Storie originali > Soprannaturale > Vampiri
Segui la storia  |       
Autore: Arsax    21/12/2017    1 recensioni
Sequel di "The Bloody and Dark Princess"
Non potevo credere di averlo fatto. Non ci riuscivo. Non volevo. Sapevo di essere un mostro e le mie mani erano sporche del sangue di diverse persone già a venticinque anni, ma mai avrei pensato che la mia prossima vittima sarebbe stata lei.
Mi guardava con quegli occhi azzurri, sbarrati dalla sorpresa tanto quanto i miei. Volevo poter tornare indietro nel tempo e non compiere quel gesto, per impedire che si arrivasse a quel punto.
Avevo già perso la donna più importante della mia vita a soli sei anni e non volevo perdere anche lei.
Genere: Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 15


Chiacchierammo per tutto il pomeriggio e mi rilassai a tal punto da arrivare a parlarle di mia madre. Le parlai del nostro rapporto e lei cercava di farmi domande, perché incuriosita, ma senza entrare troppo nel dettaglio.
-Le avevo promesso che l'avrei protetta sempre, ma le cose sono andate in modo decisamente diverso.- dissi rabbuiandomi.
Serena mi strinse la mano per darmi conforto e ricambiai la stretta, giocherellando con l'anello di fidanzamento appartenuto a mia madre. Da quando l'aveva ricevuto, non se l'era tolto nemmeno un giorno e la cosa mi faceva immensamente piacere.
-Non potevi fare molto. Non devi incolparti per questo.- rispose.
Le sorrisi dolcemente, grato per quella semplice frase di conforto che avrei voluto sentire da mio padre almeno una volta. Cambiammo completamente argomento, parlando anche di libri, di politica e di storia dei vampiri, notando che era migliorata molto.
Paola e Andrea uscirono e non sarebbero tornati prima del giorno successivo e Serena mi portò in camera sua obbligandomi a guardare l'intera saga di “Pirati dei Caraibi”. Non riuscii a non risparmiarmi nei commenti pungenti e sarcastici, ma che riuscirono a divertirla molto.
-Non possiamo fare altro?- domandai un po' annoiato.
-E cosa vorresti fare? Vuoi giocare a “Monopoly”?- chiese sarcastica, sistemandosi il cuscino.
Aveva già provato a farmi giocare a Monopoly, ma l'avevo trovato un gioco stupido e lungo. Non faceva per me.
-Neanche per sogno.- risposi schifato.
-Allora zitto, che ora arriva la parte bella.
-Ma non c'è nessuna parte bella!
-Mi vuoi dire che le scene nelle quali è presente Johnny Depp non sono scene belle?
Scossi la testa e provai a concentrarmi sulla trama dei film, che richiamava molte delle credenze piratesche, come a esempio Davy Jones e il suo fantomatico scrigno.
Arrivata la mezzanotte, andammo sul balcone di Serena con una bottiglia di champagne, una di sangue e un piatto di papanasi per osservare i fuochi d'artificio. Non ero sicuro che tutti quei fuochi d'artificio fossero legali, ma fu uno spettacolo molto bello e suggestivo.
-Perché mi guardi così?- domandai divertito, dopo averla colta a guardarmi imbambolata.
-Perché... insetto!- rispose scompigliandomi i capelli.
Non riuscii a vedere bene, ma mi sembrava che fosse arrossita.
-Insetti a gennaio. Non lo credevo possibile.- risposi ironico.
-E invece c'era!
Scoppiai a ridere di gusto, ma non ribattei. Quello sguardo mi fece molto piacere, ma mi fece anche sentire malissimo. Non doveva succedere adesso, non ora che avevo scoperto i piani dei miei parenti. Lei doveva odiarmi, ripugnarmi, schifarmi e non guardarmi con occhi sognanti. Sperai di essermi sbagliato e sperai che non avesse iniziato a provare più di un semplice affetto nei miei confronti.

-Tu puoi dormire in camera dei miei genitori e se hai bisogno, caccia un urlo e arrivo.- affermò Serena quando decidemmo di andare a dormire.
-Mi dà una sensazione strana l'idea di dormire nel letto dei tuoi genitori. Posso andare a dormire a casa mia.
-Non se ne parla nemmeno. Non sei ancora in forma e voglio che tu sia facilmente raggiungibile, nel caso tu stia ancora male.
-Okay, mamma.
