Libri > Twilight
Segui la storia  |       
Autore: maryana    25/06/2009    2 recensioni
Fan fiction che tratta di Twilight dal punto di vista di Edward. In attesa che la Meyer pubblichi l'originale, ne ho dato una mia liberissima interpretazione. Da premettere che non ho dato il minimo sguardo ai capitoli in inglese già disponibili sul web.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

10

Chiarimenti.

Chiusi la porta d’ingresso lasciandomi alle spalle le facce allibite dei miei parenti e gli sproloqui di mia sorella Rosalie.

Avevo preso la decisione di vivere libero dagli schemi mentali che ero solito pormi, ignorando le regole di comportamento alle quali ero stato abituato a sottostare.

Guidavo a gran velocità sentendomi libero anche se in un certo qual modo ancora inquieto: stavo facendo la cosa giusta?

Una vocina mi suggeriva di star tranquillo e di godermi al massimo questa nuova situazione, se ci fosse stato il minimo pericolo in vista causato dalle scelte che avevo intrapreso, Alice li avrebbe visti anticipatamente mettendomene al corrente: non potevo credere che avrebbe messo in pericolo la vita di un’innocente pur di vedermi sereno, mi voleva bene ma non era una persona egoista.

La giornata stava diventando sempre più grigia e nebbiosa, il tempo ideale per poter tornare a scuola.

L’edificio della mia meta era ancora visibile alla vista, ma come potei verificare di lì a breve, qualche minuto e fu completamente nascosto dalla nebbia.

Parcheggiai momentaneamente lontano dalla casa, aspettando che la macchina dell’ispettore capo mi passasse davanti, diretto al distretto, poi occupai il vialetto in attesa che Bella uscisse, scesi appoggiandomi alla fiancata dell’automobile.

Percorse alcuni metri sul vialetto ghiacciato prima d’accorgersi della mia presenza.

Le aprii lo sportello del passeggero, invitandola a salire: restava immobile, inebetita.

<< Hai bisogno di un passaggio? >> chiesi divertito, ancora una volta ero riuscita coglierla completamente alla sprovvista.

Ero stato gentile nel farle quella richiesta, ma non ero del tutto convinto nemmeno io di cosa stavo appena per scatenare arrivando a scuola. Una parte di me, quella ancora spaventata, desiderava che lei declinasse l’invito.

Ma invece:

<< Sì, grazie >>

Le chiusi delicatamente lo sportello prima di prendere posto alla guida, accanto a lei.

<< Ti ho portato questo. Non volevo che ti prendessi un raffreddore o qualcosa del genere >> le dissi stando sulla difensiva, alludendo alla giacca della sera prima, appesa al suo poggiatesta.

« Non sono così delicata », ribatté, ma accettò la giacca e la tenne in grembo, infilando le braccia nelle maniche troppo lun­ghe.

« Ah, no? » dissi a bassissima voce, non ero del tutto rivolto a lei.

Guidavo velocis­simo perché Bella quella mattina era stata tutto fuorché puntuale. Il silenzio si era fatto denso, nessuno dei due trovava niente da dire. Evidentemente la nostra nuova situazione metteva in imbarazzo anche lei. Cercai di spezzarlo:

 « Ehi, oggi niente questio­nario? » le chiesi volgendo lo sguardo verso di lei, con un sorrisetto.

« Le mie domande ti innervosiscono? », chiese sollevata.

« Non quanto le tue reazioni » mantenni un tono di voce allegro, ma non stavo del tutto giocando.

« Reagisco male? » domandò tornando seria.

« No, è proprio lì il problema. Sei sempre così tranquilla... È innaturale. Mi chiedo cosa ti passi per la testa »

Una persona comune mi sarebbe stata a detta distanza, una volta essere venuta a conoscenza del mio segreto, ma non lei.

