. Le immagini vanno proiettate simultaneamente, o rischiano di oscurarsi a vicenda.”

“D’accordo. Dove sono i proiettori?”

Hailey annuì, rivolgendosi all’esaminatrice a cui era stata affidata, che le aveva appena indicato le due pareti bianche opposte della sala dove avevano ascoltato il discorso di Benjamin il primo giorno.
Inutile dire che il sorriso della donna le presagì qualcosa di molto poco piacevole ancor prima di sentirla parlare:

“Il primo è laggiù, vicino alla rampa nord… e il secondo è vicino alla rampa sud.”
“Ci saranno 100 m di distanza… come dovrei fare ad essere in due posti nello stesso momento?”

“Beh, sei intelligente, immagino che troverai un modo… ricordati Hailey: 18 in punto, le immagini dovranno essere visibili da tutti al tramonto. Ti sarà lasciata la bacchetta, ma ovviamente qui dentro non è possibile Smaterializzarsi.”

“Già, ovviamente.”

Hailey piegò le labbra in una smorfia, dicendosi che in effetti sarebbe stato anche fin troppo semplice azionare due interruttori. 
Ma restava comunque la domanda: come avrebbe fatto ad azionarli insieme senza Smaterializzarsi?


*


“Direi che è piuttosto semplice. Devi arrivare dall’altra parte passando per queste travi.”

Nymphea deglutì a fatica, sforzandosi di lanciare un’occhiata al bordo del pavimento, lasciato senza alcuna ringhiera, muretto o un qualunque tipo di protezione. 
Erano al quarto piano e cogliendo la distanza che la sperava dal pavimento immacolato del piano terra ebbe quasi un mancamento, facendo istintivamente un passo indietro. 

Come facevano a sapere che soffriva di vertigini?

Il piano si articolava a ferro di cavallo, e a quanto sembrava avrebbe dovuto attraversare quei metri camminando sulle quattro larghe travi che fruivano da “ponte”. 


“Ovviamente, se dovessi cadere non ti succederà niente, verresti rispedita magicamente qui senza un graffio. Ma se succedesse sarai eliminata, Nymphea. Così come se ti rifiuti di farlo.”
“Ok… ho un limite di tempo?”
“No.”

La Tassorosso annuì, ripetendosi mentalmente di respirare. Non poteva essere peggio di restare interi giorni senza mangiare, no? 
O trovarsi davanti i suoi fratelli e doverli abbondare.

“Ok.”


Così mise un piede sulla trave, e poi un altro, ripetendosi di non guadare giù… non aveva mai neanche toccato una scopa per la sua dannata paura dell’altezza… ma forse era arrivato il momento di affrontarla.


*


“Quindi? La tua decisione?”
“…no. Mi dispiace, non voglio farlo. Sono stato abituato a pensare solo a me stesso e far parte di qualcosa è uno dei motivi per cui voglio vivere nell’Offshore. Non voglio fare il doppio gioco, in alcun modo… alcuni di loro sono miei amici.”

Theodore abbassò lo sguardo, passandosi nervosamente una mano tra i lisci capelli castani. 
Non poté così vedere il sorriso che increspò le labbra di Benjamin, che annuì: 

“Mi fa piacere. La sincerità e la lealtà sono qualità molto apprezzate nell’Offshore, Theodore. Congratulazioni, hai appena superato il Processo di selezione.”


*


“Tempo scaduto, Phoebus… allora, dimmi, a cosa hai pensato?”

Quando l’esaminatrice gli si avvicinò fermandosi accanto alla scrivania per aggirarsi al mobile, l’ex Serpeverde annuì, sorridendo con aria soddisfatta: 

“Ho pensato di ispirarmi alla prova di pochi giorni fa… penso che sia un test cinico, basato sulla nostra vulnerabilità e una buona dose di materialismo e avarizia. Ma ovviamente noi siamo perfettamente consapevoli di essere giudicati, quindi… ho pensato ad un’opzione diversa. I candidati potrebbero ricevere, in privata sede, un’informazione che miri all’emotività… forse qualcuno potrebbe informarli che la loro madre, il loro padre o il loro fratello ha avuto un grave incidente che ormai non gli resta molto da vivere… e  verrebbero quindi messi di fronte ad una scelta: andarsene o restare, chi decidesse di andarsene verrebbe eliminato.”

