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Autore: Adhara    18/12/2017    2 recensioni
Soltanto una nuova minaccia per il Mondo Magico poteva far riavvicinare l'Auror Potter col suo ex professore di Pozioni. Due uomini del tutto nuovi, vecchi rancori e una strega oscura sono gli ingredienti per una pozione ammaliante e... pericolosa.
Genere: Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Altro personaggio, Il trio protagonista, Severus Piton | Coppie: Harry/Severus, Remus/Sirius, Ron/Hermione
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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11.

«Ti va di restare?»

Harry aveva afferrato il polso di Severus prima di chiederglielo. Ora lo guardava con intensità, gli occhi verdi stranamente luminosi nel buio dell’ingresso del suo appartamento in cui non aveva ancora acceso neppure una luce. Vide Severus soppesare la sua proposta, ma fu un millesimo di secondo e già il petto dell’uomo si delineava sul suo, mentre con una mano pallida chiudeva la porta alle proprie spalle.

In quel momento un forte rumore si alzò dalla strada, ma entrambi lo ignorarono. I festeggiamenti Babbani per l’arrivo del nuovo anno non li sfioravano minimamente, neanche quelli che dovevano certamente appartenere a turisti rumorosi. Erano troppo impegnati ad avvertire il calore l’uno dell’altro, stringendosi in un abbraccio in cui le loro labbra avide trovarono appiglio per le loro smanie.

Harry rabbrividì, alzando le braccia oltre il collo di Severus. Le mani dell’uomo scivolarono all’istante sotto i suoi abiti, sfiorando la pelle tesa sui suoi muscoli allenati, i polpastrelli freddi contro il calore del giovane uomo.

«Che cosa mi stai facendo…» sussurrò debolmente Severus sulle labbra di Harry, iniziando a sbarazzarsi dei suoi abiti e lasciandoli cadere a terra senza fretta.

Harry accennò un ghigno, le mani più goffe sulle fibbie del mantello dell’altro. Insinuò il viso oltre i fini fili di corvo che erano i suoi capelli – profumavano di spezie e cipria. La pelle pallida del Pozionista s’increspò al tocco delle sue labbra.

«Lo avresti mai detto, Severus?» mormorò Harry, premendo il viso nell’incavo del suo collo.

L’uomo gli cinse la vita, premendolo con forza contro di sé.

«Chi lo avrebbe mai detto?» ribatté gentilmente, lasciando le proprie mani scivolare lungo il profilo del corpo di Harry, facendo aderire i propri bacini con un movimento fluido che strappò all’Auror un sospiro. Severus sorrise.

«Se avessi immaginato tutto questo mi sarei fatto mettere in punizione più spesso da te…» sogghignò Harry, intrufolando una mano tra loro. Le sue dita, però, non arrivarono alla bruciante meta che agognavano: Severus gli afferrò il polso con violenza, facendo sussultare il giovane uomo, spingendolo via da sé.

I suoi occhi ardevano di risentimento.

«Che cosa stai dicendo?» esclamò, velenoso, il viso rapace segnato di contrarietà.

Harry teneva la bocca socchiusa, stranito.

«Cos-?» biascicò. Severus fece una smorfia. Aveva assunto l’espressione che Harry ricordava fin troppo bene dopo gli anni della scuola.

«Non dire mai nulla del genere» lo rimproverò, la voce bassa, Severus. «Eri uno studente. Eri sotto la nostra protezione. Non dirlo mai»

Era visibilmente scosso e piccato e Harry, capendo solo allora, abbassò la testa.

«Guarda che io non penso male di te solo perché eri un mio insegnante…» iniziò a rispondere, ma Severus ebbe un altro moto di stizza e si allontanò di un passo.

«Io non so cosa tu voglia, Potter, ma se hai intenzione di continuare questa cosa vedi di non accennare mai più al nostro passato in quel senso»

Harry avrebbe voluto far notare a Severus che sarebbe stato difficile ora che gli sembrava di essere di nuovo nei corridoi del castello con dinanzi il professore che più aveva odiato in assoluto, ma decise di tacere. Gli occhi neri di Severus lo fulminarono.

«Non sono un santo, ma anche la mia parte peggiore ha dei limiti» aggiunse, chinandosi a prendere il mantello che era scivolato a terra.

«Dai, Severus…» mormorò Harry allungando una mano verso di lui, ma il Pozionista si mise rapidamente il mantello addosso e aprì la porta.

«Buonanotte, Harry» ingiunse freddamente, lasciandogli addosso un’ultima occhiataccia. Il giovane lo vide sparire lungo le scale e non si mosse, anzi restò davanti alla porta aperta per un lungo momento prima di chiuderla con un gesto secco. Imprecò, calciando i propri indumenti a terra. Poi si chiuse in bagno, fremente di rabbia, e continuò ad ignorare gli schiamazzi di chi, in strada, non si era comportato da idiota.

 

Il secondo giorno del nuovo anno vide l’Auror Potter tornare al suo ufficio al Ministero. La neve, che aveva seguitato a cadere copiosa dal cielo, non era stata una scusa per evitare il rientro, né il silenzio che si era instaurato tra lui e Severus, anche se questo gli pesava tanto da tenergli la mente impegnata più di ogni altra cosa. Così tornò al Ministero immusonito e preoccupato, e quasi ignorò Ron quando gli si apprestò non appena lo vide, occupato a seguire il filo dei propri pensieri cupi.

«Harry? Harry, miseriaccia, non posso inseguirti tutto il giorno»

L’Auror Weasley sbatté con forza la cartella che teneva in mano sul petto dell’amico, e questi sussultò guardandolo.

