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Autore: Civaghina    05/12/2017    2 recensioni
Com'era la vita di Leo, prima della terribile scoperta della Bestia?
Com'è cambiata la sua vita quando si è trovato davanti ad una verità così devastante?
La storia di Leo prima di Braccialetti Rossi, ma anche durante e dopo: gioie, dolori, amori, amicizie, passioni, raccontate per lo più in prima persona, sotto forma di diario.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Leo, Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Lunedì, 27 agosto 2012

Un'altra giornata chiuso qui che comincia troppo presto.

L'ennesima.

Stamattina ad occuparsi di me c'è Jhonny, e devo dire che non mi dispiace: mi sono già abituato a lui e mi sta pure simpatico; oggi ricomincio il fattore G. e quello, invece, non mi sta per niente simpatico: non è tanto l'iniezione in sé a spaventarmi, quanto tutti i suoi orribili effetti collaterali; scelgo un braccio, e devo ammettere che non mi fa nemmeno tanto male: la prima puntura è andata senza che quasi me ne accorgessi, ma sono terrorizzato da quello che avverrà dopo, da come potrei cominciare a stare già da domani; me lo ricordo benissimo quel dolore così forte da togliermi il respiro e non vorrei proprio provarlo di nuovo.

Jhonny, mi aiuti con la carrozzella?” gli chiedo mentre cerco di scendere dal letto.

Va bene, però non sparire. Resta in stanza!”.

Io rido, mentre lui mi posiziona bene la gamba col tutore. “Ti hanno già istruito, eh?!”

Eh... mi hanno messo in guardia... re Leone!”

Ma ti sembra giusto pretendere che un leone se ne stia tranquillo in gabbia? È impossibile!”

Tu c'avrai pure ragione, ma non uscire dalla stanza finché non passano i dottori per il giro visite. Che se poi non ti trovano, danno la colpa a me!”

Ricevuto!” dico andando verso il bagno.


Anche oggi viene a visitarmi Carlo; da solo.

Perché la Strega non viene?” gli domando con tono polemico mentre lui sta leggendo la mia cartella.

È impegnata.”

Oh! E io?! Non sono un suo impegno, io?!”

Certo Leo, ma ci sono casi più urgenti, e la sua presenza è richiesta altrove” dice mettendo al suo posto la cartella. “Posso visitarti io, per oggi?”

Mica solo per oggi! Pure ieri mi hai visitato tu! Non sono più degno della sua considerazione?!”

Io non ti capisco... Dovrebbe farti piacere! Vuol dire che non stai così male da necessitare che venga lei in persona!”

No! Non mi fa piacere! E chi lo dice che non sto così male? I vostri cavolo di parametri?!” esclamo alzando molto la voce. “Peccato che non potete misurare come uno si sente dentro! Io ho bisogno di parlare con lei!”

Va bene, glielo riferirò, ok?”.

Io lo guardo con un'espressione corrucciata: non ci credo poi molto che glielo riferirà per davvero; sospiro, alzando gli occhi al cielo: “Ok.”

Adesso posso visitarti, per favore?”

Sì, vai!” sbuffo muovendo una mano all'indietro.


Passa anche l'ora di pranzo, e della Lisandri nessuna traccia; nemmeno di Giulia: nessun messaggio, nessuna chiamata, il nulla; ma adesso non ho né tempo, né testa, per occuparmi di lei: adesso ho bisogno di fare quelle domande che mi tormentano da tre giorni; ho bisogno di sentire delle risposte, anche se non risulteranno gradevoli; e ho bisogno di chiarire una volta per tutte la faccenda di Oncologia.

Spero di riuscire a percorrere il corridoio senza essere interrotto da qualcuno, ma Jhonny mi ferma poco prima di arrivare agli ascensori: “Dove stai andando?”

Saranno affari miei?!” gli rispondo in malo modo. “Mi hai detto di aspettare il giro visite e l'ho fatto! Adesso sarò libero di fare un giro, o no?”

Adesso no. Stavo proprio venendoti a prendere per andare in radiologia”.

Cazzo, è vero: la radiografia alla gamba. Me n'ero completamente scordato; immagino sia una di quelle cose che non posso chiedere di rimandare, così lascio che Jhonny spinga la mia carrozzella dentro l'ascensore senza protestare; sono piuttosto teso: un altro pensiero, come se non ne avessi già abbastanza! E se da questa radiografia spunta fuori che c'è qualcosa che non va? Che devono operarmi di nuovo?

