I'm holding on
Why is everything so heavy?
So much more than I can carry
I keep dragging around what's bringing me down
Isola
di Kuraigana, rovine del regno Shikkearu
Allenarsi.
Battere
le scimmie.
Dormire.
Assaltare il sakè trafugato da qualche nave mercantile
distrutta da Mihawk.
Passeggiare tra i resti di quel posto desolato.
Ancora e ancora.
Mangiare.
Sopportare le stupide lagne della ragazzina con la testa di boccoli
color
caramella, che gli gironzolava continuamente attorno.
Zoro alzò lo sguardo del suo unico occhio buono al cielo
cupo e nuvoloso di
quel buco schifoso dove non si vedeva mai il sole, ma non distinse
niente,
tanto era scuro e coperto.
Sospirò, riprendendo a camminare senza meta, con le mani
affondate nelle
tasche, le spade al fianco e il sentiero irregolare davanti a
sé.
Era così che andavano avanti le cose da circa un
anno ormai, da quel
giorno all'arcipelago Sabaody.
Sembrava già una vita fa, invece erano trascorsi a malapena
tredici mesi (o
forse quattordici? Non era tanto sicuro, ma tanto ci pensava la
mocciosa a
tenere il conto per rinfacciargli da quanto le toccava tollerare la sua
presenza sull'isola).
Perfino uno della sua tempra, uno che non aveva mai attribuito la
minima importanza
a certe cose, sempre pronto a mettersi alla prova affrontando qualunque
clima e
qualsiasi ambiente selvaggio e inospitale, avrebbe gradito vedere un
dannato
raggio di luce, un po' d'azzurro, un'alba sul mare.
A volte gli sembrava di diventare pazzo.
Parlava poco e solo per estrema necessità con Perona (che
d'altra parte
blaterava per due o tre persone) , e non molto di più con
Mihawk, sempre torvo
e scontroso.
Non che gliene importasse un fico secco di conversare amabilmente con
lui
davanti ad un tè caldo, o giocarci a ramino tanto per
ingannare il tempo,
bastava che lo aiutasse a diventare più forte.
Si stava addestrando bene, o almeno così gli diceva ogni
tanto quel pallone
gonfiato dagli occhi dorati.
Solo quello, un ben misero premio per i suoi sforzi sovrumani, per
tutta la
fottuta fatica che si doveva caricare sulle spalle per avvicinarsi a
lui di
qualche passo, e per dover stare lì, in quell'inferno
oscuro.
" Stai andando discretamente, Roronoa", oppure "puoi fare di
meglio", o "ti manca ancora qualcosa".
A tanto valeva farsi il culo ogni giorno sotto la sua guida snervante.
Sempre meglio delle risatine acute della ragazzina e dei suoi
immancabili
commenti acidi su quanto fosse noiosa la vita con due come loro, rozzi
e
stupidi, capaci di pensare solo alle spade e di menare le mani.
Ma che ne potevano sapere quei due di lui? Non avrebbero capito in ogni
caso il
motivo per cui si stava dannando l'anima, per cui stesse resistendo
dopo tutto
quel tempo...senza di loro.
Il ragazzo serrò la palpebra.
In realtà non faceva molta differenza, rispetto a quando
teneva l'occhio
aperto.
Ecco, adesso che era abbastanza lontano da Mihawk e Perona, se si
concentrava e
tagliava fuori i pochi suoni di quel posto, lo sentiva.
Sentiva l'incessante rollio della nave sotto i piedi, ora lievissimo,
ora
insopportabile, e il liquido infrangersi delle onde contro i fianchi
snelli
della Sunny, gli schizzi di schiuma che nelle giornate ventose
arrivavano fino
al posto di vedetta, dove si appisolava sempre... lo stridio dei
gabbiani, il
sole che gli baciava la pelle, o il pallido chiarore della luna e delle
stelle,
e le loro voci.
