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Autore: Kokky    24/06/2009    3 recensioni
Un mondo parallelo e antico, popolato da vampiri che si muovono nell'ombra e umani troppo ciechi sui nemici succhiasangue. L'esercito, i positivi e gli alchimisti sono gli unici che possono proteggere l'umanità da ciò che stanno bramando i vampiri...
Un'umana insicura. Due piccoli gemelli. Un vampiro infiltrato. Una squadra di soldati. Una signora gentile e un professore lunatico. Una bella vampira e il capo. Due Dannati. L'Imperatore e i suoi figli. Una dura vampira. E chi più ne ha più ne metta!
Di carne sul fuoco ce n'è abbastanza :)
Provare per credere!
Genere: Fantasy, Sovrannaturale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Positive Blood' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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80 – Mai perdere di vista il proprio obbiettivo


Due mesi prima


Elisabeth socchiuse gli occhi per riparli dal sole d’agosto e li coprì con una mano. Il caldo penetrava attraverso gli alberi, si insinuava fra le fronde gialle e i vestiti leggeri dei soldati.

Logan conduceva la carrozza stancamente, mentre dal finestrino Beth cercava di trovare un ristoro col venticello causato dalla corsa.

Daniel si sventolò con un pezzo di carta, sbuffando per l’afa pesante. In quell’abitacolo si stava un po’ troppo stretti, in quattro con una trentina di gradi all’ombra.

«Moriremo prima di arrivare», annunciò Francis drammaticamente, con una faccia d’attore comico.

Jack, abituato al caldo atroce dei Paesi del Sud, mormorò soltanto che lamentarsi non portava a nulla.

«Quanto manca?», urlò Elisabeth a Logan.

«Due ore circa!», gridò quello in risposta, col vento che gli copriva la voce.

Francis si mosse sul sedile impazientemente, sbottonandosi la camicia azzurra. Jack e Daniel rimasero a petto nudo, cercando si stare il più lontano possibili.

Tentavano di sopravvivere, insomma.


Arrivarono a Leluar di pomeriggio, col sole ancora alto in cielo e il suo calore sulla pelle sudata. Percorsero le grandi vie della città, quasi vuota dal suono delle persone, persone vive con il loro vociare e il ticchettio dei passi. Il centro urbano svuotato per il caldo ricordava un miraggio, dopo il bosco lussureggiante.

Gli zoccoli dei cavalli risuonavano potenti sulle pietre che lastricavano le vie, mentre la carrozza avanzava.

Scesero dentro il cortile del palazzo del S.S.E.V., vicini alle scuderie, nel silenzio dell’estate. Attraversarono il giardino interno, che Logan conosceva a memoria, proprio lo stesso dove da ragazzino aveva incontrato Jack e aveva provato le sue alchimie; poi entrarono dentro il palazzo.

I cinque, stanchi e sudati, si riposarono nell’ombra di quei massicci muri, che donavano una notevole frescura al Quartier Generale.

«Fra poco andrò a parlare con il generale Liddel del nostro fallimento», comunicò Logan.

Gli altri rimasero in silenzio, incupiti dal pensiero del passato e incerti del prossimo futuro.

Jack diede una pacca a Logan, come ad incitarlo a fare ciò che era giusto, ma anche lui era preoccupato. Il gigante era stato un soldato perfetto fino a quel momento e ognuno di loro si era sempre impegnato al massimo; eppure adesso la loro reputazione si sarebbe macchiata, e non solo quella, che in fondo importava ben poco, ma soprattutto il valore che gli avrebbero attribuito i loro superiori.

«Non importa come finirà», sbottò Elisabeth in quel clima di sottile tensione. «Non mi interessa per niente! Io so quello che abbiamo fatto: abbiamo difeso, in pochi, un centinaio di persone che – pur avendo molte capacità dalla loro parte – sono rimaste placidamente molli non allenandosi mai; persone civili, comuni, che per le loro caratteristiche sono diventati il mirino di un piano più grande.

Io so e voi tutti sapete che non eravamo pronti ad affrontare tutto questo, non per colpa nostra né dell’esercito, così come gli esseri umani non sono pronti, stanno prendendo sottogamba questa... guerra. È una guerra bella e buona, sì!

Ce ne siamo accorti tardi, però è così, e la nostra missione da soldati, da membri del S.S.E.V., è proteggere la gente. Non ci deve importare di come ne usciremo da questo fallimento, perché abbiamo fatto il possibile, davvero. E...», Elisabeth fece un sospiro, come se non ce la facesse più a continuare, e suo fratello l’aiutò parlando al suo posto.

«E comunque, pur essendo stati vinti, non ci abbatteremo, perché così è la vita di un soldato: lottare per il proprio paese, in qualunque modo e così come ci si sente. Bisogna lasciare alle spalle il proprio orgoglio e proteggere dai vampiri la gente. Il popolo.

Eli sa quello che abbiamo fatto e il nostro valore, così come noi tutti: dentro di noi questi ricordi e questo ardore rimarrà fiammeggiante, perciò... va, sergente Mckay, e fa sentire la nostra voce.

Magari finiremo... in squadre diverse, ci divideranno, e qualcuno andrà sul fronte Nord o qualcun altro verrà mandato da un’altra parte, però non importa.

