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Autore: Adhara    09/12/2017    1 recensioni
Soltanto una nuova minaccia per il Mondo Magico poteva far riavvicinare l'Auror Potter col suo ex professore di Pozioni. Due uomini del tutto nuovi, vecchi rancori e una strega oscura sono gli ingredienti per una pozione ammaliante e... pericolosa.
Genere: Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Altro personaggio, Il trio protagonista, Severus Piton | Coppie: Harry/Severus, Remus/Sirius, Ron/Hermione
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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10.

Era stato strano rivedersi, qualche ora dopo, entrambi avvolti in eleganti mantelli, entrambi appesantiti da diverse emozioni, entrambi taciturni. Però non era stato strano nel modo che Harry si era aspettato: si era immaginato un grande imbarazzo, dopo l’amore della mattina appena trascorsa, e invece Severus sembrava solo molto infastidito anche se gli aveva accarezzato il viso con delicatezza e baciato le labbra con forza. E sentirlo così lo aveva sì, un po’ impensierito, ma gli aveva anche scosso via tutto il disagio che aveva provato all’idea di rivedere l’uomo su cui, per tutto il giorno, la sua mente aveva spaziato senza pudore. Quindi si erano smaterializzati.

La casa che Sirius e Remus avevano acquistato dopo che tutto si era risolto era una bella villetta adagiata tra eleganti prati in un quartiere periferico di Londra. Quando si furono materializzati sul morbido tappeto di neve che copriva il giardino della casa bianca e nera, Harry e Severus si ritrovarono ammantati dall’oscurità. In quel punto, nessuno poteva vedere i visitatori magici arrivare e la luce che filtrava dalla tendina della cucina indicava loro che i preparativi per la cena erano già cominciati.

«Sei pronto?» chiese piano Harry. Severus lo squadrò.

«Con tutto il rispetto, Harry, ma non ho intenzione di temere le ire del tuo padrino come una verginella sprovveduta»

Harry, nonostante la tensione, sbuffò una risata e, allungandosi a baciare l’uomo che gli stava affianco, si ritrovò a pensare che, infondo, quel Severus tagliente e velenoso che veniva a galla per fronteggiare le avversità non era poi tanto male.

Aveva inviato il proprio Patronus per avvertire che sarebbe venuto accompagnato, quella sera, e si era armato di un’enorme Linzer torte per cercare di placare gli animi sin dal principio. I due si mossero verso il lato strada della casa e, saliti i gradini che portavano alla veranda, Harry bussò alla porta.

Quando la luce della casa irradiò la veranda, Remus sorrise loro, un maglione beige a collo alto addosso e il nervosismo ben nascosto sotto la solita espressione buona.

«Benvenuti» disse, facendoli passare. Harry gli si stinse contro brevemente prima di spingersi nel bell’ambiente dell’ingresso. Severus, guardingo, abbassò la testa.

«Buonasera, Remus» disse piano. Il padrone di casa sembrò stupito e anche deliziato di sentirsi chiamare per nome, e i suoi occhi luccicarono di una scintilla dal sapore antico.

«Entra pure, Severus» gli rispose, il tono particolarmente malandrino. Allungò una mano a prendere il mantello di Severus e, dopo un’occhiata, Harry decise di potersi fidare a lasciarli soli, così appese con un rapido gesto esperto il mantello prima di dirigersi direttamente in cucina.

«Permesso?» si ritrovò a chiedere. Sirius, che dava le spalle alla porta, si voltò a guardarlo.

«Da quando chiedi permesso?» gli sorrise, facendogli cenno di avvicinarsi. Harry gli porse la torta, un po’ come maneggiando un calumet della pace, e l’uomo sbirciò all’interno dell’involucro.

«Mmm, sai come comprare il mio perdono» disse. Harry abbassò la testa, ma Sirius gli scompigliò i capelli. Sapeva che ce la stava mettendo tutta, così lo seguì quando prese la torta e la posò sulla credenza.

«Ho anche mezzo chilo di cioccolato con me, ma penso di usarlo solo se avrò bisogno che Remus ti impedisca di aggredire Severus» tentò di scherzare. Il suo padrino, che come Remus cercava di mascherare la propria tensione ma ci riusciva meno bene, rise brevemente.