-Non sto facendo la mamma.- protestò.
-Invece sì.
-Invece no. Piuttosto la sorella maggiore.- affermò, utilizzando la medesima risposta che le avevo dato io tempo prima e ciò mi fece scoppiare a ridere di gusto.
-Che schifo, siamo incestuosi.- risposi ripetendo le sue parole.
Ridacchiammo come due bambini e mi stiracchiai.
-Allora dove dormo?
-Dormi nel mio letto, io dormo in quello dei miei genitori.
-Mi lasci tutto solo soletto?- domandai ridacchiando.
-Sì.
-Sei perfida.- risposi sorridendo.
-E tu sei scemo.
-Almeno finiamo di vedere l'ultimo film di "Pirati dei Caraibi".
-Ma se hai criticato tutti i film precedenti!- affermò sorpresa.
-Mi piacciono, dico davvero.
No, non mi piacevano, ma volevo vederla dormire un'ultima volta.
Non era del tutto convinta, ma fece partire ugualmente il DVD e si addormentò in neanche mezz'ora. Spensi tutto e mi sdraiai accanto a lei, azzardandomi ad accarezzarle i setosi capelli color oro.
La vita era buffa. Per mesi non avevo fatto altro che cercare di sedurre quella donna, che in quel momento dormiva tranquilla e ignara accanto a me, e da quel momento in poi avrei cercato di fare esattamente l'opposto. Avrei cercato di allontanarla, ferirla se necessario, per salvarle la vita. I Lovinescu non avrebbero mai messo le mani sulla mia principessa.
Prima di arrivare a quella soluzione tragica, avevo pensato a ogni possibile scappatoia, addirittura rivelarle il piano dei miei parenti, abdicare e andarcene il più lontano possibile da quel mondo sanguinario. Avevo pensato a tutto, ma nulla sembrava funzionare, quindi avrei cercato di allontanarla da me in ogni modo, sperando anche che prendesse la decisione di abdicare in favore di Wilhelm. Avrei affrontato una guerra a testa alta e con la calma nel cuore se lei fosse stata al sicuro.
Lentamente mi avvicinai a lei e poggiai la fronte sulla sua, chiudendo gli occhi per godermi a pieno quel momento. Il suo profumo mi inebriava, facendomi perdere ogni razionalità, e il battito del suo cuore, che sentivo dalla vena sulla tempia sotto le mie dita, mi rassicurava.
-Perdonami, ma è necessario per il tuo bene.- sussurrai per poi darle un dolce bacio sulla fronte. -Addio, mia principessa.
Mi alzai e tornai nel mio appartamento senza che lei si accorgesse di nulla.

Mantenni la mia promessa. Dal primo giorno dell'anno, non feci altro che evitare la mia principessa, anche se mi faceva soffrire da morire. Non sopportavo di starle lontano o di dirle scuse assurde per evitare di stare in sua compagnia, ma era necessario. Mi concedevo di stare in sua compagnia soltanto nelle serate ufficiali, nelle quali eravamo costretti a reggere la parte dei perfetti fidanzati.
Dimitri mi disse che avevo fatto la scelta giusta, ma mi aveva avvertito riguardo alla sofferenza che avrei provato.
Le visite dei miei parenti si erano fatte sempre più numerose e cercavano in continuazione di “convincermi” a uccidere la principessa, ma stoicamente mi opponevo. Potevano rompermi tutte le ossa, potevano anche darmi fuoco se lo desideravano, ma non l'avrei fatto.
Più evitavo Serena, più questa cercava di avvicinarsi. Era una cosa senza senso!
“Se l'avessi saputo prima, avrei cercato di respingerla all'inizio del corteggiamento” pensai un giorno, dopo essermi inventato l'ennesima scusa.
Pur di non vederla, mi ero ritirato dall'università e limitavo molto i contatti anche con Paola e Andrea, anche se questi vennero a trovarmi un giorno.
Mi stavo fasciando l'avambraccio attraversato da una lunga ferita inferta da un coltello. Lucian aveva minacciato di dissanguarmi se non avessi ucciso la principessa, ma sapevamo entrambi che non sarebbe bastato a uccidermi, quindi non avevo battuto ciglio quando mi aveva tagliato l'avambraccio per lungo. Ero intento in quell'operazione, quando suonò il campanello. Dallo spioncino vidi che erano Paola e Andrea e avevano l'aria di essere molto preoccupati.