Non credo che lo potrei sopportare.


Aspettare.

Aspettare che qualcuno mi comunichi il referto della radiografia.

Aspettare che Giulia si faccia sentire.

Aspettare di poter parlare con la Lisandri.

Che due palle!

No, almeno con la Lisandri mi rifiuto di starmene ad aspettare! Adesso mi libero di Jhonny e vado a vedere se è nel suo studio; ma non ho ancora lasciato radiologia che mi sento chiamare: “Leo! Ciao!”; riconosco subito la voce, prima ancora di voltarmi: Nicola!

Ciao!” esclamo, felice di vederlo, e mi avvicino subito a lui che è seduto in sala d'attesa.

Speravo di vederti fuori di qui, come ci eravamo detti...” dice con un sorriso malinconico.

Eh...” annuisco io sospirando. “La vedo sempre più difficile.”

Ti hanno operato alla gamba?”

Sì... Ho un tumore alla tibia. O forse dovrei dire avevo, ma mi sembra di avercelo ancora, anche se i dottori dicono di averlo tolto.”

Oh, mi dispiace...”; e si vede dai suoi occhi che è veramente dispiaciuto, non è una frase di circostanza. “Ma se ti hanno operato, sei già a buon punto, no?”

Lo credevo anche io, ma non è così. Dovrò fare almeno sei cicli di chemio..., e anche la riabilitazione della gamba non sarà facile.”

Tu hai un nome importante” mi dice con aria solenne. “E ne sarai all'altezza, vedrai!”

Non lo so. Sono quasi due mesi che sto qua dentro, e le cose continuano a peggiorare. Mi sento prigioniero.”

Il margine di movimento. Ricordi?”

Ricordo” gli rispondo accennando un sorriso. “Però io adesso faccio davvero fatica a vederlo, questo margine. È come essere in mezzo a una tempesta... e non avere nessun posto per ripararsi!”

Conosci Murakami?”

Eh? No... non so chi sia!” ammetto ridacchiando, un po' imbarazzato.

È uno scrittore...”

Ah... io leggo solo fumetti!” esclamo ridendo. “E solo italiani e americani. Perciò non lo conoscerei nemmeno se scrivesse manga!”.

Nicola ride e scuote piano la testa: “Me lo hai fatto venire in mente...”

Oh... e perché?”

Per una frase che ho letto in suo libro e che ho imparato a memoria a furia di rileggerla.”

E che frase era?”

Quando la tempesta sarà finita...” comincia a dire lui, ma proprio in quel momento viene chiamato perché è il suo turno di entrare, per non so quale esame.

No, eh!” protesto mentre lui si alza in piedi. “Non mi puoi lasciare così in sospeso!”; ma viene chiamato con insistenza e deve proprio andare.

Cercala nel computer: Murakami, Kafka sulla spiaggia. Vedrai che la trovi! E quando ci rivedremo, mi dirai che ne pensi!” mi dice con un sorriso, mentre si allontana.

Fuori da qui!” esclamo a voce alta. “Quando ci rivedremo, fuori da qui!”

Certo” mi sorride lui. “Fuori da qui”.


Passo in camera a prendere il block notes e una biro e poi vado diretto nello studio della Lisandri; è seduta alla scrivania a compilare delle carte, e si accorge solo dopo qualche secondo che sono io. Non sembra nemmeno troppo sorpresa: probabilmente se lo immaginava che mi sarei stancato di aspettarla e che sarei andato io da lei.

Oh, sei tu” dice togliendosi gli occhiali e appoggiandoli sulla scrivania.

Ecco, ci siamo! Si è già tolta gli occhiali.

Avanzo verso la scrivania, sposto una sedia e mi posiziono di fronte a lei con la carrozzella, sostenendo il suo sguardo, anche se ho addosso un'ansia che non si può spiegare; apro il block notes, tolgo il tappo alla biro e continuo a sostenere il suo sguardo, senza dire niente.

Avanti Leo, dimmi che c'è.”

Mi ha evitato per tre giorni.”

Non ti ho evitato, sono stata impegnata. Ci sono state delle emergenze e...”

Anch'io sono un'emergenza!” esclamo alzando la voce. “Ha idea di come sto?! Mi ha sganciato addosso una bomba e poi mi ha lasciato a sbrigarmela da solo!”

