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Autore: Signorina Granger    03/12/2017    11 recensioni
INTERATTIVA || Conclusa
C’è un’area ristretta, protetta da una barriera inaccessibile, dove le persone vivono in armonia, nella ricchezza, ognuno ha il suo ruolo e vige la più totale giustizia.
L’opportunità di accedervi viene data a tutti, quando ogni quattro anni ha luogo un Processo di selezione, fatto di test e prove, al quale viene sottoposto chiunque abbia già compiuto vent’anni, dando a chi più se la merita la possibilità di vivere una vita migliore nell’Offshore.
L’occasione è una sola e se sprecata recuperarla è impossibile.
Benvenuti nel Processo.
[La storia prende ispirazione dalla serie “3%”]
Genere: Introspettivo, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maghi fanfiction interattive
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
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The Process 


Epilogo 
 
Qualunque cosa accada, lo meritate



Camminavano mano nella mano sul marciapiede, in silenzio, limitandosi ad osservare il verde che li circondava. 
La casa era abbastanza isolata, situata su una specie di collinetta, al sicuro da sguardi indiscreti, così che potessero svolgere il loro lavoro senza essere disturbati. 

C’era bel tempo quel giorno, il cielo era sereno e quasi privo di nuvole, ma nonostante l’Estate fosse ormai arrivata non faceva caldissimo e un leggero venticello scuoteva appena le fronde delle piante e i loro capelli. 

La casa non era dotata di una vera e propria recinzione, un sentierino di ghiaia circondato da un muretto di pietre collegava semplicemente il portico alla strada dove stavano camminando, avvicinandosi sempre di più all’abitazione. 

Nymphea fece per imboccare il sentierino per avvicinarsi al portico, salire i tre gradini e suonare il campanello, ma qualcuno sembrò precederla: la porta si spalancò un attimo dopo e la figura minuta e sorridente di una bambina comparve sotto al portico, prima che Nerine si avvicinasse quasi di corsa ai due. 
Nymphea sorrise istintivamente nel posare lo sguardo sulla sorellina, facendo per salutarla e allargare le braccia per stringerla… peccato solo che la bambina quasi la ignorò, passandole davanti per saltare praticamente in braccio a Phoebus, che acchiappò la bambina al volo con una risata:

“Ciao, Principessa.”
“Ciao Phoebus… vi stavamo aspettando! Non vedevo l’ora di vederti.”

Nerine sorrise, rivolgendo un’occhiata adorante al fidanzato della sorella mette il ragazzo la rimetteva con i piedi per terra e Nymphea, sfoggiando l’espressione più contrariata che le riuscì, si mise le mani sui fianchi per poi parlare con un tono piuttosto seccato:

“Embhè?! Non saluti tua sorella? Ti sei già dimenticata di me, ma brava!”
“No! Mi sei mancata anche tu, Nym.” 

La bambina sfoggiò un sorriso angelico prima di abbracciare la sorella, che subito si sciolse come neve al sole mentre anche Cole li raggiungeva, salutando a sua volta con affetto il ragazzo.

“Mamma e papà dove sono? Nella serra a lavorare?”
“No, sono dentro. Vieni.” 

Nerine prese Phoebus per mano per condurlo verso la porta di casa e Cole li affiancò, prendendolo per l’altra e chiedendogli di incantare il suo elicottero giocattolo affinché volasse davvero mentre Nymphea, seguendo i tre, assisteva alla scena con un sopracciglio inarcato: 

“Questo è il ringraziamento per averli cresciuti da sola per quattro anni… chi avrebbe detto che ti avrebbero adorato tanto?”
“Pensavo fosse implicito, dal momento che sono irresistibile! Vero, Rine?”
“Certo!”

La bambina annuì vivacemente e Nymphea roteò gli occhi chiari, provando a fingersi seccata ma in realtà felice di essere a casa con i fratelli e, finalmente, anche con i genitori, che da circa tre mesi erano potuti finalmente uscire dall’ospedale e tornare a prendersi cura dei figli minori grazie all’antidoto che lei aveva creato nel suo laboratorio nell’Offshore, permettendo così ai genitori di poter lasciare dall’ospedale, senza dover più vivere perennemente in quarantena. 


Viveva nell’Offshore da meno di un anno, ma guardando Phoebus avvicinarsi alla porta di casa, davanti alla quale era comparsa anche sua madre con un gran sorriso stampato sul volto, con i fratellini per mano non poté fare a meno di pensare a quanto la sua vita fosse già miracolosamente migliorata. 


