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Autore: BabaYagaIsBack    04/12/2017    1 recensioni
Re Salomone: colto, magnanimo, bello, curioso, umano.
Alchimista.
In una fredda notte, in quella che ora chiameremmo Gerusalemme, stringe tra le braccia il corpo di Levi, come se fosse il tesoro più grande che potesse mai avere. Lo stringe e giura che non lascerà alla morte, il privilegio di portarsi via l'unico e vero amico che ha. Chiama a raccolta il coraggio e tutto ciò che ha imparato sulle leggi che governano quel mondo sporcato dal sangue ed una sorta di magia e, per la prima volta, riporta in vita un uomo. Il primo di sette. Il primo tra le chimere.
Muovendosi lungo la linea del tempo, Salomone diventa padrone di quell'arte, abbandona un corpo per infilarsi in un altro e restare vivo, in eterno. E continuare a proteggere le sue fedeli creature; finchè un giorno, una delle sue morti, sembra essere l'ultima. Le chimere restano sole in un mondo di ombre che dà loro la caccia e tutto quello che possono fare, è fingersi umani, ancora. Ma se Salomone non fosse realmente morto?
Genere: Avventura, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Capitolo Diciottesimo
§ Per risvegliare un Re §
parte prima

 

"You want a martyr, I'll be one
Because enough's enough, we're done
You told me think about it, well I did
Now I don't wanna feel a thing anymore"

King for a day, Pierce the Veil


 

Per le due ore seguenti Noah ascoltò ciò che le Chimere avevano da dirgli, intrecciando i propri pensieri con le parole di Zenas. Silenzioso e con le mani davanti alla bocca, lasciò all'uomo il privilegio di condurlo tra gli aneddoti, le informazioni che alle volte gli parvero essere parte di una favola, altre di deliri; in alcuni casi, udendo la sua voce, avvertì una sorta di consapevolezza picchiargli le tempie, più sporadicamente una nostalgia atavica attanagliargli le viscere. Non osò interromperlo nemmeno di fronte alle questioni più complesse, quasi temesse che, una volta zittita, la sua voce non fosse più in grado di coinvolgerlo nello stesso modo.

Zenas in quei quaranta minuti d'attesa gli parlò principalmente di Salomone, di chi era e cosa significava per loro, del legame che intercorreva tra le sue creature, la nismtt e l'hagufah - quello che, a detta sua e dei fratelli, era lui; un contenitore, l'involucro impotente per un'anima eterna. Ed erano state quelle parole, più di qualsiasi altra, a destabilizzarlo e farlo fremere, ma si era trattenuto sino al trillo del forno. A quel punto, vedendo la Chimera alzarsi per andare a controllare l'impasto, con un sospiro si lasciò andare sullo schienale del divano, coprendosi il viso con entrambe le mani.

Cazzo... si disse dopo qualche istante di totale annullamento, d'incapacità nel mettere insieme pensieri di senso compiuto.
Tutto ciò che gli era stato raccontato sino a quell'istante aveva dell'irreale, eppure non riusciva, nemmeno sforzandosi, a convincersi che si trattasse di fandonie - c'era una parte di lui, in qualche angolo recondito del suo essere, che gli gridava a gran voce di ascoltare quelle parole, di aggrapparcisi con forza perchè, in qualche modo, erano vere.

Peccato che conservassero, oltre alla meraviglia, anche una sorta di agghiacciante bruttezza - perché se quei tre stavano dicendo la verità, lui non era altro che un fantoccio, la crisalide senza valore di una farfalla che avrebbe potuto risvegliarsi da un momento all'altro; e nulla, di ciò che aveva vissuto o provato, gli apparteneva davvero.

Noah si morse la lingua. Pigiò i denti sulla carne tanto da sentire il sapore ferroso del sangue invadergli la bocca, ma non riuscì a deglutirlo - ogni gesto o concetto gli costava fatica, gli faceva dolere qualcosa: la testa, i muscoli, le viscere. Era esausto pur non avendo fatto nulla.

