10
Chiarimenti.
Chiusi la porta d’ingresso
lasciandomi alle spalle le facce allibite dei miei parenti e gli sproloqui di
mia sorella Rosalie.
Avevo preso la decisione di vivere
libero dagli schemi mentali che ero solito pormi, ignorando le regole di
comportamento alle quali ero stato abituato a sottostare.
Guidavo a gran velocità sentendomi
libero anche se in un certo qual modo ancora inquieto: stavo facendo la cosa
giusta?
Una vocina mi suggeriva di star
tranquillo e di godermi al massimo questa nuova situazione, se ci fosse stato
il minimo pericolo in vista causato dalle scelte che avevo intrapreso, Alice li
avrebbe visti anticipatamente mettendomene al corrente: non potevo credere che
avrebbe messo in pericolo la vita di un’innocente pur di vedermi sereno, mi
voleva bene ma non era una persona egoista.
La giornata stava diventando sempre
più grigia e nebbiosa, il tempo ideale per poter tornare a scuola.
L’edificio della mia meta era
ancora visibile alla vista, ma come potei verificare di lì a breve, qualche
minuto e fu completamente nascosto dalla nebbia.
Parcheggiai momentaneamente lontano
dalla casa, aspettando che la macchina dell’ispettore capo mi passasse davanti,
diretto al distretto, poi occupai il vialetto in attesa che Bella uscisse,
scesi appoggiandomi alla fiancata dell’automobile.
Percorse alcuni metri sul vialetto
ghiacciato prima d’accorgersi della mia presenza.
Le aprii lo sportello del
passeggero, invitandola a salire: restava immobile, inebetita.
<< Hai bisogno di un
passaggio? >> chiesi divertito, ancora una volta ero riuscita coglierla
completamente alla sprovvista.
Ero stato gentile nel farle quella
richiesta, ma non ero del tutto convinto nemmeno io di cosa stavo appena per
scatenare arrivando a scuola. Una parte di me, quella ancora spaventata,
desiderava che lei declinasse l’invito.
Ma invece:
<< Sì, grazie >>
Le chiusi delicatamente lo
sportello prima di prendere posto alla guida, accanto a lei.
<< Ti ho portato questo. Non
volevo che ti prendessi un raffreddore o qualcosa del genere >> le dissi
stando sulla difensiva, alludendo alla giacca della sera prima, appesa al suo
poggiatesta.
« Non sono
così delicata », ribatté, ma accettò la giacca e la tenne in grembo, infilando
le braccia nelle maniche troppo lunghe.
« Ah, no? »
dissi a bassissima voce, non ero del tutto rivolto a lei.
Guidavo velocissimo
perché Bella quella mattina era stata tutto fuorché puntuale. Il silenzio si
era fatto denso, nessuno dei due trovava niente da dire. Evidentemente la
nostra nuova situazione metteva in imbarazzo anche lei. Cercai di spezzarlo:
« Ehi, oggi niente questionario? » le chiesi
volgendo lo sguardo verso di lei, con un sorrisetto.
« Le mie
domande ti innervosiscono? », chiese sollevata.
« Non
quanto le tue reazioni » mantenni un tono di voce allegro, ma non stavo del
tutto giocando.
« Reagisco
male? » domandò tornando seria.
« No, è
proprio lì il problema. Sei sempre così tranquilla... È innaturale. Mi chiedo
cosa ti passi per la testa »
Una persona
comune mi sarebbe stata a detta distanza, una volta essere venuta a conoscenza
del mio segreto, ma non lei.
« Ti dico
sempre ciò che mi passa per la testa »
« Ma lo
censuri »
« Non
granché »
« Abbastanza
da farmi impazzire »
« Sei tu
che non vuoi sentirlo », borbottò, con un filo di voce.
Non
risposi, quello restava un argomento spinoso, né io né lei eravamo del tutto
pronti per poterlo affrontare serenamente, toccarlo ci portava sempre a
discutere.