« Ti dico sempre ciò che mi passa per la testa »

« Ma lo censuri »

« Non granché »

« Abbastanza da farmi impazzire »

« Sei tu che non vuoi sentirlo », borbottò, con un filo di voce.

Non risposi, quello restava un argomento spinoso, né io né lei eravamo del tutto pronti per poterlo affrontare serenamente, toccarlo ci portava sempre a discutere.

Solo nel parcheggio della scuola si accorse di un particolare:

« Ma i tuoi fratelli dove sono? ».

« Hanno preso la macchina di Rosalie » mi strinsi nelle spal­le, parcheggiando accanto alla sua cabriolet rossa con il tettuccio chiuso. « Appariscente, eh? »

« Uh, caspita », disse in un fiato. « Se lei ha quella, perché si fa scarrozzare da te? ».

« Come ho detto, è appariscente. Noi ci sforziamo di passa­re inosservati »

« Non ci riuscite >>  scese dall'auto ridendo e scuotendo la te­sta. << Ma allora, perché Rosalie oggi ha preso la sua macchina, se è così vistosa? ».

Perché avevo deciso di comportarmi da cattivo ragazzo:

« Non te ne sei accorta? Sto infrangendo tutte le regole ». le andai incontro e la accompagnai all'ingresso della scuola cam­minandole vicinissimo. Per il momento era l’unica cosa che riuscivo a fare, non me la sentivo di colmare quella piccola distanza.

« Ma perché comprate macchine del genere, se siete gelosi della vostra privacy? » .

« Un capriccio », ammisi, con un sorriso malizioso. « Ci pia­ce andare veloce ».

« Ovviamente », mormorò tra sé.

Al riparo del portico della mensa, Jessica la stava aspettan­do con gli occhi fuori dalle orbite. Tra le braccia, stringeva il  giubbotto di Bella.

“Ma quello è… quello è…Edward Cullen”

A quanto pareva vedermi accanto alla sua amica la stupiva proprio tanto.

« Ehi, Jessica », disse Bella, a pochi metri da lei. « Grazie per esser­tene ricordata » le allungò il giubbotto in silenzio.

« Buongiorno, Jessica », dissi io, educato.

“Si è rivolto a te…dì qualcosa, dannazione!”

Che pensieri infantili!

« Ehm... ciao » lei lanciò un'occhiata sbalordita a Bella, mentre cercava di riordinare le idee. « Be', ci vediamo a trigonometria ».

“Escono insieme di nascosto?E lei che cosa prova per lui? Devo assolutamente saperlo”

« D'accordo, ci vediamo dopo ».

Se ne andò, ma per due volte si fermò a sbirciare verso di noi.

« Cosa le racconterai? », mormorai.

« Ehi, ma allora mi leggi nel pensiero! ».

« No », risposi, sorpreso. Poi capii, e il mio sguardo si ac­cese. « Però riesco a leggere nel suo: ti prenderà d'assalto appe­na

entri in classe ».

Sbuffò levandosi il mio giaccone per indossare la sua giac­ca a vento. Me lo restituì e lo tenni piegato sottobraccio.

« Perciò, cosa le racconterai? ».

« Mi dai un aiutino? », supplicò. « Cosa vuole sapere? ».

« Non è corretto » scossi il capo, sorridendo beffardamente.

« No, non è corretto che tu non metta a disposizione certe informazioni ».

Meditai per qualche istante, finché non giungemmo alla por­ta della sua classe. Forse non aveva tutti i torti:

« Vuole sapere se usciamo assieme di nascosto. E vuole che tu le dica ciò che provi per me », dissi infine.

« Oddio. E io cosa dovrei rispondere? ».

« Mmm ». Mi fermai per catturare una ciocca ribelle che le sfiorava il mento e rimetterla al suo posto. Non era stato così difficile come gesto. « Penso che potresti rispondere di sì alla prima domanda... se non è un problema per te: è la spie­gazione più facile da dare ».

« Non è un problema », rispose, con un filo di voce.

