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Autore: Steboh6    28/11/2017    0 recensioni
Settantotto anni prima l'inizio di questa storia le sei città del regno di Raula trovarono la pace tra loro. Ci vollero secoli per mettere da parte il rancore, dimenticare i conflitti passati e la creazione di una nuova città, Silka, che potesse fungere come nucleo della loro unione. A capo di essa venne messa una figura superiore ai Re delle città chiamato ravuo. Pur non essendo considerato un sovrano egli è l'uomo importante del regno, l'unico vero giudice e protettore.
L'attuale ravuo Maki e la figlia Irakua. Il generale supremo Hammerstone e un giovane la cui famiglia è caduta in disgrazia... nessuno di loro sarà preparato alla minaccia che sta arrivando, una forza esterna nata anni prima e che metterà alla prova la città intera.
L'era del dominatore è alle porte.
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ZERO 22

Diversi giorni dopo arrivò il Karshak. Il giorno di festa gli diede la possibilità di riposare sia il corpo che lo spirito.

Il nuovo corso era partito bene. Dopo l'ultima discussione tra Meriè e Kettere il sole sorse ancora e non appena arrivarono sull'altopiano parlò a Kettere. A sguardo basso Kuro ammise di non aver mai realizzato l'importanza del loro compito, promettendo di impegnarsi di più. Kettere accettò le sue parole senza troppa misericordia. Ciò era costato caro all'orgoglio di Kuro ma non quanto fece dopo; da quel giorno in poi aveva impiegato ogni sua energia per sopperire qualunque dubbio: sorvegliare le pecore, dare una mano e facendo domande (di cui sapeva già la risposta). Il tocco di classe fù senza dubbio proporsi di rinforzare alcune parti del recinto danneggiate. In tre giorni ebbe l'impressione di aver fatto breccia nel padre. Il tono con cui Kettere gli parlava rimase autoritario lasciandosi però andare a gesti affettuosi; un sorriso, una battuta, una pacca sulla spalla. Kuro ringraziava, accompagnava ogni gesto con la massima attenzione e nascose ogni brivido di disgusto.

Con suo grande sollievo quella mattina dovevano unicamente controllare che tutto sull'altopiano fosse a norma. A lavoro svolto Kettere ritornò a casa lasciandolo libero di passeggiare e godere della giornata soleggiata sull'altopiano.

Kuro non sentì alcuna sorta di appagamento. La sua impazienza si era ingigantita ulteriormente tanto da desiderare di fuggire quella stessa notte.

Salì sulla sua roccia e lì rimase interdetto. Desiderava fare un tentativo, vedere se sarebbe riuscito ad allungare la sua percezione ma non riuscendo a concentrarsi.

Rimanere qui mi farà impazzire.

Sei troppo debole per provare a vivere nella foresta. Anche il primo pericolo potrebbe essere fatale.

Non mi importa...Voglio solo diventare più forte.

Non era uno sciocco. Non lo era stato nella vita precedente e non lo era diventato in quel paesello ma come ignorare il macigno che gli stava stringendo il cuore? La rabbia crebbe costringendolo a trattenere un urlo desideroso di far crollare l'intero monte.

Si era quasi calmato quando qualcosa lo colpì violentemente alla nuca. Il dolore lo prese alla sprovvista facendogli scappare un leggero mormorio.

Sentì il sasso ruzzolare giù dal trono e le risate che arrivarono dalle vicinanze del tunnel. Tastandosi la testa dolorante si rivolse ai tre bambini comparsi dietro di lui.

Il primo piuttosto alto per la sua età e dal fisico atletico. Il secondo dalla vita sottile come una corda tesa ed un naso aquilino. L'ultimo dai folti capelli trasandati ed una tonda pancia contenuta dalla larga cintura. Naim, Astram e Curego stavano ridendo esattamente come facevano al villaggio durante le loro ore di studio con Sumurn. Uniti nelle lezioni di caccia insieme ai padri e nel ripudio del bambino che non aveva mai parlato con loro e che se ne stava sempre per i fatti suoi.
Ognuno di loro teneva una scorta di sassolini nelle mani, sulle spalle arco e faretra.

