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Autore: Crilu_98    10/12/2017    2 recensioni
Gli occhi severi di Ronja nascondono una bambina che non ha mai avuto davvero la possibilità di crescere, protetta dal mondo e dimenticata dal padre, un guerriero troppo occupato a conquistare nuovi territori per occuparsi di lei. Quando le viene imposto di comprare un nuovo schiavo, lei prende la prima decisione azzardata della sua vita: sceglie Aurelio, un ragazzo testardo che cova un malcelato disprezzo nei confronti di tutti i barbari. Lui sa che le deve la vita e il legame che si instaura tra la nobile Ostrogota e l'ex-legionario mescola antipatia e rispetto, lealtà e discussioni.
In un mondo sorretto a stento da alleanze deboli come ragnatele, i due dovranno sopravvivere non solo all'ostilità di un misterioso cavaliere vestito di nero che osserva ogni loro mossa, ma anche alle spietate lotte di potere che minacciano di trascinare di nuovo l'Italia nel caos.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Antichità, Antichità greco/romana, Medioevo
Capitoli:
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Pochi giorni dopo, lungo le rive dell'Eridano
 
Ronja passeggiava lungo le rive del fiume accompagnata da Ingegärd, la sua schiava personale.
Suo padre l'aveva acquistata quando la moglie era morta di parto nel dare alla luce un maschio che non era sopravvissuto alla notte, con l'intenzione di farne una balia per la figlia ancora bambina. Ingegärd, però, si era rivelata per lei molto più simile ad una sorella maggiore che ad una serva: era la sua unica amica e confidente, sebbene Ronja non avesse molti segreti.
La sua vita era un continuo viaggio senza meta al seguito delle spedizioni militari del padre, il paesaggio davanti ai suoi occhi cambiava ogni giorno e lei non aveva mai vissuto in un posto abbastanza a lungo da poterlo amare. Ma il vero cruccio della giovane, la preoccupazione che disegnava spesso una ruga severa sulla sua fronte, era il matrimonio che suo padre sperava di combinarle e che lei rimandava da anni.  
"Se continuate così rimarrete per sempre senza un marito!" l'aveva rimproverata Ingegärd quando lei aveva rifiutato l'ultima proposta. Ronja aveva scrollato le spalle con noncuranza, ma la serva aveva continuato, poggiandosi le mani sui fianchi:
"Non scuotete la testa a quel modo, mia signora. Innanzitutto rovinerete le trecce che fatico tanto a comporre e in secondo luogo non pensate alle conseguenze! Cosa ne sarà di noi se vostro padre dovesse morire in battaglia? Chi si prenderà cura di voi e di noi servi?"
"L'unica eredità che mia madre ha lasciato per me è la promessa che potessi scegliere liberamente il mio sposo. E' l'unica scelta che mio padre mi lascerà fare in tutta la mia vita! E qualsiasi cosa accada sai che non permetterei mai che vi venga fatto del male!" aveva replicato la ragazza. Ma Ingegärd l'aveva guardata mestamente con i suoi occhi grigi incorniciati da rughe precoci:
"Mia signora, sapete benissimo che senza un marito sarete facile preda di chiunque! Noi cadremmo nelle mani di un nuovo padrone, ma solo il Cielo sa cosa ne sarebbe di voi!"
Ronja osservò con attenzione la natura rigogliosa della pianura attraverso la quale scorreva l'Eridano, nel tentativo di allontanare quei cupi pensieri.
"Guarda tutte queste piante, Ingegärd!" mormorò, additando le querce ed i lecci che erano cresciuti lungo il corso del fiume. "Ne hai mai viste di così grandi? E così tante tutte insieme?"
La serva inarcò la fronte, per niente impressionata:
"Certo che le ho viste: le nostre foreste sono piene di alberi! Quest'Italia di cui tutti parlano non è poi una gran cosa!"
Quando il re Teodorico aveva annunciato di voler spodestare Odoacre ed impadronirsi della penisola italiana, tutti i guerrieri Ostrogoti avevano voluto porre le loro spade al servizio di quell'impresa. A differenza di Ingegärd, Ronja iniziava a capire il perché.
