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Autore: ThestralDawn    30/11/2017    1 recensioni
Severus Piton è sopravvissuto all'attacco di Nagini e è assunto la carica di preside ad Hogwarts. Tra gli studenti di cui si deve occupare ci sono suo figlio, Albus Potter e una nuova studentessa venuta da lontano, con un passato oscuro alle spalle. I tre Serpeverde, al di là delle nuove amicizie e vecchi rancori, dovranno affrontare qualcosa che metterà a repentaglio l'intero mondo magico.
-*-
.."Le forze mi stanno abbandonando, poso lo sguardo sul mio braccio, qualcosa di nero ora ha invaso la mia visuale. Sembra chiedermi aiuto, sembra voler uscire dalla ferita. Non so se quello che vedo è reale o frutto degli spasmi ma qualcosa di enorme e nero sta prendendo vita sul mio braccio: è un teschio, dalla cui bocca esce un serpente come una lunga lingua. Il mio cuore batte all'impazzata e penso possa uscirmi fuori dal petto in questo istante. I miei occhi restano incatenati alla vista del serpente, un istinto che non ho mai provato mi rassicura, non mi accadrà nulla di male finché lui è con me".
Genere: Drammatico, Mistero, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Albus Severus Potter, Nuovo personaggio, Severus Piton | Coppie: Hermione/Severus
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
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Getto il giornale nel camino e impreco miseramente. Stupida donna, so che è stata lei ad informare la Skeeter riguardo alla Guant; avrei dovuto agire nel preciso istante in cui l’ho scoperta ad origliare la conversazione, invece di illudere me stesso nella speranza di trovare ancora una traccia di senno della donna che ho sposato.
Le mie mani fremono, la bacchetta preme contro il mio petto, racchiusa in uno strato sottile di tessuto, chiede di essere sfoderata. Non troverò pace finché tutta questa faccenda non sarà risolta, il castello e gli studenti al sicuro, anche se ora il raggiungimento di questa speranza sembra solo un sogno lontano.
Come si è permessa di agire senza il mio permesso? Dannazione! Ora l’intero mondo magico è venuto a conoscenza della Guant, e l’unica soluzione è quella di allontanarla dalla scuola. Non mi sarei spinto a tanto, ma al momento sembra l’unica azione possibile.
Braccia conserte, cammino infastidito per lo studio; avrei potuto usare la legimanzia su di lei, venire a conoscenza del suo passato, informazioni persino a lei sconosciute e invece mi ritrovo con una ragazza priva di coscienza, un professore eccessivamente precipitoso con un ematoma in testa e una scuola intera interessata solo a parlare dell’accaduto. Anche se non lo ammetterò mai, invidio Silente, lui e la sua formidabile dote di restare imperturbabile davanti ad ogni situazione potenzialmente critica.
 
Sbuffo, le immagini dell’accaduto ancora impresse nella mia mente: il mio incantesimo scagliato in tempo per intercettare la maledizione di Peterson, andando a fondersi per sprigionare un’energia intensa, tale da far crollare a terra tutti coloro che stavano assistendo al duello.
Cosa diamine gli è saltato in testa a quel mago? Un Avada Kedavra contro una studentessa.. Se sono riuscito io a trattenermi davanti all’incapacità di Paciock, non vedo come una quisquilia tra studenti possa portare a un gesto simile. Testardi Grifondoro! Sono stato costretto a portare via la Guant, incosciente, un rapimento sarebbe stato meno furtivo. Era questione di giorni, prima che il potere che custodiva senza averne coscienza, prendesse il controllo e si scatenasse, mi auguravo solo che non accadesse in una situazione simile. Ovviamente le mie speranze sono state nuovamente mal riposte.
 
Lascio lo studio e mi dirigo nelle mie stanze private. Nessuno cercherà la giovane qui, a nessuno sarà permesso di accedervi. L’intervento di Madam McFlurry è stato inutile, le ferite inferte alla ragazza si sono stranamente rigenerate da sole e lei non è in grado di dirmi come sia possibile. Al San Mungo sarebbero sufficienti pochi incantesimi per arrivare alla soluzione, ma lungi da me portare la Guant in quel posto, dove verrebbe trattata in tutt’altro modo in cui ci si aspetterebbe da un ospedale. Senza tenere conto dei giornalisti, la Gazzetta del Profeta ha ricevuto sufficienti notizie per l’intero anno e di certo non sarò io a fornirgli ulteriori novità in merito ai miei studenti.
No. Per la giovane, ho un’altra idea.
 
