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Autore: I_love_villains    03/12/2017    0 recensioni
Pharrell College= scuola privata inglese per giovani sidhe.
Sidhe= creature fatate facenti parti del Piccolo Popolo.
Pandora= tutti i doni. Ma alcuni sono oscuri.
Coraggio= capacità di affrontare situazioni difficili e pericolose, talvolta per fare la cosa giusta.
Amicizia= vivo e scambievole affetto tra due o più persone, ispirato dalle più svariate cause.
Paura= stato emotivo di repulsione e di apprensione in prossimità di un vero o presunto pericolo.
Sfortuna= cattiva fortuna, sorte avversa. Le disgrazie non vengono mai da sole e i mostri sono reali.
Genere: Fantasy, Horror, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“Che vuol dire che io non vengo?!”
“Pepe, se non torniamo entro sera tu devi dire alla signorina Blake o a qualcun altro dove siamo” spiegò con calma Pandora.
Il gatto protestò ancora: “Ma come vi difendo se resto qua?”
“Non potrai, è vero, però ci sei molto utile lo stesso.”
Lui poggiò la testa sulle zampe anteriori, imbronciato. Da quando la sua padrona era cresciuta non lo portava più sempre con sé. Dory lo carezzò teneramente.
“Mi spiace, amico …”
“No, non fa niente … se dici che così ti aiuto sono felice.”
Pepe le saltò in grembo e lei lo coccolò grata, per poi dargli un bacio sul capo.
“Sei il miglior Lykoi Cat del mondo, Pepe!” esclamò mentre lo abbracciava. “Ti voglio tanto bene!”
“Grazie Dory, ti voglio bene anche io. Buona fortuna.”
Il micio seguì l’amica finché lei non si allontanò nel bosco, allora tornò in camera, si accoccolò sul letto e si dispose all’attesa.

“Dory, tu sai che ha Galahad?” le domandò Fujiko, un po’ preoccupata per il cugino.
“In che senso?”
“Hai visto che ieri era taciturno, non è da lui. E anche ora se ne sta in disparte.”
Pandora lanciò una veloce occhiata al biondino, che le seguiva lentamente. Sembrava non aver chiuso occhio ed era molto teso. Perfino le bambine erano più rilassate.
“Ho litigato con lui l’altro giorno” rivelò. “Ma non può essere solo questo, giusto?”
“Non so, lui ci tiene molto a te.”
“Lo so …”
Non aggiunsero altro, tuttavia Pandora pensò che parlargli prima che cominciasse la spedizione sarebbe stata una buona idea. Forse anche scusarsi. Ammetteva di essere stata troppo brusca, anche se magari aveva ragione lei. Si lasciò superare dalle amiche e camminò di fianco a Galahad, che dapprima non se ne accorse.
“Ciao” lo salutò lei.
Lui si limitò a guardarla.
“L’altra sera … non volevo lanciare la tua marionetta. E nemmeno usare il tuo problema per ferirti … io …”
“Però lo hai fatto” replicò duramente Galahad.
Dory annuì dispiaciuta.
“Non so che mi è preso, scusa.”
Il biondo si guardava i piedi, senza sapere che fare. Quella notte aveva avuto altri incubi e tutti lo incitavano a sbarazzarsi di Lance per non essere più perseguitato. Questo a lei non poteva dirlo, ma poteva perdonarla. Perciò alzò la testa e le sorrise.
“D’accordo, solo che se lo rifai non so se resisto.”
“Starò attenta” fece lei sorridendo.
“Ed io starò attento a non farti più arrabbiare. Mi piace essere tuo amico.”
Pandora gli strinse per un attimo la mano, contenta, poi corse fino a che fu in cima alla loro casetta. Galahad la seguì con lo sguardo, felice per aver fatto pace. Si rabbuiò vedendo che Lance la raggiungeva. Si costrinse a non pensarci.
Lance si appoggiò alla porta, prendendo fiato per la gran corsa fatta: voleva parlare da solo con Dory e si era inventato una gara di velocità per farlo. Per sua fortuna nessuno aveva barato.
“Ehi, da chi stai scappando?” chiese Dory scherzosamente.
“Nessuno. Senti, a proposito di brutte sensazioni, non dovremmo andare là.”
“Ma è già deciso e persino Lilian ha capito che è importante. Guarda, si è messa abiti comodi e si è legata i capelli.”
“Capisco, però … ieri non ho protestato per non sembrare un codardo. Ora sono solo con te e ti posso giurare che anche se ho paura ci verrei in quella casa, ma Lullaby l’ha nominata …”
“Questo non l’avevi detto” osservò lei.
Lance non sapeva come proseguire.
“Lance, che mi nascondi?”
Prima che lui potesse rispondere Anton e Simon corsero su con gran fracasso.
“Piccioncini, non è il momento di baciarvi!”
“Non lo stavamo facendo!”
“Dai, ci sono tutti!”
Lance si dileguò giù con i fratelli. Dory sospirò. Che poteva avergli detto quella Lullaby? Finora le sue parole avevano solo confermato ciò che loro avevano capito da soli. Aveva forse detto che avrebbero affrontato le loro paure, in quella casa? Tanto erano insieme e lei, per esempio, avrebbe incenerito gli insetti che terrorizzavano lui. Si sarebbero aiutati a vicenda.
Non fidarti di quella donna.
Non mi fido di nessuno che non conosco.