Aprii la porta e mi guardai intorno, controllando che non ci fosse Serena nei paraggi.
-Serena non c'è, puoi stare tranquillo. Abbiamo bisogno di parlarti.- disse Paola e li feci accomodare in salotto.
Paola allungò una mano verso di me. -Dammi il braccio. Non riuscirai a fare una fasciatura decente con una mano sola.
Iniziò a fasciarmi accuratamente l'avambraccio, mentre Andrea cercava di studiarmi.
-Perché stai evitando Serena?- domandò Andrea, ma io non risposi. -Allora?
-Se siete venuti qui per farmi l'interrogatorio, vi prego di andarvene.- risposi atono.
-Andrea.- lo riprese la moglie, riservandogli un'occhiata di fuoco.
-Che c'è? Cerco di proteggere mia figlia.- si difese, ma a un'altra occhiata di Paola, si congedò con una scusa stupida.
Paola terminò la fasciatura e mi sorrise amorevolmente.
-Se hai bisogno di qualcosa, fammelo sapere, okay?
-Ti ringrazio, ma non ho bisogno di niente, solo di restare da solo.
-D'accordo.- rispose dandomi un affettuoso buffetto sulla testa.
-Aspetta.- la bloccai. -Io... vi chiedo scusa per aver definito i mezzosangue degli esseri immondi. Era una cosa che mi aveva detto mio padre e... voi non siete immondi, siete due genitori splendidi.- confessai un poco imbarazzato.
Paola mi si avvicinò e mi abbracciò dolcemente, come avrebbe fatto mia madre.
-Non sei solo in questa battaglia, ricordatelo.- sussurrò prima di lasciarmi nuovamente solo.
“Avrei tanto voluto che mio padre fosse più simile a voi.”



Neanche due ore dopo, qualcuno aveva stabilito che il mio campanello aveva un suono meraviglioso e che dovesse tenerlo premuto in continuazione. Mi avviai alla porta esasperato e dallo spioncino vidi che era Serena e non aveva intenzione di staccarsi dal campanello.
Mi preparai mentalmente a ferirla e a respingerla. Non avevo altra scelta o avrebbe continuato a cercare un contatto con me per i giorni a venire. Aprii la porta e la guardai irritato.
-Che cosa vuoi?- domandai gelido.
Mi spinse in casa e richiuse la porta dietro di sé.
-Che cosa diavolo ti sta succedendo? Mi stai evitando come la peste, non rispondi alle mie chiamate e all'improvviso sei diventato freddo.- disse con voce acuta che trovai adorabile, ma non potevo farmi intenerire.
-Non sono affari che ti riguardano e ora vorrei starmene da solo, se non ti dispiace.- risposi con disprezzo.
-Non capisco... perché ti stai comportando in questo modo?
-Vuoi lasciarmi in pace?! Non riesci a non impicciarti nella mia vita per cinque minuti?!- urlai rabbioso.
Vidi che l'avevo spaventata, ma soprattutto ferita. Quello sguardo mi fece molto male, ma non dovevo indietreggiare di un solo passo. Se avessi cercato di consolarla, non avrebbe fatto altro che cercare di avvicinarsi a me e sarebbe stata in pericolo.
-Sono preoccupata... ti vedo tornare con lividi e fasciature nuove e... ho paura. Ho paura per te.- disse con gli occhi lucidi.
Quelle lacrime mi fecero tentennare, ma ricordai a me stesso che dovevo salvarla e che ogni cosa che amavo riuscivo a distruggerla. L'esempio lampante era stato mia madre e non potevo permettere che accadesse lo stesso anche a lei.
-Ripeto: non sono affari che ti riguardano. Voglio che mi lasci in pace.- dissi duramente.
La caricai sulle spalle, pentendomene immantinente perché una scossa di dolore mi mozzò il fiato.
-Che cosa stai facendo? Lasciami!
Aprii la porta con la mano libera e la portai di peso fuori di casa. Non mi girai nemmeno per chiudere la porta, per non rischiare di vedere il suo sguardo deluso e ferito per colpa mia. Non ce l'avrei fatta a reggere un altro dei suoi sguardi.
Mi sedetti sul divano tremante di rabbia verso me stesso e verso i miei parenti. La sete di potere aveva solo allontanato da me la donna che amavo. Aveva ragione Dimitri: il potere, se nelle mani sbagliate, non faceva altro che portare terribili conseguenze.