I passi che si avvicinavano alla porta li richiamarono: Severus si appoggiò sull’uscio della cucina. Sotto al mantello aveva indossato un paio di pantaloni gessati, una camicia bianca e un gilet, e spiando dalle finestre nessuno avrebbe mai inteso di avere davanti dei maghi se non fosse stato per le diverse bacchette che se ne stavano, per ora, tranquille nei foderi.

«Harry, mi aiuti con la tavola?» chiamò a gran voce Remus dalla sala. Il giovane lanciò un’occhiata seria a Severus, che lo rassicurò annuendo una sola volta. Poi fece per dire qualcosa, ma Sirius gli stava già porgendo una pila di piatti sormontati da bicchieri e un’elegante tovaglia bordeaux.

«Non farmi pentire di non aver usato la magia, con il servizio buono» ghignò l’uomo. Quando Harry se ne fu andato dalla cucina, attento a non fare danni, Severus entrò nella stanza.

Sirius lo guardava di sottecchi, molto simile ad un cane pronto a difendere la propria cuccia. Il suo bel viso era fosco e, lento, un boccolo sinuoso decise di scappare al nastro con cui si era assicurato i capelli, andando ad adombrare ancora di più la sua espressione.

«Non credo sia da esplicitare che né a te né a me piace la situazione che si sta creando tra noi» disse Severus, pacato.

«No, non è da esplicitare» annuì Sirius. «E la situazione che si sta creando tra te e Harry?»

«Quella non può che piacermi» rispose con un sorriso arrogante Severus. Vide che Sirius si tratteneva dall’affatturarlo, cogliendo tutti i sottintesi della sua risposta, o dal tirargli un piatto, o dal balzargli addosso.

«Sei cosciente del fatto che se tu gli facessi del male in qualsiasi modo non sopravvivresti per raccontarlo?» disse, il tono casuale, Sirius, poggiando una mano sulla superficie lignea del tavolo.

«Non voglio fargliene» mormorò Severus. I due uomini si guardarono con intensità.

«Remus vuole che lasci a Harry spazio. E io voglio che sia felice. Se sceglie te, va bene. Ma non riporre le tue speranze nel mio compagno, ti assicuro che è anche più protettivo di me verso Harry» aggiunse Sirius. Il suo tono si stava inasprendo sempre di più.

«Ho capito, Black» ringhiò Severus. Sospirò, passandosi poi una mano sul viso. «Vedere Harry che finalmente ha una vera famiglia è… bello. Non avrei mai pensato di dirlo ma sono quasi contento tu mi stia minacciando»

Sirius lo guardò stupito, poi scosse la testa.

«Mi suona strano sentire che tu, davvero, tieni a lui» mormorò. Severus accennò un sorriso.

«Suona ancora strano anche a me» rispose, tacendo poi quando le voci di Harry e Remus si avvicinarono. I due uomini in cucina guardarono verso il corridoio, ma nessuno li raggiunse: poco dopo, dei passi sulle scale li informarono che stavano salendo.

«Lo ami?» chiese poi, a bruciapelo, Sirius. Severus sgranò gli occhi, guardandolo.

«Non pensi che sarei davvero troppo avventato a risponderti?» ribatté debolmente. Sirius alzò un sopracciglio.

«Mmm. Ottima risposta, Mocciosus» disse, andando a dare un’occhiata ai fornelli. Severus fece una smorfia, ma si rese conto che ormai neanche quel nomignolo gli pesava più. Avvertiva che la strenua lotta tra lui e Black stava quasi mutando, forse contaminata da una nuova tensione. Era forse…?

«Non posso dire che tu sia il compagno che ho sempre sperato Harry trovasse, ma se lui ti vuole in famiglia così sia. Non dobbiamo per forza andare d’accordo. Ma vogliamo tutti il suo bene, no?»

Concordia. Una debole, pallida concordia.

Gli occhi grigi di Sirius gli bruciavano l’anima, un po’ minacciosi. Severus annuì.

«Certo» rispose seriamente. Sirius sospirò.

«È buffo, però» aggiunse. «Prima Lily, ora Harry… sarebbe imbarazzante se ti facessi notare l’antifona?»

«Sarebbe imbarazzante» confermò, la voce roca, Severus. I sentimenti contrastati che si stavano alzando tra le mura chiare della cucina sembravano quasi palpabili, così come lo sguardo che Sirius gli rivolse, ancora più acuminato di prima.

«Non c’è niente da dire» aggiunse Severus.