E cosa provava per me ero il primo a chiedermelo, ogni volta che incontravo i suoi occhi.

<< Quanto all'altra... be', anch'io sarò curioso di sentire la ri­sposta » le dissi con un mezzo sorriso.

Non le diedi il tempo di ribattere, feci per andarmene.

« Ci vediamo a pranzo », dissi, voltandomi. Tre ragazzi inten­ti a entrare in aula si fermarono a osservarla.

“Cullen che mostra interesse verso qualcuno?”

Ignorai quel pensiero, concentrandomi su un’altra voce: quella di Newton.

“Meglio che mi rassegni. Io e Bella potremo essere solo amici…tanto vale parlare del più e del meno”

« Com'è andata a Port Angeles? ».

« È andata... » rispose Bella, poi fece una pausa. « Benone » un’altra pausa. « Jessica ha comprato un vesti­to davvero carino ».

« Ha detto qualcosa a proposito di lunedì sera? »,

A quel punto smisi di stare in ascolto: non ero minimamente interessato alla presunta relazione tra quei due. Anche perché sapevo che a quel ragazzo interessava molto di più Bella che Jessica.

Ascoltai distrattamente le menti dei compagni di corso di Bella delle sue materie successive, era tanto per vedere riflesso in loro il suo viso.

Mi concentrai del tutto solo quando apparve nella mente di Jessica:

“Finalmente!!”

« Dimmi! »,

« Cosa vuoi sapere? ».

« Cos'è successo ieri sera? ».

« Mi ha portata a cena, poi mi ha accompagnata a casa ».

“Tutto in così poco tempo…Quando l’ho chiamata era già a casa!”

« Come hai fat­to a tornare a casa così presto? ».

« Guida come un pazzo. Ero terrorizzata »

Che noia, ma possibile che la mia guida l’avesse così traumatizzata? Non ero affatto d’accordo con lei, la mia guida era impeccabile.

« È stato una specie di appuntamento? Eravate d'accordo? ».

« No: sono stata molto sorpresa di in­contrarlo ».

“Peccato”

« Ma oggi ti ha accompagnata a scuola, no? ».

« Sì... ma anche questa è stata una sorpresa. Ieri sera si è ac­corto che ero rimasta senza giacca » .

Sbadata come al solito…

« Perciò, uscirete ancora? ».

« Si è offerto di accompagnarmi a Seattle, sabato, perché è convinto che il mio pick-up non ce la farà. Vale come un ap­puntamento? ».

« Sì »,

« Be', allora sì ».

“Non ci posso credere: Bella ed Edward Cullen!”

« W-o-w… Edward Cullen ».

« Lo so ». "

« Ti ha baciata? ».

Cosa?! Baciarla, ma…

« No, non è come pensi ».

“Uffa…che aspetta!”

Aspettavo d’essere pronto: non potevo correre il rischio di ucciderla.

« Pensi che sabato... »

« Ne dubito fortemente».

“Voglio più dettagli!”

Certo che era davvero invadente come persona. Ero contento di non trovarmi al posto di Bella.

« Di cosa avete parlato? »,

« Non so, Jess, un sacco di cose…Abbia­mo parlato del saggio di inglese per un po' ».

“Ma mi farà morire di curiosità…”

« Ti prego, Bella…qualche particolare in più ».

« Be'... d'accordo, uno solo. Avresti dovuto vedere la came­riera: gli ha fatto una corte spietata. Ma lui non se l'è filata! >>

La cameriera, davvero? Non ci avevo fatto caso.

« Buon segno. Era carina? ».

« Molto. E avrà avuto diciannove o vent'anni ».

Non ricordavo neanche la sua fisionomia. Avevo in testa altro, come per esempio il volto della ragazza che mi sedeva di fronte.

« Meglio ancora. Vuol dire che gli piaci ».

Mah forse non era del tutto stupida, Jessica.