Erano passate due settimane da quando Serena era entrata in casa mia con la forza e da allora non aveva più provato a entrare in contatto con me. Mi stavo preparando per la serata di gala che si sarebbe tenuta al castello Von Ziegler, che aveva lo scopo di riappacificare le nostre famiglie.
Alla riunione Von Ziegler-Vidrean, i Von Ziegler avevano mostrato a tutti il loro disappunto sul nostro matrimonio e tutte e tre le nostre famiglie si erano infervorate molto.
L'idea di rivedere la mia principessa mi metteva una strana agitazione addosso, ma dovevo cercare di dimostrarmi freddo e distaccato come avevo fatto per tutto quel tempo. Ovviamente, prima dell'inizio della serata, i miei parenti avevano nuovamente cercato di convincermi a distruggere la mia principessa ed ero molto in ritardo.
Mi sistemai la cravatta e mi affrettai ad andare nella sala dei ricevimenti, dove vidi Serena chiacchierare con i sovrani del clan magrebino. Tutti e tre si stavano guardando intorno, come se stessero cercando qualcuno, e mi affrettai a raggiungerli. Toccai delicatamente la schiena di Serena e brividi mi percorsero tutto il corpo.
-Eccoti qua. Scusate il ritardo, ma sono stato trattenuto dalla mia famiglia.
Serena si girò e cercò con tutte le sue forze di avere uno sguardo neutro, ma sapevo che era preoccupata per il livido sullo zigomo destro, il labbro spaccato e per le fasciature che si intravedevano da sotto il completo.
-Cosa vi è successo? State bene?- domandò Youssra preoccupata.
-Solo una caduta da cavallo, non preoccupatevi.- risposi sorridendo.
Terminato di salutare i sovrani del clan magrebino, condussi Serena a salutare svariate persone. Nel suo sguardo avevo intuito che voleva sapere cosa mi fosse successo, ma l'avrei impedito tenendola impegnata con gli ospiti.
Stavo per dirigermi verso i sovrani del clan spagnolo, ma Serena mi bloccò per un braccio.
-Avrei bisogno di parlarti.
-Non possiamo. Dobbiamo prenderci cura degli ospiti.- risposi senza guardarla in viso.
-Possono badare a se stessi per dieci minuti. Sono bicentenari e vaccinati e io ho bisogno di parlarti. Adesso.- disse con decisione.
Le riservai uno sguardo cupo, come a intimarla di non fare ciò che aveva in mente, ma era così decisa che mi convinse. Mi diressi sulla balconata e poggiai le braccia al parapetto di pietra, osservando il paesaggio che si stendeva di fronte a noi.
-Che cos'hai da dirmi di così urgente?- domandai seccamente.
La sentii avvicinarsi lentamente, continuando a osservarmi intensamente.
-I tuoi parenti ti hanno punito di nuovo. Non sei caduto da cavallo, vero?
-Ti ho detto di non immischiarti in questa faccenda.
-Non posso.
-Perché devi per forza intrometterti in cose che non ti riguardano?- sbottai girandomi verso di lei. -Perché devi essere così insistente e impicciona? Smettila di assillarmi e lasciami in pace.
Perché continuava a voler sapere cosa mi stava succedendo? Perché continuava così pericolosamente ad avvicinarsi a me? Stavo cercando di salvarla e lei non faceva altro che andare in contro al pericolo. Dovevo spaventarla, come avevo fatto alla sua prima riunione del Consiglio. Non c'era altra maniera.
-Sono preoccupata per te, lo capisci? Ho paura che ti possa succedere qualcosa e...
“Lei ha paura che possa succedermi qualcosa quanto è lei a essere in pericolo?” pensai e scoppiai a ridere amaramente.
-Non dire stupidaggini. Saresti solo contenta se mi succedesse qualcosa, perché così non saresti più obbligata a sposarmi.- mentii.
-Questo non è vero.- rispose scioccata e ferita.
-Ah, no? Sposeresti davvero un Lovinescu sanguinario e spietato? Sposeresti un mostro egoista e assetato di sangue come me? Sposeresti qualcuno che potrebbe ucciderti nel letto che condividerete?- le chiesi.
Le feci paura, molta, ma dovevo continuare.
-Rispondimi!- ordinai prendendola per le spalle.
-Stefan, mi stai facendo male.- pigolò terrorizzata.