- Ci avrei scommesso. - affermò Naim. - Quanto devi essere stupido per stare tutto il tempo seduto lì? -

Il commento venne accompagnato da un altra risata dei compagni. Continuarono a fare battute, commentare le stranezze di Kuro e su alcuni dei commenti fatti dai loro genitori a riguardo. Disinteressato da quelle opinioni Kuro si estraneò facilmente.

Balenò un idea ma la represse subito. Non che non gli piacesse, anzi la trovava irresistibile, e proprio per quello cercò in tutti i modi di allontanarla. Troppo pericolosa...

Si tastò dietro alla testa. Sanguinava.

- EHI! - gridò Naim. - Hai problemi alle orecchie? Guarda che anche se non reagisci una lezione te la diamo lo stesso, così imparerai una buona volta a renderti utile. -

Non aveva idea di quale fosse stato il momento esatto in cui i suoi pensieri cambiarono. In un istante la saggezza era affogata dalla voglia di rivincita. Bellissima e irresistibile rivincita.

Si rivolse a Naim con un ghigno anormale e beffardo senza ottenere l'orrore voluto. Solo nuova ripugnanza.
Poco male. Tra poco le cose sarebbero cambiate.

- In fondo siamo bambini... - disse Kuro.

Si alzò in piedi con una pietra accuminata stretta nella mano.

- ...un po' di divertimento non può farci male. -


Meriè stava ripiegando alcuni vestiti. Era stata una mattina produttiva e la felicità dei giorni appena passati aveva avvolto tutta la casa. Dopo la loro ultima discussione Kettere si era convinto ad un ultimo tentativo e quando era tornato il giorno dopo era successo un miracolo! Kuro aveva capito, si era scusato. Per Kettere fù lampante pensare che il bambino avesse sentito quello che si erano detti... non una scelta di cuore, perciò, ma quanto meno un buon inizio. E di buon inizio si stava ancora parlando. Il miglioramento di Kuro aveva portato nuova linfa. Nelle rare occasioni in cui si ritrovavano soli Kettere si lasciava andare a sprazzi di euforia che non faceva vedere da quando aveva ancora il mento glabbro. L'abbracciava, la baciava con passione, rideva a crepapelle. Durante una camminata serale di Kuro aveva anche cantato e ballato con lei. E l'amore... Meriè ebbe un fremito malizioso ripensando alla sera precedente, lasciò la maglia che stava sistemando nel mobile perdendo lo sguardo nel nulla. Stava sistemando un paio di mestoli quando la prese per i fianchi e la girò dolcemente. Negli occhi del marito vide amore e desiderio, un magnetismo così forte da non potergli resistere. L'ultima volta che avevano avuto un momento così? quando Kuro era ancora in fasce forse...

Prima di riprendere da dove si era interrotta Meriè si appoggiò una mano al ventre con l'animo di una fanciulla al primo colpo di fulmine. Si sentì sciocca per un attimo ma lasciò andare quel giudizio per godersi tutta la gioia che provava. Chissà che quello non fosse un buon auspicio.

Distratta non fece caso al gran vociare fuori dalla casa, al passaggio di versi singhiozzanti che arrivarono, si fecero più intensi e svanirono.

Poco dopo qualcuno bussò alla porta. Aprendola Meriè accolse la visita con un caloroso saluto.

- Felice Karshark Meriè. - Sumurn la salutò a tono basso.

Vestito con la sua solita tonaca indaco l'alta figura svettava fino all'alto stipite dell'ingresso. Sumurn era ancora ben lontano dalla vecchiaia, nei suoi capelli vi erano rarissime tracce di bianco ed il corpo allenato dal duro lavoro avrebbe tratto in inganno l'occhio più saggio. Un modello di dedizione, grande conoscenza e bontà. Nel suo sguardo rattristato Meriè non ci trovò nessuno dei suoi grandi pregi.

- Devi venire con me. - Mormorò l'uomo.

Ogni traccia di gioia sparì dal viso di Meriè. - E' successo qualcosa di grave? -

Il capo villaggio mise le mani sui fianchi e abbassò lo sguardo. - Ci siamo fatti un idea ma vogliamo anche la tua opinione. -

Non aggiunse altro.