« Penso di sì, ma è difficile dirlo. È sempre così criptico »,

<< Non so dove trovi il coraggio di restare sola con lui »,

« Perché? »

« Mette così... in soggezione. Io non saprei cosa dirgli ».

Jessica ripensò al saluto di quella mattina, ero riuscito a metterla proprio K.O.

« A dire la verità, anch'io ho qualche problema di lucidità quando è nei paraggi ».

“Che importanza ha…è talmente bello che gli si può perdonare tutto”

« Oh, be'. È bello da non crederci, non c'è dubbio ».

« E poi, in lui, c'è molto altro ».

« Davvero? Per esempio? ».

“Non tradirmi, Bella!” lo pensai, ma ero certo che non lo avrebbe fatto.

« Non so come spiegarlo... Ma dietro la facciata è ancora più incredibile >>

« Davvero? »,

Bella non rispose, ma Jessica non demorse.

« Perciò ti piace? »

« Sì »

“Grazie, a chi non piace!”.

« Voglio dire, ti piace davvero? »

« Sì »

Che nervi, Jessica non era una grande osservatrice: chissà se Bella nell’ammetterlo fosse avvampata di vergogna?!

“Uffa, ma le costa tanto essere più precisa?”

« Quanto ti piace? ».

« Troppo » una pausa « Più di quanto io piaccia a lui. Ma cre­do proprio di non poterci fare niente ».

Dischiusi le labbra nell’ascoltare quella risposta: non poteva dire sul serio, non poteva esserne convinta.

E se davvero credeva che lei mi piacesse in misura minore di quanto io piacessi a lei, si sbagliava di grosso: la mia freddezza evidentemente l’aveva deviata, ma era proprio quella che sottolineava quanto in realtà ci tenessi.

Quella sua convinzione, mi irritò parecchio, non aveva fiducia in me…non mi credeva del tutto quando le dicevo d’essere ansioso per lei, quando temevo per la sua incolumità.

Per il resto della lezione Jessica non trovò più l’occasione di porle altre domande, e al suono della campanella Bella sviò furbamente il discorso su Newton. Costringendomi a smettere di ascoltare, erano una noia quei due!

“Che fretta, di andare a mensa”

Penso Jessica quando la loro lezione di spagnolo finì.

« Oggi non mangi assieme a noi, vero? » le chiese.

« Non penso ».

Malfidata, avrebbe dovuto rispondere con un no deciso. Infatti ad aspettarla fuori dalla porta della classe, appog­giato al muro, trovò me.

« A dopo, Bella » la salutò Jessica.

“Vorrò i particolari…”

Smisi di ascoltare Jessica, dando tutta la mia attenzione a Bella.

« Ciao » le mostrai sia il mio divertimento che la mia irritazione.

« Ciao ».

Per tutto il tragitto fino alla mensa non parlammo: lei probabilmente era in imbarazzo, io prendevo tempo soppesando le parole che avrei usato da lì a poco.

La precedetti nella coda, sempre zitto, ma senza smettere di lanciarle occhiate pensierose. Più le stavo vicino, e più l’irritazione per quell’assurdo pensiero cresceva in me.

Mi avvicinai al bancone, e riempii il vassoio di cibo.

« Cosa fai? Non starai prendendo tutta quella roba per me? ».

Scossi il capo e avanzai verso la cassa.

« Metà è per me, ovviamente »

Alzò un sopracciglio, poco convinta.

Mi seguì fino allo stesso tavolo a cui ci eravamo seduti la volta precedente. Non mi curai delle occhiate e dei pensieri stupiti dei ragazzi intorno a noi.

« Scegli pure », dissi, porgendole il vassoio.

« Sono curiosa... », disse, prendendo una mela e rigirando­sela tra le dita. « Come reagiresti se qualcuno ti sfidasse a mangiare del cibo? ».