-Lo faresti? Eh?
-Smettila.- disse cercando di liberarsi dalla mia presa.
-Potrei ucciderti seduta stante e farlo passare per un tragico incidente, se solo volessi. Sposeresti davvero un essere che pensa questo genere di cose?
-Lasciami!- urlò spingendomi via con tutte le sue forze.
In quel momento mi accorsi che stava piangendo e non avrei mai creduto che ci sarei mai riuscito. Vederla in quello stato mi fece sentire tremendamente in colpa. Non volevo arrivare a quel punto, non volevo vederla così terrorizzata.
Allungai una mano verso di lei, ma indietreggiò velocemente.
-Serena...
Si asciugò velocemente la lacrime e tornò nella sala dei ricevimenti, ignorando tutto e tutti. Uscì a passo di carica e io la seguii, dicendo a Wilhelm di dire agli ospiti che si era sentita male e che l'avrei raggiunta per vedere come stava.
Arrivato davanti alla porta di camera sua, esitai. Se l'avessi consolata, si sarebbe riavvicinata a me. Dovevo inventarmi qualcosa.
Bussai alla porta e Serena mi mandò al diavolo in modo molto scurrile, ma in quel momento non mi fece storcere il naso. Aprii comunque la porta ed entrai cautamente in camera sua.
-Vattene! Se non te ne vai, giuro che chiamo le guardie.- affermò stringendo il ventaglio di sua madre, probabilmente per trovare la forza.
-Lo faresti?- chiesi infilando le mani nelle tasche dei pantaloni. -Non ti biasimerei se lo facessi.
Chiusi delicatamente la porta e sciolsi la cravatta, avvicinandomi lentamente a lei.
-Ho detto agli ospiti che ti eri sentita mancare e che ti avrei raggiunta per assicurarmi che stessi bene.- aggiunsi.
-E chi se ne frega! Vattene!- ringhiò.
-Senti, mi dispiace. Mi sono comportato...
-Ti sei comportato da stronzo! Ma stai tranquillo, non mi intrometterò mai più nella tua vita. Non ti chiederò mai più niente e non mi preoccuperò mai più per uno stronzo come te!
Alla fine ero sempre stato solo quello: uno stronzo. Lo ero davvero. Prima non avevo pensato ad altro che al potere che il matrimonio con Serena avrebbe portato con sé, dopo ero stato così ingenuo da pensare che mio padre e i membri più anziani dei Lovinescu avrebbero rispettato il patto e in seguito l'avevo ferita per cercare di allontanarla da me. Quella parola così volgare mi calzava perfettamente a pennello. Ero uno stronzo.
-Mi dispiace. Ti prometto che un avvenimento come quello di questa sera non si ripeterà più. Per evitare che ciò avvenga, consiglio di non vederci per un po' di tempo.
La vidi sbarrare gli occhi dalla sorpresa.
-Cosa?- sussurrò.
-In questo momento ho bisogno di restare solo con i miei pensieri, mentre tu non hai bisogno di ulteriori preoccupazioni. Devi pensare al tuo regno e a diventare una regina degna dei tuoi genitori, quindi credo che questa sia la decisione più saggia per tutti e due.
Parte del mio piano era andato in fumo, ma avrei trovato ogni modo per impedire il nostro matrimonio, anche se avessi dovuto bruciare tutte le copie del patto esistenti sulla terra.
In quel momento la mia principessa non faceva altro che guardarmi smarrita e incredula.
-Ci rivedremo ai ricevimenti e agli incontri ufficiali. Per il momento è la soluzione migliore. Ti chiedo scusa per il comportamento avuto poc'anzi. Buonanotte, principessa.- aggiunsi.
Feci un breve inchino e mi congedai. Quello era il mio addio ufficiale, o almeno così credevo.

Quei due mesi si erano susseguiti monotoni. La lontananza da Serena mi uccideva e l'unica consolazione era Dimitri. Riusciva a farmi restare sano di mente, a incoraggiarmi con i miei parenti e a spronarmi ad andare avanti per la strada che mi ero prefissato.
-Ho chiesto informazioni a Erica.- iniziò Dimitri.
Erica era andata a fare la spesa e potevamo parlare in tutta tranquillità.