Era accaduta una tragedia? in quel caso lo avrebbe detto subito. Ma qualcosa di grave sicuramente e la mente fantasiosa di Meriè cominciò a lavorare. Senza avere delle prove ripudiò ogni sospetto. Si chiuse la porta alle spalle seguendo Sumurn alla volta della piazza principale.

A metà del tragitto la luce solare li inondò. Meriè sentì il lieve sollievo datole dal calore ma notò anche un particolare disturbante. Tra le case che superarono non vi era nessuno. L'intero lato di Rura sembrava ammantato da una tranquillità irreale vista anche la bella giornata prima dell'inverno; Nessuna donna a parlare o padri con i figli a fare giochi da uomini. Tutt'altro che un solito Rashark.

- Che cosa di così tanto grave è accaduto per rovinare la quiete di Rura? -

Davanti a lei Sumurn continuò a camminare.

Virarono a sinistra per superare un abitazione e Meriè ottenne almeno una risposta. Gli abitanti erano raccolti davanti all'albero eterno Hu. Ad occhio e croce dovevano esserci tutti salvo una squadra di cinque cacciatori e due stallieri andati a Munukanua per fare rifornimenti.

Alcune donne poste all'ultima fila della folla si voltarono verso di loro. Meriè vide le stesse facce che si sarebbe aspettata ma anche di più; sguardi sconvolti, atterriti...alcuni accusatori.

Non sopportò oltre. A Lunghe falcate superò Sumurn e si fece largo tra la gente. Allora lo vide e qualcosa nel suo cervello si spense. Disperata gridò allungando le braccia in avanti e cercando di farsi strada senza alcuna remora. Non vide nemmeno Kettere che la bloccò e cercò di calmarla come potè.

Legato alla picca delle punizioni e con la schiena scoperta c'era Kuro.



Dopo aver concluso la sua opera Kuro si fece tre promesse. La prima la mantenne subito: non mentire. Un paio di uomini andarono a prenderlo poco dopo il “fattaccio” e gli chiesero cos'era successo. Affrontò i loro sguardi uno ad uno raccontando la verità e nascondendo quella nota di divertimento che sicuramente avrebbe complicato la situazione. Quello che avvenne dopo fù esattamente come previsto: venne invitato a seguirli con buone ma rigide maniere fino al centro di Rura.

Con la poca luce a disposizione era impossibile per la vegetazione crescesse rigogliosa. Nel villaggio sopravvivevano rare zolle di erba e pochi cespugli, il resto moriva velocemente e rimosso.
L'albero di Hu era il miracolo che conferiva fede e portava luce anche nel cuore degli sciocchi. Il punto perfetto dove celebrare la vita e giudicare coloro che mancassero di rispetto ad essa. Sotto di esso era stato costruito un piccolo palco in legno dove Sumurn riuniva parlava agli abitanti e issato un largo palo di solido ebano per punizioni o imprigionare criminali catturati sul monte. Lì venne piazzato in attesa del suo giudizio. Aveva visto gli sguardi accusatori e Kuro tenne fede alla seconda promessa: non avrebbe mostrato loro le proprie emozioni. Soprattutto quelle piacevoli.

Pensando all'accaduto aveva ancora attimi di estasi...
no, di goduria assoluta.

L'atteggiamento dei tre stupidi era cambiato, oh si se lo era. Vide subito il timore che sopraggiunse quando si fece avanti, almeno in Astra e Curego. Naim accettò la sfida, peccato che non fosse stato così intelligente da usare le stesse armi che aveva portato con sé. Kuro quel problema non se lo pose nemmeno per un attimo...
nemmeno quando l'aveva bloccato a terra...
nemmeno quando il sangue sgorgò e i due spettatori gridarono per il terrore...
non provarono neanche a difenderlo limitandosi a portarlo lontano.

