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Autore: usotsuki_pierrot    02/12/2017    0 recensioni
«Non stiamo giocando, Deidara. Fossi in te non sottovaluterei tanto il Kazekage».
«Mh!». Deidara sollevò il mento, chiudendo gli occhi cristallini. «Fidati di me, Yami. Ho un'arma segreta».
La marionettista lo guardò mantenendo una certa serietà; dopodiché si lasciò andare ad un altro sospiro, affondando nuovamente parte del viso nel colletto della divisa.
I tre giunsero finalmente all'interno del Villaggio, e Yami poté sentire l'atmosfera nota di Suna investirla con forza, insieme alla miriade di emozioni contrastanti che quel luogo evocava dentro di lei.
Deidara non perse tempo e richiamò un volatile di argilla; balzò sul suo dorso, e si voltò verso la compagna.
«Andiamo», disse semplicemente. L'azzurrina annuì e saltò sulla scultura vivente, dietro al biondo.
Genere: Azione, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akasuna no Sasori, Altri, Deidara, Sabaku no Gaara
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto Shippuuden
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- Questa storia fa parte della serie 'Sabaku no Yami'
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Link alla storia precedente: We can't be together, after all.
Link all'intera serie di Yami: Sabaku no Yami.

I.


«Sei sicuro che quella borsa sarà sufficiente? Il nostro rivale userà il Jinchuuriki».
«Tutte le mie tecniche sono opere d'arte. E mi sono assicurato di portare la mia specialità... Dopotutto il nostro avversario è il monocoda».
Calò il silenzio. Un silenzio rotto dal soffio insistente del vento misto a sabbia, del tintinnio fastidioso del campanellino appeso al copricapo chiaro del biondo, e dal masticare insopportabile della bocca sulla mano dello stesso, infilata nella borsa attaccata alla cintura. Yami odiava quel suono. Sentire l'argilla venir modellata dalle lingue del ragazzo - essendo consapevole della quantità di saliva necessaria all'operazione - le faceva venire i brividi ogni volta; era una delle poche sensazioni che riteneva ancora ripugnanti.
Gli occhi verdi dell'azzurrina si posavano sulle rocce all'orizzonte, analizzando il paesaggio come se fosse la prima volta che percorreva quel deserto. Teneva il copricapo abbassato e il colletto della divisa nera a nuvolette rosse sulla metà inferiore del viso, per evitare che quel vento a cui era ormai abituata la infastidisse. Di quando in quando lanciava un'occhiata alle loro spalle, ma tutto ciò che le sue iridi chiare incontravano erano le orme sue e dei compagni sulla sabbia fine.
Le era mancata la sensazione che provava camminando su quella miriade di granelli. E detestava ammetterlo, per due motivi: avrebbe preferito non avere alcun legame con il Villaggio, e sapeva a quale destino lo stesso sarebbe andato incontro di lì a poche ore.
«Sei sicura che sia la strada giusta?». Sasori guardò senza farsi notare l'azzurrina, rinchiuso com'era nella sua corazza.
La ragazza annuì. Non solo perché era stata a Suna pochi giorni prima insieme ad Itachi; conosceva il percorso a memoria, e avrebbe potuto arrivarci persino ad occhi chiusi, se ci avesse provato. Era come se il Villaggio la richiamasse a sé, di tanto in tanto.
«Non è da te essere insicuro di qualcosa detto da Yami, mh».
«Sasori-sama ha tutto il diritto di non essere convinto... Ma vi posso assicurare che ci siamo quasi».
Deidara non rispose. Si limitò a lanciare all'azzurrina un'occhiata su cui spiccava una punta evidente di preoccupazione. Lo sguardo era accigliato, la pupilla libera fissava la figura della giovane. Il biondino la guardava spesso a quel modo da quando lei e Itachi erano ritornati dalla loro missione a Suna, tanto richiesta dalla marionettista. Nessuno era riuscito a capirci qualcosa, persino Konan e Pain avevano fallito nel tentativo di farsi raccontare di più dal corvino che l'aveva accompagnata.
Deidara era particolarmente nervoso; cosa nascondeva, Yami? Quale passato poteva avere avuto, tanto oscuro da tenervi lontani addirittura Itachi e Sasori? Più si avvicinava il giorno del loro viaggio verso il Villaggio della sabbia, più il biondo si agitava. Chissà se avrebbe potuto scoprire qualcosa?
«Siamo arrivati». Yami sollevò il copricapo quanto bastava per permetterle di osservare le gigantesche mura che proteggevano Suna. Una fessura rompeva il cerchio quasi perfetto, rendendo possibile agli abitanti di entrare ed uscire dal Villaggio.