Non importa perché continueremo a fare il nostro lavoro. Non importa perché in questi mesi siamo stati davvero una squadra. E quindi... al diavolo!», concluse Francis, facendo un grande sorriso scherzoso.

Come sempre, i due cervelli del gruppo erano Elisabeth e suo fratello.

Daniel sogghignò, mentre nel suo piccolo sperava di tornare a casa, nei Paesi del Nord, anche se sapeva che quel desiderio era irrealizzabile. Jack sorrise semplicemente, lanciando un’occhiata fiera verso il suo compagno, Logan, che si era rallegrato a quelle parole.

Il leader sospirò con felicità, annuì, ricambiò lo sguardo di Jack e poi andò.

Gli altri quattro lo osservarono svanire nella penombra del palazzo, frementi nell’attesa appena incominciata.


Logan Mckay – ventotto anni sulle spalle e almeno la metà passata su complessi libri d’alchimia, sergente e capitano della squadra 7, bel ragazzo dalla mascella un po’ squadrata e la pelle dai riflessi ambrati –, sentendosi nudo come un verme, bussò.

La targhetta sopra la porta recitava: “Armelia Liddel, generale del S.S.E.V.” e da sola incuteva timore per il nome che rappresentava, o più che latro per la carica che rappresentava.

Logan comunque non era un uomo che provava paura molto spesso, però non gli andava a genio l’idea di mettere in bella mostra il suo fallimento come capitano. Non gli piaceva soprattutto poiché era orgoglio, ma anche per ciò che implicava quell’insuccesso.

«Avanti!», si fece sentire Armelia Liddel.

Logan aprì la porta ed entrò nello studio, fece un piccolo inchino e si sedette davanti alla scrivania di Armelia, la quale lo osservava con un noto interesse.

La donna sembrava ancora più dura: la sua pelle bianca era tirata sugli zigomi, producendo delle ombre sul viso, e i suoi occhi glaciali parevano più taglienti.

Probabilmente era la fantasia di Logan ad ingigantire l’aura autoritaria del generale Liddell.

«Se sei qui, sergente Mckay, non devo aspettarmi nulla di buono», spezzò il silenzio Armelia.

Lui annuì grevemente, si fece coraggio e incominciò a parlare: «Purtroppo eravamo in pochi a difendere la Villa Bianca, probabilmente sarebbero servite tre squadre di cinque elementi, ma comunque non potevamo aspettarci un tale attacco. I vampiri erano un centinaio e, pur con l’aiuto dei positivi più coraggiosi, non c’era molto da fare.

L’obbiettivo era, come sempre, la cattura dei positivi e, ahimè, i vampiri sono riusciti nel loro intento. Non rimangono molte altre ville da proteggere e... noi, come gruppo, abbiamo fallito.

Io... io mi prendo tutta la colpa, un buon capitano riesce sempre a uscire vittorioso e io non sono stato all’altezza... a noi non sono rimaste nemmeno le briciole. Oltre la notevole differenza di numero, tutta la colpa è mia.

Comunque sono... sono stati tutti degli ottimi soldati; sono stati efficienti e hanno fatto un ottimo lavoro di squadra, generale Liddel, perciò... dal mio piccolo le vorrei consigliare di utilizzarli al più presto nei fronti più caldi, perché credo che non sia il momento per... per rimare fermi».

Logan mise tutto il suo cuore e i suoi ideali in quel discorso: la lealtà verso i suoi compagni, che erano stati davvero bravi; la modesta e sempre presente verità; le sue constatazioni da sergente e capitano. Sperava che Armelia Liddel avrebbe fatto ciò che le consigliava, sperava che il S.S.E.V. si fosse accorto del rischio che l’umanità correva.

Armelia sogghignò e annuì. «Bene, sergente Mckay, comprendo perfettamente la sua situazione. I suoi colleghi avranno nuovi ruoli all’interno dell’esercito, non si preoccupi, ognuno avrà modo di rimediare.

Anche se io non dispero per questa situazione – sicuramente ripareremo presto a questi rapimenti e vinceremo quelle bestie –, so che ogni persona è utile in questa grande macchina».

Logan annuì lietamente a quelle parole, conscio che adesso sarebbe cambiato tutto, sia per loro che per il resto degli uomini.

«Perciò prendetevi qualche giorno di riposo, vi sono delle stanze libere a piano terra. La farò chiamare quando avrò deciso del vostro futuro», ordinò Armelia, sorridendo con le sue labbra carnose.

«Bene, allora a presto, generale. Riferirò il nostro dialogo ai miei compagni», salutò Logan, alzandosi dalla poltrona e facendo un inchino.


Il destino di quella squadra, silenziosamente, stava per essere scritto.


*














Vorrei ringraziare uno ad uno chi ha recensito, i tantissimi preferiti e seguiti (che superano le 70 persone, caspita! ò_ò), ma purtroppo sto postando da un internet point e non mi rimane molto tempo xD. Speriamo che il mio pc ritorni presto vivo (più che altro: cum internet)...

Perciò grazie in generale, miei cari, e non-a presto.

Parto per l'Irlanda, dal 30 giugno al 14 luglio, e sicuramente il pc non sarà aggiustato prima della mia partenza.

Alla prossima, quindi, e passate buone vacanze +_+


Kò semi-stressata! XD

   
 
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