Nella folla vide anche Kettere col suo sguardo abbattuto. Ci leggeva grande vergogna, doveva aver già ammirato l'opera. Rimase tra gli altri senza dire una parola, almeno prima che arrivasse anche Meriè. Sumurn salì sul palco spiegando ciò che sapeva. Indicò poi Naim. Il bambino era appoggiato al muro di una casa vicina a lì ma lontana dal gruppo. Dopo aver sentito la storia Meriè si avvicinò lentamente, quasi spaventata. Non dovette nemmeno arrivare vicino per riuscire a vedere l'entità delle ferite: metà faccia di Naim era un livido violaceo. Un arcata sopraccigliare si era gonfiata a tal punto dal renderlo quasi irriconoscibile.

Incredula Meriè scoppiò a piangere ed ancora una volta il marito le andò in soccorso. In molti si chiesero fosse per chi aveva subito quelle ferite o chi le aveva causate. Il capo villaggio aspettò che Kettere la consolasse, poi spiegò come voleva gestire la faccenda.

Trattandosi di una litigata tra bambini non poteva esserci una punizione eccessiva ma il dolore che era stato rivolto a Naim doveva essere pagato con una pena pari. Propose dieci frustate. Dal grido collettivo parve una scelta più che condivisa. Non spettava al popolo l'ultima parola. Sumurn si rivolse direttamente a Kettere. - Tu sei il padre. Riconosci giusta questa punizione? -

Anche se stava ancora abbracciando la moglie Kettere mostrò uno sguardo freddo e spietato. - Se ha sbagliato è giusto che paghi. -

Kuro sentì di voler sorridere alla freddezza di quella risposta ma ancora prima di pensare di trattenersi percepì la presenza alle sue spalle. Uno schiocco sul legno e Oran gli diede la prima frustrata. Kuro rischiò di lasciarsi scappare un lamento serrando la bocca con decisione. Arrivò anche la seconda e la terza. Ad ogni colpo il suo pensiero diventava un grido, l'ordine di provvedere alla terza parola data: non versare una sola lacrima.
Aveva sopravvalutato quel dolore ma si sarebbe bruciato vivo più che regalare la soddisfazione di vederlo soffrire.

La sua mente si focalizzò su ogni particolare: il cocente bruciore della pelle sfregiata, il sangue che gli bagnò la schiena fino alla vita. Il pianto di Meriè, unico particolare curioso.

Solo quando lo slegarono Kuro si accorse del silenzio che era piombato sull'intera piazza, l'unica emozione che riuscì a vedere fù timore. Nessuno, nemmeno un adulto, aveva mai reagito in quel modo. Neanche i ladri.

Diedero la possibilità di Meriè di medicarlo. Ancora in lacrime la donna si lanciò su di lui mentre Kettere provò a parlare col padre di Naim. Visto il volto deturpato del figlio il cacciatore non avrebbe mai concesso il perdono ma dopo ciò che aveva assistito si limitò a pregare il pastore di fare attenzione in futuro.

Bastò una mattinata di Karshark per trasformare Kuro dal bambino strano che era sempre stato a qualcosa di più. Kettere lo aveva già capito.

Nel mentre la piazza si era già svuotata fatta eccezione del capo villaggio. I due uomini parlarono mentre Meriè bagnava la schiena del figlio con un panno bagnato. Non riusciva a smettere di piangere.

Cominciarono poi il lento tragitto verso casa; Kettere davanti e Meriè ad aiutare Kuro incapace di camminare da solo. La vista gli girava mentre la schiena bruciava come un tizzone ardente. Il dolore ancora limpido, alimentandosi alla flessione di ogni muscolo. Buon per lui. La sua condizione fisica nascondeva bene il grande orgoglio che portava nel cuore.

Per arrivare alla capanna ci misero il doppio del tempo. Non appena furono abbastanza vicini Meriè si staccò per recuperare erbe rinfrescanti e altri unguenti.

Kettere li aveva già preceduti. Non appena Meriè dalla porta lui ricomparì all'uscio buttando una coperta davanti a sè.

- Questa sera dormirai fuori. - Sentenziò.

Il volto dell'uomo era un miscuglio di emozioni ma tra tutte Kuro riconobbe molto ribrezzo. Come quelli nella piazza.

Scioccata Meriè provò a ribellarsi ma venne ricacciata dentro. La porta sbattè con violenza.