La osservo dormire, supina, le coperte la avvolgono dalla testa ai piedi. Quando l’ho trascinata via dalla Sala Grande, era gelida, pallida, come se le avessero estrapolato fino all’ultima goccia di sangue; il battito fin troppo lento mi ha fatto dubitare che fosse del tutto viva e nonostante ora mi sarebbe sufficiente un movimento del polso per eliminarla, non posso permettere che alla ragazza le accada altro. Ha già sofferto a sufficienza, è il momento che scopra da sola quale sia il suo passato e quale dovrà essere il suo destino. Il ministero mi ha imposto il suo allontanamento e io non ho intenzione di disubbidire, ma il tutto verrà gestito alle mie condizioni. Nonostante Potter Sn. intendesse sbarazzarsi della giovane in tutt’altra maniera, Shakebolt è stato più clemente a riguardo, rimandarla in Russia è il compromesso di cui avevo bisogno. Digrigno i denti, se penso alle accuse che ha mosso San Potter a favore della morte della ragazza, un senso di nausea mi pervade il corpo: ho davvero rischiato la vita affinché quel ragazzo crescesse e potesse vivere, per diventare alla fine un Auror senza cervello? L’influenza dei Weasley gli deve aver annebbiato la mente al punto da non aver lasciato traccia alcuna del buon senso della madre. Perché continuo ad illudermi di un possibile miglioramento, io non me lo spiego.
Impormi di “sbarazzarmene”, è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Come si permette di darmi ordini, parlarmi in quel modo, come fossi un suo sottoposto, come se gli bastasse schioccare le dita e esigere che tutti stiano alle sue condizioni. Oh no, sono finiti i tempi in cui era di fondamentale importanza proteggerlo, ora che il signorino non è più in pericolo, non è più nessuno, non ho alcuna obbligazioni nei suoi confronti.
Scuoto la testa, crede ancora che io sia in grado di un gesto tanto efferato? Non è nei miei piani aggiungere alla lista una vita e non sentirmi in colpa; non posso più permettermi di assumermi quel peso, non ne sono più capace, né tantomeno ne ho voglia. Ho giurato a me stesso che dopo Silente, non ce ne sarebbero stati altri e anche se l’incidente in Russia mi ha fatto leggermente deviare da questa imposizione, non ho intenzione di ripetere l’esperienza.
Circondo la stanza di protezioni, prima di dirigermi verso la Torre di Astronomia e affrontare il “problema Granger”.
 
Mi smaterializzo immediatamente al quarto piano dell’ospedale, sotto gli occhi di alcune medimaghe indispettite nei miei confronti; nonostante la loro reticenza a rivolgermi la parola, riesco a estrapolare le informazioni che mi servono e non sono in nessun modo ciò di cui avevo bisogno. Mia moglie non è a lavoro perché questa mattina non si sentiva bene.
Inspiro l’odore putrido che traspira da ogni muro prima di avviarmi lungo il corridoio, verso l’uscita del San Mungo. Difficilmente quella donna salta un giorno di lavoro e se lo fa, per nessun motivo le sue ragioni riguardano lo stato di salute.
 
Mi volto appena per farmi apparire davanti alla porta di casa mia, ma non mi è concesso il tempo di aprirla che voci persistenti mi fanno intuire la presenza di qualcuno di indesiderato all’interno. Qualcuno sta piangendo, non la proprietaria di casa come intuisco, la voce stridula di mia suocera che cerca invano di placare l’isterismo rimbomba per l’intero ingresso.
Senza annunciarmi, entro in casa, trovandomi difronte un salotto eccessivamente gremito e una scena che avrei preferito evitare di assistere. La signora Potter, e il suo pancione sproporzionato, seduta sul divano, le mani sul viso a reprimere le lacrime che copiose sembrano non aver fine, stretta nell’abbraccio della Granger, che tenta invano di rassicurarla. La signora Granger, accomodata poco elegantemente sulla Mia poltrona, una mano a cingere il ginocchio della futura madre, urla rivolta al marito di lasciar perdere thè e biscotti, insistendo piuttosto che si chiuda in una stanza vuota della casa a leggere il giornale in silenzio. Non v’è dubbio da chi Hermione abbia preso la cocciutaggine e il carattere di leader sconsiderata. Tale madre, tale..
“Severus, bene arrivato.”
Non mi accorgo del quinto individuo nella stanza, finché questi non mi si pone davanti e quasi rabbrividisco. Per Salazar, cosa ci fa Weasley in casa mia?
Fisso esterrefatto la mano tesa del rosso, la situazione mi sta sfuggendo, perché mai Lui dovrebbe accogliermi in casa Mia?
“Granger. Due parole, in cucina.”
Sorpasso pel di carota senza guardarlo in faccia, senza prestare attenzione a nessuno dei presenti. Ciò che mi preme ora è chiarire questa faccenda con la Granger e andarmene al più presto.
“Severus, non vedi che Ginny sta male?”
Arresto il passo, la maniglia della porta si incrina leggermente sotto la mia pressione. Se non mi trattengo, rischio di rovinarla, mettere a ferro e fuoco l’intera casa, invece devo calmarmi; con lo sguardo fisso dentro la cucina, non presto attenzione alle sue parole, non mi volto verso quei quattro ospiti che ora tacciono e mi puntano gli occhi addosso, come se avessi appena annunciato il ritorno del Signore Oscuro.
“Muoviti, Granger.”
 