Solo nel
parcheggio della scuola si accorse di un particolare:
« Ma i tuoi
fratelli dove sono? ».
« Hanno
preso la macchina di Rosalie » mi strinsi nelle spalle, parcheggiando accanto
alla sua cabriolet rossa con il tettuccio chiuso. « Appariscente, eh? »
« Uh,
caspita », disse in un fiato. « Se lei ha quella, perché si fa
scarrozzare da te? ».
« Come ho
detto, è appariscente. Noi ci sforziamo di passare inosservati »
« Non ci
riuscite >> scese dall'auto
ridendo e scuotendo la testa. << Ma allora, perché Rosalie oggi ha preso
la sua macchina, se è così vistosa? ».
Perché
avevo deciso di comportarmi da cattivo ragazzo:
« Non te ne
sei accorta? Sto infrangendo tutte le regole ». le andai incontro e la
accompagnai all'ingresso della scuola camminandole vicinissimo. Per il momento
era l’unica cosa che riuscivo a fare, non me la sentivo di colmare quella
piccola distanza.
« Ma perché
comprate macchine del genere, se siete gelosi della vostra privacy? » .
« Un
capriccio », ammisi, con un sorriso malizioso. « Ci piace andare veloce ».
« Ovviamente
», mormorò tra sé.
Al riparo
del portico della mensa, Jessica la stava aspettando con gli occhi fuori dalle
orbite. Tra le braccia, stringeva il
giubbotto di Bella.
“Ma quello
è… quello è…Edward Cullen”
A quanto
pareva vedermi accanto alla sua amica la stupiva proprio tanto.
« Ehi,
Jessica », disse Bella, a pochi metri da lei. « Grazie per essertene ricordata
» le allungò il giubbotto in silenzio.
« Buongiorno,
Jessica », dissi io, educato.
“Si è
rivolto a te…dì qualcosa, dannazione!”
Che
pensieri infantili!
« Ehm...
ciao » lei lanciò un'occhiata sbalordita a Bella, mentre cercava di riordinare
le idee. « Be', ci vediamo a trigonometria ».
“Escono
insieme di nascosto?E lei che cosa prova per lui? Devo assolutamente saperlo”
« D'accordo,
ci vediamo dopo ».
Se ne andò,
ma per due volte si fermò a sbirciare verso di noi.
« Cosa le
racconterai? », mormorai.
« Ehi, ma allora
mi leggi nel pensiero! ».
« No »,
risposi, sorpreso. Poi capii, e il mio sguardo si accese. « Però riesco a
leggere nel suo: ti prenderà d'assalto appena
entri in
classe ».
Sbuffò
levandosi il mio giaccone per indossare la sua giacca a vento. Me lo restituì
e lo tenni piegato sottobraccio.
« Perciò,
cosa le racconterai? ».
« Mi dai un
aiutino? », supplicò. « Cosa vuole sapere? ».
« Non è
corretto » scossi il capo, sorridendo beffardamente.
« No, non è
corretto che tu non metta a disposizione certe informazioni ».
Meditai per
qualche istante, finché non giungemmo alla porta della sua classe. Forse non
aveva tutti i torti:
« Vuole
sapere se usciamo assieme di nascosto. E vuole che tu le dica ciò che provi per
me », dissi infine.
« Oddio. E
io cosa dovrei rispondere? ».
« Mmm ». Mi
fermai per catturare una ciocca ribelle che le sfiorava il mento e rimetterla
al suo posto. Non era stato così difficile come gesto. « Penso che potresti
rispondere di sì alla prima domanda... se non è un problema per te: è la spiegazione
più facile da dare ».
« Non è un
problema », rispose, con un filo di voce.
E cosa
provava per me ero il primo a chiedermelo, ogni volta che incontravo i suoi
occhi.
<< Quanto
all'altra... be', anch'io sarò curioso di sentire la risposta » le dissi con
un mezzo sorriso.
Non le
diedi il tempo di ribattere, feci per andarmene.