- LO SAI CHE è COLPEVOLE! - Gridò lui.

- HA BISOGNO DI CURE, NON VEDI QUANTO SOFFRE??. -

Altri pianti, altre urla.

Riuscendo a stare a malapena in piedi a Kuro non rimase altro che allontanarsi. Cadde più volte durante il tragitto costretto ad appoggiarsi alle mura del tunnel, fermandosi anche per godere del sollievo dovuto alla corrente fresca e a ogni goccia che gli cadde addosso. Con qualche difficoltà raggiunse il trono. Salire fù uno sforzo atroce, sopra si sdraiò subito cercando di non muoversi più.

Il sole era ancora alto. Perse i sensi affascinato da quella fastidiosa ma nuova sensazione.

dolore”, così lo aveva chiamato Sumurn.

Una scoperta interessante.



Al suo risveglio il cielo notturno si stava schiarendo e la nebbia ricopriva gran parte dell'altopiano. Sentiva la schiena come un agglomerato di pelle secca che gli impediva di muoversi come al solito. Scese dal trono e si appoggiò sulla fredda pietra per riuscire a star dritto. Ancora sofferente, poco lucido ma esaltato. 

Per ciò che il destino attendeva per lui la sua condizione non era niente di insormontabile. Passò qualche minuto a rivivere la giornata precedente confermandosi come tutto sarebbe cambiato. Si corresse, era già realtà. Avendo perso il supporto della famiglia la fuga era l'unica possibilità rimasta.

Ne prese coscienza con sollievo; ora nessuna paura lo avrebbe trattenuto in quella fossa puzzolente. Recuperò nella testa la lista delle necessità per la sopravvivenza. Alla cima di essa ciò che più bramava.

Non ricordava esattamente quanto tempo fosse passato dall'ultimo tentativo. L'inesperienza lo aveva portato a provarci appena raggiunta la piena coscienza ed il fallimento fù talmente grande da portargli vergogna.

Si staccò dal trono facendo attenzione a non toccare la roccia con le ferite. Una fitta lancinante lo prese alla sprovvista non appena provò a raddrizzarsi costringendolo a prendersi qualche secondo in più. Ritrovata la calma confluì le sue energie vitali nel braccio destro.

Già il primo segnale fù di buon auspicio: attorno a lui il mondo scomparì mentre un leggero fischio gli inondò le orecchie.
Altre fitte sofferenti. Gli squarci più lunghi si riaprirono attaccandosi alla maglia, nuove macchie di sangue si aggiunsero raggrumate nella notte.
Venne la confusione, seguita da nausea. La sua vista ricominciò a girare come se stesse rotolando da una collina. In preda alle forze messe in gioco Kuro si inginocchiò. Tentava di controllare il flusso sempre più forte avendo la sensazione di essere controllato a sua volta. Lo smarrimento di una nuova sconfitta. Ciò gli impedì di sentire la stretta che gli cinse il polso.

Tutto si placò; la terra ritornò sotto ai suoi piedi ed il cielo sopra alla testa. Il fischio era rimasto ma proveniva da un punto vicino.

In parte per lo sforzo, più per gratitudine, Kuro cominciò a piangere ancor prima di riaprire gli occhi.

Il varco che si era aperto poco sopra il palmo della mano era così piccolo da non far passare nemmeno una mela matura. Poco utile ai suoi scopi ma notevolmente superiore al confronto di spostare i cinque sensi a cinque miglia di distanza.

Il giorno della speranza tanto atteso era giunto.

Il primo passo, il più difficile, era stato raggiunto.

Kuro fece qualcosa che non avrebbe sarebbe mai stato riportato nelle cronache della sua impresa: continuò a piangere lasciando che tutte le frustrazioni di quella vita infame abbandonassero il suo animo fiero di conquistatore. Dopo rimase solo gioia. E la prima gioia di Kuro meritava una celebrazione degna.

Rimase sotto al trono per riposare e recuperare energie utili. Quando si sentì pronto partì alla volta di casa.