-Ieri Erica mi ha fatto qualche domanda sul tuo comportamento così anomalo con Serena. Ho detto che c'erano battibecchi con i tuoi parenti e lei ha affermato di sapere ciò che sta succedendo nella tua famiglia. A quel punto le ho chiesto qualcosa di Serena. “E' astuta e ha molte carte da giocare” ha risposto Erica, ma non è andata nei dettagli. Dallo sguardo che aveva, ho intuito che Serena ha molte qualità nascoste di cui nemmeno tu sei a conoscenza. Forse avrebbe la forza e la grinta di sopravvivere ai tuoi parenti.
Era la prima volta che Dimitri mi contraddiceva su quella faccenda, ma si stava sbagliando di grosso. Non riuscivo a immaginare la mia principessa con un paletto in mano che trapassava da parte a parte tutti i miei parenti. Non sarebbe sopravvissuta, nemmeno se ci fossi stato io a proteggerla.
-No, devo allontanarla.- risposi lapidario. -Ora devo tornare a Torino e prepararmi per l'incontro di domani.
-Lucian e gli altri vogliono di nuovo incontrarti?- domandò cupo.
-Non è una novità ormai. Andrò lì, mi diranno di uccidere Serena, mi opporrò e inizieranno a punirmi per tre o quattro ore. Il solito.- risposi facendo spallucce, come se tutta quella faccenda fosse normale.

Il giorno dopo ero a Aosta e li stavo aspettando, ma erano in ritardo di quattro ore. Mi stavo spazientendo e stavo decidendo se andarmene o meno, quando sentii un paio di macchine avvicinarsi al cottage.
Il primo a entrare in casa fu Lucian, seguito da tutti i miei parenti più anziani. Riservai loro uno sguardo colmo di sfida e strafottenza.
-L'ordine è sempre lo stesso, Stefan. A te la scelta.- disse Lucian, giocando col manico di una lancia rotta.
La conoscevo alla perfezione e fui sorpreso di vedere che Lucian l'aveva portata con sé quella volta.
-E la mia risposta rimane la stessa: non ucciderò la principessa.- risposti duramente.
-Molto bene.
Lucian fece un cenno col capo e Octavian e Horatiu mi tennero fermo. Iniziò a malmenarmi col bastone e continuò a prendermi a calci anche quando le ginocchia mi cedettero. Quando fu stanco, fu il turno di Florian di punirmi e dopo vennero tutti gli altri, ma non vidi l'ordine in cui susseguirono perché Florian mi aveva ferito alla testa e il sangue mi era entrato negli occhi, offuscandomi la vista.
Furono ore molto dure, ma non detti mai loro la soddisfazione di strapparmi un singolo lamento. Tenni stoicamente tutto il dolore per me. Mi lasciarono in mezzo al salotto messo a soqquadro, sanguinante e dolorante.
-Rifletti bene. Domani vogliamo ricevere una tua chiamata nella quale ci dai una risposta diversa dalle altre.- affermò Lucian.
Uscirono di casa e mi lasciarono solo. Mi rimisi in piedi e a tentoni raggiunsi il lavabo della cucina, per togliermi finalmente il sangue dagli occhi. Quando ebbi terminato, arrancai al piano di sopra e salii in mansarda, che mi ero premurato di aprire prima che arrivassero. Quel posto riusciva a calmarmi perché non sentivo niente, né il rumore della città né quelli della foresta.
Mi accasciai in un angolo, dietro a degli scatoloni e attesi che il dolore diminuisse prima di rimettermi in viaggio per Torino.
Sentii dei rumori al pian terreno, ma supposi che fosse uno dei miei parenti. Probabilmente aveva dimenticato il soprabito o gli era scivolato dalle tasche il portafoglio ed era venuto a riprenderselo. Feci dei respiri profondi, constatando che almeno quella volta non mi avessero incrinato alcuna costa e ne fui felice.
-Stefan!
Sbarrai gli occhi incredulo. Era davvero lei? Era lì per me?
Alzai lo sguardo e vidi Serena che in una mano teneva il telefono per illuminare l'ambiente e nell'altra il paletto. Li buttò entrambi a terra e si precipitò verso di me, cadendo sulle ginocchia e stringendomi il più delicatamente possibile. Iniziò a piangere come non l'avevo mai vista, ma era un pianto liberatorio, diverso da quello che avevo visto l'ultima volta.
-Credevo fossi morto! Ho visto tutto quel sangue e...
Un singhiozzo le fece interrompere la frase a metà e non riuscì più a parlare per un po'.