*


Il Processo terminava quel giorno, lo sapeva. Lo sapevano tutti.
E tutti i cittadini dell’Offshore erano piuttosto curiosi di vedere i dieci nuovi “acquisti”… lui, probabilmente, per primo. 

Noah Carroll faticava a stare fermo, seduto su una delle panchine laccate di bianco e quasi scintillanti sotto il sole poste intorno all’ampia piazza circolare piastrellata, situata praticamente ai limiti della Barriera. 
Piazza dove, lo sapeva, sarebbero apparsi, grazie alla Passaporta, i dieci ragazzi che avevano superato il Processo. 

Erano passati esattamente quattro anni da quando era giugno lì per la prima volta, quattro anni dalla fine del Processo precedente… quattro anni durante i quali aveva terminato i suoi studi all’Accademia per diventare Auror, ritrovandosi così a lavorare dall’”altra parte”, come la chiamavano nell’Offshore e come si era abituato a denominarla a sua volta. 
Aveva sempre voluto fare l’Auror, ma vista la rigida scansione delle regole, dei compiti e della pace praticamente totale che vigeva laggiù non era una professione richiesta nell’Offshore, ma era stato ben lieto di vivere in quel modo, avendo così l’opportunità di vedere sua sorella e i suoi vecchi amici molto spesso. 

Noah era seduto lì da quasi un’ora ormai, in attesa, gli occhi fissi distrattamente sulla grande fontana di marmo mentre si torturava le mani, desiderando che arrivassero in fretta. 
Aveva provato ad “ indagare” in tutti i modi ma nulla, non era riuscito a scoprire niente… e neanche attraverso Mairne, che in quei quattro anni aveva fatto molta strada e ormai occupava un’ottima posizione all’interno dell’Offshore e nell’organo che si occupava del suo controllo. 

Sua sorella non gli aveva mai scritto e ciò l’aveva fatto sperare fino all’ultimo: all’interno del Processo non avrebbe potuto cominciare con l’esterno, quindi probabilmente era rimasta in gioco fino alla fine… si era insinuato, dentro di lui, il dubbio che le fosse successo qualcosa di brutto, ma si era affrettato a scacciarlo in fretta, rifiutandosi di pensarci. 
Non quando l’immagine di Milo inerme, pallido e sanguinante era ancora impressa nella sua mente, anche se il ragazzo si era perfettamente ripreso. 


E poi, qualcosa cambiò nella piazza silenziosa e praticamente deserta: un gruppo di persone, di ragazzi che avevano circa la sua età, fecero la loro comparsa. 
E allora Noah Carroll si alzò quasi senza volerlo, sorridendo istintivamente mentre si avvicinava di corsa, ignorando le espressioni curiose e stupite dei nuovi arrivati mentre si guardavano intorno, riuscendo praticamente a vedere solo una ragazza a lui molto familiare prima di stringerla in un abbraccio quasi soffocante.


*


“Perdona il ritardo, ho aspettato che i ragazzi arrivassero prima di raggiungerti.”

Mairne sorrideva mentre, sfilandosi gli occhiali da sole per sistemarli tra i suoi capelli biondi, sedeva di fronte alla sua migliore amica ad uno dei tavolini sistemati all’esterno della loro caffetteria preferita, sotto una veranda adornata di fiori che erano finalmente germogliati.

Lilian, che fino a quel momento si era limitata ad osservare le persone passarle davanti, camminando sul marciapiede che circondava la strada asfaltata, o le villette colorate situate dall’altra parte della strada, si voltò verso l’amica e sfoggiò un debole sorriso: 

“Hai aspettato di vedere Noah abbracciare sua sorella?”
“Mi piace vederlo felice, volevo vedere la sua reazione.”

Mairne sfoggiò un lieve sorriso, stringendosi nelle spalle mentre l’ex Grifondoro inarcava un sopracciglio, rivolgendole un’occhiata scettica:

“Vuoi davvero continuare a farmi credere che tu non sapevi che Darcy era passata? Non farmi ridere, avrai anche fregato lui, ma non me.”

“Mi piaceva l’idea di non rovinargli la sorpresa, tutto qui. Sono molto felice per lui, e voglio bene a Darcy anche io. È una bella giornata, vero?”

“Sì… anche quando siamo arrivati noi, era una serata splendida. Non sembra siano passati quattro anni, vero?”
“No, per niente. Ma sono comunque cambiate molte cose… ma parlando del presente, ti sei decisa tra la Red Velvet e la meringa ta, alla fine?”

“No. Se avessi saputo che sarebbe stato così difficile non avrei mai detto di sì a Connor!”
“Povera Lily, che dilemma organizzare le proprie nozze… ovviamente, per quel che riguarda il mio umile parere, potresti farle preparare entrambe.”