« Ci
vediamo a pranzo », dissi, voltandomi. Tre ragazzi intenti a entrare in aula
si fermarono a osservarla.
“Cullen che
mostra interesse verso qualcuno?”
Ignorai quel
pensiero, concentrandomi su un’altra voce: quella di Newton.
“Meglio che
mi rassegni. Io e Bella potremo essere solo amici…tanto vale parlare del più e
del meno”
« Com'è
andata a Port Angeles? ».
« È
andata... » rispose Bella, poi fece una pausa. « Benone » un’altra pausa. « Jessica
ha comprato un vestito davvero carino ».
« Ha detto
qualcosa a proposito di lunedì sera? »,
A quel
punto smisi di stare in ascolto: non ero minimamente interessato alla presunta
relazione tra quei due. Anche perché sapevo che a quel ragazzo interessava
molto di più Bella che Jessica.
Ascoltai
distrattamente le menti dei compagni di corso di Bella delle sue materie
successive, era tanto per vedere riflesso in loro il suo viso.
Mi
concentrai del tutto solo quando apparve nella mente di Jessica:
“Finalmente!!”
« Dimmi! »,
« Cosa vuoi
sapere? ».
« Cos'è
successo ieri sera? ».
« Mi ha
portata a cena, poi mi ha accompagnata a casa ».
“Tutto in
così poco tempo…Quando l’ho chiamata era già a casa!”
« Come hai
fatto a tornare a casa così presto? ».
« Guida
come un pazzo. Ero terrorizzata »
Che noia,
ma possibile che la mia guida l’avesse così traumatizzata? Non ero affatto
d’accordo con lei, la mia guida era impeccabile.
« È stato
una specie di appuntamento? Eravate d'accordo? ».
« No: sono
stata molto sorpresa di incontrarlo ».
“Peccato”
« Ma oggi
ti ha accompagnata a scuola, no? ».
« Sì... ma
anche questa è stata una sorpresa. Ieri sera si è accorto che ero rimasta
senza giacca » .
Sbadata
come al solito…
« Perciò,
uscirete ancora? ».
« Si è
offerto di accompagnarmi a Seattle, sabato, perché è convinto che il mio
pick-up non ce la farà. Vale come un appuntamento? ».
« Sì »,
« Be',
allora sì ».
“Non ci
posso credere: Bella ed Edward Cullen!”
« W-o-w… Edward Cullen ».
« Lo so ».
"
« Ti ha
baciata? ».
Cosa?!
Baciarla, ma…
« No, non è
come pensi ».
“Uffa…che
aspetta!”
Aspettavo
d’essere pronto: non potevo correre il rischio di ucciderla.
« Pensi che
sabato... »
« Ne dubito
fortemente».
“Voglio più
dettagli!”
Certo che
era davvero invadente come persona. Ero contento di non trovarmi al posto di
Bella.
« Di cosa
avete parlato? »,
« Non so,
Jess, un sacco di cose…Abbiamo parlato del saggio di inglese per un po' ».
“Ma mi farà
morire di curiosità…”
« Ti prego,
Bella…qualche particolare in più ».
« Be'...
d'accordo, uno solo. Avresti dovuto vedere la cameriera: gli ha fatto una
corte spietata. Ma lui non se l'è filata! >>
La
cameriera, davvero? Non ci avevo fatto caso.
« Buon
segno. Era carina? ».
« Molto. E
avrà avuto diciannove o vent'anni ».
Non
ricordavo neanche la sua fisionomia. Avevo in testa altro, come per esempio il
volto della ragazza che mi sedeva di fronte.
« Meglio
ancora. Vuol dire che gli piaci ».
Mah forse
non era del tutto stupida, Jessica.
« Penso di
sì, ma è difficile dirlo. È sempre così criptico »,
<< Non
so dove trovi il coraggio di restare sola con lui »,
« Perché? »
« Mette
così... in soggezione. Io non saprei cosa dirgli ».