“Hai pensato di modificare un test preesistente… ma noi ti avevamo chiesto di inventarne uno.”

La donna inarcò un sopracciglio, leggermente perplessa, ma il ragazzo non si scompose, ricambiando con un sorriso e una scrollata di spalle: 

“Beh, mi avete dato solo mezz’ora, non è sufficiente per poter studiare a fondo i vecchi Processi e calibrarmi sulle prove… se volevate un nuovo test avreste dovuto darmi un’ora. Ma potete sempre farmi arrivare nell’Offshore e chiedermi di curare i test per il prossimo Processo.”

Il sorriso del ragazzo non vacillò, neanche quando l’esaminatrice impiegò qualche istante ad osservarlo con cipiglio pensieroso, valutando la prova, la sua risposta e il suo atteggiamento. 
E quando, alla fine, le sue labbra si piegarono in un sorriso, Phoebus seppe di avercela fatta. 

Il suo fascino colpiva sempre, dopotutto. 


*


“Prego, siediti.”

Asterope obbedì, lanciando un’occhiata scettica ai figli che aveva davanti, appoggiati sul tavolo accanto ad una piuma e il calamaio. 

“Come vedi, hai davanti una specie di questionario… hai venti minuti per completarlo, i quesiti sono vari, alcuni si basano sulle conoscenze, in altri è richiesta più logica e dovrai risolvere piccoli problemi. Buona fortuna, Asterope.”

“Grazie.”
La Serpeverde piegò le labbra in una lieve smorfia mentre prendeva la penna in mano e il conto alla rovescia iniziava, parlando a denti stretti come sempre quando si sentiva chiamare con il suo nome completo, che non aveva mai sopportato. 
Ma bando agli indugi: aveva molte domande a cui rispondere.


*


“Sei stata davvero forte, chi se lo sarebbe aspettato… allora non sei solo una bambolina di porcellana incredibilmente brava a creare intrugli.”

Zavannah sorrise con aria divertita all’amica, assetstandole un lieve buffetto sul braccio mentre Nymphea invece sbuffò leggermente, suggerendole con un’occhiata di non prenderla in giro: 

“Sì, beh, è stata dura, ma sono felice di avercela fatta, era anche una prova con me stessa che volevo superare. E sono anche felice di vederti ancora qui, naturalmente. Quasi non mi sembra vero…”
“Oh, beh, ci vuole ben altro che una prova per farmi fuori. Si sono messi contro la bionda sbagliata, datemi due guantoni e conquisterò il mondo! Ho fatto nero quel tipo, poveretto.”

“Ricordami di non farti mai arrabbiare.”
“Te lo appunterò da qualche parte, bambolina.”

Zavannah sorrise, guardando l’amica annuire ma continuando a sembrare ugualmente leggermente nervosa, guardandosi intorno di tanto in tanto nel corridoio deserto mentre teneva le braccia conserte. 

“Sei preoccupata per Gaunt?”
“Un po’.”

“È normale… ma sono sicura che se l’è cavata alla grande.”

Nymphea stava per dire all’amica che sperava avesse ragione quando un rumore attirò la sua attenzione, portandola a voltarsi: una porta si era appena aperta e dalla stanza era uscito proprio un Phoebus piuttosto sorridente, che quando le vide si affrettò a raggiungerle. 

“Allora? Come è…?”

Ma Nymphea non fece in tempo a finire la frase, perché il ragazzo l’agguantò per stringerla in un abbraccio, girando persino su se stesso: 

“Superata! Perché, avevi dubbi sulle mie capacità Nym?”
“Scusami tanto se ero preoccupata per te!”
“Non era necessario, com’era prevedibile il mio fascino irresistibile ha colpito anche l’esaminatrice.”

Phoebus sorrise ma questa volta Nymphea non ricambiò, lanciando un’occhiata piuttosto torva al ragazzo mentre lui la rimetteva con i piedi per terra, afferrandosi ad allacciarle le braccia all’altezza della vita, sorridendole teneramente:

“Sto scherzando Nym, non fare la gelosa!”
“Bah...”