«Ecco le guardie». Deidara non sembrava affatto preoccupato. Anzi, il tono con cui proferì quella frase pareva quasi scherzoso, come se di lì a poco avessero dovuto assistere ad uno spettacolo.
Giunsero così a passo lento e deciso all'entrata, dove si accorsero con piacere ma senza sorpresa che le figure visibili in lontananza appartenevano sì a degli shinobi, ma ai loro cadaveri. Solo uno di loro era in piedi; macchie di sangue all'apparenza fresche spiccavano sulla divisa, e il suo sguardo pareva ancora più freddo e distante di quello dei numerosi morti che si era lasciato alle spalle.
«Ti ricordi di me?», chiese solenne Sasori, nel momento in cui i tre si fermarono proprio dinnanzi a lui.
«Sì, Sasori-sama». A quella piacevole affermazione da parte dello shinobi, Yami mise un piccolo broncetto.
«Mh? Non sarai mica gelosa, Yami?», domandò Deidara, divertito, con un evidente ghigno dipinto sul volto.
Yami rivolse uno sguardo accigliato al biondo, ma non fece in tempo a rispondere a modo.
«Deidara, non abbiamo tempo da perdere in queste sciocchezze». Sasori mantenne la sua solennità all'interno della corazza; questo non fece che irritare il compagno, che sbottò:
«Si si, tanto sarà una passeggiata».
Yami sospirò silenziosamente, e riprese a camminare insieme al marionettista, facendosi strada tra le due alti pareti che costeggiavano l'entrata. Non appena il biondo le si fu affiancato, l'azzurrina riprese a parlare a bassa voce, seria.
«Non stiamo giocando, Deidara. Fossi in te non sottovaluterei tanto il Kazekage».
«Mh!». Deidara sollevò il mento, chiudendo gli occhi cristallini. «Fidati di me, Yami. Ho un'arma segreta».
La marionettista lo guardò mantenendo una certa serietà; dopodiché si lasciò andare ad un altro sospiro, affondando nuovamente parte del viso nel colletto della divisa.
I tre giunsero finalmente all'interno del Villaggio, e Yami poté sentire l'atmosfera nota di Suna investirla con forza, insieme alla miriade di emozioni contrastanti che quel luogo evocava dentro di lei.
Deidara non perse tempo e richiamò un volatile di argilla; balzò sul suo dorso, e si voltò verso la compagna.
«Andiamo», disse semplicemente. L'azzurrina annuì e saltò sulla scultura vivente, dietro al biondo.
«Vedi di non farmi aspettare, Deidara. E non mettere nei guai Yami con la tua stupidità».
«Come ho detto, sarà come bere un bicchier d'acqua». Un rapido movimento del biondo, e l'uccello bianco spiccò il volo al di sopra dei tetti tutti uguali della Sabbia.
Yami dovette aggrapparsi alla divisa del ragazzo per non cadere, ma non appena si fu sistemata al meglio poté concedersi persino di guardare giù. Il panorama era incredibile, visto dall'alto. Decine e decine di edifici si alzavano dal terreno, e l'unica caratteristica che li distingueva l'uno dall'altro era la diversa altezza. L'azzurrina osservò le mura che circondavano il Villaggio, enormi e spaventose viste da vicino, ma così insignificanti a quella quota. Le tempeste di sabbia perseveravano all'esterno, tanto che sembrava i granelli marroncini prendessero vita propria; le dune all'orizzonte venivano modellate a seconda del volere del vento impetuoso, e nessuna traccia rimaneva a lungo visibile in quel deserto. In lontananza il sole brillava con il suo tepore accecante e ben presto sarebbe tramontato.
La giovane abbassò di poco lo sguardo, e l'attenzione dei suoi occhi chiari venne attirata dal grande e imponente edificio in cui il Kazekage viveva e lavorava per il suo Villaggio. Era rimasto tale e quale a come lo ricordava, uguale a quello che infestata i ricordi più vividi della sua infanzia. Sentì il sangue ribollire al pensiero del precedente Kazekage, tanto che per qualche istante perse il controllo del suo corpo; le dita si strinsero con forza alla veste scura del biondo, che distolse l'attenzione dalla sua opera di ricognizione generale per abbassare lo sguardo sulla ragazza.
«Che c'è, mh?».
Yami non riuscì ad allentare la presa; mentre i suoi occhi sembravano voler bruciare l'edificio più importante di Suna, la sua bocca si aprì e prima che potesse controllare il suo corpo fuoriuscì una frase inaspettata.
«Radiamo al suolo questo Villaggio».
Deidara rimase in silenzio qualche istante. Un piccolo ghigno soddisfatto si formò sul suo volto; tornò ad osservare i numerosi tetti sotto di loro.
«Devo dire che ha un che di artistico», fece una nuova pausa prima di continuare. «Per questo merita di saltare in aria».

