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Autore: vesta    02/12/2017    0 recensioni
Ogni notte Luce fa incubi terribili. Conduce una doppia vita. La sua passione è la musica. Vorrebbe pensare solo a se stessa, ma ha un'animo che le impedisce di essere egoista. Max, Matt e Carmen sembrano gli unici a capirla... Ma solo una persona sa cosa si nasconde dietro i suoi incubi.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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LUCE
“Matt!”
“Matt!”
“Lasciami Matt!”
“Cazzo Matt mi fai male! Mollami!” Dico l’ultima volta prima di puntare i piedi e strattonare il ragazzo, troppo forte, che mi sta trascinando per un braccio.
“S-scusa” Proferisce subito dopo avermi mollata come se ad un tratto scottassi. Comincio a sfregarmi il punto dove mi ha afferrata.
-cavoli…Mi lascerà un livido…-
“Scusa un cazzo Matt! Che ti è preso si può sapere?” Gli urlo in faccia cercando nelle tasche qualcosa con cui pulirmi il braccio sporco di sangue. Quando non lo trovo, fisso il mio sguardo ancora più furente in quello del mio amico.
-Se lo è ancora almeno, un mio amico…-
Per tutta risposta lui abbassa lo sguardo e con movimenti nervosi si sfrega le nocche delle mani, in un vano tentativo di pulirsi dal rosso che le ricopre.
Non ricevendo alcuna spiegazione, infastidita, lo supero e mi dirigo alla macchina.
“Ferma…”
“FERMA” Dice, prima titubante, quasi fosse una supplica, poi in maniera più ferma, me lo ordina. Il sangue mi si gela e non intenzionalmente il mio corpo si blocca all’istante, incoraggiando così Matt a parlare.
“Vieni a fare la ramanzina da fidanzatina logorroica, ma TU dove cazzo eri? TU con chi cazzo eri e Tu che minchia stavi facendo?” Non chiede arrabbiato, ma fermo, ed è questo che mi intimidisce, non esprime alcuna sfumatura d’emozione.
Resto bloccata come una statua dove mi ero fermata poco prima e passa non so quanto tempo.
Ad un tratto lui mi passa accanto e mi mette rudemente un fazzoletto in mano oltrepassandomi. Mentre lo vedo raggiungere la macchina sento delle lacrime scorrermi sulle guance. Vedo che apre velocemente la portiera dal lato del passeggiero per poi sedersi a quello di guida. Mi incammino allora anch’io verso la macchina, ma non senza prima aver voltato lo sguardo in cerca di quel azzurro in cui ero immersa poco prima e nel quale, seppure faceva un male tremendo, mi sentivo così a casa…
 