Arrivarono ai piedi della collina dopo mezz’ora, camminando in religioso silenzio. Da lì si poteva vedere solo il tetto della vecchia villa, mentre prima qualsiasi parte della casa era stata invisibile a causa degli alberi. I bambini si arrampicarono cercando di restare il più vicini possibile. Non udivano nulla di strano, solo i loro passi e ogni tanto il canto di un uccello. Finalmente furono in cima. Ebbero il tempo di una sola visione nitida dell’ambiente circostante, perché una nebbia leggera sembrò propagarsi dall’abitazione appena tutti misero piede sul sentiero che portava alla villa.
Pandora avanzò di qualche passo e si voltò verso gli amici. Erano venuti tutti, nessuno aveva voluto aspettare nella loro casetta.
“Ci siamo” sussurrò. “Fujiko, Gabe, pronti con le prove.”
I due ragazzini presero rispettivamente una torcia ed una bussola.
“Per ora tutto normale” li informò Gabriel.
Fujiko confermò: nessuno dei due strumenti dava segni di malfunzionamento. I bambini si avvicinarono di più alla villa. Il sentiero di ciottoli, invaso da erbacce, non era molto lungo, ma da un certo punto in poi la temperatura cambiò. Hope e Viola si tennero per mano, avvertendo l’aria farsi più fredda. Nel frattempo la nebbia cominciava ad avvolgerli e a infittirsi.
“G- guardate!”
L’ago della bussola non indicava più il nord; si muoveva a casaccio, cambiando senso dopo qualche giro. La torcia si spense. Fujiko le diede qualche colpo, ma dopo un paio di tentativi la lampadina scoppiò, facendo urlare le più piccole.
“Calme, dai” fece piano Simon, controllando i tremiti.
“Sì, si tratta solo di una bambina” le rassicurò Anton.
“Dobbiamo andarcene subito!” affermò Lilian.
“Ah no, sei venuta e mo’ resti. Dory, chiamala.”
Pandora annuì alle parole di Frithjof. Trattenne l’impulso di stringere la mano di Lance e fece un respiro profondo.
“Eve, ci sei? Se sei qui mostrati, per favore!”
Attesero qualche minuto con il cuore in gola, guardando in ogni direzione.
“Eccola!” urlò Galahad.
Infatti una figura stava prendendo forma tra la nebbia. La osservarono paralizzati. Se non fosse stato per l’aspetto amichevole dello spirito, in molti sarebbero fuggiti subito. Ma Eve appariva come una normale bambina. Certo era trasparente e fluttuava, tuttavia nulla in lei era spaventoso o minaccioso. Seppur tesi, i bambini non erano più impauriti.
“Eve” bisbigliò Ulfis.
Si accorse di avere accanto Lilian, che gli stava stringendo con forza un braccio. Arrossì mentre posava la mano sulla sua per incoraggiarla. Lei lo guardò, ritrasse la mano e gli sorrise debolmente.
“Evelyn Sarah Anderson” scandì il fantasma. “Questo è il mio nome.”
“Ciao” la salutò Dory, senza sapere come proseguire.
Lo spettro li guardò bonariamente e sorrise.
“Sapevo che sareste venuti” sospirò. Sembrava dispiaciuta.
“Hai visto anche tu una donna di tenebra?” le domandò Lance.
“Può darsi. Ho visto altro, però. Siete qui, sono riuscita a chiamare due di voi … non dovreste essere mai dovuti venire qui, ma sapevo che vi avrebbe attirato quindi non ho avuto altra scelta.”
“Chi, Evelyn? So che vuoi aiutarci, ma devi essere più chiara” disse Pandora.
La paura riaffiorava, non più per Eve, ma per un nemico ignoto.
“La nebbia … Sì, vi aiuterò come posso, sento che così avrò pace. Cerco da tanto di riposare …”
I bambini si guardarono tra loro, non trovando un senso a quelle frasi sconnesse.
“Eve, cosa …?”
Dory si interruppe bruscamente. Qualcuno non capì subito il perché, ma bastò seguire gli sguardi degli altri per comprendere. Eve si voltò: la porta di casa sua si era aperta. Improvvisamente da essa fuoriuscì un denso getto di nebbia che fece indietreggiare i bambini, separandoli. In mezzo a tutto quel candore si muoveva qualcosa di indefinito. Terrorizzati, i piccoli corsero via, senza sapere da cosa stessero scappando o verso dove.