"Sì, ma qui fa caldo!" insistette "Non è necessario indossare pellicce, nonostante sia già autunno inoltrato! E il sole è molto più forte…"
L'ancella stava per replicare, ma lo scalpiccio di alcuni cavalli al galoppo le fece voltare verso l'accampamento: tra i guerrieri di ritorno da Ravenna Ronja riconobbe suo padre prima ancora che il cavallo si fermasse bruscamente davanti al loro carro.
Bror smontò con agilità nonostante il peso dell'armatura e si tolse l'elmo, rivelando il cranio rasato, la folta barba bionda e gli stessi occhi azzurri della figlia.
"Sembra soddisfatto!" notò Ronja con indifferenza.
"Vevika!" urlò il guerriero a gran voce, chiamando la più giovane dei tre servi che aveva portato con sé. Ronja sapeva che solo i più facoltosi tra i barbari partivano con tutti gli schiavi che possedevano e che suo padre non era tra quelli: era quasi esclusivamente per le sue necessità che viaggiavano in un gruppo così numeroso, perché nonostante le rivolgesse di rado la parola, Bror era molto attento alla sicurezza e alla salute di sua figlia.
"Prepara una grande cena per noi, stasera!"
"Sì, signore!" mormorò la donna, affrettandosi ad obbedire.
"Ronja!" esclamò poi l'uomo, andandole incontro. "Ho una grande notizia, figlia mia!"
La ragazza chinò il capo con deferenza, lasciando che le trecce bionde le ricadessero sul petto.
"Quale, padre?"
"Il grande e nobile Teodorico mi ha concesso delle terre e una grande villa non lontano da Ravenna. Capisci cosa significa?"
Un brivido attraversò il corpo di Ronja:
"Sì, comprendo."
Non sarebbero più ripartiti. Non avrebbe più rivisto le aspre montagne della sua terra d'origine, né la neve, le querce secolari, i fiumi ghiacciati…
Si voltò verso l'Eridano che scintillava nella dorata luce del tramonto e sospirò, frustrata: avrebbe voluto provare almeno un po' di nostalgia, ma in realtà serbava pochi ricordi delle lande germaniche e della vita che vi aveva condotto con sua madre.
"Una nuova casa… Un posto dal quale non ripartirò mai più. Era questo che volevate per me, madre?" mormorò tra sé. Ma la sua voce era così bassa ed incerta che solo le placide correnti dell'Eridano udirono le sue parole.
 
Ingegärd si mise le mani sui fianchi e Ronja sospirò: generalmente la sua amica assumeva quella posa aggressiva e determinata quando doveva rimproverare un altro membro della servitù, ma dato che erano appena arrivati e che nessuno aveva disobbedito in qualche modo alle regole, la ragazza immaginò che fosse solo un presagio del lavoro che li attendeva all'interno della villa.
La grande costruzione, infatti, era in piena decadenza e Ronja provò un moto di vera e propria rabbia nei confronti di suo padre, che li aveva indirizzati lì senza ulteriori indicazioni perché doveva ricongiungersi agli altri nobili Ostrogoti per una battuta di caccia.
"Una battuta di caccia!" pensò, indignata. "Quando la nostra nuova casa è in rovina e avremmo bisogno del suo aiuto almeno per comprendere ciò che ci serve per renderla abitabile!"
L'interno puzzava di muffa e di umidità.
Ronja si aggirava per le stanze con gli occhi spalancati per la curiosità mentre Ingegärd, Vevika ed il vecchio Ǻke si occupavano di sistemare le stalle per i cavalli.  Attraversò la cucina, riuscendo quasi a percepire l'odore del pane che veniva cotto nel forno a legna annerito dall'uso; passeggiò nel giardino interno invaso dai rovi, cercando di immaginare come dovesse apparire nei tempi del suo massimo splendore; infine, giunse alle camere da letto dei signori, restando delusa nel trovarle vuote e spogliate di ogni cosa.
"Ma cosa ti aspettavi?" si rimproverò ad alta voce "Questa casa è abbandonata da anni! Chissà dove sono finiti i suoi abitanti…"
"Fuggiti, forse, ma più probabilmente sono morti."
La voce squillante di Ingegärd alle sue spalle la fece sobbalzare:
"Come credi che siano morti?"
