17
Un frammento di ciò che fu
Bahar e Morad l'aspettavano
già con un piede fuori dalla porta, entrambi smaniosi di
uscire. Nemeria era passata in camera a salutare Batuffolo e poi si era
fiondata giù dalle scale quanto più in fretta
possibile. Con la clamide sulle spalle e il cappuccio calcato in testa,
si sentiva un po' come la bambina di quella fiaba che andava a trovare
la nonna con un cestello pieno di cibo.
“Io però non mi sarei fatta mangiare dal
lupo.”
- Non ci hai messo così tanto. - sorrise Bahar.
- Ho fame, ecco perché. -
Morad scoppiò a ridere così forte da far
sussultare Nemeria.
- Beata gioventù! - le diede una pacca sulla spalla e le
fece cenno di seguirlo, - Tyrron mi ha raccomandato di farti mangiare,
ma non credo che dovrò controllarti più di tanto
sotto questo aspetto. Dai, andiamo, ti porto in un bel posto. -
Le strade di Kalaspirit erano congestionate a quell'ora. Alla luce
pallida del sole, le persone sembravano fantasmi imbacuccati o anime
alla deriva nell'opalescente foschia della mattina. Una donna con un
bambino attendeva il suo turno per prendere l'acqua da un pozzo, mentre
gli apprendisti delle varie botteghe dondolavano sotto il peso di
grossi sacchi ingombranti.
- Vieni, è lì. -
Morad si diresse a passo spedito verso un negozio con la tenda bianca
non ancora distesa. Non aveva chissà che bell'aspetto, non
c'erano scritte che lo identificassero, solo qualche cartello con i
prezzi sbiaditi. Nemeria era più che certa che se fosse
stata lì da sola, sarebbe passata oltre senza fermarsi.
Li accolse una ragazza giovane, con i capelli crespi che sbucavano da
sotto il fazzoletto che aveva in testa a mo' di criniera. Aveva le mani
grandi e i muscoli guizzavano sotto la pelle lucida.
- Morad, buongiorno. -
- Buongiorno a te, Branka. Tua madre come sta? Si è ripresa
da quella brutta tosse? -
- Sta meglio, sì. Già stamattina voleva tornare
al lavoro, ho dovuto supplicarla di rimanere a letto almeno un altro
giorno. - disse Branka e si pulì le mani sul vestito,
stampandosi il profilo farinoso delle mani sulle cosce, - Se vuoi, oggi
ho fatto anche la lenja pita. -
L'uomo ci rifletté un attimo e poi scosse la testa: - Non
dovrei, anche perché sono venuto per prendere la colazione a
questo scricciolino qui. -
Branka corrugò le sopracciglia: - Per essere tuo figlio, non
ti somiglia granché. -
“Sono una ragazza!” urlò nella propria
mente Nemeria e glielo avrebbe anche sbattuto in faccia se la grassa
risata di Morad non l'avesse sorpresa.
- Non lo è, infatti, è una delle gladiatrici del
mio padrone. -
La donna si allungò oltre il bancone, studiandola perplessa
da capo a piedi.
- Con quei capelli e le gambe e le braccia così magre,
sembra un ragazzino. - commentò alla fine.
- Lo dice anche il mio padrone, ma tanto finché non
combatterà nell'arena a nessuno importerà di
sapere se è una donna o un uomo. - Morad prese i soldi dalla
scarsella e poggiò un paio di monete di bronzo sul bancone,
- Allora, dammi un po' di gibanica e della pita al formaggio e spinaci.
-
- Potresti farle assaggiare la lenja pita. - buttò
lì Bahar.
- Non sarebbe l'ideale per la sua alimentazione. -
- È una bambina ancora, saprà come utilizzare
queste energie. - Branka prese un panetto di pasta sfoglia con in mezzo
della marmellata e lo mise in mano a Nemeria, - Metti su un po' di sana
carne, piccola, così quando sarai libera potrai trovarti un
marito e sistemarti per tutta la vita. -
Nemeria annuì poco convinta, ma accettò comunque
l'offerta. Il profumo delle amarene le faceva venire l'acquolina in
bocca e lo zucchero le si attaccava alle dita e le impiastricciava i
polpastrelli. Morad sospirò con un mezzo sorriso, mentre la
osservava mangiare il dolce. C'era così tanta marmellata che
era più la composta che le sporcava le labbra che quella che
le finiva davvero in bocca.
- Tieni pure il resto, ci vediamo domani. - disse poi Morad rivolto
alla ragazza.
- Domani faccio i Buzda badem, te lo ricordi? -
- Spero tu abbia anche il raki, allora. -
Branka scosse la testa: - Sempre il solito. Vedrò se mia
madre ne ha ancora, sennò dovrai accontentarti di andarlo a
comprare. -
- E speriamo di no, il sapore delle mandorle non è lo stesso
se non posso godermi quelle fatte in casa. -
- Andiamo, altrimenti ci perdiamo i primi spettacoli. - lo
esortò Bahar.
Morad sistemò tutto quello che aveva comprato nel tascapane
con uno sbuffo.
- Ah, voi donne... mai viste creature selvatiche più noiose.
-
Branka levò gli occhi al cielo, ma non commentò.
Bahar attese che fosse lui il primo a uscire e lo seguì, con
Nemeria a due passi. Cercava di rimanere seria, ma le veniva difficile
ignorare il sorriso che le arricciava le labbra.
- Secondo me, facciamo in tempo a fare colazione con calma. -
rifletté ad alta voce Morad, - Tanto la fila non la
facciamo. -
- Il padrone non è con noi, però. -
replicò Bahar.
- Tyrron non c'è? - indagò Nemeria.