«Non è facile...» 
Il cuscino sotto di lui sembrò schiacciarsi maggiormente e fu chiaro, dalla vicinanza della voce, che Levi gli si fosse seduto accanto.
«Dici?» una risata nervosa gli sfuggì dalle labbra, costringendolo a ingoiare la saliva. Sembrava volerlo prendere in giro, anche se con grande probabilità non volontariamente - ma ciononostante non poté ignorare il fastidio che ne seguì. Per loro ogni cosa, ogni stravagante affermazione che gli si riversava fuori dalla bocca pareva essere normale, un'informazione all'ordine del giorno, peccato che non fosse così. Non per lui, quantomeno. Forse un qualche suo coetaneo esaltato, ancora succube delle fantasie infantili, avrebbe creduto con inspiegabile facilità di essere l'eroe di una storia al limite dell'impossibile; in lui, invece, ragione e sensazioni si andavano a scontrare con indicibile violenza, lasciandolo intontito ed esausto.
«Ci vuole tempo, ragazzo» con pochi passi misurati Zenas tornò in salotto, strappandolo dai propri pensieri. A ogni falcata, l'invitante profumo della torta appena sfornata si fece sempre più intenso e, per un istante, a Noah parve davvero di potersi prendere una pausa da tutto quel caos. Il suo corpo d'un tratto non riuscì a percepire altro se non quella delizia: persino i ragionamenti sembrarono venir annegati nell'acquolina. La sua mente si liberò da qualsiasi cosa, divenne una tabula rasa, ogni pensiero si bloccò a metà illudendolo di potersi concedere qualche respiro, ma all'apice dell'abbandono la voce di Z'év fece capolino, mandando in fumo le sue speranze.

«Ma non ne abbiamo» dalle fessure tra le dita, il ragazzo provò a scorgerla.
Seduta scomposta, con una mano a sorreggere la fronte e l'altra appoggiata inerme sul legno, la Chimera stava scrutando il fratello e nel suo sguardo, persino senza soffermarvisi, era possibile notare una fermezza preoccupante, ma non solo. Sembrava in qualche strano modo impaurita, quasi minacciata, eppure Noah non riuscì a spiegarsi né quell'espressione né le sue parole - non era stato Levi, più volte, a dirgli di avere a disposizione tutto il tempo del mondo? E non era stato Zenas ad aver sottolineato il fatto che fossero immortali? Per quale ragione, quindi, lei doveva affermare il contrario?
D'improvviso la vide mordersi il labbro e spostare gli occhi altrove. Sul suo viso, il passaggio dalla paura alla demoralizzazione fu breve quanto un battito di ciglia e, subito, venne seguito da alcune conclusioni che il ragazzo non riuscì a comprendere - non del tutto, quantomeno.
«Non abbiamo più ɛvɛn. Noi... siamo vulnerabili, stanchi e... beh, l'Hagufah non mi pare poterci essere d'aiuto, viste le sue condizioni.» Con la stessa mano con cui si era tenuta la fronte, Z'év si scostò i capelli rivelando una nuova mutazione della sua espressione: frustrazione - e seppur Noah stesse continuando a spiarla da dietro le dita, come un bambino eccessivamente timido, con la mente si era già distaccato dalla conversazione.

Hagufah, ripeté tra sé e sé. 

Le Chimere avevano usato quel termine più volte per rivolgersi a lui, glielo avevano anche spiegato, eppure nonostante tutti i miseri tentativi di farlo apparire come un vocabolo innocuo o privo di qualche attribuzione negativa, a Noah continuava ad apparire terribilmente freddo, vuoto, denigrante. Già, perché lui non era un semplice contenitore, come quella parola stava a significare, era di più; una creatura senziente, capace di provare emozioni e sensazioni diverse - e non gli avrebbe permesso di considerarlo diversamente da quello che era: una persona. 