Lily sorrise all’amica mentre sollevava la sua tazza piena di cappuccino, con l’anello di platino che le scintillava al dito.

“Ci penserò. Mia sorella ha detto la stessa cosa, in effetti.”
“Quindi vi sposerete a Londra?”
“Sì, Connor è d’accordo, ha capito. La mia famiglia vive dall’altra parte e, come ben sai, non possiamo portare “ospiti” qui.”
“Ho persino provato a cercare di ammorbidire quella legge, in effetti, ma non c’è stato niente da fare. Credo abbiano paura di “rovinare” l’armonia di questo posto… e forse non si può dare tutti i torti al Consiglio. Vivere qui… non lo so, è come passeggiare in un villaggio delle bambole, è tutto bello e tranquillo.”

Mairne abbozzò un sorriso, guardandosi intorno quasi con gli occhi chiari carichi d’affetto mentre Lilian annuiva, osservando distrattamente una donna passeggiare sul marciapiede, a pochi metri da loro, tenendo la figlia per mano.

Lei era cresciuta in una famiglia molto numerosa, famiglia che amava moltissimo, e le sarebbe piaciuto molto poter avere diversi figli a sua volta. In fin dei conti, lei e Connor sarebbero riusciti a mantenerli tutti senza alcun problema… ma non avrebbero potuto avere più di due figli, stando alle leggi dell’Offshore.

Un piccolo prezzo da pagare per poter vivere laggiù. Ma avrebbe potuto andare peggio tutto sommato, aveva comunque la possibilità di costruirsi una famiglia… e per fortuna, i suoi figli non avrebbero mai sentito la mancanza di nulla. 

“A proposito… mi dispiace per Lyra, Edmund ed Eric. So che speravi che almeno uno di loro ce la facesse.”
“Non fa niente, mi sarebbe piaciuto avere uno di loro qui con me, ma nel prossimo Processo ci saranno Lorelai ed Edwyn, confido in loro. E poi, con me qui, riescono comunque a condurre una vita più serena… mia madre e mio padre all’inizio non volevano che li aiutassi economicamente, ma hanno finito con l’accettare, per il bene di Lindsay, Lorelai ed Edwyn… anche se ormai siamo praticamente tutti cresciuti e indipendenti, in un modo o nell’altro. L’unica che va ancora a scuola è Lindsay.”

“È bello da parte tua averli sempre aiutati, sai?”
“Chi di noi non lo fa? E poi, tra il mio stipendio e i soldi di Connor, ho più denaro di quanto mi occorra… non sono abituata ad avere molto denaro per le mani, non mi piace spenderlo per cose futili. Quando ti abitui a non averne, capisci cosa è importante e cosa no.”

“Ci credo, ti sei accaparrata il figlio di uno dei membri del Consiglio! Sia benedetto il giorno in cui sei venuta a trovarmi in ufficio e lo hai conosciuto.”
“Già… a quanto pare è tutto merito tuo, biondina.”

“Naturalmente. Esigo di vedere una targa in mio onore nel vostro salotto, Blackwell.”


*


Il “cuore” dell’Offshore era rappresentato dalla piazza circolare e gli edifici che si affacciavano su di essa, tra cui il municipio, la clinica, lo studio legale, la scuola e la specie di “albergo” dove i ragazzi alloggiavano per i primi tempi, una volta giunti nell’Offshore, a meno che non avessero qualche familiare pronto ad accoglierli nella propria dimora. 

Nella piazza regnava il candore, le piastrelle erano bianche e perennemente immacolate, così come la fontana di marmo che raffigurava la coppia di Fondatori e gli edifici. 

In realtà tutto quel bianco non le era mai piaciuto, le ricordava i momenti passati nel Processo quattro anni prima, preferendo invece la parte più “interna” dell’insieme di quartieri: certo, le panchine e i marciapiedi erano chiari ovunque, ma gli edifici si facevano più colorati e, in particolare, in quel periodo amava percorrere il viale che collegava la piazza all’interno, circondato da due file di ciliegi ormai in fiore.

Era uscita di casa per vedere con i suoi occhi i nuovi arrivati e quando ebbe raggiunto la piazza i suoi occhi si posarono irrimediabilmente su Noah Carroll, uno degli ex candidati che aveva condiviso con lei l’esperienza del Processo, che stava stringendo una ragazza tra le braccia, visibilmente felice. 