Prego?” chiede lei con espressione accigliata. “Ti ho lasciato a sbrigartela da solo?! Mi pare che sia stato tu, ad essertene andato.”

Sì, ma quello non c'entra! Lì dovevo metabolizzare. Ma i giorni dopo mi ha ignorato apposta! Mi ha evitato!”

Ho avuto dei casi più urgenti, te lo ripeto. E se, come dici tu, avessi voluto ignorarti di proposito, il giorno dopo la tua sfuriata non sarei venuta a visitarti personalmente. Tu che ne dici?”

Oh beh, sì, il giorno dopo è venuta, ma era come se non ci fosse! Non mi ha praticamente rivolto parola!”

Tu sei un mio paziente e quel giorno ero libera, perciò ho fatto il mio dovere e sono venuta da te.”

Sì, ma...”

L'altra sera, io ero lì, a tua disposizione, ma tu hai preferito andartene, ed io ho capito che era di questo che avevi bisogno, così ti ho lasciato libero di prenderti il tuo tempo. Ma tu hai tradito la mia fiducia.”

Ho tradito la sua fiducia?! Solo perché avevo bisogno di starmene un po' da solo?!”

Credo che tu non ti sia ancora reso conto di quello che hai fatto: sei sparito per quattro ore, mobilitando del personale che avrebbe potuto essere impiegato altrove. Nessuno sapeva dove fossi e non rispondevi al telefono. Lo sai che tuo padre avrebbe potuto denunciare l'ospedale?”

Figuriamoci! Non l'avrebbe mai fatto!”

Ma ne avrebbe avuto tutto il diritto. Ed io sono responsabile della tua sicurezza. Ti ho lasciato il tuo spazio e tu te ne sei approfittato.”

Oh, andiamo! Mio padre lo sa benissimo che sono fatto così! Era impossibile che desse la colpa a lei!”

Non è questo il punto. Il punto è che avrebbe potuto. E il punto è che ho sbagliato a fidarmi del tuo buon senso.”

Ma come può venire a parlarmi di buon senso?!” urlo muovendo con forza le braccia. “Come pretende che io riesca ad avere buon senso?! Sono rinchiuso qua da due mesi, ho fatto tre cicli di chemio che mi hanno devastato, mi avete operato due volte, e alla fine mi ha praticamente detto che è stato tutto inutile, e che il tumore continua a farsi gli affari suoi! E come se non bastasse mi vuole spedire in quel posto che odio! Beh, scusi tanto, ma il buon senso faccio proprio fatica ad avercelo, in questo schifo di situazione!”.

Lei rimane impassibile; come se tutto quello che le ho praticamente urlato addosso non l'avesse minimamente turbata. “Non è propriamente così: non è stato tutto inutile” mi dice con tono di voce calmo e pacato. “Il tumore è comunque regredito, anche se non quanto ci aspettavamo, e il dottor Abele è riuscito ad asportarlo completamente.”

Ma potrebbe tornare!”

Quel rischio c'è sempre, Leo. C'è in tutti i tumori. C'è a prescindere.”

Sì, ma dato il risultato dell'istologico, ci sono più possibilità che il mio ritorni! O sbaglio?!”

Non sbagli. Proprio per questo abbiamo incrementato i cicli di chemio previsti.”

Ma nemmeno quelli mi garantiranno la guarigione. Non è così?”

Leo, questo non lo possiamo sapere.”

Mi risponda!” urlo esasperato. “Ce l'avrà una risposta migliore di questa!”

D'accordo. La guarigione non posso garantirtela. No. Nemmeno dopo altri sei cicli di chemio. Però stiamo facendo di tutto per aumentare, il più possibile, le probabilità che ciò avvenga. Ed è proprio per questo che ti faccio trasferire in Oncologia.”

Ma perché?! Che cambia?! Io questa cosa proprio non la capisco!”

Cambia che lì potrai essere seguito da personale specializzato in casi come il tuo, con infermieri che...”

I miei infermieri mi seguono benissimo! Non voglio cambiare reparto!”

Mi dispiace, ma io e tuo padre ne abbiamo già parlato, e questa cosa ormai è decisa.”

Mio padre non ha deciso un bel niente! Lui fa tutto quello che gli dite! È stata lei a decidere!”

È la cosa migliore per te. E di questo non ho più intenzione di discuterne.”