Entrambi si girarono a guardarla, come se si fossero ricordati solo ora
della sua presenza. Nemeria smise di leccarsi le dita quasi subito,
affrettandosi a pulirsi la mani sulla tunica.
- Mi... mi avevi detto che l'invito veniva da lui. - aggiunse titubante.
- È vero, solo che l'affare di stamattina non sa se
riuscirà a concluderlo in tempo per venire. -
Morad prese la pita con formaggio e spinaci e gliela mise in mano.
Aveva l'aspetto di una fetta di torta di pasta frolla, ma era
morbidissima e sprigionava un profumo di pane caldo appena sfornato.
- Quindi saremo da soli, almeno per questa volta. - aggiunse Bahar.
- Ed è per questo che costei continua a fare pressioni per
muoverci. -
Nemeria seguì il battibecco con finto interesse, mentre con
gli occhi sorvegliava la zona circostante. Com'era accaduto la prima
volta che era uscita dalla Scuola, non aveva avuto l'impressione di
essere pedinata. Sebbene sapesse, in un modo istintivo e irrazionale,
che non si era liberata del suo inseguitore, che era lì,
appostato chissà dove, si sforzava di rimanere lucida. Era
una lotta contro la paura che le attanagliava la gola e le soggiogava
il cuore, asserragliandolo dietro le sue sbarre di ghiaccio.
Batté il piede destro al ritmo della cavalcata del suo
respiro convulso.
- Nemeria? -
La bambina puntò lo sguardo su Bahar, che la fissava col
capo inclinato e l'aria di chi attende una risposta da tempo.
- Stai ancora dormendo? - chiese Morad.
- Sì... sì, sono ancora assonnata. -
mentì e, per essere convincente, si stropicciò
gli occhi, - Non mi piace alzarmi presto. -
- È questione di abitudine. Devi solo prendere il ritmo e
poi riuscirai anche ad alzarti prima del canto del gallo. -
- Per te è stato così? -
- Mio padre mi buttava giù dal letto prima che il sole
sorgesse, non penso di essermi mai svegliato dopo l'alba nemmeno quando
lui è morto. -
Nemeria piluccò il pezzo di pita rimasta, masticando i
bocconi lentamente nella vana speranza che la crosta dorata svanisse da
sé.
- La devi finire tutta, è inutile che la guardi come se
fosse un ragno. - le sorrise Morad, - Tyrron è stato
inamovibile su questo. -
- Non mangio così tanto, di solito... -
- I dolci non ve li danno a Scuola, no? - intervenne Bahar.
Nemeria scosse la testa.
- Perché in teoria non dovreste proprio toccarli. Siete
degli atleti, certi cibi non dovreste nemmeno sognarli. -
sottolineò serio Morad, - Dai, cominciamo ad avviarci: Bahar
smania per vedere il circo. -
Nemeria si infilò tra loro due e ignorò
l'occhiata stranita della ragazza. Da lì poteva controllare
la strada e aveva una copertura da ambedue i fianchi. Bahar poteva
offrirle la sua ombra per nascondersi, così come Morad, che
inoltre portava al fianco la sua spada d'oricalco. Era una sicurezza
traballante e inferma quella che tentava di aprire la serratura della
paura, con le mani tremanti di un vecchio e la debolezza di un malato.
“Non ti ha attaccato la volta scorsa, non lo farà
ora.”
Strinse la pietra di luna e trasse un lieve respiro. Il calore era
tenue, la fiamma di un fiammifero tra le dita contro il temporale che
le atterriva l'anima.
- Non dovevamo vedere lo spettacolo dei gladiatori? - spinse fuori le
ultime parole con meno sforzo di quanto immaginasse.
- C'è un circo itinerante in città. Almeno tre
volte a settimana si esibisce prima dei combattimenti. -
sbuffò contrariato Morad, - Vai tu a capire cosa ci trova il
popolo a vedere uomini che saltellano come grilli e bestie ammaestrate
da dei buffoni. -
- A te non piace? -
- Non ci trovo un senso. Vedere tutti quegli animali in gabbia, con
collarini e fiocchetti solo per far divertire il pubblico a colpi di
frusta... - lasciò la frase in sospeso, ma la sua
espressione parlava da sé, - Quando ero un cacciatore,
uccidevo solo gli animali che mi servivano per sopravvivere. Ridurre un
orso o un elefante a un pagliaccio da circo solo per strappare una
risata a qualche donnetta, è quanto di più
irrispettoso e squallido ci possa essere. -
Nemeria concordava. La sua mente le ripropose di nuovo i due leopardi
delle nevi che si aggiravano nervosi per la gabbia, i loro occhi
svuotati di tutto, riflesso di mesi o, addirittura, anni di un
selvaggio e prostrato desiderio di libertà.
- Come sta Batuffolo? -
Il repentino cambio di argomento le tolse per un momento la terra da
sotto i piedi.
- Bene, sta... sta bene. -
- Adesso che è cucciolo dovresti educarlo, fargli capire
cosa può e cosa non può fare, altrimenti quando
sarà adulto non ti porterà altro che rogne. Non
è poi tanto diverso dall'addestrare un gatto,
però devi cominciare presto. -
Nemeria assentì, anche se non aveva la più
pallida idea di come fare. Per ora si era limitata a raccogliere gli
escrementi e a buttarli nella latrina. Quando era agli allenamenti con
Sayuri e tornava in camera, la trovava sempre pulita, con la sabbia
nella cassetta che fungeva da lettiera cambiata e nessun cattivo odore.
Si rendeva conto però che non poteva continuare
così.
- Se hai bisogno di una mano, ti posso aiutare. Ma prima Tyrron
dovrebbe parlare con aghà Koosha per avere il suo permesso.