Jessica
ripensò al saluto di quella mattina, ero riuscito a metterla proprio K.O.
« A dire la
verità, anch'io ho qualche problema di lucidità quando è nei paraggi ».
“Che
importanza ha…è talmente bello che gli si può perdonare tutto”
« Oh, be'.
È bello da non crederci, non c'è dubbio ».
« E poi, in
lui, c'è molto altro ».
« Davvero?
Per esempio? ».
“Non
tradirmi, Bella!” lo pensai, ma ero certo che non lo avrebbe fatto.
« Non so
come spiegarlo... Ma dietro la facciata è ancora più incredibile >>
« Davvero? »,
Bella non
rispose, ma Jessica non demorse.
« Perciò ti
piace? »
« Sì »
“Grazie, a
chi non piace!”.
« Voglio
dire, ti piace davvero? »
« Sì »
Che nervi,
Jessica non era una grande osservatrice: chissà se Bella nell’ammetterlo fosse
avvampata di vergogna?!
“Uffa, ma
le costa tanto essere più precisa?”
« Quanto
ti piace? ».
« Troppo » una
pausa « Più di quanto io piaccia a lui. Ma credo proprio di non poterci fare
niente ».
Dischiusi
le labbra nell’ascoltare quella risposta: non poteva dire sul serio, non poteva
esserne convinta.
E se
davvero credeva che lei mi piacesse in misura minore di quanto io piacessi a
lei, si sbagliava di grosso: la mia freddezza evidentemente l’aveva deviata, ma
era proprio quella che sottolineava quanto in realtà ci tenessi.
Quella sua
convinzione, mi irritò parecchio, non aveva fiducia in me…non mi credeva del
tutto quando le dicevo d’essere ansioso per lei, quando temevo per la sua
incolumità.
Per il
resto della lezione Jessica non trovò più l’occasione di porle altre domande, e
al suono della campanella Bella sviò furbamente il discorso su Newton.
Costringendomi a smettere di ascoltare, erano una noia quei due!
“Che
fretta, di andare a mensa”
Penso
Jessica quando la loro lezione di spagnolo finì.
« Oggi non
mangi assieme a noi, vero? » le chiese.
« Non penso
».
Malfidata,
avrebbe dovuto rispondere con un no deciso. Infatti ad aspettarla fuori dalla
porta della classe, appoggiato al muro, trovò me.
« A dopo,
Bella » la salutò Jessica.
“Vorrò i
particolari…”
Smisi di
ascoltare Jessica, dando tutta la mia attenzione a Bella.
« Ciao » le
mostrai sia il mio divertimento che la mia irritazione.
« Ciao ».
Per tutto
il tragitto fino alla mensa non parlammo: lei probabilmente era in imbarazzo,
io prendevo tempo soppesando le parole che avrei usato da lì a poco.
La precedetti
nella coda, sempre zitto, ma senza smettere di lanciarle occhiate pensierose.
Più le stavo vicino, e più l’irritazione per quell’assurdo pensiero cresceva in
me.
Mi
avvicinai al bancone, e riempii il vassoio di cibo.
« Cosa fai?
Non starai prendendo tutta quella roba per me? ».
Scossi il
capo e avanzai verso la cassa.
« Metà è
per me, ovviamente »
Alzò un
sopracciglio, poco convinta.
Mi seguì
fino allo stesso tavolo a cui ci eravamo seduti la volta precedente. Non mi
curai delle occhiate e dei pensieri stupiti dei ragazzi intorno a noi.
« Scegli
pure », dissi, porgendole il vassoio.
« Sono
curiosa... », disse, prendendo una mela e rigirandosela tra le dita. « Come
reagiresti se qualcuno ti sfidasse a mangiare del cibo? ».
« Curiosa
come al solito » feci una smorfia e scossi il capo. La guardai di sottecchi,
mentre prendevo un trancio di pizza dal vassoio e lo mordevo soddisfatto,
masticandolo e ingoiandolo in un baleno. Mi guardava incredula, non potendo
sapere il sapore disgustoso che aveva per me.