« Curiosa come al solito » feci una smorfia e scossi il capo. La guardai di sottecchi, mentre prendevo un trancio di pizza dal vassoio e lo mordevo soddisfatto, masticandolo e ingoian­dolo in un baleno. Mi guardava incredula, non potendo sapere il sapore disgustoso che aveva per me.

« Se qualcuno ti sfidasse a mangiare spazzatura potresti far­lo, no? », chiesi, con un filo di arroganza.

« Una volta è successo... una scommessa. Non era così male » disse arricciando il naso.

 « La cosa non mi sorprende più di tanto » risi. Poi fui distratto da qualcosa alle sue spalle.

“Vediamo, Edward, come ti comporti…ne farò un resoconto a Bella”

« Jessica sta analizzando tutti i miei movimenti... più tardi ti farà un resoconto dettagliato » le offrii il resto della pizza. Leggere il pensiero di Jessica fece riaffiorare un pizzico di irritazione.

Posò la mela e addentò il trancio di pizza, guardando altro­ve.

« Perciò, la cameriera era carina? », chiesi, ingenuamente.

« Non te ne sei accorto? » chiese tornando a guardarmi.

« No, non ci ho fatto caso. Avevo altro per la testa ».

« Poveretta >>

Era arrivato il momento di andare al sodo della questione: spiegarle perché ero così irritato.

« Una delle cose che hai detto a Jessica... be', mi infastidisce un po' >> le dissi lanciandole una sguardo inquieto.

« Non mi sorprende che tu abbia sentito qualcosa di spiace­vole. Sai quel che si dice di chi origlia... ».

« Ti ho avvertita che sarei rimasto in ascolto ».

« E io ti ho avvertito che non avresti gradito conoscere tutti i miei pensieri ».

« In effetti, mi avevi avvertito » ammisi senza addolcire la voce. « Però, non credo tu abbia ragione fino in fondo. Voglio sapere sì ciò che pensi, e tutto. Soltanto, mi piacerebbe... che non pensassi certe cose ».

 « Bella differenza » disse sarcastica, mettendo il broncio.

« Ma non è questo il problema, al momento ».

« E quale sarebbe? ».

Ci stavamo entrambi sporgendo sul ta­volo, l'uno di fronte all'altra. Io tenevo le mani sotto il mento; lei si copriva il collo con la destra. Non m’importava nulla della folla che probabilmente guardava verso di noi, volevo mettere in chiaro le cose.

« Sei davvero convinta di piacermi meno di quanto io piac­cia a te? », mormorai facendomi più vicino e inchiodandola con occhi intensi.

Rimase in silenzio, immobile sembrava neanche respirare. D’improvviso volse lo sguardo altrove.

« Lo stai rifacendo », disse fra i denti.

Ma di cosa mi rimproverava ogni volta?!

 « Cosa? » sgranai gli occhi sorpreso.

« Stai cercando di incantarmi », ammise tornando a guardarmi.

Questa poi…non stavo cercando di fare proprio un bel niente!

« Ah », risposi, accigliato.

« Non è colpa tua », sospirò. « Non ci puoi fare niente ».

« Mi vuoi rispondere? »

« Sì » abbassò lo sguardo.

« Sì mi vuoi rispondere, o sì ne sei davvero convinta? » chiesi irritato fino alla punta dei capelli.

« Sì ne sono convinta » teneva il capo chino, gli occhi fissi sulla superficie del tavolo. Il silenzio iniziava a pesare. Bella sembrava essere lungi dal volerlo spezzarlo, così mi decisi a farlo io.

« Ti sbagli » sentenziai a voce bassa ma nuovamente gentile.

« Non puoi esserne sicuro », sussurrò scuotendo il capo.

« Cosa te lo fa pensare? » la squadrai ansioso, che avrei dato per prelevare la verità direttamente dalla sua mente.

Mi fissò a sua volta. Cominciavo ad essere sempre più impaziente ma lei continuava a restare in silenzio, la mia espressione si fece scura. Solo accorgendosene alzò il dito della mano destra.