Purtroppo è molto impegnato al momento, non penso si sia
dimenticato, ma dovrebbero discuterne al più presto. -
- Aghà Koosha sarebbe il capo? -
- Non lo definirei esattamente un capo. Si occupa della gestione della
Scuola e tenere a bada le diatribe tra i lanisti. Il regolamento lo
hanno redatto insieme, lui e Tyrron, e sebbene sia abbastanza
flessibile, aghà Koosha diventa molto intransigente quando
non lo si consulta per un cambiamento. -
- Tyrron potrebbe finire nei guai? -
Stavolta fu il turno di Bahar di rivolgerle un sorriso sbilenco: - No,
quello no. Il padrone se lo è lavorato bene. Feste, regali,
inviti a cene importanti... non gli ha fatto mancare nulla. Nei suoi
confronti, è stato più che generoso e anche
aghà Koosha ha sempre ricambiato. Solo non può
mettere troppo in mostra... l'amicizia che li lega. Non davanti agli
altri lanisti, quantomeno. -
- Quindi anche se sono amici, non possono mostrarlo in giro? - chiese
Nemeria.
- Se lo facesse, rischierebbe di perdere il posto e questo andrebbe a
discapito di entrambi. -
Nemeria comprese. Corruzione, la chiamavano la Anziane: quel desiderio
dei mortali d'inficiare la perfezione e la bellezza dell'ordine.
Così come non erano stati in grado di accettare che il dono
della magia elementale fosse patrimonio delle sole Jinian, allo stesso
modo, nella loro società, non erano capaci di rispettare le
loro stesse regole.
“Se però questo è l'unico
modo...”
Si morse la lingua, vergognandosi di se stessa.
- Perciò non ti crucciare, in qualche modo risolveremo. -
concluse Morad.
- Adesso pensa solo a goderti lo spettacolo. Anzi, gli spettacoli. -
chiocciò tutta contenta Bahar e Nemeria si
ritrovò ad assentire.
C'era più calca del solito davanti all'entrata dell'arena e,
rispetto alle volte precedenti, alla bambina saltò subito
all'occhio che c'erano anche molte più ragazze. Quelle della
sua età, nell'attesa, si divertivano a giocare tra di loro
con una palla di stoffa che era più in balia del vento che
dei loro calci, mentre quelle più grandi facevano capannello
tra di loro, conversando a bassa voce.
Bastò che vedessero Morad e le guardie li lasciarono passare
senza indugio. Si sedettero ai posti della volta precedente. Bahar si
sarebbe dovuta accomodare al posto che aveva occupato Tyrron, ma Morad
le fece cenno di mettersi dov'era lui.
- Ci vorrà un po'. Oggi c'è il pienone. -
commentò, passando lo sguardo sugli spalti.
Nemeria inghiottì l'ultimo pezzo di pita e quasi lo
sputò per quanto forte Morad le batté la mano
sulla schiena quando le andò di traverso.
- Se volevi ammazzarti, hai scelto il modo peggiore. -
- Non... non l'ho fatto apposta! -
- Tieni, bevi un po' d'acqua. - Bahar le porse la borraccia
già aperta.
- Fai piano, non ho intenzione di salvarti se provi a strozzarti di
nuovo. - la rimproverò Morad e Nemeria capì dal
suo sguardo che non era il caso di mettere alla prova la sua pazienza.
- Perché oggi ci sono così tante ragazze? -
Bahar si grattò la tempia, pensierosa: - Di solito, alle
donne non è consentito venire ad assistere agli spettacoli
dei gladiatori. Anche se secondo Heydar siamo tutti uguali,
è credenza del popolo che noi povere e leggiadre fanciulle
non siano in grado di assistere a tale violenza. -
A Nemeria faceva uno strano effetto sentir pronunciare il nome del
campione del dio del Sole con quella deferenza, come se fosse egli
stesso una divinità. Le era ancora più alieno
pensare che i mortali potessero venerare l'assassino che aveva
decretato la loro maledizione. Si tolse un pezzetto di pasta sfoglia
dai denti con l'unghia e incrociò le gambe.
- Per le figlie dei nobili è diverso, almeno sotto questo
punto di vista. - continuò Bahar, - Sarà che
questa compagnia circense ha riscosso un grande successo, ma oggi tutti
pare abbiano chiuso entrambi gli occhi. -
- Tu l'hai già vista? -
- No, ne ho solo sentito parlare. Sono davvero contenta che il padrone
mi abbia scelta per accompagnarti. - avvolse il ginocchio tra le dita
intrecciate e si mise la mano sulla fronte, - Dicono che i numeri dei
giocolieri siano mozzafiato, sembrano dei Dominatori per quanto sono
bravi. -
- E non lo sono? -
Morad scosse la testa: - Se così fosse, ora starebbero alla
Scuola ad allenarsi oppure tra i membri del Consorzio. Sai cosa
è? -
- Più o meno. È un gruppo che si occupa di far
studiare la magia alle persone più degne. -
- Allora sai qualcosa del mondo che ti circonda. -
Nemeria si imbronciò.
Al centro dell'arena stavano terminando gli ultimi preparativi. Il
palco rialzato troneggiava al centro, colorato con le tinte
più accese del rosso, del giallo e del verde. Sui
camminamenti, alcuni uomini stavano controllando che i grossi pali di
legno fossero ben fissati e che l'inclinazione fosse circa la stessa
per tutti. Dalla punta pendevano delle corde bianche, lunghe minimo
quattro braccia.
- Ma tra quanto cominciano? - si lamentò Bahar.