“È vero Nym, non hai ragione d’essere gelosa… così come non lo è Phoebus, anche se con i tuoi occhioni verdi e il visino angelico hai immediatamente conquistato il TUO esaminatore e quando hai finito la prova alcuni ragazzi si sono avvicinati per attaccare bottone. Beh ragazzi, credo che andrò a fare un giro di perlustrazione per vedere come se la cavano gli altri… a dopo, immagino!”

Zavannah sfoggiò un ultimo sorrisetto prima di girare sui tacchi e allontanarsi, cercando di non ridere mentre sentiva distintamente la voce di Phoebus, che si era voltato verso Nymphea con sguardo truce, chiedendole spiegazioni. 
E invano la Tassorosso aveva tentato di dirgli, molto rossa in volto, che Zavannah si era inventata tutto e che lo stava solo prendendo in giro. 


*


Restare immobile, al buio e chiuso dentro un armadio per dieci minuti. 
Difficile, non impossibile. 

Chiunque avrebbe detto così, ma non lui… lui, rendendosi conto di cosa avrebbe dovuto fare, aveva storto il naso, chiedendosi come facessero a sapere della sua claustrofobia. 
E ora era effettivamente lì, al buio e tremando, gli occhi chiusi mentre cercava di respirare e non impazzire, mentre la sensazione di soffocamento e mancanza d’ossigeno aumentava a dismisura. 

Avrebbe potuto allungare una mano e aprire l’alta in ogni momento, certo, ma sapeva che se l’avesse fatto non sarebbe più potuto tornare indietro. 
Quello non era un gioco, era il Processo. E la possibilità data era soltanto una. 

Quando era entrato nell’armadio aveva iniziato a contare i secondi, ma ormai aveva perso il conto e non aveva idea di quanto tempo fosse passato… cinque minuti? Sei? Nove?
Sperava solo che la  fine fosse vicina, perché era certo che non avrebbe resistito ancora a lungo.


*


Hailey si morse il labbro, continuando a rigirarsi la bacchetta tra le dita mentre teneva gli occhi fissi sull’interruttore che aveva davanti, mentre l’orologio digitale di cui era munito scandiva I pochi secondi che mancavano alle 18 in punto. 

Non era sicura che avrebbe funzionato, in realtà, ma in quell’ora non era riuscita a farsi venire in mente altro… era la sua unica possibilità. 
Quando mancavano ormai quindici secondi la Corvonero respirò profondamente, puntando la bacchetta contro gli ingranaggi dopo aver precedentemente aperto il piccolo sportello bianco. 
Mancavano solo dieci secondi alle 18 quando mormorò la formula dell’incantesimo premendo in contemporanea il tasto dell’interruttore. 

“Arresto Momentum.”

E poi iniziò a correre come probabilmente non aveva mai fatto in vita sua, attraversando la terrazza a ferro di cavallo da dove Benjamin aveva pronunciato il discorso il primo giorno del Processo per raggiungere il secondo interruttore il più rapidamente possibile, premendolo non appena si fu avvicinata abbastanza.

Tirò un sospiro di sollievo quando si rese conto di averlo premuto in tempo ma subito dopo alzò lo sguardo, sporgendosi per poter vedere entrambe le pareti dove, con sua somma gioia, fecero capolino entrambe le immagini proiettate.
Evidentemente, rallentare il Processo di attivazione con la magia era stata la scelta giusta. 

“Ce l’ho fatta… ce l’ho fatta, stronzi!”


E improvvisamente non le importo neanche che qualcuno potesse sentirla, troppo impegnata ad esultare per quell’ultima, soddisfacente e liberatoria vittoria.


*


Si ritrovò quasi senza sapere come sul pavimento, respirando affannosamente e deglutendo a fatica. 
Aveva spalancato l’alta con una spinta e poi si era lasciato cadere sul pavimento, incapace di restare chiuso in quello spazio troppo ristretto per un altro secondo. E il fatto che fosse di per sè di fisicità abbastanza imponente di sicuro non l’aveva aiutato a sentirti meno in trappola.

“Un vero peccato. Otto minuti, Kieran. Mi dispiace.”
“Sì… anche a me.”