« Se
qualcuno ti sfidasse a mangiare spazzatura potresti farlo, no? », chiesi, con
un filo di arroganza.
« Una volta
è successo... una scommessa. Non era così male » disse arricciando il naso.
« La cosa non mi sorprende più di tanto »
risi. Poi fui distratto da qualcosa alle sue spalle.
“Vediamo,
Edward, come ti comporti…ne farò un resoconto a Bella”
« Jessica
sta analizzando tutti i miei movimenti... più tardi ti farà un resoconto
dettagliato » le offrii il resto della pizza. Leggere il pensiero di Jessica
fece riaffiorare un pizzico di irritazione.
Posò la
mela e addentò il trancio di pizza, guardando altrove.
« Perciò, la
cameriera era carina? », chiesi, ingenuamente.
« Non te ne
sei accorto? » chiese tornando a guardarmi.
« No, non
ci ho fatto caso. Avevo altro per la testa ».
« Poveretta
>>
Era
arrivato il momento di andare al sodo della questione: spiegarle perché ero
così irritato.
« Una delle
cose che hai detto a Jessica... be', mi infastidisce un po' >> le dissi
lanciandole una sguardo inquieto.
« Non mi
sorprende che tu abbia sentito qualcosa di spiacevole. Sai quel che si dice di
chi origlia... ».
« Ti ho
avvertita che sarei rimasto in ascolto ».
« E io ti
ho avvertito che non avresti gradito conoscere tutti i miei pensieri ».
« In effetti,
mi avevi avvertito » ammisi senza addolcire la voce. « Però, non credo tu abbia
ragione fino in fondo. Voglio sapere sì ciò che pensi, e tutto. Soltanto, mi
piacerebbe... che non pensassi certe cose ».
« Bella differenza » disse sarcastica,
mettendo il broncio.
« Ma non è
questo il problema, al momento ».
« E quale
sarebbe? ».
Ci stavamo
entrambi sporgendo sul tavolo, l'uno di fronte all'altra. Io tenevo le mani sotto
il mento; lei si copriva il collo con la destra. Non m’importava nulla della
folla che probabilmente guardava verso di noi, volevo mettere in chiaro le
cose.
« Sei
davvero convinta di piacermi meno di quanto io piaccia a te? », mormorai
facendomi più vicino e inchiodandola con occhi intensi.
Rimase in
silenzio, immobile sembrava neanche respirare. D’improvviso volse lo sguardo
altrove.
« Lo stai rifacendo
», disse fra i denti.
Ma di cosa
mi rimproverava ogni volta?!
« Cosa? » sgranai gli occhi sorpreso.
« Stai cercando
di incantarmi », ammise tornando a guardarmi.
Questa
poi…non stavo cercando di fare proprio un bel niente!
« Ah »,
risposi, accigliato.
« Non è
colpa tua », sospirò. « Non ci puoi fare niente ».
« Mi vuoi
rispondere? »
« Sì »
abbassò lo sguardo.
« Sì mi
vuoi rispondere, o sì ne sei davvero convinta? » chiesi irritato fino alla
punta dei capelli.
« Sì ne
sono convinta » teneva il capo chino, gli occhi fissi sulla superficie del
tavolo. Il silenzio iniziava a pesare. Bella sembrava essere lungi dal volerlo
spezzarlo, così mi decisi a farlo io.
« Ti sbagli
» sentenziai a voce bassa ma nuovamente gentile.
« Non puoi
esserne sicuro », sussurrò scuotendo il capo.
« Cosa te
lo fa pensare? » la squadrai ansioso, che avrei dato per prelevare la verità
direttamente dalla sua mente.
Mi fissò a
sua volta. Cominciavo ad essere sempre più impaziente ma lei continuava a
restare in silenzio, la mia espressione si fece scura. Solo accorgendosene alzò
il dito della mano destra.