- Bah, prima cominciano, meglio... -
Lo stupore si diffuse tra gli spalti quando sei uomini mascherati si
lanciarono in piroette e salti sui camminamenti. Avevano dei vestiti
così sgargianti e vaporosi che, anche in mezzo al pubblico,
era impossibile non vederli. Erano sbucati dal nulla, accompagnati da
una musica allegra che scandiva le loro acrobazie a colpi di tamburo,
sistri e cembali. Bahar batteva le mani a ritmo, gli occhi spalancati
come la bocca, allo stesso modo Nemeria.
- Le maschere sono bellissime. - le mormorò senza fiato.
Come se l'avesse sentita, l'acrobata corse verso di lei e, quando stava
per travolgerla, si fermò e compì una capriola
all'indietro. Le piume del suo costume rotearono attorno al suo corpo
come una coda infuocata. Quando ricadde a terra, gli occhi verdi
nascosti dietro la maschera da uccello non indugiarono un istante su di
lei, prima che l'acrobata corresse via, scavalcasse il muro e si
infilasse tra i nobili e membri del Consorzio disorientati e stupiti.
Tra di loro correvano gli altri cinque, rubando cappelli, tirando fuori
monete o fiori o carte dagli stessi per poi scappare via, alla ricerca
della prossima vittima.
- Ho avuto paura che mi arrivasse addosso, a un certo punto. -
ridacchiò Bahar.
- Anche io. - ammise Nemeria, senza smettere di applaudire.
Le facevano male le mani, eppure non riusciva a fermarsi e i suoi occhi
rincorrevano gli acrobati nei loro numeri. Non si risparmiavano con
niente e nessuno, neppure le occhiatacce riservategli da coloro che non
apprezzavano i loro scherzi riuscivano a fermarli.
Un mormorio sorpreso fece tremolare l'aria quando i sei si buttarono al
di là del parapetto e atterrarono con una
fluidità felina. Corsero intorno al perimetro dell'arena, le
mani alzate verso il cielo e i nastri colorati, in tinta con le piume,
parevano avere vita propria durante le spaccate in aria.
- Nemeria, guarda! -
Bahar puntò il dito verso il palco con un sorriso estatico.
Un giocoliere con il viso pesantemente truccato e i capelli tirati
all'indietro, apparso in un turbine di lenzuola semi trasparenti, a
ritmo di musica stava facendo roteare due clave infuocate. Al suo
fianco una donna mulinava una catena in fiamme, muovendosi a passo di
danza, con i nastri azzurri che, come comete impazzite, serpeggiavano
attorno a lei in una coreografia frenetica. Alla melodia si era
aggiunto il suono grave e squillante delle tube, che scandivano il
ritmo degli acrobati assieme ai battiti del pubblico. Quando lo
spettacolo terminò, gli applausi scrosciarono da tutta
l'arena, compresa dalla tribuna del governatore.
- Sono bravissimi! - commentò entusiasta Nemeria.
- Macché, sono ben più che bravissimi. -
commentò Bahar, - Per tutti gli dei, guarda
lassù! -
Nemeria alzò lo sguardo e seguì la traiettoria
del suo dito fino a trovare il volto della donna che stava calando dal
cielo. Indossava degli abiti vaporosi, con diversi strati di veli che
si gonfiavano, catturando e trattenendo il vento che, improvvisamente,
spazzava la sabbia e sollevava la polvere. Una corona di piume blu le
adornava la testa e continuava con quelle che costituivano le immense
ali cobalto che catturavano la luce e la rifrangevano. Il trucco
attorno agli occhi era pesante, li allungava rendendoli simili a quelli
di un gatto, così come quello che le disegnava degli
arabeschi dorati attorno alla bocca e al collo, eppure Nemeria la
riconobbe subito: Pavona.
La musica cambiò, si abbassò fino a diventare un
accompagnamento di sottofondo, una melodia intessuta dalle note
delicate delle cetre e delle siringhe. Pavona fluttuava in aria
sostenuta dal nulla, pareva una divinità scesa in terra,
l'incarnazione stessa della Madre. Non appena cominciò a
cantare, il brusio che animava gli spalti ammutolì,
trasformato dapprima in un mormorio di stupore e poi in grida strozzate
quando i sei acrobati, quelli che erano corsi tra la folla, si
librarono in aria. Sulla voce di Pavona, danzavano verso o lontani da
lei, tuffandosi come delfini, con i drappi colorati che li avvolgevano
a ogni avvitamento o capriola, sirene e tritoni al comando della loro
bellissima e inarrivabile regina. Il vento era la guida e il sostegno
delle loro acrobazie; il vuoto il palcoscenico intangibile, vera sede
dello spettacolo.
- Non avevi detto che non c'erano Dominatori? -
Bahar scosse la testa e ci mise un po' a rispondere: - No, i membri del
Consorzio l'avrebbero riconosciuta. -
Non proseguì, ma Nemeria capì lo stesso quello
che avrebbe voluto dire.
- Ci sarà qualche trucco dietro. Funi, contrappesi, ganci,
ci sono mille modi per fare quell'effetto. - la rimbeccò
Morad, le braccia incrociate sul petto e lo stesso sguardo scettico.
- E quale sarebbe? -
- Non lo so, non mi sono mai interessato. Ma se esistono corde che
permettono quelle acrobazie, non vedo perché non potrebbero
esisterne alcune trasparenti. L'alchimia ha fatto passi da gigante
negli ultimi anni: molte cose che quando io avevo la vostra
età erano impossibili ora sono la normalità. Se
ci tenete tanto a saperlo, potreste andare a chiederglielo dopo lo
spettacolo. -
Nemeria si girò di scatto e lo scrutò con tanto
d'occhi, incredula quasi quanto Bahar.