 

 

Le luci del tramonto illuminavano di calore l'ufficio del Kazekage, facendo il loro ingresso dalla grande e tonda finestra e ricoprendo ciò che toccavano di un intenso arancione misto a rosso. Era in quel momento della giornata che Gaara si prendeva con piacere una breve pausa dal suo costante lavoro, per ammirare il panorama tinto di splendore. Posò i fogli sulla scrivania, gli ennesimi documenti che non smetteva mai di leggere e compilare, e scostò la poltrona su cui era seduto per allontanarsi di poco dall'ampia scrivania e rivolgersi alla finestra alle sue spalle. Non fece tuttavia in tempo a posare l'attenzione sull'orizzonte pacato e immobile che sentì bussare alla porta.
«Avanti», disse con la solita calma nella voce, indirizzando lo sguardo all'entrata. La porta si aprì un poco, e qualche istante più tardi sbucò dalla fessura una viso circondato da folti capelli blu e illuminato da un paio di brillanti occhi azzurri.
«È permesso?», chiese una limpida voce da ragazzina. Il rosso le rivolse un piccolo sorriso e un lieve cenno del capo.
«Entra pure, Hikari...».
La ragazza fu felice di obbedire, e una volta chiusa la porta alle sue spalle si avvicinò alla scrivania del Kazekage.
«Ti manca allenarti con Temari?».
«Un po' sì, ma mi sto dando da fare per conto mio mentre è via!».
«Non ti fa fare cose pericolose, spero...».
«Beeeh...».
Gaara le lanciò un'occhiata a metà tra il preoccupato e l'apprensivo.
«Scherzavo, scherzavo! Sono normali allenamenti, dovresti saperlo!».
Non che il rosso non si fidasse della sorella maggiore; aveva semplicemente paura che fosse un po' troppo severa.
«Hikari... Lo sai che-».
«"Non voglio impedirti di allenarti"».
Gaara fece una pausa.
«E che voglio solo-».
«"Che ti trattino bene". Certo che lo so! Non ho scelto di tornare a Suna per niente. E ho chiesto io stessa a Temari di allenarmi, voglio essere una kunoichi forte come lei e come le altre!».
Il Kage si lasciò sfuggire un lieve sospiro rassegnato, abbandonandosi contro lo schienale della poltrona.
«Conosco quello sguardo», riprese a parlare la più piccola, con un sorriso dipinto su un'espressione malinconica. «Non mi dirai ancora che sono troppo piccola, vero? Ho quasi tredici anni ormai... Tu sei diventato Kazekage eppure non sei tanto più grande di me!».
Gaara non avrebbe potuto controbattere a quell'affermazione.
«Sei disposta proprio a tutto per riportare indietro Yami...».
«Senti chi parla!», esclamò Hikari ridacchiando. «Purtroppo non ho avuto la fortuna di incontrarla di recente, al contrario di qualcuno... Qualcuno che l'ha addirittura baciata!», continuò con tono scherzoso e volutamente provocatorio.
Il rosso si imbarazzò un poco di fronte alle accuse della più giovane. Era l'unica a cui aveva raccontato dell'incontro ravvicinato con Yami, la nuova Yami. Aveva timore a rivelare quell'episodio ad altri, non sapeva come avrebbero potuto reagire; ma di Hikari si fidava. Non avrebbe potuto tenerla all'oscuro di ciò che era accaduto.
La bluetta sospirò, sedendosi su una seconda poltrona non molto lontana dalla scrivania. Si stiracchiò, allungando le braccia sopra la testa per poi lasciarsi andare alla comodità dello schienale.