Perfetto! Arrivederci allora!” dico andando verso la porta; se lei non ha intenzione di discuterne non vedo perché dovrei restarmene qua! Eppure non riesco ad andarmene così a cuor leggero, ho ancora una domanda che mi gira per la testa e non mi dà tregua: “Crede che morirò?” le chiedo deglutendo, fermandomi davanti alla porta e voltandomi verso di lei; è come se a distanza fosse più facile per me farle questa domanda; è come se così la sua risposta potesse farmi meno male.

Lei mi guarda, spiazzata da quanto sono stato capace di essere diretto, sostiene il mio sguardo, poi sospira leggermente: “Torna qua Leo, dai”.

Il mio orgoglio mi impedirebbe di tornare indietro, ma io quella risposta la voglio, anche a costo di uscirne annientato, così mi arrendo e torno indietro; il rumore delle ruote della carrozzella che stridono sul pavimento mentre mi avvicino alla scrivania, in questo silenzio assordante, mi provoca la pelle d'oca.

Allora?” le chiedo quando mi fermo davanti a lei.

Non credo che morirai” mi risponde scuotendo appena la testa.

Io sollevo in alto il mento, con aria di sfida. “Come fa a saperlo?”

Non lo so, infatti. Questo nessuno può saperlo. Dico solo che non credo succederà. E questo me lo dicono i miei studi, la mia esperienza, i casi clinici precedenti al tuo...”

Quindi, nonostante quel 70% appena di mortalità del tumore, lei non crede che io adesso rischi seriamente di morire?”

Esatto. Ora come ora, abbiamo ancora buoni margini di miglioramento e di guarigione.”

Ora come ora. E più avanti?”

Questo non te lo posso dire. Dobbiamo vedere come reagisce il tuo corpo alla prossime terapie.”

Che saranno più pesanti di quelle passate...”

Sì.”

E questo, in pratica, cosa vuol dire?”

Vuol dire probabili effetti collaterali più frequenti e più debilitanti.”

Cioè potrei stare peggio di come sono stato?”

Sì, potresti. Ma speriamo di scongiurare almeno la neutropenia, avendo cominciato per tempo la profilassi”.

Mi sento sconfitto.

Ho fatto le mie domande.

Ho avuto le mie risposte.

Volevo sapere cosa succede adesso, se ci sono delle soluzioni, se sono fottuto, se il tumore tornerà, se morirò.

Pare che adesso succede che mi tocca andare in Oncologia, e che qualsiasi mia opposizione risulterebbe inutile.

Pare che delle soluzioni che mi garantiscano la guarigione non ce ne siano, ma che ho ancora dei buoni margini.

Pare che non sono del tutto fottuto, ma di certo lo sono più di quanto potesse sembrare prima.

Pare che il tumore potrebbe tornare.

E pare che, ora come ora, non morirò, ma molto dipende da come reagirà il mio corpo alle prossime terapie.

Se devo fare un bilancio di tutte le risposte che ho avuto, non è granché incoraggiante; ok, non è proprio tutta una merda, ma ho poco da stare allegro.

Sospeso.

Sono ancora sospeso.

Mi tocca ancora combattere senza sapere se ci arriverò in fondo.

E questo non mi piace.

Mi sembra di disperdere le mie energie, le mie forze.

Io me le ricordo sa, le cose che mi ha detto due mesi fa...” dico sfogliando il block notes e fermandomi sul 6 luglio. “Mi ha detto che avrei dovuto convivere con la paura, con il dolore e con l'incertezza. Ma io quel giorno è come se non le avessi creduto davvero. Eppure l'avevo visto succedere a mia madre... ma è come se non stesse succedendo davvero a me. Sembrava tutto così lontano... e invece tutto quello che mi ha detto... è successo. O sta succedendo. A parte la paura di morire. Quella non mi è ancora passata”; richiudo il block notes, infilo la biro in tasca: alla fine ero così agitato che non ho scritto niente di quello che mi ha detto. “Arrivederci” dico prima di avviarmi verso la porta.

Ciao Leo”.

Prima di uscire mi fermo, e mi volto verso di lei. “Ci vediamo domani” le dico con un sorrisetto.

Se non ho casi più urgenti” mi risponde lei con lo stesso sorrisetto.

Certo” annuisco io, trattenendo una risata.

Comunque ti garantisco che passerà anche quella.”

Cosa? La paura di morire?”