Immaginando che si trattasse della sorella Hailey abbozzò un sorriso, felice per il ragazzo, prima che il suo sguardo si spostasse sulla fontana e le due statue che la sormontavano. 
I due Fondatori. 
Ricordava benissimo quando, quattro anni prima, le era stato chiesto di proiettare simultaneamente le loro immagini su due pareti diametralmente opposte… e ce l’aveva fatta, stabilendo così ufficialmente il suo ingresso in quel posto quasi utopistico.

Molto diverso dall’ambiente in cui era cresciuta, pieno di incertezza, frustrazione e spesso molta solitudine.

Molti quasi idolatravano ciò che quelle statue rappresentavano, la strega e il mago che avevano dato vita a quel luogo, alla divisione. 
Per quanto la riguardava, ogni volta in cui ci posava lo sguardo non faceva altro che sorridere, ripensando alla vita che aveva condotto per ventitré anni e che era, finalmente, cambiata in meglio grazie ai suoi sforzi.

“Perché volevi vederli?”

Hailey si voltò e rivolse un sorriso al fidanzato, prendendolo sottobraccio e appoggiando il capo contro la spalla di Christopher:

“Tu sei nato e cresciuto qui Chris, non puoi capire… questo è il primo Processo dopo il mio, volevo solo rileggere la mia gioia sui loro volti. Non riesco nemmeno a descriverlo… guardali e basta, anche se non credo basterà ad immedesimartici.”


*


Mentre camminava lungo il corridoio si sfilò il camicie, rispiegandolo con delicatezza sul proprio braccio e pensando con divertimento ai dieci ragazzi che erano passati e che erano, probabilmente, appena arrivati nella loro nuova casa.
Lei aveva passato il mese precedente insieme a loro, ma stava per fare rotondo nell’Offshore a sua volta, visto che il Processo ormai era concluso. 

“Felice che sia finita?”
“Un po’ sì… anche se sono felice che, grazie al nostro contributo e a quello di Theo, le cose siano migliorate… Si sono fatte più leggere, diciamo.”
“Per ora, almeno… chissà, forse all’inizio anche Kubrick aveva organizzato così, ma poi il sadismo ha finito col prendere il sopravvento.”

Erza sorrise appena, stringendosi nelle spalle mentre raggiungeva la collega, camminando accanto a lei per raggiungere il fondo del corridoio: 

“Chissà… lo vedremo, immagino. Però devo ammetterlo, è stato divertente. Quando Benjamin ce l’ha chiesto ero scettica, ma non è stata una cattiva idea.”
“Philips, non ti facevo sadica, non sei forse una Tassorosso?”

“Non dico che mi piace vedere la gente soffrire, solo che metterli alla prova è stato divertente! Anche se è quasi doloroso guardarli andarsene, ti fa pensare che sarebbe potuto toccare a te.”
“Già, ma così non è stato. E ora, possiamo goderci il nostro meritato premio. Non ricordi ciò che disse Benjamin? Io ci penso sempre.”

“Anche io. Infondo aveva ragione… Sai, quando ti ho vista, prima ancora di arrivare qui, quando aspettavamo la Passaporta… non so perché, ma sentivo che saresti passata. Anche se non mi feci un’opinione così positiva di te, Erza.”

“Pensavi forse che avrei potuto usare il mio irresistibile fascino per passare? Oh, mia cara Zavannah, si dia il caso che l’avrei fatto.”


*


Theodore salutò i dieci candidati che aveva condotto con sè nell’Offshore, spiegandogli che avrebbero alloggiato sotto la tutela del Consiglio per qualche giorno, a meno che non avessero qualcuno pronto ad accoglierli nella propria dimora. Potevano riposarsi e sistemare le loro cose, che erano arrivate poco prima, per un paio di ore, poi li avrebbe incontrati di nuovo per spiegare loro per filo e per segno le modalità della loro nuova vita. 

Li guardò allontanarsi, quasi tutti in gruppo tranne che per Darcy Carroll, che si allontanò abbracciata al fratello maggiore Noah, prima di concentrarsi su una figura ben nota che invece gli si stava avvicinando, sorridendo:

“Immagino di dovermi complimentare, Direttore.”
“Non iniziare… anche se devo ammettere che sì, ho fatto un bel lavoro. Forse non al pari di Kubrick, ma immagino di avere tempo per fare esperienza.”

“Pare che abbia deciso di lasciare il timone alla persona giusta… soddisfatto dei nuovi acquisti, Theo?”
“Sì Callaghan, penso di sì… tu come mai sei qui, piuttosto? Non dovresti essere da qualche parte a Londra, magari al Dipartimento degli Auror?”

“Mi sono preso un pomeriggio libero, così come Noah… volevamo vedere i ragazzi nuovi, lui per ovvi motivi, direi. Sono felice che sua sorella ce l’abbia fatta, ultimamente era piuttosto nervoso.”