Chiudo la porta alle mie spalle e mi appoggio al ripiano dei fornelli, concentrando l’attenzione su una lettera appesa al frigo. Riconosco immediatamente la scrittura di Eileen e riesco a carpire qualche parola, duello, crucio, ragazza serpeverde, prima che la porta della cucina venga aperta nuovamente e faccia il suo ingresso mia moglie, braccia conserte nel chiaro intento di voler farmi capire il suo fastidio. Peccato che tra i due, quello che sia più frustrato dall’intera situazione, sia il sottoscritto.
“Non dovresti essere a scuola?”
“Non dovresti essere a lavoro?”
“Ho preso un giorno libero.”
“Siamo in due.”
“Dopo quello che è accaduto, non dovresti prenderti certe libertà.”
“E dimmi, so-tutto-io, cos’è accaduto precisamente?”
Mi lancia uno sguardo perplesso, se per l’offesa che le ho appena rivolto o la domanda posta, questo non lo so dire.
“Eileen mi ha scritto parlandomi del duello e di come la Guant abbia usato una maledizione senza perdono su James.”
“Tutto qua?”
“Scusami? Ti sembra poco? Una cruciatus, Severus! Da quando una studentessa del quarto anno è in grado di usare un incantesimo oscuro?”
“Anche se così fosse, la questione sarebbe dovuta rimanere all’interno delle mura del castello.”
“Non so di cosa..”
Colta sul fatto, balbetta. Credeva davvero che non me ne sarei accorto, che non avrei intuito il suo gioco. Mi crede così stolto? Dovrei ricordargli chi ha sposato, io non sono Weasley, capace di cadere in ogni sua trappola.
“Quando, dentro quella tua geniale testolina, ti è passata per la mente la balorda idea di informare un giornale della presenza nella scuola di una discendente di Salazar?”
Resta immobile mentre il mio fiato corto ormai a pochi passi da lei non sembra intimorirla come avrei sperato.
“Il mondo deve sapere.”
“Tu e i tuoi propositi nei confronti del mondo. Perché non rifletti prima di agire in modo sconsiderato? Una volta eri coscienziosa, ora sembri solo una donna con spropositate manie di grandezza!”
 
Entrambi abbiamo alzato il tono di voce, ma nessuno dei due sembra interessarsene.
“Ci ho riflettuto e sono arrivata alla conclusione che i ragazzi della scuola devono sapere, devono essere a conoscenza di chi gli cammina accanto nei corridoi, devono essere difesi da quel potere!”
“Passiamo dal mondo magico, alla Mia scuola. Granger, ammettilo. Tu temi che una cosa simile possa capitare anche ad uno dei tuoi figli e per questo motivo hai diffuso la storia. Sei semplicemente un’egoista.”
 