Sì.”

Dice che a mia madre era passata?”

Io dico di sì.”

Non faceva solo finta per fare stare meglio me, mio padre e mia sorella?”

No. Di certo era dispiaciuta e arrabbiata, all'idea di lasciarvi, ma non aveva paura. Ne sono sicura.”

Grazie” mormoro deglutendo, con un nodo che mi stringe la gola.

Lei mi sorride, si rimette gli occhiali, e torna a guardare la pila di fogli che ha sulla scrivania.


Ho bisogno di riposare e, tornato in stanza, chiedo a Jhonny di aiutarmi a mettermi a letto; gli chiedo anche la morfina perché mi fa male la gamba e lui me la dà senza dire niente e senza prendere tempo: l'avranno pure “messo in guardia” su di me, ma mi sembra che per ora mi assecondi senza problemi. Chissà che cavolo di infermieri mi becco in Oncologia..., meglio non pensarci adesso, ho ancora qualche giorno per rassegnarmi all'idea.

Infilo le cuffiette e ascolto un po' di musica; sto quasi per appisolarmi, quando l'i-pod decide di passare With me e non posso non pensare a Giulia e provare una morsa fastidiosa allo stomaco; prendo il cellulare e le scrivo un pezzo della canzone: “I'll wait here forever just to, to see you smile, 'cause it's true: I am nothing without you. Through it all, I made my mistakes, I stumble and fall, but I mean these words”.

Aspetto qualche minuto fissando il telefono, nella speranza che risponda o visualizzi.

Niente.

Sto per scriverle ancora, ma poi lascio perdere.

Mi viene in mente il tipo giapponese di Nicola e vado su Google: “Murakami Kafka sulla spiaggia tempesta” scrivo, trovando subito quello che cerco e cominciando a leggerlo:

Qualche volta il destino assomiglia a una tempesta di sabbia che muta incessantemente la direzione del percorso.

Per evitarlo cambi l'andatura.

E il vento cambia andatura, per seguirti meglio.

Tu allora cambi di nuovo, e subito di nuovo il vento cambia per adattarsi al tuo passo.

Questo si ripete infine volte, come una danza sinistra col dio della morte prima dell'alba.

Perché quel vento non è qualcosa che è arrivato da lontano, indipendente da te.

È qualcosa che hai dentro.

Quel vento sei tu.

Perciò l'unica cosa che puoi fare è entrarci, in quel vento, camminando dritto, e chiudendo forte gli occhi per non far entrare la sabbia.

Attraversarlo, un passo dopo l'altro.

Non troverai sole né luna, nessuna direzione, e forse nemmeno il tempo.

Soltanto una sabbia bianca, finissima, come fatta di ossa polverizzate, che danza in alto nel cielo.

Devi immaginare questa tempesta di sabbia.
E naturalmente dovrai attraversarla, quella violenta tempesta di sabbia.

È una tempesta metafisica e simbolica.

Ma per quanto metafisica e simbolica, lacera la carne come mille rasoi.

Molte persone verseranno il loro sangue, e anche tu forse verserai il tuo.

Sangue caldo e rosso.

Che ti macchierà le mani.

È il tuo sangue, e anche sangue di altri.
Poi, quando la tempesta sarà finita, probabilmente non saprai neanche tu come hai fatto ad attraversarla e a uscirne vivo.

Anzi, non sarai neanche sicuro se sia finita per davvero.

Ma su un punto non c'è dubbio.

Ed è che tu, uscito da quel vento, non sarai lo stesso che vi è entrato”.

Sorrido, mentre un leggero brivido mi attraversa la schiena; è incredibile come un uomo che ho visto appena tre volte sappia sempre lasciarmi qualcosa che mi tocchi così nel profondo. Spero di rivederlo. E se non è possibile che ciò avvenga fuori da qui, a questo punto mi va pure bene che succeda qui.

Rileggo di nuovo tutto.

Quel vento sei tu.

Quel vento sono io: questo punto non mi è proprio chiarissimo; chiederò spiegazioni a Nicola, se lo rivedrò, o magari un giorno, all'improvviso, lo capirò da solo, chissà.

Il finale invece mi è perfettamente chiaro, e descrive quella consapevolezza che ho avuto fin dall'inizio di tutta questa brutta storia:

...tu, uscito da quel vento, non sarai lo stesso che vi è entrato”.

   
 
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