«Scusa» mormorò. Si passò una mano sul viso ispido, non si era rasato, quella mattina. Aprì la bocca per aggiungere il perché della propria insofferenza, ma Ron non gli diede il tempo di farlo.

«Devi andare di corsa di là dal Wizengamot, la Volkov ha chiesto di vederti prima di essere rispedita a casa» disse sbrigativo. Gli puntò i luminosi occhi addosso. «Vai. Hermione mi ha stressato senza pietà»

Harry sospirò. Hermione era irreprensibile circa i diritti di indagati e carcerati.

«Scusa» ripeté. «Vado subito»

Ron annuì guardandolo andare via. A passo spedito, Harry raggiunse l’ala del tribunale imbattendosi subito in un piccolo crocicchio di persone. Hermione, che indossava una vibrante tunica azzurra, spiccava tra gli altri funzionari, e non appena i loro sguardi si incrociarono i due si scambiarono un cenno d’intesa. La giovane donna pose la mano sulla spalla dell’uomo al suo fianco, un alto mago pelato dagli occhi blu.

«Consigliere Masci, le presento Harry Potter, l’Auror che ha arrestato la signora Volkov» la sentì dire subito. L’uomo abbassò la testa verso di lui.

«Ma certo» disse, il pesante accento slavo. «Inutile dire che è un onore per me»

Harry non sorrise.

«Consigliere» fece, abbassando la testa a sua volta. «L’incarico di portare la Volkov in Biellorussia spetta a lei?»

L’uomo annuì, silenzioso, poi tornò a guardare Hermione.

«Harry, la signora Volkov chiede di te» disse lei, abbassando la mano con cui aveva richiamato l’attenzione del Consigliere su Harry. Gli fece cenno di entrare nell’aula aperta del tribunale e l’Auror annuì, avvicinandosi lentamente alla porta spalancata, facendo capolino nella grande sala al cui centro la famosa cella che aveva detenuto alcuni tra i più famosi Mangiamorte si ergeva.

Al suo interno, la schiena poggiata contro le sbarre e la testa reclinata all’indietro, stava Inga. Indossava la tenuta dei carcerati di Azkaban, una tunica a righe bianche e nere le cui maniche erano state arrotolate sino a oltre il gomito, lasciando visibili le fini braccia bianche. Harry notò che la sua pelle cerea era solcata, su entrambe le braccia, da tatuaggi di un vibrante nero inchiostro. Erano serpenti arrotolati e minuscole rune.

«Ciao, Inga» disse l’Auror quando fu a pochi passi dalla cella. La strega si voltò lentamente a guardarlo, un sorriso arrogante sulle labbra, senza mostrare l’intenzione di cambiare la propria molle posa.

«Speravo fossi a guardia della prigione, carino» rispose. La sua voce aveva un qualcosa di curioso, sembrava portare con sé un vago gracchiare. Harry non se ne stupì. Si aspettava di vedere una donna del tutto nuova, in quella cella.

«Mi spiace, non sono stato assegnato ad Azkaban» disse lui. Si mise le mani in tasca con fare casuale e Inga appoggiò la fronte alle sbarre.

«Ti piacciono?» chiese, il tono infantile. Mostrò le braccia, allungandole oltre il ferro che la teneva rinchiusa. Harry poté vedere meglio i tatuaggi. Ebbe un moto di ribrezzo.

«Voldemort marchiava i suoi seguaci con dei disegni molto simili» disse, freddo. Inga rise.

«Voldemort era un bamboccio»

Abbracciò le sbarre.

Harry accennò un sorriso.

«Te ne tornerai a casa, oggi» disse, alzando il tono della voce. Inga annuì.

«Mi mancherà l’Inghilterra. Sai, i parchi. Il Tamigi. La casa del tuo uomo. Sarà difficile ammazzarvi dalla Bielorussia, sì, mi mancherà, l’Inghilterra»

Gli occhi dei due erano fissi gli uni negli altri. Inga sorrideva, Harry era una maschera di sale.

«Puoi anche provarci» ringhiò. «Verrò a prenderti a calci in culo ovunque sarai»

«Te l’ho detto, Harry Potter» mormorò melliflua Inga. «Voldemort era un bamboccio. Io ti schiaccerò come uno scarafaggio»

L’uomo restò immobile sul posto, senza muovere un muscolo. La strega, invece, si voltò, e Harry vide che stava ridendo in silenzio, perché le sue spalle fini si scuotevano. Allora anche lui si voltò e iniziò a muoversi verso la porta.

«Potete cercarla ovunque, la ricetta» sentì dire. «Non la troverete mai. Ma non preoccupatevi. Ci terremo in contatto»

Harry uscì dalla sala con passo rapido, sotto gli occhi preoccupati di Hermione e lo sguardo freddo del Consigliere. Fu a lui che si rivolse per primo.

«Spero non prendiate sotto gamba la detenuta, Consigliere» disse, distaccato. L’uomo accennò un sorriso.

«Harry Potter, non lo pensi neanche per un istante» rispose. Si scambiarono una lunga occhiata, poi Harry sorrise a sua volta.

«Buon viaggio, allora. Devo assentarmi»

I due uomini si strinsero la mano con forza, poi Harry si voltò verso Hermione. Il bel viso della ragazza era attraversato da una vena di preoccupazione quasi invisibile che Harry conosceva però molto bene. Si guardarono intensamente, poi Harry si allontanò.

«A dopo, Ministro» fece, alzando una mano per salutarla. Hermione fece altrettanto. Poi Harry si voltò e se ne tornò al Quartier Generale.

 

  
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