« Ci devo
riflettere », insistette.
Soddisfatto dalla risposta promessa, mi rilassai.
Posò la mano sul tavolo, la congiunse all'altra. Intrecciava e scioglieva le
dita, nervosamente:
« Be',
ovvietà a parte, a volte... non mi sento sicura - non sono capace di leggere
nel pensiero, io - e ogni tanto ho la sensazione che mentre mi dici certe cose
in realtà tu stia cercando di lasciarmi perdere ».
« Perspicace
», sussurrai. Nel sentire quelle parole l’angoscia tornò a far visita al mio
cuore. « Purtroppo, è proprio qui che ti sbagli », cercai di spiegarmi, ma
all'improvviso strizzai le palpebre. « Cosa intendi per "ovvietà"? »
« Be',
guardami », disse ma la stavo già guardando e non trovavo una spiegazione
valida che giustificasse quella “ovvietà”. Lei proseguì. « Sono una ragazza
assolutamente normale... Certo, a parte difetti come gli incidenti quasi
mortali e una goffaggine degna di una disabile. E guarda te » mi indicò, ma non
capii del tutto il paragone che aveva fatto.
Alzai un
sopracciglio, irritato, ma mi rilassai all'istante e nei miei occhi, sono
sicuro, apparve uno sguardo intelligente. « Credo che tu non abbia una buona
percezione di te stessa. Devo ammettere che quanto ai difetti ci hai azzeccato »,
risi sarcastico, « ma tu non hai sentito cos'hanno pensato tutti gli studenti
maschi di questa scuola quando ti hanno vista la prima volta ».
Sgranò gli
occhi stupita:
« Non ci credo... », disse, tra sé e sé.
« Per una
volta fidati, se ti dico che sei l'esatto contrario della normalità » mormorai
facendo trasparire dal mio sguardo la mia attrazione per lei.
« Ma io non
sono intenzionata a lasciarti perdere », rimarcò.
« Non
capisci? È la dimostrazione che ho ragione io. Ci tengo più di te, perché se
ci riuscissi », e scossi il capo, per cercare d’accettare l'idea controvoglia,
« se andarmene fosse la scelta migliore, sarei disposto a danneggiare me
stesso, pur di non ferirti, pur di proteggerti ».
« E non credi che sia lo stesso per me? »
domandò facendosi torva.
« Non è a
te che spetta questa scelta ».
Era lei che
rischiava la vita anche se…sfoderai un sorriso beffardo soggiungendo:
« Certo,
darti protezione sta diventando un lavoro a tempo pieno che richiede la mia
presenza costante ».
« Oggi
nessuno ha cercato di farmi fuori ».
« Non
ancora », aggiunsi.
« Non
ancora ».
« Ho
un'altra domanda » sentenziai dignitosamente.
« Spara »
« Hai
davvero bisogno di andare a Seattle, questo sabato, o era soltanto una scusa
per evitare di dire no a tutti i tuoi ammiratori?»
« Guarda,
non ti ho ancora perdonato per la faccenda di Tyler. È colpa tua se continua
a illudersi di potermi invitare al ballo di fine anno » mi avvisò storcendo la
bocca.
« Oh,
avrebbe trovato l'occasione per chiedertelo anche se non ci fossi stato io:
morivo soltanto dalla voglia di vedere la tua reazione », dissi, sghignazzando.
« Se te l'avessi chiesto io, avresti scaricato anche me? », domandai, senza
smettere di ridere.
« Probabilmente
no », confessò. « Ma all'ultimo momento avrei cancellato l'invito... avrei
finto una malattia o una caviglia slogata ».
« E perché
mai? » chiesi confuso.
« Immagino
che tu non mi abbia mai vista in palestra, ma pensavo che avresti capito »
scosse il capo mesta.
« Ti
riferisci al fatto che non sei in grado di camminare su una superficie piana e
solida senza inciampare? ».
« Ovviamente
».