- È inutile che mi guardi così. Tyrron vuole che
impari l'arte dello spettacolo. Per quanto io disapprovi il circo, il
loro mestiere lo sanno fare. -
Indicò la folla in delirio attorno a loro. Erano rimasti
tutti conquistati, rapiti dalla voce di Pavona e dai numeri degli
acrobati che orbitavano attorno a lei.
- Le guardie sanno chi sono. Se desideri parlare con la cantante o con
qualcuno di quei saltimbanchi, ben venga: almeno da questa esperienza
ci ricaverai qualcosa di utile. -
Nemeria annuì e tornò a guardare Pavona.
Circondata dagli acrobati, si godeva gli applausi del pubblico,
profondendosi in inchini e saluti. Quando si volse verso i loro spalti,
Nemeria percepì il suo sguardo su di sé: per
tutto quel tempo, da quando si erano incontrate, l'aveva aspettata.
Anche se Morad non le avesse dato il permesso di andarle a parlare,
avrebbe trovato un modo per andare da lei. Glielo doveva, ma
soprattutto aveva bisogno di dare un senso alla sensazione di
familiarità e malinconia che era legata a doppio filo con
Pavona.
Lo spettacolo proseguì fino a poco prima di
mezzodì. Sul palco si esibirono acrobati, contorsionisti,
equilibristi, in un susseguirsi di numeri mirabolanti da mozzare il
fiato. Bahar e tutti gli spettatori rimasero incantati dai loro giochi
di prestigio al limite dell'impossibile. Nemeria era ipnotizzata dai
funamboli e il cuore le balzava in gola ogniqualvolta si fermavano in
bilico sulla corda, con l'asta colorata che oscillava pericolosamente a
destra e a sinistra. Che fosse una recita ben architettata o una reale
difficoltà a mantenere l'equilibrio, il brivido che le
risaliva lungo la spina dorsale e le congelava il respiro era reale.
All'intervallo, quando l'arena si svuotò, Nemeria avrebbe
voluto correre subito a parlare con Pavona, ma Morad insistette
perché prima mettesse qualcosa sotto i denti.
- A quest'ora fa davvero molto caldo e tu sei un cumulo di ossicine che
cammina per strada. Se Tyrron sapesse che sei svenuta, mi scuoierebbe
vivo. - le disse, stroncando sul nascere qualsiasi sua obiezione.
Fuori c'erano diversi carretti che si contendevano i clienti, offrendo
i migliori dürüm. Il profumo della carne di tacchino
sulla griglia aveva pervaso l'aria e richiamava soprattutto i
più giovani, che sciamavano verso quello o quell'altro
venditore.
- Bahar, prendine tre da chi vuoi, noi ti aspettiamo lì. -
Morad indicò l'ombra di una casa, una striscia scura quasi a
ridosso della parete, - E fai in fretta, la pausa non dura a lungo. -
- Farò il possibile... -
- Più parli più la coda si allunga. Su, muoviti. -
Le mise in mano tre siglos e fece cenno a Nemeria di seguirlo. Col sole
a picco sopra la testa e la sola protezione della tettoia, il sudore le
inumidì presto la schiena e le ascelle.
- Piaciuto? -
- Sì, è stato... - aprì le braccia e
sorrise elettrizzata, - non so nemmeno come descriverlo. Non avevo mai
visto niente del genere in vita mia. -
- Tyrron ne sarà contento. Aveva insisto molto
affinché tu andassi, ma ha preferito aspettare che ti
ambientassi. Hai capito perché ti ho portata qui? -
Nemeria ci pensò un po' su. Cercò Bahar con lo
sguardo, ma c'era troppa calca e le venne difficile anche solo
individuarla.
- Anche io dovrò far divertire? -
- Esatto. Non è solo la vittoria a essere importante,
imprimitelo bene in testa. A pochi interessano le tecniche di lotta.
Per il popolo, tu stai solo agitando la spada. Magari lo starai facendo
con più grazia degli altri, ma a nessuno
interesserà quanto il tuo fendente sia pulito o il tuo
affondo rapido. - abbracciò con un cenno del capo tutta la
folla davanti a loro, - Se vuoi guadagnarti la libertà, devi
farti amare da loro. E quello che il popolo vuole è
divertirsi. Questo circo ha avuto successo perché
è spettacolare, grandioso e imprevedibile. Tu domini un
elemento raro e hai un aspetto ancora più strano: hai tutte
le carte in regola per farti amare. -
- Il loro amore comprerà la mia libertà. -
- Sì. Se speri di lasciarti l'arena alle spalle, un giorno,
il loro appoggio e il sostegno dei tuoi prestigiosi ammiratori
sarà il tuo lasciapassare per andartene. -
Bahar tornò con tre dürüm pieni fin quasi
a scoppiare. Nemeria lo addentò e tutto il formaggio
all'interno del rotolo le sgocciolò sui piedi, assieme ad
alcuni pezzi di verdura e tacchino. Non che le importasse
granché; l'unico suo dispiacere era che non poteva chinarsi
e rimettere il tutto dentro.
- Seguitemi. -
Morad si pulì le mani su un fazzoletto di stoffa e si
avviò a grandi passi verso l'arena. In un primo momento,
Nemeria credette che stessero per rientrare, poi però lo
vide girare a destra e sparire dietro il muro. Lei e Bahar dovettero
correre per recuperare terreno. Due guardie grosse e nerborute
sorvegliavano un'entrata anonima, una semplice porta di metallo
incassata nel muro altrimenti liscio.
- Non potete passare. Questo è un accesso riservato. -
Morad tirò fuori una catenella con l'effige di una lince con
le fauci spalancate. La testa era di ferro e gli occhi avevano un
riflesso bronzeo, come le rifiniture delle orecchie e della bocca.