Il rumore sordo di uno schiaffo risuona nell’intera cucina, mentre il silenzio viene rotto solo dai singhiozzi della Granger, la mano ancora in aria, un dito accusatore ora puntato sul mio petto. Parla e non la voglio ascoltare, non mi interessa sentire le sue scuse fasulle, le sue motivazioni ad un gesto tanto stupido che non mi sarei aspettato da lei, un colpo basso che fa passare lo schiaffo appena ricevuto come una carezza.
“Non ti preoccupi per i nostri figli? Non li vorresti al sicuro? Ho fatto ciò che ritenevo giusto, anche Harry era d’accordo con me..”
Un ghigno mi sorge spontaneo sulle labbra, il prescelto resterà sempre tra di noi, ha avuto da ridire sulla nostra unione, ora ha voce in capitolo sulla sicurezza dei miei figli e dell’intera scuola.
“..credi che Ginny non mi avrebbe avvisato? Stiamo parlando di Suo figlio, James! So cosa comporta una cruciatus, l’ho vissuto e ne porto i segni.”
Povero piccolo grifondoro, spalleggiato dall’intera scuola. Mi domando se la Granger, al pari dell’intera banda, conosca le reali motivazioni dietro quel gesto. Cosa penserebbe l’intero mondo magico se venisse a sapere che il primogenito di San Potter ha agito come un codardo? Potrebbero finalmente considerare la vicinanza con Weasley una causa.
“..all’ospedale non parlano d’altro, ci sono numerosi genitori che lavorano lì e ricevo in continuazione sguardi preoccupati, molti mi chiedono informazioni e io non so come rassicurarli. Questa faccenda ha scosso molti, alcuni mi hanno accusato di parteggiare per i serpeverde.”
Non temere, sciocca. Nessuna serpe vorrebbe essere associata al tuo imbarazzante coraggio e fastidioso senso del dovere. Il problema è detto che risolto, se ti preoccupa dover rispondere delle mie azioni, è giunto il momento di mettere in chiaro la nostra posizione, non vedo perché indugiare oltre. Il gesto di poco fa vale più di mille parole.
“..devi mandarla via dalla scuola. Portala lontano. Elija ti ha avvisato che..”
“NON.. Dirmi cosa devo fare! Non spetta a te decidere, non ti è più concessa questa possibilità!”
Urlo e respiro affannato, non rendendomi conto di aver trattenuto il respiro. Mi allontano da lei, la sua vicinanza mi irrita, una scarica di adrenalina mi pervade la mano, diretta ad impugnare la bacchetta sotto la veste.
“E allora cosa vorresti fare? Mandarla al San Mungo? Portarla ad Azkaban? No.. No, tu hai altri progetti, non è vero? Tu vorresti che la Guant rimanesse al castello, la vuoi accanto perché sei interessato a scoprire cosa c’è dietro, brami di sapere il potere oscuro che si cela dietro alla profezia.”
Muove qualche passo nella mia direzione, cercando l’attenzione che non ho intenzione di concederle.
“Perché? Dopo tutto questo tempo, ancora ti interessa..”
“Se conosco il suo passato, se riesco a capire quale peso si porta appresso, a differenza tua, Io sarei in grado di limitare i danni. Evitare che accada come l’ultima volta.”
“Non potevi evitarlo, non avresti potuto fare niente..”
Scaccio con un gesto la sua mano a pochi centimetri dal mio viso. Questa donna ha bisogno di rivedere le sue posizioni.
“Davvero? Allora, per l’ennesima volta, siamo in disaccordo. Ora che l’informazione è trapelata, le mie speranze sono scese drasticamente e tutto grazie a te.”
Lo sguardo mesto sul suo viso mi lascia il sapore di vittoria tra le labbra, se solo avessi agito prima che i miei sentimenti avessero la meglio sulla mente, ora non mi troverei qua a discutere con lei, tutta questa faccenda non sarebbe mai stata affrontata.
“Quando la smetterai di assumerti ogni responsabilità?”
“Finché ci saranno persone come te a causare danni, creare scompiglio, non ti lamentare se ci sono uomini come me disposti a risolverli.”
 
La mia delusione è arrivata al limite, non voglio stare in sua presenza, non le concederò di vaneggiare altre inutili scuse; mi prenderò una rivincita in questo mare di accuse e la lascerò intrattenersi con gli ospiti non graditi, questo le dovrebbe ancora riuscire.
“La vicinanza con Weasley non ti fa bene, Granger.”
“È la prima volta che lo vedo, non si fa sentire da..”
“NON. MENTIRE. A. ME. Lo so. Lo so che si fa vivo spesso durante i pranzi dai tuoi cari Potter. Eileen non tiene informata solo te.”
Scorro lo sguardo sull’intera cucina, cercando di cogliere più particolari possibili, andando alla ricerca di ricordi felici che la mia memoria non vuole rimembrare. Litigi e silenzi, tutto ciò che mi sovviene e mi trascina a lasciare velocemente quelle quattro mura che non percepisco più mie.
 
Attraverso il salotto, incurante degli sguardi, consapevole che la discussione sia stata ascoltata senza il minimo pudore. La cosa non mi dispiace affatto, anzi mi auguro che Weasley l’abbia percepito come un invito, non troppo delicato, ad eclissarsi dalla vita di mia moglie una volta per tutte.
 