“Ma bravo, ce l’hai fatta.”
Quella di Lullaby era una semplice affermazione, pronunciata con un tono privo di interesse. Non le importava nulla, in fondo, di cosa avrebbe fatto quella creatura ai ragazzini. Forse non era meno diabolica di lui, però era meno avida. Per la loro sopravvivenza, due bambini sarebbero stati sufficienti. Ma il suo socio voleva divertirsi, non si accontentava di un banale pasto.
La donna di tenebra udì la risata divertita dell’altro, che assunse una seppur vaga forma. Mojo era fatto di nebbia: cambiava continuamente forma, era impalpabile e faceva sembrare lei più solida e definita.
“Sarà uno spasso, ti divertirai anche tu, mia tetra signora” disse lui sghignazzando, carico di aspettativa.
“Forse. A me interessa solo il potere di quella ragazzina.”
“Lo assorbirai prima che io mi cibi delle sue carni” promise Mojo. “Ma è davvero tanto potente? A me sembra un’insulsa marmocchia come le altre.”
“Non ti avrei offerto il mio aiuto se non ne fossi stata certa. I tuoi trucchi sono notevoli, ma con l’aggiunta della mia ipnosi sarà impossibili per quei ragazzini cavarsela.”
“Sarà uno spasso!” ripeté il malvagio essere. “Le urla dei bambini sono musica per me! Godo delle loro sofferenze! Amo i loro sguardi carichi di terrore! Adoro quando, ad un passo dalla morte, continuano a supplicare e a sperare! Ma, oh, se impazziscono è più divertente ancora! Ahahaha!”
Lullaby sorrise, contagiata dall’allegria del socio. Anche lei, nella sua lunga vita, aveva portato alla pazzia molta gente o l’aveva uccisa. Si trattava di pura sopravvivenza, come un leone che mangia una zebra. La sua esistenza era trascorsa tranquillamente, senza essere sconvolta da alcuna emozione, positiva o negativa che fosse. Passava da sola la maggior parte del suo tempo, apprezzando la compagnia delle sue vittime finché durava. Mojo era la prima creatura davvero malvagia che incontrava. Era simile a lei per certi aspetti, per altri era il suo opposto, tuttavia erano le differenze che la interessavano. Le si era avvicinata dopo aver scoperto che puntavano allo stesso obiettivo ed era rimasta con lui perché incuriosita da quel mostro. Grazie a Mojo si era resa conto di essere sadica, folle, perversa. Ciò che faceva non era naturale come aveva sempre creduto. Era vero che se fosse stato per lei sarebbero morti meno bambini, ma in fondo i numeri non facevano molta differenza …

La nebbia si era estesa fino al bosco. Questo fu quello che pensarono i bambini quando finalmente si fermarono, senza fiato. Mano a mano che si riprendevano dalla spavento, si rendevano conto di tanti particolari. Il bosco non era mai stato tanto silenzioso. Nessun uccellino cantava, nessuna foglia si muoveva. Anzi, di foglie non ce n’erano proprio, a ben guardare! Gli alberi erano completamente spogli e ricoperti di muschio, anche se qualche minuto prima erano solo poche le foglie cadute o ingiallite. Le foglie non si trovavano neppure per terra, dove cresceva semplice erba, segno che dovevano essere scomparse da tempo. A causa della nebbia era impossibile scorgere il cielo o qualcosa di più lontano di quattro, cinque metri. Smisero di osservare il nuovo paesaggio più o meno nello stesso momento e si accorsero di non essere tutti insieme. Si stupirono di non aver notato subito di correre senza nessun altro accanto. Iniziarono a chiamarsi, inquieti, fino a che a coppie si ritrovarono.



***Angolo Autrice***
I bambini purtroppo sono giunti a destinazione. Ne usciranno vivi? Lullaby e Mojo li terrorizzeranno a dovere? Intanto se cliccate qui e guardate l'immagine ci sarà più atmosfera.

   
 
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