La guardia aprì la bocca per dire qualcosa, ma il suo
compagno di intromise prima che potesse parlare.
- Scusatelo, ha appena preso servizio. Prego, entrate pure. -
Si spostarono all'unisono e l'uomo che aveva appena parlato
aprì la porta, per poi tornare al suo posto. Morad rimise a
posto la catenella e, come se nulla fosse accaduto, entrò.
“Per la Madre, quanto è conosciuto
Tyrron?”
- Il padrone ha una grande fama. Tutti i lanisti in realtà
sono molto conosciuti, ma Tyrron è il migliore. -
spiegò Bahar e le diede un buffetto sulla guancia, con le
labbra atteggiate in una smorfia da saputella che strappò un
risolino a Nemeria, - Affretta il passo, prima che Morad ci urli dietro
di muoverci. Quell'uomo sembra sempre si sia alzato con la luna storta.
-
Si inoltrarono in un corridoio che discendeva nella
semioscurità, appena rischiarata dalla luce opaca delle
lanterne. La pietra aveva preservato il fresco, intrappolandolo tra
quelle quattro mura come un tesoro prezioso. Morad le attendeva alla
fine di una ripida rampa di scale. Al suo fianco c'era un qazam con i
capelli verdi, gonfi e crespi. Era alto come un besajaun, ma aveva la
testa più grande, quasi sproporzionata rispetto al resto del
corpo. I baffi erano un esubero di peli neri in continuità
con quelli che uscivano a ciuffetti dal naso e copriva del tutto la
bocca.
- Lui è Dakshesh, il proprietario. Gli ho già
chiesto se puoi parlare con gli artisti della sua compagnia e mi ha
detto che puoi fare tutte le domande che vuoi. -
- Poi starà ai miei ragazzi vedere se rispondere o no. Vuoi
parlare con qualcuno in particolare, ragazzino? -
“Sono una ragazza! Ma è possibile che nessuno lo
capisca?”
Nemeria trasse un profondo e lento respiro per calmarsi.
- Vorrei parlare con Pavona. -
Dakshesh diede una gomitata scherzosa a Morad e i baffi tremolarono
sotto l'impeto della risata.
- Pavona! Vieni, c'è una tua ammiratrice qui! - la
chiamò.
Pavona emerse da una delle cabine degli spogliatoi quasi subito.
Nonostante si fosse tolta buona parte del trucco, rimaneva il nero del
kohl a sottolineare il profilo allungato degli occhi. Quando la vide,
un sorriso tremolò sulle sue labbra.
- Non possiamo trattenerci molto, lo spettacolo... -
cominciò Morad.
- Il tempo di bere qualcosa insieme c'è sempre. -
- Non posso lasciare la ragazz... -
- Andarsene da qui? E come potrebbe? Le guardie la fermerebbero
all'ingresso. - Dakshesh strinse il polso di Morad con l'aria seriosa
di chi la sa lunga, - Prendiamoci qualcosa. Non mi piace parlare di
affari senza un generoso bicchiere di vino. -
- Non vi dovete preoccupare. Qualora tentasse di scappare,
urlerò così forte da richiamare anche le guardie
del sultano in persona. - scherzò Pavona.
L'uomo indugiò e poi si strofinò il naso.
- Sappi che conosco tutte le entrate di questo posto. Se provi a
scappare, io ti troverò. - le disse e i suoi occhi
fiammeggiarono come rubini colpiti dal sole.
Come diceva Fakhri, esistevano due tipi di uomo: quelli che parlano per
dare aria alla bocca e quelli che prendono alla lettera quello che
dicono. Morad non poteva che rientrare in quest'ultima categoria.
- Io devo finirmi di togliere il trucco. Le è permesso
seguirmi nello spogliatoio? - domandò Pavona.
Morad annuì e poi si rivolse a Dakshesh.
- Sediamoci pure su quella panca lì. Bahar, seguimi. -
La ragazza scattò subito e lo affiancò, rimanendo
in piedi vicino alla panca. I due acrobati che erano rimasti a fissare
la scena si avviarono nelle cabine degli spogliatoi, di nuovo
concentrarti sulle loro incombenze.
- Vieni con me. - la invitò Pavona.
Aprì la porta e rimase sulla soglia finché
Nemeria non si decise a entrare. All'interno, la cabina era meno
piccola di quanto si aspettasse. Gli abiti dello spettacolo erano
appesi a un gancio al muro, mentre le ali erano state adagiate contro
la parete sul fondo. Pavona si sedette sulla panca e le porse uno
specchio con la cornice di legno intagliata in tralicci d'uva.
- Tienimelo dritto, per favore. -
Nemeria annuì e lo sollevò fino all'altezza del
suo viso. Rimase ipnotizzata da quanto fosse bella anche senza trucco,
anzi, era addirittura più affascinante: il rossetto rimasto
sulle labbra le rendeva più grandi e carnose di quanto
già non fossero e i capelli scompigliati, di un rosso
brunito, le conferivano un'aria selvaggia, fiera. Se la
libertà fosse stata una donna, avrebbe avuto il suo viso.
- Allora, cosa volevi chiedermi? -
Pavona tagliò il filo dei suoi pensieri. Aveva distolto lo
sguardo dallo specchio e ora stava guardando lei, con lo strofinaccio
umido e sporco appoggiato in grembo.
- Io... - iniziò e le parole naufragarono.
Aveva la sensazione di conoscerla, ma come poteva spiegarglielo senza
sembrare ridicola? Magari nemmeno si ricordava di cosa le aveva detto
quando si erano incontrate nel Quartiere del Legno...