“Di Gaunt nessuna traccia?”
“No, penso che al momento sia impegnato a farsi soggiogare dalla nostra figlioccia.”

Alastair sorrise con aria divertita mentre si stringeva nelle spalle e Theodore annuì, imitandolo: 


“Probabile. Ho un paio d’ore prima di dover incontrare i ragazzi di nuovo, ti va di andare a bere qualcosa?”
“Certo, cosi mi racconti per bene delle prove che hai architettato… sei stato clemente?”

“Credo dipenda dai punti di vista...”


*


Seduto su una delle panchine che circondavano la circonferenza della piazza, aveva tenuto gli occhi fissi sui ragazzi che erano arrivati con la Passaporta per tutto il tempo. 
Concentrandosi, in partecipare, su uno di loro, che ora si stava allontanando insieme al suo migliore amico. 

Le sue labbra si inclinarono in un lieve sorriso, osservando i due ragazzi che, quattro anni prima, aveva contribuito a valutare e che da quel momento avevano percorso tanta strada… quando aveva deciso di cedere l’onere di Direttore del Processo l’aveva fatto con la speranza di essere succeduto da qualcuno che non avrebbe mandato a monte i suoi vent’anni di lavoro, e per fortuna così era stato. 

Sì, era piuttosto soddisfatto del lavoro che aveva fatto in tutti quegli anni. 
E anche del lavoro che Theodore Clark aveva fatto dopo di lui… poteva perfettamente dirsi fiero del suo successore, e avrebbe sicuramente provveduto a farglielo sapere. In fin dei conti non sarebbe potuto andare diversamente, ce l’aveva nel sangue


Era stato sotto ai riflettori per molto tempo, ma poi aveva deciso semplicemente di ritirarsi… aveva aspettato il momento, e poi si era congedato dal Processo. 

Benjamin si alzò dalla panchina, infilandosi le mani nelle tasche per poi allontanarsi, dicendosi che era il momento di tornare a casa, dalla moglie Nina e dalla figlia di ormai vent’anni… figlia che avrebbe dovuto sottoporsi al Processo proprio quell’anno, se non avesse avuto la fortuna di essere già nata e cresciuta nell’Offshore. 

Quasi sorrise a quell’idea, pensando a quanto sarebbe stato ironico e quasi divertente, sotto un certo punto di vista, vedere Jenny giudicata da un ragazzo poco più grande di lei, che lui stesso aveva praticamente messo al comando del Processo. 
Sarebbe stato indubbiamente molto strano, ma per fortuna non sarebbe mai potuto succedere. 


Era piuttosto fiero di loro ma non avrebbe mai dovuto vedere i suoi figli interagire, anche se ormai li aveva entrambi vicini. Cosa che aveva aspettato per vent’anni, dirigendo ben tre Processi prima di trovarsi, finalmente, suo figlio davanti, potendolo così guardare negli occhi.

L’ultima volta in cui l’aveva visto aveva tre anni, e lo aveva ritrovato vent’anni dopo, quando aveva ormai perso le tracce da molto tempo della sua allora fidanzata, che era apparentemente sparita dopo non essere riuscita a superare il Processo, abbandonando il bimbo a se stesso.
Ma lo aveva riconosciuto subito, sia per il nome che lui stesso aveva scelto sia per la somiglianza che non aveva tardato a rivelarsi, sia a livello fisico che caratteriale. 


Certo, lui non avrebbe mai saputo che suo padre, anche se non l’aveva fatto per vent’anni, ora vegliava su di lui già da quattro. 
Ma forse per lui era meglio così, e se a ventidue anni non l’aveva fatto, a quarantadue aveva deciso di agire solo per il bene di suo figlio. 







…………………………………………………………………………………….
Angolo Autrice: 

Buonasera!
Ed eccoci anche all’Epilogo… ho avuto quest’idea in testa per mesi prima di iniziare effettivamente la storia e sono, quindi, molto soddisfatta di aver portato a termine questo progetto, grazie a tutte voi per avervi preso parte, mandandomi gli OC e seguendo la storia, spero che vi sia piaciuta. 

Tuttavia, vi comunico che non scriverò una Raccolta di OS per questa storia, anche se vi consiglio di tenere d’occhio la Raccolta che sto scrivendo su vari personaggi di diverse tra le mie storie, perché potrebbe benissimo spuntare anche qualche OC di The Process prossimamente. 

Grazie ancora a tutte, per chi partecipa anche all’altra mia storia ci sentiamo a breve lì, per le altre… a presto, spero!

Signorina Granger 

   
 
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