Il Serpeverde annuì, sospirando e sedendo sul pavimento, passandosi una mano tra i capelli scuri mentre contorceva la mascella, sforzandosi di non alzarsi e ridurre a brandelli l’armadio da cui era appena uscito. 
Aveva chiuso. 
Aveva perso tutto per due dannatissimi minuti. Roba da non credere… non sarebbe più riuscito a guardarsi allo specchio, probabilmente.

“Tutto bene?”
“No.”

Kieran si alzò, parlando con un tono piatto mentre sentiva la gola improvvisamente secca, lanciando una fugace, tetra occhiata all’esaminatrice prima di uscire dalla stanza: 


“Non serve che mi scortiate, conosco la strada… e tranquilli, non dovrete pulire altro sangue, non ho intenzione di suicidarmi a causa vostra.”

No, probabilmente avrebbe solo salutato i suoi amici, e poi se ne sarebbe andato.
Non sapeva nemmeno cosa facesse più male, la consapevolezza di essere stato eliminato solo per una debolezza o il pensiero di dover tornare a casa. Ma di certo non sarebbe mai tornato da suo padre, aveva chiuso con lui… per quanto lo riguardava, era morto come sua madre. 

Mentre attraversava il corridoio il ragazzo estrasse dalla tasca propria la foto della madre che teneva con sè anni, mordendosi il labbro e rivolgendo un’occhiata malinconica al volto sereno e sorridente della donna che sfoggiava un considerevole pancione:

“Mi dispiace, mamma.”


*


Quando la porta si aprì Erza si alzò, sollevata che l’attesa fosse finalmente finita: quando aveva terminato la sua prova e aveva appreso di averla superata si era diretta quasi saltellando verso la stanza assegnata ad Asterope, prendendo posto su una panca nel corridoio. 

“Allora?”

La rossa inarcò un sopracciglio, guardando l’ex compagna di Casa con impazienza mentre usciva dalla stanza, le mani sprofondate nelle tasche. Asterope non disse nulla per un attimo, limitandosi a stringersi nelle spalle e parlare un attimo di esitazione:

“Pare che tornerò a casa da mia sorella.”
“Come? No…”

“Già. Potevo sbagliarne solo una, e in effetti ne ho sbagliata una soltanto, ma non ho avuto tempo per farle tutte e ne ho lasciata una bianca… cose che capitano, immagino.”
“Mi dispiace, Pippy. Davvero.”

Asterope non disse nulla, limitandosi a stringersi nuovamente nelle spalle, evitando di guardarla. In effetti rimase quasi pietrificata dalla sorpresa quando Erza le si avvicinò, stringendola inaspettatamente in un abbraccio. Solitamente non era particolarmente tipo da gesti simili.

“Beh, buona fortuna… penso che verrò a trovarti, di tanto in tanto.”
“Con piacere, voglio un resoconto completo dell’Offshore, mi raccomando. E complimenti, te lo meriti assolutamente.”

“Grazie.”

Erza accennò un sorriso, sfiorando la spalla della compagna con una mano prima che Asterope, dopo averle rivolto un debole sorriso, si allontanasse lungo il corridoio.
Se non altro aveva qualcuno a casa ad aspettarla a braccia aperte, al contrario di molti tra i presenti. 

Erza la guardò allontanarsi per un attimo ma poi si voltò, incamminandosi nella direzione opposta quasi senza sentire il pavimento sotto i piedi: proprio non le sembrava vero. 
Era davvero finita? 
Era davvero passata? 
Niente più prove?

Finalmente, Erza si permise di sorridere, lanciando un’occhiata al cielo quando passò accanto alla finestra: sì, era proprio una bella giornata. 









………………………………………………………………………………………
Angolo Autrice: 

Buonasera!
Chiedo scusa per non aver pubblicato il capitolo ieri sera, ma proprio non sono riuscita a finirlo essendo parecchio lungo… spero che vi sia piaciuto e ovviamente congratulazioni alle autrici dei 10 OC rimasti u.u  Scegliere chi mandare a casa a questo punto è stato parecchio difficile, ma del resto faceva parte della storia. 
Ci sentiamo giovedì con il penultimo capitolo! 


Signorina Granger 

Ps. Per chi partecipa all’altra mia storia e sta aspettando la Scelta… dovrebbe arrivare domani :)

   
 
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