« Ci devo riflettere », insistette.

 Soddisfatto dalla risposta pro­messa, mi rilassai. Posò la mano sul tavolo, la congiunse all'altra. Intrecciava e scioglieva le dita, nervosamente:

« Be', ovvietà a parte, a volte... non mi sento sicura - non sono capace di leggere nel pensiero, io - e ogni tanto ho la sen­sazione che mentre mi dici certe cose in realtà tu stia cercando di lasciarmi perdere ».

« Perspicace », sussurrai. Nel sentire quelle parole l’angoscia tornò a far visita al mio cuore. « Purtroppo, è proprio qui che ti sbagli », cercai di spiegarmi, ma all'improvviso strizzai le palpebre. « Cosa intendi per "ovvietà"? »

« Be', guardami », disse ma la stavo già guardando e non trovavo una spiegazione valida che giustificasse quella “ovvietà”. Lei proseguì. « Sono una ragazza assolutamente normale... Cer­to, a parte difetti come gli incidenti quasi mortali e una goffaggine degna di una disabile. E guarda te » mi indicò, ma non capii del tutto il paragone che aveva fatto.

Alzai un sopracciglio, irritato, ma mi rilassai all'istante e nei miei occhi, sono sicuro, apparve uno sguardo intelligente. « Credo che tu non abbia una buona percezione di te stessa. Devo ammettere che quanto ai difetti ci hai azzeccato », risi sarcastico, « ma tu non hai sentito cos'hanno pensato tutti gli studenti maschi di questa scuola quando ti hanno vista la prima volta ».

Sgranò gli occhi stupita:

 « Non ci credo... », disse, tra sé e sé.

« Per una volta fidati, se ti dico che sei l'esatto contrario del­la normalità » mormorai facendo trasparire dal mio sguardo la mia attrazione per lei.

« Ma io non sono intenzionata a lasciarti perdere », rimarcò.

« Non capisci? È la dimostrazione che ho ragione io. Ci ten­go più di te, perché se ci riuscissi », e scossi il capo, per cercare d’accettare l'idea controvoglia, « se andarmene fosse la scelta mi­gliore, sarei disposto a danneggiare me stesso, pur di non ferir­ti, pur di proteggerti ».

 « E non credi che sia lo stesso per me? » domandò facendosi torva.

« Non è a te che spetta questa scelta ».

Era lei che rischiava la vita anche se…sfoderai un sorriso beffardo soggiungendo:

« Certo, darti protezione sta diventando un lavoro a tempo pieno che richiede la mia presenza costante ».

« Oggi nessuno ha cercato di farmi fuori ».

« Non ancora », aggiunsi.

« Non ancora ».

« Ho un'altra domanda » sentenziai dignitosamente.

« Spara »

« Hai davvero bisogno di andare a Seattle, questo sabato, o era soltanto una scusa per evitare di dire no a tutti i tuoi ammi­ratori?»

« Guarda, non ti ho an­cora perdonato per la faccenda di Tyler. È colpa tua se conti­nua a illudersi di potermi invitare al ballo di fine anno » mi avvisò storcendo la bocca.

« Oh, avrebbe trovato l'occasione per chiedertelo anche se non ci fossi stato io: morivo soltanto dalla voglia di vedere la tua reazione », dissi, sghignazzando. « Se te l'avessi chiesto io, avresti scaricato anche me? », domandai, senza smet­tere di ridere.

« Probabilmente no », confessò. « Ma all'ultimo momento avrei cancellato l'invito... avrei finto una malattia o una cavi­glia slogata ».

« E perché mai? » chiesi confuso.

« Immagino che tu non mi abbia mai vi­sta in palestra, ma pensavo che avresti capito » scosse il capo mesta.

« Ti riferisci al fatto che non sei in grado di camminare su una superficie piana e solida senza inciampare? ».

« Ovviamente ».