La serva fece schioccare la lingua, infastidita:
"Malattia, vecchiaia, stenti… Forse sono stati uccisi. Cosa ve ne importa?"
Ronja si strinse nelle spalle.
"Nulla, in fondo. E' solo che dormirò nei loro letti e quindi…"
Ingegärd lanciò un'occhiata critica ai materassi malmessi:
"Ah, no! Nessuno dormirà su quei letti se prima non li avremo battuti per bene! Devono essere un covo di pulci e tarme!"
Senza aggiungere altro, le due iniziarono a lavorare alacremente, sebbene fossero consapevoli che la villa era talmente grande che ci sarebbero voluti giorni per sistemarla tutta.
Bror tornò verso il tramonto, ancora un po' ubriaco per il banchetto che era seguito alla battuta di caccia. Non sembrò far caso alle condizioni della villa e Ronja strinse le labbra quando lo vide liquidare l'argomento con un gesto imperioso della mano, dopo che Ingegärd aveva osato domandargli aiuto mentre gli serviva la cena.
Tutti avevano paura di quel massiccio guerriero dall'aria truce, ad eccezione della serva dallo sguardo severo; fin da quando era arrivata nella loro casa, Ingegärd aveva avuto con Bror una maggiore confidenza rispetto al resto della servitù. Ronja si era spesso chiesta il motivo di quello strano rapporto, ma ogni volta che aveva provato ad interrogare l'amica lei aveva cambiato discorso.
"C'è una questione più urgente da affrontare!" esclamò Bror, dopo aver finito la zuppa. Fece segno alla ragazza di sedersi accanto a lui e lei obbedì, incuriosita. Erano rare le volte in cui l'uomo le voleva parlare; ricordava che da bambina aspettava con ansia quei momenti di intimità, mentre ora la inquietavano e la intimorivano.
"Io non sarò qui per sempre!" esordì il guerriero ed immediatamente la mente di Ronja corse al matrimonio. Si chiese con ansia se suo padre non si fosse stancato dei suoi rifiuti e avesse deciso di venderla al miglior offerente: avrebbe potuto farlo, le loro leggi non prevedevano che le donne potessero scegliere il loro sposo. Anzi, era rimasta molto stupita dal fatto che Bror avesse voluto rispettare la promessa concessa alla moglie in punto di morte… Ma poi aveva concluso che essendo un uomo molto superstizioso avrebbe avuto qualche remora a spezzare un giuramento fatto su una tomba.
Contrariamente alle sue previsioni, non era al matrimonio che il guerriero stava pensando:
"Questa casa non è il nostro accampamento, Ronja. Lì avrei sempre potuto contare sulla lealtà dei miei pari, mentre qui rimarrai isolata per lunghi periodi: il Re vuole che vada a Sud con una delegazione per trattare con il signore di Costantinopoli, Anastasio. E non mi fido a lasciarti qui da sola!"
"Perché non posso venire con voi come ho sempre fatto?" chiese lei aggrottando la fronte.
"Perché Teodorico ci ha concesso queste terre ed è giusto che tu le amministri: costituiranno parte della tua dote e quando io morirò andranno a tuo marito. Non possiamo lasciare che questa proprietà vada in malora!"
La ragazza avrebbe voluto sottolineare il fatto che la casa fosse già andata in malora, ma saggiamente decise di tacere.       
"E' per questo che domattina presto partiremo per Ravenna!"
"Ravenna?" mormorò Ronja, confusa.
"Sì, solo lì potremo trovare uno schiavo adatto alle tue esigenze."
"Uno schiavo?"
Bror le lanciò un'occhiata infastidita:
"Sei forse diventata sorda, Ronja? Uno schiavo, sì. Uno giovane e robusto che possa proteggerti durante i miei viaggi. Di' ad Ǻke di farci trovare i cavalli pronti prima dell'alba!"
 
Il cavallo scartò di lato, innervosito dalla rumorosa folla che sciamava in tutte le direzioni, ma Ronja trattenne saldamente le redini.
"Buono, Angus!" borbottò la ragazza, chinandosi ad accarezzare il collo possente dell'animale, che per tutta risposta sbuffò, ancora irritato.