« Non
sarebbe un problema » spiegai sicuro di me. « Dipende tutto da chi guida ».
Sapevo che stava per ribattere, così non
gliene lasciai il tempo. « Non mi hai ancora risposto: vuoi davvero
andare a Seattle, o ti andrebbe se facessimo qualcos'altro? ».
« Sono
aperta a tutte le proposte, ma devo chiederti un solo favore ».
« Cosa? »
le sue risposte vaghe mi allarmavano sempre.
« Posso
guidare io? ».
« Perché? » aggrottai le sopracciglia,
confuso.
« Be',
prima di tutto perché quando ho detto a Charlie che sarei andata a Seattle, lui
mi ha chiesto se fossi da sola, e visto che così era l'ho rassicurato. Se me lo
chiedesse di nuovo non potrei mentirgli, ma non credo che lo farà: lasciare il
pick-up a casa, però, lo porterebbe a sollevare la questione. In secondo luogo,
la tua guida mi terrorizza ».
Alzai gli
occhi al cielo, esasperato: proprio non accettava il modo in cui guidavo!
« Con tutto
ciò che in me potrebbe terrorizzarti, ti preoccupi di come guido » scossi il
capo con una smorfia, poi tornai serio. « Non vuoi dire a tuo padre che passerai
la giornata con me? » ero troppo spaventoso da presentare ad un padre?!
« Con Charlie,
meno si dice, meglio è » disse perentoria. « E comunque, dove andremmo? ».
« Ci sarà
bel tempo, perciò dovrò restare lontano da sguardi indiscreti... e se ti va, puoi
venire con me » la lasciai completamente libera di scegliere.
« Mi
mostrerai quel che dicevi a proposito della luce solare? », chiese, palesemente
eccitata.
« Sì ».
Sorrisi, e tacqui. « Ma anche se non vuoi restare... sola con me, preferirei
che tu non te ne andassi a Seattle per conto
tuo. Tremo
al solo pensiero dei guai in cui potresti cacciarti in una città così grande ».
« Phoenix è
tre volte Seattle, e solo quanto a popolazione. Le dimensioni... » disse
stizzita.
« Ma a
quanto pare », la interruppi, « a Phoenix non era ancora giunta la tua ora.
Perciò preferirei che mi stessi accanto ». Dissi lanciandole un’occhiata
intensa.
« Si dà il
caso che restare sola con te non mi dispiaccia affatto ».
Già, ormai
lo avevo capito, e da una parte avevo sperato che lei mi rifiutasse.
« Lo so »,
sospirai, rassegnato. « Però dovresti dirlo a Charlie ».
« E perché
mai dovrei? ».
« Così avrò
un briciolo di motivazione in più per riportarti a casa » ammisi, guardandola
con uno sguardo severo.
La mia
affermazione la lasciò muta per qualche istante, poi rispose decisa:
« Penso che correrò il rischio ».
Sbuffai e
guardai altrove, nervoso.
« Parliamo
d'altro », suggerì.
« Di cosa
vuoi parlare? » chiesi irritato.
Diede
un'occhiata attorno per controllare che nessuno ci potesse udire.
« Perché
sei andato a Goat Rocks, lo scorso fine settimana, a caccia? Charlie dice che
ci sono gli orsi, non è un gran posto per
fare
trekking ».
La fissai facendole
capire che stava scordando un particolare evidente.
« Orsi? »
esitò , ed io feci un sorrisetto. « Be', non è la stagione degli orsi »,
aggiunse, per nascondere il turbamento.
« Le leggi
sulla caccia regolano solo quella con le armi, se vuoi controlla pure ».
La studiavo
divertito.
« Orsi? »,
ripeté, con una certa difficoltà.
« Emmett va
matto per il grizzly » non mi scomposi più di tanto. Ero vigile alle sue
reazioni, non volevo farla allarmare in nessuna maniera.
« Mmm »,
disse, addentando un altro trancio di pizza distogliendo gli occhi da me.