-Non devi piangere. Non devi.- dissi con voce roca.
Serena poggiò la guancia sulla mia testa, avvolgendomi tra le sue braccia dolcemente. Con la testa poggiata al suo petto, sentivo chiaramente il battito del suo cuore accelerato e pensai che fosse la musica più bella di questo mondo.
Mi era mancato tutto di lei. La morbidezza della sua pelle, il suo inebriante profumo che mi faceva perdere la ragione, il battito del suo cuore, la sua risata cristallina e la sua melodiosa voce, che diventava acuta quando era agitata. Mi mancava vedere le sue gote arrossate per un mio complimento o commento pungente, mi mancava vederla aggrottare le sopracciglia e arricciare il naso con disappunto. Mi mancava lei.
Non volevo più vederla piangere, così cercai di fare una battuta.
-Hai anche portato un paletto.
-Nel caso fossero stati ancora qui.- rispose baciandomi la fronte con dolcezza.
Nessuno poteva sapere quanto avessi desiderato ricevere un gesto simile e tutti miei propositi sull'allontanarla andarono in fumo. Ero egoista, ma volevo che lei fosse accanto a me e che non mi lasciasse mai. Quel semplice e casto bacio avevano mandato in fumo mesi di lavoro e sacrifici.
-Perché ti fanno questo?- chiese continuando a singhiozzare.
Le asciugai le lacrime e le accarezzai la guancia. Potevo dirle ogni cosa? Mi avrebbe creduto se le avessi rivelato i piani dei miei parenti?
-Tu non devi preoccuparti, okay?- le risposi con dolcezza.
-Come faccio? Giuro che se ti riducono di nuovo così, li ammazzo con le mie mani.- affermò con un tono talmente pieno di rabbia che mi fece quasi paura.
Non l'avevo mai sentita così furiosa come in quel momento e per un breve istante pensai che sarebbe potuta sopravvivere ai miei parenti, anzi che sarebbe stata proprio lei a ucciderli, ma durò poco. Lei era dolce, non spietata come me. Sarebbe stato come buttare un cucciolo di cane in una vasca di squali bianchi.
-Non metterti in mezzo, ti prego.- la supplicai.
-Neanche tu mi fermerai questa volta.
-Serena...
Ci guardammo a lungo con intensità e in quel momento capii che lei poteva sopravvivere. Avrebbe capito, sarebbe stata in grado di resistere alla furia dei miei parenti ed era in grado di regnare. Lei non era una ragazzetta, né una donna qualunque, ma una regina.
-Vieni di sotto. Dobbiamo medicarti.- disse asciugandosi le lacrime e regolarizzando il respiro.
Mi aiutò ad alzarmi e cercai di trattenere i gemiti di dolore. Quella volta si erano accaniti sulle gambe e sulle ginocchia, ma non erano rotte o sarei caduto a terra come un sacco di patate.
Mi fece sedere sul divano, preparò tutto l'occorrente e iniziò a medicarmi con delicatezza. Volevo dirle tutto in quel preciso istante, dal piano dei miei parenti al mio amore per lei. Non volevo più avere segreti con lei, ma avrei aspettato il giorno seguente per farla calmare. Era ancora troppo scossa per riuscire a sopportare anche quella scoperta.
-Hai davvero pianto per me.- constatai, senza l'intenzione di canzonarla.
-Ero preoccupata.- borbottò imbarazzata. -Non fissarmi in quel modo.
-Perché?
-Perché mi metti ansia.
-Sei bellissima.- risposi lasciandola senza parole.
Le accarezzai dolcemente una guancia e la sentii rabbrividire sotto il mio tocco. Mi avvicinai lentamente, sperando che non mi respingesse, ma nei suoi occhi mi sembrò di vedere desiderio.
-Togliti la camicia.- balbetto spiazzandomi.
Alzai le sopracciglia dalla sorpresa. Voleva davvero andare dritta al sodo?
-Devo controllare che tu non abbia ossa rotte e hai la camicia completamente imbrattata di sangue.- si affrettò ad aggiungere, col viso rosso per l'imbarazzo.
Feci come mi disse, sorridendole malizioso e divertito. Mi tastò il costato delicatamente, con mano incerta, e quando constatò che non avevo niente di rotto, spalmò la crema sui lividi e mi ripulì ben bene dal sangue.