Da quando si erano alzati nella capanna regnava il silenzio. Meriè non riusciva a perdonare il marito e lo stesso faceva con sé stessa. Desiderava andare a cercarlo, assicurarsi che Kuro non fosse peggiorato durante la notte. Tornava spesso a quel pensiero e come sempre ritornò l'immagine del viso di Naim. Non erano state le convinzioni di Kettere a fermarla ma quella visione.

Distaccato Kettere continuò a mangiare il suo pane, deciso a lavorare sull'altopiano e fare una lavata di capo al figlio se ce ne fosse stata l'occasione. Il suo sguardo era tornato freddo come se i tre giorni precedenti non fossero mai esistiti.

La porta si aprì lentamente ed entrambi si voltarono. Non appena vide Kuro Meriè accorse ad abbracciarlo tempestandolo di domande. Kettere gli lanciò un occhiata arcigna. Finì di mangiare lentamente e lentamente si alzò.

- Qui non sei il benvenuto. - disse. - Per un altro giorno rimarrai fuori senza cibo né acqua. E non pensare che quello che è successo ieri sia sbagliato, ti è andata pure bene... -

Reputò le azioni di Meriè ovvie per una madre ma completamente fuori luogo.

E più di tutto non gli piacque come Kuro lo stava guardando: occhi penetranti e carichi di sfida. Quella vista fece salire il sangue di Kettere direttamente al cervello. - Forse non hai imparato bene la lezione... -

Di scatto andò a recuperare il frustino di paglia vicino al camino spento.

Un tormento. Ecco cosa era diventato il figlio per lui. - Di tutti i comportamenti, di tutti gli sguardi...Adesso ti sei messo pure a picchiare gli altri bambini! Ma questa volta imparerai, me ne assicurerò personalmente. Vattene subito o giuro che la pagherai cara. -

- NO! - Meriè si mise in protezione. - Quello che ha passato è già troppo! -

- A quanto pare non è bastato. SPOSTATI IMMEDIATAMENTE! -

- Fallo. - disse Kuro.

Non credendo a cosa avesse appena sentito Meriè indietreggiò di due passi. C'era qualcosa di diverso in Kuro e ad una seconda occhiata si accorse di quanto apparisse in ottima salute.

- Non sono più tenuto a stare nella tua ombra. - continuò Kuro. - Se vuoi attaccami. Sfoga la tua rabbia su di me proprio come ho fatto io con quello stupido moccioso. Se l'è meritata e se avessi potuto ora non riuscirebbe più a camminare... -

Per l'orrore Meriè si coprì la bocca con le mani.

Anche Kettere accusò il colpo. Considerava l'attacco a Naim un esagerato peccato infantile, non un atto di pura malvagità.
Per quanto arrabbiato il frustino era arrivato alla sua mano come strumento di terrore. Dopo quelle parole si trasformò in una vera e propria arma. Non sentiva più il dolore nel suo cuore, voleva solo punirlo.

L'uomo superò il tavolo a passo svelto. Nel vedere il furore nei suoi occhi Meriè strinse il bambino. - Ti prego, non sa quello che dice... -

Venne ignorata totalmente.

Kettere fece un altro passo e pietrificandosi sul posto.

Davanti agli occhi gli comparì un forellino che si allargò fino a diventare un cerchio di superficie nera. Non ci vedeva niente all'interno provando il terrore di un uomo che guardava nell'abisso. Anche Meriè rimase imbambolata davanti allo strano evento. Guardò Kuro. A Differenza loro lui non era per nulla sorpreso.

Il pastore provò ad arretrare ma dopo il primo passo qualcosa uscì dal varco fulmineo come un serpente. Grosse dita gli strinsero il collo, impedendogli di respirare. Nervi e muscoli erano visibili dalla trasparente pelle azzurra. Qualcosa di anormale ma a tutti gli effetti un avambraccio umano.

Meravigliato Kuro ammirò la sua prima invocazione. - Prima di andarmene c'è una cosa che devo fare... -

Occupato a liberarsi Kettere non reagì alle sue parole. Dalla sua bocca uscivano gorgogli strozzati e rivoli di bava.