« Non sarebbe un problema » spiegai sicuro di me. « Dipende tutto da chi guida ». Sapevo che stava per ribattere, così non  gliene lasciai il tempo. « Non mi hai ancora risposto: vuoi davvero andare a Seattle, o ti andrebbe se facessimo qualco­s'altro? ».

« Sono aperta a tutte le proposte, ma devo chiederti un solo favore ».

« Cosa? » le sue risposte vaghe mi allarmavano sempre.

« Posso guidare io? ».

 « Perché? » aggrottai le sopracciglia, confuso.

« Be', prima di tutto perché quando ho detto a Charlie che sarei andata a Seattle, lui mi ha chiesto se fossi da sola, e visto che così era l'ho rassicurato. Se me lo chiedesse di nuovo non potrei mentirgli, ma non credo che lo farà: lasciare il pick-up a casa, però, lo porterebbe a sollevare la questione. In secondo luogo, la tua guida mi terrorizza ».

Alzai gli occhi al cielo, esasperato: proprio non accettava il modo in cui guidavo!

« Con tutto ciò che in me potrebbe terrorizzarti, ti preoccupi di come guido » scossi il capo con una smorfia, poi tornai serio. « Non vuoi dire a tuo padre che pas­serai la giornata con me? » ero troppo spaventoso da presentare ad un padre?!

« Con Charlie, meno si dice, meglio è » disse perentoria. « E comunque, dove andremmo? ».

« Ci sarà bel tempo, perciò dovrò restare lontano da sguardi indiscreti... e se ti va, puoi venire con me » la lasciai completamente libera di scegliere.

« Mi mostrerai quel che dicevi a proposito della luce solare? », chiese, palesemente eccitata.

« Sì ». Sorrisi, e tacqui. « Ma anche se non vuoi restare... sola con me, preferirei che tu non te ne andassi a Seattle per conto

tuo. Tremo al solo pensiero dei guai in cui potresti cac­ciarti in una città così grande ».

« Phoenix è tre volte Seattle, e solo quanto a po­polazione. Le dimensioni... » disse stizzita.

« Ma a quanto pare », la interruppi, « a Phoenix non era an­cora giunta la tua ora. Perciò preferirei che mi stessi accanto ». Dissi lanciandole un’occhiata intensa.

« Si dà il caso che restare sola con te non mi dispiaccia affatto ».

Già, ormai lo avevo capito, e da una parte avevo sperato che lei mi rifiutasse.

« Lo so », sospirai, rassegnato. « Però dovresti dirlo a Charlie ».

« E perché mai dovrei? ».

« Così avrò un briciolo di moti­vazione in più per riportarti a casa » ammisi, guardandola con uno sguardo severo.

La mia affermazione la lasciò muta per qualche istante, poi rispose decisa:

 « Penso che correrò il rischio ».

Sbuffai e guardai altrove, nervoso.

« Parliamo d'altro », suggerì.

« Di cosa vuoi parlare? » chiesi irritato.

Diede un'occhiata attorno per controllare che nessuno ci potesse udire.

« Perché sei andato a Goat Rocks, lo scorso fine settimana, a caccia? Charlie dice che ci sono gli orsi, non è un gran posto per

fare trekking ».

La fissai facendole capire che stava scordando un particolare evidente.

« Orsi? » esitò , ed io feci un sorrisetto. « Be', non è la stagio­ne degli orsi », aggiunse, per nascondere il turbamento.

« Le leggi sulla caccia regolano solo quella con le armi, se vuoi controlla pure ».

La studiavo divertito.

« Orsi? », ripeté, con una certa difficoltà.

« Emmett va matto per il grizzly » non mi scomposi più di tanto. Ero vigile alle sue reazioni, non volevo farla allarmare in nessuna maniera.

« Mmm », disse, addentando un altro trancio di pizza distogliendo gli occhi da me. Masticò piano e prese un lungo sorso di Coca coprendosi il viso con il bicchiere.