-Ho finito. Vado a prenderti una camicia pulita e ti consiglio di bere un po' di sangue.- disse velocemente con voce acuta e allontanandosi altrettanto velocemente.
“Sei stupido. Le piaci!” pensai sorridendo. Ora capivo perché si ostinava a starmi vicino e perché era lì con me, nonostante le avessi detto di starmi alla larga.
Mi sedetti al piano, iniziando a suonare senza troppo interesse. Cercavo di trovare le parole per dirle del piano senza che si facesse un'idea sbagliata, ma non ne trovai. Ero a corto di parole.
Si avvicinò e mi passò la camicia pulita. Le sorrisi per ringraziarla e indossata, iniziai a suonare “Sonata al chiaro di luna”, che sapevo piacerle molto. Si sedette accanto a me e iniziammo a suonare insieme, sfiorandoci le dita a vicenda.
In quel momento c'eravamo solo noi due. Non c'era il patto, non c'erano le nostre famiglie in costante guerra e non c'erano nemmeno i doveri. Solo io e la mia principessa.
Le posai una mano sulla guancia e mi avvicinai a lei lentamente, senza smettere di guardarla negli occhi.
-Serena.- sussurrai sfiorandole le labbra con le mie e attendendo un suo segnale di consenso o dissenso.
-Stefan...- sussurrò a sua volta con gli occhi che ardevano di desiderio.
Posai le labbra sulle sue ed erano molto più morbide di quanto avessi immaginato. Approfondimmo il bacio e la strinsi forte a me. Avevo desiderato quel momento da quando avevo capito di amarla, da quando ne ero stato completamente rapito.
Ignorai completamente le ferite e la presi in braccio e, senza smettere di baciarla, la portai in camera da letto. Non riuscivo a fare a meno di baciarla, era come se ne valesse la mia stessa vita. Non riuscivo a saziarmi dei suoi baci, della sua pelle sotto le mie dita e di lei.
Ci baciammo e ci accarezzammo a lungo e la mia camicia finì sul pavimento. Forse stavamo correndo un po' troppo. Forse...
Mi staccai un poco da lei, notando che entrambi avevamo il fiato corto. I miei canini erano usciti completamente dalle gengive e non ne volevano sapere di rientrare. I suoi occhi erano desiderosi e febbricitanti. Le gote e le labbra arrossate.
-Dovremmo aspettare la prima notte di nozze, credo.- dissi titubante.
Non ce l'avrei fatta ad aspettare, ma se era quello che la mia principessa desiderava, l'avrei fatto.
-Non sono tipo da tradizioni.- rispose facendomi ridere.
-Non pensavo che avrei mai detto questa frase a qualcuno, ma... ti amo Serena. Ti ho amata da quando ti ho visto scendere la scalinata del castello Von Ziegler, alla sera della tua presentazione.- confessai col cuore che batteva veloce.
-Non pensavo di dirlo a te, ma ti amo anche io. L'ho capito solo adesso, quando ho creduto che ti fosse successo qualcosa. L'ho accettato solo adesso.- rispose e pensai che il cuore potesse scoppiarmi di felicità.
Per la prima volta in vita mia mi sentii leggero come una nuvola, senza pensieri e preoccupazioni. Pensavo soltanto a noi due.
La baciai con dolcezza e con piccoli baci, scesi sul collo, dove il sangue pulsava forte. Non avevo mai morso nessuno, anche perché era un atto che si faceva solo col proprio coniuge. Stavamo infrangendo le regole in quel momento, ma nessuno l'avrebbe saputo.
-Se vuoi che mi fermi adesso, dimmelo. Questo è per sempre.- la avvertii.
Non volevo che poi si pentisse di quel gesto e volevo metterla in guardia, ma la sua risposta mi fece nuovamente felice.
-Sono sicura.- disse accarezzandomi la testa.
Sorrisi e la sentii rabbrividire e quando affondai i denti nel suo collo, mi strinse più forte a sé. Il suo sangue inondò la mia bocca e giurai che, dopo il nostro matrimonio, non avrei mai più bevuto sangue altrui. Il suo sangue sembrava ambrosia e ne volevo ancora e ancora, ma dovetti staccarmi molto presto per non dissanguarla.
Ripresi a baciarla con passione e per la prima volta in vita mia, quella notte, che fu la seconda notte più bella della mia vita, feci l'amore con una donna. Con la mia principessa.
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale > Vampiri / Vai alla pagina dell'autore: Arsax