Respiro a pieni polmoni l’aria gelida fuori dalla casa, smorzando appena la tensione che porto addosso. Mi concedo pochi passi, prima di imboccare un vicolo buio e con qualche fatica smaterializzarmi ai cancelli di Hogwarts; un dolore acuto preme contro le tempie, sono esausto, ho bisogno di abbandonarmi alla riflessione e farmi scivolare questa cocente frustrazione che mi attanaglia al petto.
Un sonoro schiocco, mi inchioda sul posto, mentre rivolgo la mia attenzione agli alberi della foresta, una figura fa capolino al mio fianco. Non lo attendevo così presto, ma a questo punto, è meglio così.
“Padre.”
“Non ti aspettavo prima di domattina.”
“Data la situazione, ho creduto opportuno raggiungerti il prima possibile.”
“Hai creduto bene.”
Mi avvicino a lui, la sua mano gelida ricambia con energia la stretta. È cambiato dall’ultima volta in cui ci ha degnato della sua presenza, le occhiaie non solcano più gli occhi, il volto rilassato non permette di individuare alcun sentimento, è cresciuto, dimostrando più anni del dovuto e io non credo di conoscerlo affatto.
Con un cenno, lo invito a seguirmi dentro il castello; questa faccenda si chiuderà oggi, che il ministero lo voglia o meno.
 
“Devo supporre che gli articoli di giornale dicano il vero?”
“Quando mai lo fanno?”
Sbuffo e con gesto scaccio via pensieri fastidiosi.
“In parte. Non ho potuto fare nulla per impedirlo.”
“Chi è la talpa? Uno studente o..”
Accellero il passo, ma lui non sembra curarsene, standomi accanto per l’intero tragitto verso il mio studio. Non mi aspettavo di tirare fuori l’argomento, ma dato che l’ha domandato lui..
“Tua madre.”
Percepisco la sua espressione senza la minima occhiata. È sorpreso, ma non a sufficienza da stupirsi del gesto, sa di cosa è capace quella donna quando si impone qualcosa.
“Un gesto avventato da parte sua.”
“Infatti.”
“Vorrei farle visita.”
“Non oggi, Elija. Ho un altro compito da affidarti.”
“Come vuoi tu.”
Fermo il passo davanti alla Sala Grande, la sua espressione infastidita mi rammenta quella di sua madre, quando ottiene il minimo risultato con il massimo sforzo. Frustrato. Come lo siamo tutti, al momento.
“Sono certo di essere stato chiaro nella lettera. Quando ti ho scritto di raggiungermi, non era affatto per una visita di piacere.”
“Non lo è mai.”
Chiudo gli occhi e inspiro, perché deve complicare anche lui la situazione?
“Non mi attribuire colpe che non ho. Non ti ho imposto io di vivere da eremita in Ungheria e andare a lavorare in Russia, non ti ho mai vietato di venire a far visita a tua madre e trascorrere le vacanze qua.”
Lo sguardo distante mi rammenta la sua infanzia, un bambino solitario e autodidatta, sempre alla ricerca della mia approvazione, così lontano dal dolore che si porta appresso dalla sua nascita, inconsapevole della brutalità che la sua esistenza racchiude.
Non mi accusa di niente, non lo ha mai fatto, sfogo l’ira nei confronti di sua madre e lui l’accoglie tacendo, assecondando il mio stato d’animo.
“Cosa vuoi che faccia con la ragazza?”
“Si trova nelle mie stanze private. Prendila, smaterializzati alla stazione e sali sul primo treno diretto a San Pietroburgo.”
 
Non attende ulteriori indicazioni, mi volge le spalle e si incammina a passo spedito verso il mio studio.
Conosce fin troppo bene questo luogo, nonostante non abbia mai frequentato la scuola, si destreggia bene all’interno delle mura.
“Elija.”
Devo attendere qualche istante prima che mi conceda di vederlo in volto un’ultima volta, la postura rigida, chiaro sintomo di tensione.
Stupendo me stesso, ammetto di essere fiero dei suoi progressi, risultati ottenuti indipendente dalla mia influenza, doti acquisite al di là delle aspettative. Il sangue non pregiudica chi sei e chi diventerai, dopotutto.
“Porta a termine questo compito e considera il tuo debito pagato.”
Inclina il capo, un cenno d’assenso è tutto ciò che si permette, lasciandomi solo nell’atrio deserto, le luci del tramonto ad illuminare le tavolate imbandite per l’imminente cena. Gli studenti stanno per riversarsi nei corridoi, le lezioni ormai concluse preannunciano l’inizio di una settimana che non ho dubbi si prospetta infernale. Potter si trova ancora all’interno del castello, lo percepisco, sento il suo fiato pesante sul collo e anche se la mia posizione mi imporrebbe di far visita al figlio “malato”, decido di chiudermi nei sotterranei, tra le pareti umide e i vapori dei calderoni che mi hanno protetto per metà della mia vita. 
  
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