"Lo so che questo non è il campo di battaglia a cui sei abituato…" proseguì poi, alzando lo sguardo freddo sulle affollate vie di Ravenna. Suo padre procedeva poco più avanti, mentre Ingegärd camminava al suo fianco, le labbra serrate in una smorfia preoccupata.
Ravenna era diversa da qualsiasi altro ambiente Ronja avesse mai visto: maestosa e caotica, vivace nelle strade del mercato e sonnolenta nelle piazze, la città l'affascinava e la spaventava allo stesso tempo.
Sebbene i cavalieri di Teodorico presidiassero ogni via, era evidente che la popolazione nutrisse ancora molta ostilità contro quelli che si ostinavano a chiamare 'barbari': i passanti erano molto attenti a non incrociare gli sguardi degli invasori e il loro piccolo corteo creava il vuoto attorno a sé.
Finalmente Bror fermò il cavallo e si voltò verso di lei, facendole cenno di smontare dall'animale; Ronja obbedì, lasciando le redini di Angus a Ingegärd ed affacciandosi su una piccola piazza, trovandosi davanti uno scenario a cui avrebbe preferito non assistere.  La ragazza sentì l'insofferenza per il progetto di suo padre crescere con l'aumentare del vociare della plebe: l'affollato mercato di schiavi puzzava di sudore e sangue e la ragazza rimpianse la tranquilla solitudine della villa.
"Perché avete insistito tanto che venissi anche io?" chiese a Bror, mentre l'uomo si faceva largo tra la folla per raggiungere il palco di legno sul quale si stava tenendo un'asta di schiavi.  
"Perché sarai tu a scegliere il tuo protettore!" fu la brusca risposta.
Ronja annaspò, sconcertata, e dovette alzare un lembo della gonna per affrettare il passo e rimanere al fianco del padre.
"Io? Ma padre, io non so nulla di queste cose! Di combattimenti e protezione e…"
La sua voce si smorzò quando capì che Bror non la stava più ascoltando. Seguendo la direzione del suo sguardo scoprì cosa aveva attirato l'attenzione della maggior parte delle persone presenti: uno schiavo seminudo e con le mani legate stava lottando contro altri due uomini e stava chiaramente avendo la peggio, nonostante la furia disperata con cui si dibatteva nella loro presa.
Quando un pugno ben assestato lo scaraventò all'indietro la folla si diradò un poco e la ragazza poté osservarlo meglio mentre, esanime, si accasciava al suolo: aveva la pelle abbronzata tipica delle genti meridionali, capelli troppo sporchi per indovinare il loro colore naturale ed un fisico asciutto ed allenato, ma indebolito dalla prigionia e dalle percosse.
Mentre il mercante si avvicinava furente verso lo schiavo ribelle, quello alzò il capo e fissò la folla con due occhi pieni di odio; per un attimo sembrò soffermarsi su di lei e Ronja si sentì attraversare da una fitta di inquietudine, ma non riuscì a distogliere lo sguardo da quelle iridi scure e magnetiche.
La ragazza sbatté le palpebre, sconcertata da quell'improvvisa ed inspiegabile agitazione, ma quando provò ad incrociare di nuovo gli occhi dello sconosciuto si accorse che era crollato a terra e non si muoveva.
Si voltò di scatto verso suo padre:
"Lui!" disse semplicemente "Voglio lui!"
Bror aggrottò la fronte:
"Lui? Ma non hai sentito il mercante? Stanno per giustiziarlo!"
 
 
Angolo Autrice:
Bene, con questo capitolo conosciamo Ronja e la sua insolita famiglia, alla quale appartengono forse più i servi che il suo stesso padre! A questo proposito ci tengo a precisare che i suoi comportamenti potrebbero risultare insoliti per una ragazza ostrogota del V secolo, ma derivano dal fatto che è cresciuta un po' allo sbando xD
Per quanto riguarda il suo matrimonio, vedremo che la pazienza di Bror arriverà fino ad un certo punto…
Cosa ne pensate piuttosto dell'idea di Bror di affidare sua figlia nelle mani di uno schiavo? E il riottoso ragazzo su cui Ronja ha messo gli occhi potrà essere all'altezza del compito?
Un sentito ringraziamento a tutti coloro che si sono fermati a leggere il prologo: spero che il capitolo non abbia deluso le vostre aspettative!
 
   Crilu 
   
 
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