“Smettila” mi ordina ancora con quel maledetto tono apatico che odio così tanto da volerglielo far passare a suon di schiaffi!
“Di far cosa sentiamo? Di respirare?” Chiedo stizzita non sapendo a cosa si riferisca.
“Di piangere, sai che mi fa incazzare” Per un momento resto senza parole, non mi ero accorta di star ancora piangendo. Velocemente, con lo stesso fazzoletto che mi ha dato lui stesso mi asciugo le lacrime.
“Sono stanca” Proferisco subito dopo.
“Beh ti sto portando a casa no?” mi risponde lui, travisando però il senso della mia affermazione.
“No, sono stanca Matthew” Ripeto, sta volta voltando i miei occhi verso i suoi.
Lui accosta subito, senza preoccuparsi neanche che sia consentito o meno parcheggiare o sostare lì dove ci siamo fermati ed esce dall’auto. Lo vedo camminare avanti ed indietro per una decina di metri e dopo alcuni minuti risale in macchina, chiude la portiera accanto a sé e fissa il suo sguardo sul mio.
“Continua” mi incoraggia subito dopo.
-Tipico…- mi ritrovo a pensare. Sì, perché è proprio tipico di Matt un atteggiamento del genere, quando io invece preferirei mi urlasse contro o piangesse, non so, che facesse qualcosa, qualsiasi cosa che per una volta riguardi lui, solo lui.
“Non ne posso più di questo – col dito indico pima lui poi me stessa- Il nostro non è un rapporto, nessun tipo di rapporto! È un possesso, una conquista, una proprietà, tutto, tutto tranne che un rapporto!” Dico tutto d’un fiato con voce stanca ed arrabbiata, terribilmente arrabbiata.
Lui continua a fissarmi, sul suo volto nessun cambiamento d’espressione e poi mi fa un cenno con la testa incoraggiandomi a proseguire nel mio discorso.
-Come odio il fatto che mi conosca così bene… Lo odio-
“Sono esausta, fingo ogni maledettissimo giorno di amarti, ma quello che abbiamo costruito non centra proprio un bel niente con l’amore, neanche lontanamente! La mattina vado al lavoro fino al pomeriggio, torno a casa, la sera andiamo insieme a scuola, sempre insieme andiamo al locale, tu mi obblighi a fornirti il resoconto dettagliato di ogni mio singolo passo, pensi di poter avermi quando e come vuoi e io di te non so nulla. Non so più niente di te di te Matt… Cosa fai durante la tua giornata? Sei contento della tua vita? Cosa provi in questo momento? Cos’hai fatto stasera? Come ti sei ritrovato a ridurti le mani in questo modo? Sono tutte domande che mi frullano in testa, ma alle quali tu non risponderai mai ed anche il perché di questo si aggiunge alle mille domande senza una tua risposta… Non ho passato tutto ciò che ho passato per ridurmi così! Cazzo guardami Matt! Non sono neanche l’ombra di quello che ero una volta! Io non volevo, non voglio e non vorrò mai essere l’oggetto di quello che una volta, non mi ricordo neanche più quanto tempo fa, era il mio migliore amico e che solo per questo, per il ricordo di quel bambino con gli occhi verdi a cui volevo un bene dell’anima continuo con questa sceneggiata. Lo faccio per il ricordo di quel bambino, perché adesso di lui non è rimasto più niente, come di tutte le cose della mia vita… Ma tu, tu tieni vivo quel ricordo, ricordi che sono l’unica cosa che mi tengono in vita, di certo quando ti guardo il ricordo è l’unica cosa che vedo, perché tu sei un estraneo, non ti conosco.”
Finisco il mio monologo nel bel mezzo del quale hanno anche ricominciato a scorrermi sul viso le lacrime, ormai così familiari che è come se fossero sempre con me, e lo sono, se non a rigarmi il viso, sicuramente a scavarmi l’anima.
Gli occhi dello sconosciuto che mi ritrovo davanti assumono un’ombra di tristezza e all’improvviso vengo trasportata, con i ricordi, a quel giorno in cui persi tutto, ma vengo ricapultata dolorosamente alla realtà non appena la sua bocca, sulla quale si era disegnato un live ghigno si apre.
“Cosa cazzo ti aspetti che faccia adesso? Che ti consoli? Ti abbracci? Ti dica delle merdate, tipo che d’ora in avanti andrà meglio? Che ti faccia qualche insulsa promessa che tanto sai non manterrò? Oppure vuoi che ti lasci? Che non ti veda più? Beh, non succederà, niente di tutto questo succederà, ora ti riporterò a casa, domani andrai a lavoro, tornerai a casa, la sera andremo a scuola e poi al locale e così anche il giorno dopo e quello dopo ancora, non cambierà niente! La tua vita rimarrà la stessa e mi dispiace se non ti va bene, se non ti piace, ma non puoi farci niente, quindi accettalo e ti sentirai meglio, se ti può servire inizia a fare attività fisica per scaricare la rabbia o la frustrazione, per quello ti posso aiutare molto volentieri, sai che il mio letto è sempre pronto per riceverti… Ma nient’altro.”
Nelle sue parole c’è rabbia, disprezzo, delusione, astio, odio, ma tutte queste reazioni non sono ancora le sue, sono ancora una volta per me. Sono parole dolorose, che mi feriscono, ma la cosa più triste è forse quella che sapevo già che le avrebbe dette.
“E asciugati quelle cazzo di lacrime di merda!” Mi ordina rabbioso subito dopo aver riavviato l’auto buttandomi sul grembo un intero pacchetto di fazzoletti.
Azzurro
All’improvviso, come un fulmine, ma dal colore di un celeste degno della più bella giornata estiva, mi invade la mente.
Lo rivedo.
Li rivedo.
Mi rivedo.
Chi sono diventata?
“Ferma la macchina” dico piano ma ferma.
“Cosa?” Mi domanda.
“Ferma. Immediatamente. La. Macchina.” Ripeto scandendo perfettamente ogni parola.
“Che cazzo stai dicendo? Sei diventata pazza?”
“Ti ho detto di fermarti!”
“Perché dovrei fermarmi? Eravamo fermi dieci secondi fa!”
“Voglio scendere” Gli confesso, sempre con tono fermo.
“NO” mi risponde lui perentorio.
“Fermati” Ripeto per l’ennesima volta.
“No”
“ok” acconsento prima di aprire la portiera dalla mia parte.
Lui, spaventato a morte, frena bruscamente ed io ne approfitto per scendere dall’auto e cominciare a mettere più distanza possibile tra me e quello sconosciuto che so già che mi è dietro.
“Fermati!” mi ordina lui sta volta.
“No” Tocca a me replicare questa volta e mi sfugge un risolino per il repentino cambio di ruoli.
“Si può sapere che ti è preso?” Mi domanda senza smettere di seguirmi.
-Dico, si può essere così stupidi? Come fa a farmi una domanda del genere dopo quello che ci siamo detti?-
“No, TU per chi mi hai presa?” Replico, mi aspetto che lui dica qualcosa, ma l’unica cosa che accade è lui che prima mi raggiunge, mi solleva, con troppa facilità, mi carica in spalla, si volta e poi si rincammina verso la macchina senza dire niente.
 
Azzurro.
Azzurro.
Quel fottuto azzurro mi ha invaso la mente.
 
Senza che lui se lo aspetti, sollevo un piede e lo scaglio successivamente contro le parti basse del mio sequestratore, che si accascia istantaneamente. Io ne approfitto e comincio a camminare più velocemente in direzione di casa, ma non senza prima essermi voltata ed avergli ripetuto:
“Per chi mi hai presa?”
 
 
Appena entro in casa chiudo a chiave la porta. Cosa che Linda non fa mai.
-Pazza… Non si sa mai, Matt potrebbe irrompere in casa…-
“Hei Luce! Come è andata?” mi chiede Linda seduta sul divano, con una vaschetta di gelato, mentre sta guardando uno di quei stupidi programmi televisivi.
“Bene bene” rispondo sbrigativa e mi dirigo immediatamente in camera mia.
 
Dopo essermi messa a letto ho sentito provenire dall’ingresso il suono di vari colpi alla porta. Dopo di ché ho sentito la Voce di Linda che parlava con Matt, non ho distinto molto bene le parole che si sono scambiati, ma dovrei farmelo dire da Linda, dato che Matt se n’è andato senza irrompere nella mia stanza come una furia…
-Strano…-
Quasi non finisco di pensarlo che subito il mio cellulare si illumina, ipotizzando già chi ne sia il colpevole decido d’ignorarlo, chiudere gli occhi e concentrami sull’azzurro.
Sull’azzurro che mi ha dato coraggio.
L’azzurro che mi aveva ucciso nel perderlo.
L’azzurro che ritrovandolo mi ha ridato la vita.
  
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