Certo che me lo ricordo,
sciocchina.
Nemeria si impietrì e sgranò gli occhi. Quelli di
Pavona avevano assunto una sfumatura perlacea che aveva screziato la
pupilla di pagliuzze argentee.
- Tu... come fai? -
Perché sono
come te. Anch'io, un tempo, ero una Jinian.
- Ti vedo stupita, pensavo lo avessi capito. - commentò poi
Pavona ad alta voce.
Attenta a quello che
dici. Qui anche i muri hanno le orecchie, ma non
rimanere mai zitta. Non voglio che ti capiti nulla di male.
- No, no, io... non ci avevo pensato. - si risolse a dire Nemeria.
- Allora significa che sono anche più brava di quanto mi
aspettassi. -
Sciacquò lo straccio nel secchio ai suoi piedi e lo
strofinò sul collo con attenzione.
- Quanto ti sei esercitata prima di arrivare a questo livello? -
Prima di abbandonare la
tribù, avevo cominciato il Terzo
sentiero, quello dell'aria per me. Quando me ne sono andata, ero
già capace di comunicare telepaticamente, anche se su brevi
distanze.
- Ho imparato molto durante i miei viaggi. Ho osservato soprattutto
come lo facevano gli altri e poi ho cercato di rubare i loro trucchi. -
aggiunse.
- Parli degli altri artisti? -
Pavona le fece l'occhiolino: - Ovviamente. Per migliorarti, non
c'è niente di meglio se non imparare da chi ha
più segreti di te, ti pare? -
Nemeria non intuì subito a cosa si riferisse. Aveva la testa
sovraffollata di pensieri, provare a comporne uno e farlo emergere in
quel marasma era un'impresa ardua. Poi la risposta le
rimbombò in mente come un fulmine a ciel sereno.
“Stai parlando degli altri Dominatori.”
- Purtroppo la vita lontana da casa è dura, bisogna imparare
a sopravvivere con quel che si può. - le confermò
con cenno del capo Pavona.
- È stato difficile? -
- Ci si mette solo più tempo. Senza la guida di un maestro,
è tutto più difficile. - prese un pettine e se lo
passò tra le ciocche, pettinandole all'indietro, - Sono
stupita che anche tu abbia abbandonato la tua casa per fare un mestiere
del genere. Io ho maturato questa decisione molto presto, ma ho dovuto
attendere di compiere sedici anni prima di potermene andare. -
Nemeria si morse le labbra e abbassò lo sguardo. Le lacrime,
prepotenti, spingevano da dietro le ciglia.
- Non è stata una mia scelta. La mia famiglia... la mia
famiglia non c'è più. -
Non le servì guardare Pavona per immaginare la sua
espressione. Il silenzio, sia fisico che mentale, che aleggiava tra di
loro, era più assordante di qualsiasi grido.
- Cosa è successo? -
La mano di Pavona si era soffermata a un pollice dalla sua spalla. Un
tacito permesso per farle vedere, sentire, capire. Era troppo doloroso
anche per lei da credere.
- Sono morti, tutti morti. - esalò e intrecciò le
dita con le sue.
Far entrare Pavona nella sua mente fu come aprire la finestra e lasciar
entrare un gattino randagio. Camminava in punta di piedi, circospetta,
attenta a non fare troppo rumore. Nemeria era la terra e Pavona le
radici di un arbusto giovane che si facevano largo tra i suoi pensieri
più intimi, sfiorandoli e avvolgendoli come se fossero una
vena acquifera nelle profondità del deserto.
Perché quello era la sua mente: una terra desolata, sterile
e arida, dove i ricordi erano rimasti seppelliti sotto le dune di
sabbia.
Quando si ritirò, lo fece in religioso silenzio, nello
stesso modo in cui era venuta. Le lacrime erano cristallizzate nei suoi
occhi, così lucidi da sembrare delle gemme di vetro. Aveva
sentito le sue stesse emozioni, le aveva assorbite e rivissute come se
le appartenessero. Nemeria non aveva il coraggio di toccarla per paura
che crollasse davanti a lei.
- Mi dispiace... - soffiò Pavona e indugiò con
una carezza sulla sua guancia.
Nemeria si aggrappò al suo sguardo. Si era ripromessa di non
piangere più, di sopportare, eppure avrebbe tanto desiderato
abbracciarla. Una Jinian come lei, l'ultima; l'unica che poteva davvero
capirla.
- Quanto rimarrete in città? -
Sapere la risposta a quella domanda era una necessità
opprimente, dilaniante.
Pavona si ritrasse e si asciugò la lacrima che le era
sfuggita. Sembrava invecchiata all'improvviso e la cupezza del suo
sguardo contrastava con le vesti sgargianti che indossava.
- Non lo so con esattezza. Forse Dakshesh me lo ha detto, ma adesso non
mi viene in mente. Ma no, la partenza non è imminente. -
Si tolse gli orecchini e saggiò la delicatezza delle piume
blu che li adornavano, sovrappensiero, come in ascolto. Nemeria si
chiese cosa stessero vedendo davvero i suoi occhi.
- Nem, dai, andiamo! - senza chiedere alcun permesso, Bahar
infilò la testa nella cabina, - Morad ha finito e a breve
cominceranno gli spettacoli del pomeriggio. -
- Sì, è meglio che vai, sennò ti perdi
l'inizio. Io devo finire ancora di togliermi tutto questo trucco, non
posso mostrarmi alla gente con questa faccia. - scherzò
Pavona.
