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Autore: _Tenshi89_    25/06/2009    1 recensioni
*Postato cap. 47!*
Per tanti anni mi sono detta che quella gente doveva morire. Per tanti anni mi ero giustificata dicendo che qualcuno doveva pur fermarli.
Balle. Tutte balle.
Io ero un’assassina.
Ero la più perfetta delle macchine per uccidere, in fondo. Un predatore micidiale.
Ho sempre avuto la pretesa di giudicare quella gente perché seguiva un folle ideale, ho sempre preteso di dire che loro erano la feccia, che io ero nel giusto. Era giusto per me vederli morire uno per uno, con il terrore marchiato per sempre nei loro occhi.
Se è vero quel che si dice, che l’ultima immagine vista in vita rimane per sempre impressa negli occhi, loro vedranno me per l’eternità.
Li uccisi tutti. Come loro avevano fatto con la mia famiglia; li avevo uccisi perché erano delle persone malvagie, avevano fatto soffrire tante persone innocenti. Avevo messo finalmente fine a quei massacri assurdi.
Erano i cattivi.
Ma io ero forse migliore di loro?

Gli errori si pagano, sempre.
Ma le conseguenze non sono sempre facili da affrontare...
Questa è la storia di Elian.
Una storia di odio, una storia di amore.
Genere: Romantico, Malinconico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Lemon | Avvertimenti: Spoiler!
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***















Non dovemmo attendere molto. Si era alzato un leggero vento, che muoveva appena i lunghi rami e le chiome dei sempreverdi ai margini del bosco.
Dopo nemmeno una decina di minuti, vedemmo delle figure scure, incappucciate, uscire dal folto del bosco. Le lunghe vesti grigie erano appena mosse dal vento, e nonostante fossero abbastanza distanti era impossibile non riconoscerle.
Vidi Bella, che era esattamente davanti a me, accelerare il respiro, e stringere ancor di più a sé la piccola Renesmee. Dal canto mio, smisi del tutto di respirare. Alice poteva dirmi quello che voleva, ma io di loro non mi fidavo.
Si avvicinavano a passo lento, come in una sorta di marcia. Erano cinque in tutto, ma non riuscivo a distinguerne i volti.
Mi sentivo inquieta. Tutta la famiglia era immobile, come un gruppo di statue di pietra.
Edward mi lanciò un’occhiata preoccupata, ma io non ci feci quasi caso. Non mi interessava fargli credere che ero tranquilla, che stavo bene. Non mi importava un accidente di fingere in quel preciso momento.
In mezzo a quel gruppetto, c’era l’essere che mi aveva rovinato la vita. Jasper cercò di calmare gli animi, facendo leva sul suo potere, ma la rabbia che avevo in corpo difficilmente sarebbe potuta scomparire. Si avvicinavano sempre di più; i miei muscoli erano tesi nello sforzo di rimanere immobili, ma pronti a scattare, qualora ce ne fosse stato bisogno. Guardai per un istante Alice; aveva l’aria di chi ha appena preso una botta in testa. Aveva avuto un’altra di quelle strane visioni, c’avrei scommesso. E scommettevo anche che erano loro i responsabili.
«Elian». La voce di Edward attirò la mia attenzione. Alice ha avuto un’altra visione, vero?
Edward annuì, ma mi fece segno di non muovermi. Scordatelo Edward. I Volturi stanno facendo qualcosa a Alice. Dobbiamo intervenire. «Resta dove sei». Sia io che Edward guardammo Alice, stupiti. Oramai, anche gli altri si erano accorti che qualcosa non andava, e si voltarono tutti preoccupati in direzione di Alice, ma lei si affrettò a dire: «E’ tutto ok», lanciandomi poi un’occhiata in cagnesco. Stavo per controbattere, ma dovetti rimanere zitta, visto che da quel momento sarebbe stato impossibile parlare senza che loro mi sentissero.
Erano a poche decine di metri da noi. Tre di loro si fermarono, mentre gli altri due venivano verso di noi. Quello che era più avanti si fermò ad un paio di metri da Carlisle, e si tolse il cappuccio.
Sentii una dolorosissima fitta allo stomaco quando Aro ci rivolse il più mellifluo dei suoi orrendi sorrisi. Ne dedussi che la figura che lo seguiva, più bassa e sottile, fosse Sandra, la sua personale guardia del corpo.
Carlisle non fece una piega, mentre parlava, rilassato e tranquillo. «Aro, benvenuto».
Aro, dal canto suo, non sembrava sorpreso dalla nostra accoglienza. «Carlisle, amico mio! È un vero piacere rincontrare te e la tua famiglia. Sapevo che il nostro arrivo non vi avrebbe colto di sorpresa», disse, infine, rivolto ad Alice. Alice rispose con un sorrisetto sfrontato e sicuro di sé, ma glielo leggevo in faccia che qualcosa non andava. Sembrava inquieta, anzi, peggio. Sembrava insicura. Da quando conoscevo Alice, non le avevo mai visto quell’espressione sulla faccia. Edward doveva sapere quello che stava succedendo, ma quando lo guardai, sembrava concentrato su tutt’altro, quindi non mi tornò di grande aiuto. Aro, finiti i convenevoli, fece cenno al resto del suo gruppo di avvicinarsi, mentre lui si faceva largo verso Renesmee. Aveva uno sguardo disgustoso, mentre osservava la bambina. Lo stesso sguardo che molti anni prima aveva riservato a me, e come me a tutti coloro che aveva attirato nella sua rete. Bella sembrava non avere la minima intenzione di allontanarsi dalla bambina, e c’era da capirla, ma Edward le fece cenno di stare tranquilla. Aro si chinò verso la piccola. «Ciao, Renesmee», le disse, amichevole. Vomitevole. «Sei cresciuta davvero tanto dall’ultima volta che ci siamo visti, eh?»
Sentii la bimba dire qualcosa, ma adesso la mia attenzione era per le figure che si erano avvicinate alla nostra famiglia.
Nessuna di loro si era ancora tolta il cappuccio. Sentii una fitta di inquietudine, guardandole. Il mio solito sesto senso.
Come oramai facevo praticamente di continuo, guardai Alice. Sembrava in preda ad un forte mal di testa. Si teneva una mano sulla fronte, mentre Jasper la guardava preoccupato.
Avevo bisogno di capire cosa diavolo stesse succedendo.
Mi avvicinai ad Alice, e le sussurrai: «Alice che diavolo ti prende?»
Alice non mi guardò, e parlò in modo che anche io dovetti quasi sforzarmi per sentirla, il che è tutto dire. «Ho provato a guardare il futuro dei membri del gruppo di Aro, ma non ci riesco. Non lo riesco a capire. Elian, ho paura che ci sia qualcosa che non vada, sul serio. Ho paura per te»
Mi colse di sorpresa. «Perché?»
Mi guardò negli occhi, e per la prima volta da quando conoscevo la mia sorellina, vi trovai la paura. «Non riesco più a vedere il tuo futuro».



***





  
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