Masticò piano e prese un lungo sorso di Coca coprendosi il viso con il
bicchiere.
« Allora »,
disse dopo un istante, incontrando finalmente il mio sguardo ansioso, « Il tuo
preferito, qual è? ».
La guardai
di sbieco, e sulle labbra m’apparve una smorfia di disapprovazione.
« Il puma ».
« Ah », rispose
in tono educato e disinteressato, riafferrando la bibita: qualcosa l’aveva
turbata.
« Ovviamente
», continuai, con un tono di voce che scherniva il suo, « Dobbiamo stare
attenti all'impatto ambientale e cacciare con un certo giudizio. Di solito ci
concentriamo sulle aree sovrappopolate di predatori, a qualunque distanza si
trovino. Da queste parti c'è abbondanza di alci e cervi, e tanto basta, ma dov'è
il divertimento? ». Sorrisi, malizioso.
« Eh, già,
dove?» , mormorò, dando un altro morso alla pizza.
« A Emmett
piace andare a caccia di orsi all'inizio della primavera: appena usciti dal
letargo sono più irritabili ». Sorrisi ripensando a qualche nostra vecchia
battuta: era comica la scena di Emmett che rincorreva un orso, entrambi molto
irritati.
« Non c'è
niente di più divertente di un grizzly irritato, in effetti ».
« Per favore, dimmi quel che pensi veramente »
sorrisi e scossi il capo.
« Sto
cercando di immaginare... ma non ci riesco. Come fate a cacciare gli orsi senza
armi? ».
« Be',
qualche arma l'abbiamo » con un sorriso fulmineo e minaccioso le mostrai i
denti affilati. Si sforzò di reprimere un brivido. « Non il genere di strumenti
che i legislatori prendono in considerazione quando stendono i regolamenti di
caccia. Se hai visto un documentario su come attaccano gli orsi, dovresti
essere in grado di visualizzare Emmett ».
Non riuscì
a trattenere un altro brivido lungo la schiena. Seguii il suo sguardo e
soffocai una risata. Mi fissò, nervosa.
« Anche tu
somigli a un orso? », chiese a bassa voce.
« Più a un
leone, così dicono », risposi piano. « Forse i nostri gusti rispecchiano il
modo in cui cacciamo ».
Cercò di
sorridere.
« Forse », mi fece eco. « Avrò mai il permesso
di assistere? ».
« Assolutamente
no! » sbiancai d’improvviso, poi il mio sguardo si fece furioso. Arretrò stupita,
probabilmente spaventata dalla mia reazione, ma non vi badai ero troppo
irritato.
« Troppo
spaventoso per me? », chiese, quando fu di nuovo in grado di controllare la voce.
« Se fosse
questo, ti porterei con me stanotte », dissi, con voce tagliente. « Quel che ti
serve è una salutare dose di paura. Non vedo cosa potrebbe darti più beneficio ».
« Ma
allora, perché? », insistette, senza badare alla mia espressione infuriata.
Per un
minuto interminabile la guardai, torvo.
« Più tardi
», risposi, infine, e con velocità mi alzai « Siamo in ritardo ».
Si guardò
attorno, sorpresa, accorgendosi della mensa quasi deserta. Si alzò di scatto
dalla sedia, afferrando lo zaino che penzolava dallo schienale.
« D'accordo, più tardi » sembrava
una minaccia.
Ringraziamenti:
Lady Cat: Caspita che complimento,
ma credo di avere ancora tanto da imparare dalla Meyer!!
Aberlin: No, no, tranquilla
continuerò a postare i capitoli fino alla fine…non ti sbarazzerai tanto
facilmente di me!
Lorelaine86: Grazie mi fa piacere
che ti piaccia molto, spero di non averti fatto aspettare troppo!
Simo1726: Sono molto contenta di
saperti compiaciuta per il mio lavoro.
Ho gradito molto la tua recensione e grazie anche per aver aggiunto la
mia storia tra le preferite.
Vi saluto di cuore,
Maryana.