« Allora », disse dopo un istante, incontrando finalmente il mio sguardo ansioso, « Il tuo preferito, qual è? ».

La guardai di sbieco, e sulle labbra m’apparve una smorfia di disapprovazione.

« Il puma ».

« Ah », rispose in tono educato e disinteressato, riafferrando la bibita: qualcosa l’aveva turbata.

« Ovviamente », continuai, con un tono di voce che scherniva il suo, « Dobbiamo stare attenti all'impatto ambienta­le e cacciare con un certo giudizio. Di solito ci concentriamo sulle aree sovrappopolate di predatori, a qualunque distanza si trovino. Da queste parti c'è abbondanza di alci e cervi, e tanto basta, ma dov'è il divertimento? ». Sorrisi, malizioso.

« Eh, già, dove?» , mormorò, dando un altro morso alla pizza.

« A Emmett piace andare a caccia di orsi all'inizio della pri­mavera: appena usciti dal letargo sono più irritabili ». Sorrisi ri­pensando a qualche nostra vecchia battuta: era comica la scena di Emmett che rincorreva un orso, entrambi molto irritati.

« Non c'è niente di più divertente di un grizzly irritato, in ef­fetti ».

 « Per favore, dimmi quel che pensi veramente » sorrisi e scossi il capo.

« Sto cercando di immaginare... ma non ci riesco. Come fate a cacciare gli orsi senza armi? ».

« Be', qualche arma l'abbiamo » con un sorriso fulmineo e minaccioso le mostrai i denti affilati. Si sforzò di reprimere un brivido. « Non il genere di strumenti che i legislatori prendono in considerazione quando stendono i regolamenti di caccia. Se hai visto un documentario su come at­taccano gli orsi, dovresti essere in grado di visualizzare Emmett ».

Non riuscì a trattenere un altro brivido lungo la schiena. Seguii il suo sguardo e soffocai una risata. Mi fis­sò, nervosa.

« Anche tu somigli a un orso? », chiese a bassa voce.

« Più a un leone, così dicono », risposi piano. « Forse i nostri gusti rispecchiano il modo in cui cacciamo ».

Cercò di sorridere.

 « Forse », mi fece eco. « Avrò mai il permesso di assistere? ».

« Assolutamente no! » sbiancai d’improvviso, poi il mio sguardo si fece furioso. Arretrò stupita, probabilmente spaventata dalla mia reazione, ma non vi badai ero troppo irritato.

« Troppo spaventoso per me? », chiese, quando fu di nuovo in grado di controllare la voce.

« Se fosse questo, ti porterei con me stanotte », dissi, con voce tagliente. « Quel che ti serve è una salutare dose di paura. Non vedo cosa potrebbe darti più beneficio ».

« Ma allora, perché? », insistette, senza badare alla mia espres­sione infuriata.

Per un minuto interminabile la guardai, torvo.

« Più tardi », risposi, infine, e con velocità mi alzai « Siamo in ritardo ».

Si guardò attorno, sorpresa, accorgendosi della mensa quasi deserta. Si alzò di scatto dalla sedia, afferrando lo zaino che penzolava dallo schienale.

« D'accordo, più tardi » sembrava una minaccia.

 

Ringraziamenti:

Lady Cat: Caspita che complimento, ma credo di avere ancora tanto da imparare dalla Meyer!!

Aberlin: No, no, tranquilla continuerò a postare i capitoli fino alla fine…non ti sbarazzerai tanto facilmente di me!

Lorelaine86: Grazie mi fa piacere che ti piaccia molto, spero di non averti fatto aspettare troppo!

Simo1726: Sono molto contenta di saperti compiaciuta per il mio lavoro.  Ho gradito molto la tua recensione e grazie anche per aver aggiunto la mia storia tra le preferite.

Vi saluto di cuore,

Maryana.

 

 

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Twilight / Vai alla pagina dell'autore: maryana