«Gaara...». Il Kazekage la guardò; aveva abbassato lo sguardo, fissato gli occhi chiari al pavimento e rilassato i muscoli. Non era un buon segno, pensò.
«Pensi che sarà possibile... ecco... farla tornare? Pensi che ci riusciremo davvero?».
Raramente Hikari mostrava agli altri quel suo lato; come Yami, anche lei non amava mettere in evidenza le sue “debolezze”. Poche persone avevano potuto ascoltare quel tono di voce afflitto e poco speranzoso, in attesa di un briciolo di supporto altrui, o forse solo lui.
Il rosso si alzò dalla poltrona, muovendosi silenziosamente come suo solito in direzione della giovane; quest'ultima non aveva mosso un muscolo, segnale che si era persa nei suoi pericolosi pensieri – di nuovo -.
Si avvicinò. Non c'era la minima esitazione nella sua andatura, nel suo sguardo, nei suoi occhi. Una volta raggiunta sollevò un braccio posando il palmo della mano sulla testa della kunoichi.
«Mh..?». Hikari distolse l'attenzione dal flusso di preoccupazioni e immagini che affollavano la sua mente, e posò le pupille che brillavano alla luce del tramonto sulla figura di Gaara. Questi le rivolse un lieve sorriso, il più rassicurante del suo repertorio un po' troppo scarno. Ma fu sufficiente a rallegrare seppur di poco la giovane.
«Farò il possibile affinché si senta libera e al sicuro per tornare a casa... Sono sicuro che lei sappia quanto ci manchi». Il rosso aveva evitato di includere nel racconto anche la brusca reazione della madre delle due sorelle. Sentiva che era la decisione giusta da prendere.
«Io vorrei solo avere indietro mia sorella...».
Il Kage rispose con un semplice cenno del capo; avrebbe voluto rassicurarla, ma del resto era il primo a dubitare delle sue stesse parole.
«Mh? Gaara, guarda che strano animale!». L'interpellato inclinò confusamente la testa, prima di voltarsi e osservare attraverso la finestra l'immenso cielo che si stava lentamente tingendo di un blu notte.
Si avvicinò alla parete, fissando con insistenza la creatura che volava poco lontano, sopra i tetti del Villaggio. Un volatile, bianco. Una scarica di brividi gli percorse rapidamente la schiena nel momento in cui identificò in una delle due figure sul dorso dell'animale proprio Yami, nella divisa nera a nuvolette rosse; avanti a lei, un ragazzo dai lunghi capelli biondi con la stessa veste pareva controllare la direzione presa dall'uccello.
«Hikari, tu resta qui dentro e non muoverti per nessun motivo», esclamò il rosso, liberandosi della pesante toga da Kazekage per poi uscire dalla stanza sotto lo sguardo confuso e spaventato della ragazza.
Quest'ultima si avvicinò alla finestra, nello stesso punto in cui pochi istanti prima Gaara aveva osservato il volatile chiaro. Solo allora la vide. La sua pelle perse il colorito roseo per assumerne uno pallido che si abbinava alla perfezione con l'espressione carica di sgomento e terrore; gli occhi azzurri non brillavano più, anzi, tremavano alla vista del nemico.

"Yami..?!".

   
 
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