«Credo tu non sia nella posizione di evitare le mie domande» lo rimbeccò Sirius. Severus lo squadrò: non si stava godendo quella farsa da padre geloso, anzi, sembrava non voler sentire la risposta di Severus, temendo la verità, forse. Ma si sentiva in dovere di chiedere, di accertarsi, di ficcare il suo grosso tartufo canino nei loro affari. Severus fece una smorfia. Quella concordia non sembrava poi troppo facile da sostenere.

«La Guerra è finita, le miei maschere sono cadute. Sono stanco di vivere relegato nel passato. Non lo sei tu? Non sei stanco di essere il prigioniero di Azkaban

«Non ti sto chiedendo perché ora sembri uno della mia famiglia» ribatté Sirius, senza guardarlo.

Severus sospirò.

«Non voglio più essere l’uomo distrutto che ero, va bene? Non so se merito la felicità. Non so se merito Harry. So solo che sentirmi in dovere di piangere Lily fino alla fine dei miei giorni è stupido. Non la dimenticherò mai. Ma sono stanco di essere l’ombra di me stesso»

Sirius ascoltò attentamente le parole tremanti che uscirono dalla bocca di Severus. Il Pozionista, appoggiato al tavolo, aveva la testa bassa, come in preda ad un dolore acuto nel sentirsi dire quelle parole. Le aveva pensate e ripensate, certo, e ci credeva. Le aveva dette anche a Harry, sì, ma ora, dirle a quell’uomo che Lily se la ricordava, che l’aveva abbracciata, che l’aveva sentita ridere, faceva tutto un altro effetto. La stava lasciando andare davvero.

«Le mancavi, sai?» sussurrò Sirius. Severus lo guardò e lui, avvicinandosi, si ficcò le mani nelle tasche dei pantaloni di velluto blu.

«Avrebbe tanto desiderato che tu ti prendessi cura di Harry. Perché tu per lei eri come io ero per James. Insostituibile. Non voglio farti la predica, stavolta, dico solo che probabilmente Lily ti affatturerebbe» disse Sirius.

Severus rise, roco.

«Mi manderebbe al San Mungo, Black, non essere così delicato» mormorò. Sirius sorrise.

«Oh, sì. E poi ti manderebbe un giglio. E probabilmente leverebbe il saluto a Harry ma gli lascerebbe dei pasticcini di zucca sulla scrivania. E poi, in silenzio, lo accetterebbe. Era sempre così delicata, ti ricordi?»

«Delicata… sì. Pericolosa ma delicata»

I due uomini si guardarono, i ricordi vividi nelle loro menti. Sirius si passò una mano sul viso.

«Lascio a Molly Weasley la frase “lui non è Lily”?» disse piano. Il suo tono stava riprendendo la vena canzonatoria che Severus aveva sempre detestato, ma dopo quel vibrante momento la accolse quasi sollevato.

«Sì. Se ti fidi almeno un po’, sì» rispose.

Sirius accennò una risata.

«Mi fido di Harry. Te l’ho detto, dovete accontentarvi di questo» ribatté, tornando ai fornelli. Severus sospirò. Mettere da parte l’astio nei confronti di Black e Lupin era la cosa meno felice che intravedeva nel suo futuro.

 

Durante la cena e per quasi tutta la serata, infatti, le occhiate di Sirius non smisero di dare il tormento a Severus, ma lui le incassò senza lamentarsi, cercando di non far trasparire il proprio fastidio. Non avrebbe mai pensato di volerlo fare, ma sentiva il bisogno di dimostrare a Black e a Lupin che lui, a Harry, ci teneva davvero. Voleva dimostrare loro di essere degno della loro fiducia e si impose così di essere amabile al punto giusto – quindi appena accettabile per una qualsiasi persona che non lo conoscesse. Ma si trattenne dall’allungare neppure un dito verso Harry, gli sorrise con dolcezza e evitò di rispondere male a Lupin che lo interpellava educatamente, anche se  tanti anni trascorsi a scuola assieme gli davano le armi per notare quanto, infondo, lui e il suo compagno si stessero godendo il momento. Si sentiva un po’ in gabbia, a dire il vero.

Aveva visto Harry, però, che sembrava sollevato per la piega che aveva preso la serata. Chissà cosa si era immaginato accadesse. Era stato un turbinio di sorrisi e risate, al tavolo, e, seduto al suo fianco, gli aveva trasmesso il suo calore travolgente che, dopo anni di gelo, rappresentava per lui una strana e bella novità. Era una gabbia foderata di cuscini.

 

  
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