«Ho un nome» sbottò, liberando gli occhi in modo da incrociare quelli di lei - e Z'év parve cogliere sin da subito la sua sfida.
«Sì, ne sono consapevole, Noah Dietrich, ma ciò non toglie che in questo momento siamo messi male. Che io ti chiami con il nome che porti ora, con quello con cui ti facevi chiamare il giorno in cui sei salito sulla mia carrozza, con qualsiasi appellativo ebraico o solo con Salomone poco cambia. Abbiamo bisogno del nostro Re, non del suo Hagufah che brancola nell'amnesia autoinflitta perché da stupido ha voluto sfidare la morte senza di noi!» Il tono della Chimera si era fatto sempre più rabbioso, tanto che per un attimo, uno solo, era stato certo si sarebbe alzata picchiando i pugni sul tavolo. Ad ogni parola i denti di Z'èv dovevano essersi stretti e i nervi si erano dovuti tendere. Gli parve quasi di saperlo con assoluta certezza, per questo la sorpresa che ne seguì lo lasciò privo di parole - per fortuna però, Levi sembrò essere più preparato di lui.
«E allora cosa dovremmo fare, akhòt? Fingere di non averlo mai trovato? Tornare alle nostre "vite"?» se gli si prestava la giusta attenzione, Noah notò che persino nella sua voce era possibile udire una nota di fastidio.

A quella domanda, la ragazza quasi sussultò. «Io...»  ma sembrò non trovare le parole per proseguire.

«Ragazzi, per favore, non mi sembra il caso c-» il tentativo di Zenas di interrompere il battibecco però ebbe vita breve. Levi diede l'impressione di non starlo nemmeno ascoltando.
«Parla, Alexandria! Cosa vorresti fare?»
E lei, dal fondo della stanza, grugnì: «Accelerare i tempi!»

Silenzio.
La tensione crebbe con una lentezza sfiancante, eppure era lì, presente, palpabile.

«Come?»

Noah la scorse bagnarsi le labbra, soppesare le parole con cui rispondere al fratello e, nel mentre, lui non riuscì a impedirsi di chiamarla con quel nuovo nome, quello usato da Nakhaš: Alexandria. Perché gli sembrava molto più dolce e familiare di Z'èv?

«Magari se usasse l'Ars...»

Come sorpreso da un'esplosione, Levi balzò in piedi: «Ett tsokheqett, nakhonn
Noah non lo guardò, a dire il vero stava ancora osservando lei, il modo in cui sembrava venir scossa dalle parole di lui, eppure ebbe la certezza che, girandosi, lo avrebbe trovato sconvolto, con gli occhi sbarrati e le narici allargate. Non dovette nemmeno sforzarsi, quell'immagine apparve limpida tra i suoi pensieri - un ricordo, avrebbe osato dire, ma non volle concedersi un simile lusso; dopotutto non era ancora sicuro di voler credere d'essere la reincarnazione di un Re.
«Lo hai detto tu stessa, Alex: brancola nel vuoto, è schiavo dell'amnesia per...» probabilmente strinse i denti, cercando di trattenere la rabbia: «qualsiasi errore abbia commesso durante la trasmutazione» sbottò poi. «Se usasse l'Ars ora, senza averne memoria, sai benissimo quanto me che potrebbe peggiorare la situazione. Potrebbe morire, sant'Iddio!»

I denti di Alexandria affondarono nella carne, Noah riuscì quasi a percepire la consistenza delle sue labbra e desiderò, per un solo istante, mettere fine al loro battibecco - peccato che non avesse idea di come fare.

«Se la nismtt di Salomone alberga in lui, se è davvero il nuovo Hagufah e non qualcun altro, credi davvero che si lascerebbe auto-distruggere?»

Nuovamente silenzio.

Uno, due, tre, quattro secondi.

«Lo yiqereh.»
«Ma potrebbe essere la soluzi-»
«Amareti lo! Al titenn lekhe ett tsarikhe lehorott

I pugni di lei si strinsero tanto da far sbiancare le nocche: «Besederakh.»

Ma se fosse davvero bastato quello?  


 

Nismtt: anima/spirito  

Ett tsokheqett, nakhonn?: stai scherzando, vero?
Lo yiqereh: Non se ne parla/non accadrà
Amareti lo! Al titenn lekhe ett tsarikhe lehorott: Ho detto no! Non far sì che te lo debba ordinare

Beseder, akh: d'accordo, fratello

 


 
   
 
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