Le urla e le risate di Rufy, Usopp e Chopper, simili a tre marmocchi
pestiferi,
i rumori confortanti della cucina e lo stupido cuoco che se la
canticchiava,
Nami che lavorava alle sue carte nautiche e ogni tanto controllava il
log pose
e lanciava ordini al timoniere sulla rotta da seguire, Robin che le
stava
vicino e leggeva con l'aria serena e divertita, Brook e le sue melodie,
allegre
o nostalgiche, ma sempre dolci, Franky che ogni tanto riemergeva dal
suo
laboratorio facendo un sacco di baccano, con qualche nuovo marchingegno
incomprensibile tra le mani.
Lui nella coffa, mentre nell’aria risuonava il fruscio delle
vele e lo schiocco
del sartiame che gli conciliavano il sonno, e se ne stava lì
con un sorriso
pigro ad increspargli le labbra.
Gli sembravano lì, a due passi da dove stava, sentiva quasi
il profumo
salmastro dell'oceano, puro e aspro e forte, vedeva il luccichio della
luce che
danzava sul pelo dell'acqua blu e verde, sotto di lui, mentre il caldo
della
tarda mattina lo illanguidiva e all'orizzonte piano piano iniziava a
stagliarsi
la sagoma violacea e irregolare dell'isola seguente.
Ma poi il suo occhio si riapriva, e l'immagine piena di colori e di
vita
svaniva, come una bolla di sapone nel vento.
Era a Kuraigana, solo.
Lì l'aria sapeva di fumo, di sangue e di morte, il cielo era
sempre plumbeo e
il vento sembrava il lamento lugubre di una bestia in agonia.
Sapeva che la sua era una condizione temporanea, che prima o poi
sarebbe
ripartito e si sarebbe lasciato alle spalle e per sempre quell'isola
lugubre e
opprimente...o no? E se non ci fosse riuscito?
Anche Zoro, il temuto cacciatore di pirati, un uomo cinico che viveva
ignorando
la paura, al punto da sfiorare l'idiozia, a volte si svegliava di
soprassalto
nel cuore di quella che doveva essere la notte, scosso dai brividi e
dal
terrore di restare intrappolato lì fino alla fine dei suoi
giorni, o di non
ritrovare più i suoi compagni, e vagare disperato di mare in
mare, di isola in
isola, alla loro vana ricerca.
Eppure per lui non era certo una novità stare da solo,
bastare a sé stesso,
cavarsela sempre con le sue sole forze, senza avvertire mai il bisogno
della
compagnia di altri essere umani.
Ma quello era stato tanto tempo prima, quando ancora non aveva commesso
l'errore di salvare una bimbetta dalle fauci del lupo domestico di un
idiota
figlio di papà, e non aveva ancora conosciuto uno strambo
ragazzino con un
vecchio cappello di paglia in testa e tanti sogni balordi, quando non
si era
ancora unito a lui in quella che sembrava più una
barzelletta con due idioti
come protagonisti, che l'inizio dell'avventura di una vita.
Zoro fece un ghigno storto.
Doveva resistere.
Anche se faceva male non essere con loro, non sentire le loro voci, non
ricordare quasi più com'era navigare con i suoi amici.
Troppo male.
Angolo dell'autrice:
Saluto chiunque abbia letto e come sempre ringrazio di cuore chi vorrà lasciare un breve commento alla storia, oltre a ringraziare di nuovo e con simpatia chi mi ha così gentilmente recensito il primo capitolo, grazie grazie ancora *_* !
Approfitto inoltre di questo piccolo spazio per una precisazione: nel testo di questo secondo capitolo potrebbe emergere un elemento un po' strano, ovvero Zoro che teme di non riuscire a ricongiungersi con il resto dell'allegra brigata in quel di Sabaody; ebbene, non mi sono dimenticata che lui conosceva bene il luogo dell'appuntamento, ma diciamo che si tratta in gran parte di paure irrazionali e portate all'estremo dalle condizioni di deprimente isolamento in cui il nostro si trova a vivere, unite alla mancanza dei suoi amici e ad altri aspetti su cui non ho voluto soffermarmi (il senso di colpa per esempio).
Niente, mi sembrava giusto mettere in chiaro questo piccolo dettaglio, poteva effettivamente sembrare sbagliatissimo in rapporto a ciò che era stato detto a quel proposito nel manga :).
Grazie ancora per l'attenzione, mi defilo una buona volta con la mia pignoleria! XD