- C'è sempre stato un motivo al mio comportamento e ci tenevo a spiegartelo, in fondo è giusto che tu sappia la verità. Il pensiero di prendere il tuo posto mi ha sempre disgustato... -

Le sensazioni che l'invocazione stava inviando a Kuro erano sublimi. Le resistenze di Kettere si stavano indebolendo, i muscoli della gola contorcendosi. Un dettaglio che rese tutto ancor più speciale. Finì per farsi trasportare dall'evento, lo avrebbe torturato per tutta la mattinata. - La vita che fate voi...vivere in questo buco dimenticato da tutti...io non sono destinato ad allevare capre o a mantenere viva questa gente. Io sono qui per un motivo, padre. Sono qui per mettervi tutti in ginocchio. -

Lo schiocco delle ossa che si spezzarono sibilò in tutta la capanna. Le braccia di Kettere si afflosciarono verso terra mentre l'invocato lo lasciò cadere.

Vedendo il corpo senza vita del marito Meriè si lasciò andare in un pianto strozzato. I suoi occhi pieni di terrore si spostarono sul bambino. Crollata a terra indietreggiò fino al muro di mattoni alle sue spalle. Vide il sorriso di Kuro, un sorrisetto fanciullesco. La sanità mentale della donna incrinò, nessuno sarebbe riuscito a porvi rimedio.

Kuro non la considerò nemmeno; si girò e uscì dalla capanna. Ancora estasiato del suo delitto camminò tra le poche persone che avevano già iniziato a lavorare. Molti lo ignorarono, altri non poterono fare a meno di rivolgergli sguardi preoccupati. Fronteggiò ognuno senza timore. Quelli erano gli sguardi che avrebbero contornato il suo lucente futuro.

Raggiunse il lato opposto del villaggio dove le pareti rocciose scorrevano parallele verso l'alto senza mai incontrarsi creando un ingresso come quello di enorme caverna. Percorse la larga strada fino a ritrovarsi all'aperto dove la natura si stava risvegliando e il mattino aveva un sapore dolce. Tanto dolce.

Che bel sapore ha la libertà.

Il Razanul rappresentava l'unico collegamento con le sue sacre origini. Un dono grande quanto la conoscenza dei suoi avi tramandato da secoli e secoli di incredibile storia, conquiste e successi.

Ora che Kuro ne aveva ritrovato il collegamento non poteva più farne a meno.

Si allontanò di mezzo miglio, anche meno, sulla strada che portava verso Munukanua. Trovò un comodo masso su cui sedersi a gambe incrociate e creò un nuovo portale con tutte le energie rimaste. Più grande, più pericoloso.

Prima uscirono le armi: una lunga spada sdentata e uno scudo. Sbatterono con violenza sulla soffice erba. Il soldato che ne uscì era di figura sottile e alto un paio di metri. Una piccola corporatura, secondo Kuro. Indossava esclusivamente un armatura arrugginita. Solo una parte dei polpacci, avambracci ed una piccola frazione del volto smagrito dall'elmo si intravedevano ma non era molto se non qualche pezzo di pelle cadente e due occhi vitrei.

- Solo un Kirkahiv? -

In fondo era ovvio. Ci sarebbe voluto tempo e pazienza per poter richiamare esseri più temibili dalla collezione. E comunque sarebbe stato abbastanza per portare a compimento la missione. Kuro sentì tutta l'ilarità del momento e la fece sgorgare in una risata infantile.

In attesa di ordini il suo guerriero recuperò le proprie armi da terra e si inginocchiò. Kuro gli appoggiò l'indice sulla fronte.

Diede l'ordine come se fossero pronti a giocare. Intanto il Kirkahiv assimilò tutte le informazioni utili: area, possibili pericoli. Vittime. A processo compiuto procedette verso l'obbiettivo a passo lento.

Sulla sua roccia Kuro rimase a guardare il suo soldato fino a quando sparì nel varco del monte. Avrebbe sentito ogni cosa: grida, arti strappati, esistenze falciate...

Si rivolse verso la vastità che lo attendeva a braccia aperte.

Il cammino era appena iniziato ed il mondo iniziò già a sembrargli suo.

L'era del dominatore.




   
 
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