Nemeria annuì. Posò lo specchio vicino alla sua
mano e, controvoglia, seguì la ragazza fuori. Il pensiero di
come si erano salutate, della sua nuova scoperta, le portò
via qualsiasi entusiasmo. Osservò lo svolgersi dei
combattimenti con attenzione, senza che però l'esaltazione
del pubblico la contagiasse come la volta precedente. Non essere
più l'unica non era una consolazione che reggesse il
confronto con ciò che aveva perso.
Gli spettacoli finirono poco prima del tramonto, con il trionfo di un
gladiatore con il petto pieno di tatuaggi e le braccia muscolose
solcate da graffi più o meno profondi. Il suo avversario, un
uomo con una coda di cavallo ormai sfatta e una spada a lama ricurva al
suo fianco, gli strinse la mano. Nemeria non aveva seguito lo scontro,
ma per quel poco che la sua mente aveva colt, non era stato
particolarmente esaltante. Tutta la cavea però applaudiva e
inneggiava alla morte o supplicava per la vita, come se le loro grida
avessero davvero un peso sulla decisione finale.
“Pane e giochi.”
Adesso cominciava a capire cosa avesse voluto dire Tyrron. Era
difficile da accettare, ancor più complicato da applicare,
ma la realtà era ben più semplice di quello che
si era figurata. La squallida e dura realtà al di fuori
della tribù si basava sulla legge del più forte,
in un gioco dove tutti interpretavano un ruolo ben preciso per
conservare quel poco che si erano guadagnati.
“Imparerò a recitare anche io. Devo.”
Lasciarono l'arena assieme alle altre centinaia di spettatori.
Nonostante l'angoscia serpeggiasse tra le sue viscere, Nemeria non
scorse alcuna ombra sospetta a seguirli, ma con il cuore pesante che le
gravava nel petto non riusciva a prestare la dovuta attenzione a
ciò che la circondava: se il predone avesse deciso di
attaccarla in quel momento, non era sicura che sarebbe stata in grado
di difendersi.
Giunsero alla Scuola sani e salvi. Ad accoglierli fu il profumo del
riso e dei funghi appena cotti. Nemeria si sarebbe volentieri diretta
in camera, ma Morad sapeva che era ora di cena e che lei era dall'ora
di pranzo che non toccava nulla.
- Riferirò al padrone che ti sei comportata in modo
esemplare. Ne sarà contento, anche se era più che
sicuro che non avresti fatto sciocchezze. - le promise Bahar.
Morad taceva. Nemeria si sentiva sotto esame, eppure non le interessava
granché di quello che avrebbe pensato o riportato a Tyrron.
Voleva soltanto mangiare e tornare in camera a dormire.
- Allora... alla prossima volta. - si sforzò di sorridere.
- Alla prossima volta! - la salutò Bahar.
Nemeria fece un cenno a Morad e si voltò per dirigersi al
refettorio. In quel momento, una Ver'ilef con le orecchie adornate con
orecchini d'ossa uscì. Camminava al fianco di Reza e si
scambiavano battute sagaci, che portavano il riso a entrambi.
Bastò che girasse la testa nella sua direzione
perché i loro sguardi si incontrassero.
“Roshanai.”
Un brivido freddo la pervase e le ferite sulla schiena pulsarono, come
appena inferte. Gli occhi della donna sfolgorarono come tizzoni ardenti
e la bocca si aprì su un sorriso ferale. Anche se non la
poteva udire, a Nemeria bastò il movimento delle labbra per
capire cosa le stesse dicendo.
- Domani sei mia. -
Nemeria deglutì. Le gambe tremavano e aveva il cuore a
mille. Le scale erano lì, a portata, con uno scatto poteva
raggiungerle e rintanarsi nella sua stanza. Ma si rifiutò di
dare ascolto all'impulso. L'aveva già sconfitta una volta,
perciò qualsiasi cosa avesse in serbo per lei, per quanto le
facesse paura, poteva sopportarla.
- Ti aspetto. - scandì con voce salda, in modo che tutti lo
sentissero.
Reza si girò e Roshanai la fulminò con lo
sguardo. Rallentò il passo e Nemeria pensò che
l'avrebbe attaccata, ma la Syad del fuoco proseguì oltre.
Nemeria prese fiato e si guardò le mani. Erano calde,
più del normale. La forza dell'elementale, anche se debole,
era presente.
- Mi sa che ti sei fatta una nuova nemica. - notò Morad con
una punta di divertimento.
- Allora la affronterò. - dichiarò decisa.
Angolo Autrice:
Eccomi qui XD Allora, sono felicissima di avvertirvi che siamo arrivati circa alla fine della storia, mancheranno sì e no 5/6 capitoli. Ringrazio in anticipo chi mi ha seguita in questo lungo viaggio, anche in silenzio: lettori, sappiate che siete un bene prezioso. é per voi che pubblico online ed è per voi che ho sempre cercato di migliorarmi. Questo angolo autore a cosa serve? Dunque, visto che ho bisogno di una vacanza anche io, vi avviso che gli aggiornamenti sono sospesi fino al 20 di gennaio. Questo perché ho bisogno di tempo per scrivere la storia - gli ultimi capitoli sono stra importanti- e anche per riposarmi. Dunque, ci rivediamo a gennaio con il capitolo 18. Se avete qualcosa da chiedere, chiarimenti, notizie o anche solo qualche curiosità non esitate a scrivermi o qui (attraverso una recensione che fanno sempre piacere) o per messaggio privato. In queste vacanze mi metterò sotto anche pe rrispondere alle recensioni: purtroppo la mia vita universitaria è complicata e pretende sempre la mia presenza <.< ma sappiate che le leggo sempre e mi fanno veramente tanto, tanto piacere. Insomma, preparatevi a essere sommersi di messaggi in casella XD Un bacione e a presto!