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Autore: Felicitywolverine    31/12/2017    2 recensioni
dal testo....
“Non è possibile. Non può essere che sia capitato proprio a me!” continuo a ripetermi rinchiusa nel bagno. Mia madre che bussa ripetutamente alla porta e io in mano ho quella maledettissima stecca bianca e rosa che mostra le due lineette rosse.
“Dannazione! Che sia maledetta per ciò che faccio e per i miei continui errori!” Cammino avanti e indietro passando tra i sanitari del mio bagno, finché l’agitazione iniziale e la rabbia verso me stessa non finiscono e mi accascio, seduta con le spalle contro la porta bianca scorrevole.
- Felicity tesoro, ti prego esci. – mi chiede ripetutamente mia madre mentre sente i miei singhiozzi che io non riesco più a reprime. Mi alzo lentamente e lascio entrare l’unica persona che adesso conosce il mio segreto. I suoi enormi occhi marroni si mostrano a me preoccupati e comprensivi. Tutto ciò che mi sembrano voler dire è “Tranquilla sistemeremo tutto.”
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Felicity Smoak, Oliver Queen, Ray Palmer, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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POV FELICITY
Mi sveglio di soprassalto e accendo immediatamente la luce. E poi lo sento, come un ago che mi punta contro, il dolore più atroce che io abbia mai sentito. A stento riesco a respirare, ma cerco di calmarmi. Quando il dolore si placa, penso che sia tutto finito, ma riparte subito. Urlo perché è l’unica cosa che riesco a fare. Urlo con la speranza che qualcuno si svegli. Infatti mia madre dopo due secondi è lì che mi chiede cosa stia succedendo, ma io non le rispondo, troppo concentrata sul dolore. Curtis si è fiondato in camera mia più tardi, arrivando attraverso il bagno trascinandosi rovinosamente la coperta che aveva addosso. Papà, invece, sta già chiamando il pronto soccorso e appena attacca la chiamata gli imploro di chiamare Ray, di farlo venire da me. L’ambulanza arriva, ma il dolore continua. Non so cosa fare, non so cosa mi stia succedendo e ho una terribile paura che stia accadendo qualcosa al bambino.


POV OLIVER
- Cristo Ray, che cosa vuoi alle tre del mattino? – Che cosa è successo?-
- Mi … mi ha appena … chiamato Donna … - non c’è bisogno che continui.
Collego direttamente la chiamata con Felicity. Deve esserle accaduto qualcosa, deve essere accaduto qualcosa al bambino. Una terribile ansia si prende possesso di me e abbasso per un attimo la testa per non far vedere a mio fratello la preoccupazione nei miei occhi, la voglia che ho di gridare perché ho un po’ paura. Non voglio che accada nulla di male al bambino. Infondo per adesso è al 50% mio figlio.
- Felicity … io … devo andare all’ospedale. Stiamo andando tutti in ospedale – dice alla fine.
- Vengo anche io – dopo due secondi siamo già nella mia macchina, con Thea,diretti verso l'ospedale
Le mie mani tremano. L’ultima volta che hanno tremato così è stato quando abbiamo scoperto che mia nonna aveva un tumore, avevo 15 anni. Maschero il mio tremolio cercando di tamburellare le dita sul volante.
Non mi voglio mostrare troppo debole e insicuro nei confronti di Palmer. Diamine! Devo essere sicuro di me, vorrei mostrarmi a lui per quello che sono, dirgli tutte le mie preoccupazioni, ma che razza di essere umano sarei? Peggiorerei solamente la sua situazione.
Non posso proprio sfogarmi con lui, mentre si sta uccidendo dalla preoccupazione. Non posso digli che sto morendo dentro per Felicity e per il bambino perché molto probabilmente sono io il padre e non lui. Non posso mostrarmi nervoso e agitato, non posso mostrare la verità, quando di verità non ce ne sono, quando sono tutti se e tutti forse.
Mi blocco dal dire a Ray “Hey amico, lo sai che qualche settimana fa mi sono ubriacato e mi sono portato a letto la tua ragazza? Quindi forse il padre sono io.”
No, non ne sono capace. Io, è vero che sono uno stronzo, ma non riesco ancora a Ray tutto quanto, sebbene lui si meriti di sapere. E allora resto comunque uno stronzo perché se glielo direi si arrabbierebbe molto e questo gli farebbe male, ma sarei sempre stronzo se gli nascondessi ancora tutto, quando in realtà lui deve essere messo al corrente.
E mi sto ancora chiedendo come mai quella sera io l’abbia voluta baciare. Non mi voglio giustificare dicendo che è stato il terribile connubio di Bourbon e birra a far affondare la mia testa nel petto di lei, a baciare quelle labbra carnose e a strofinare le mie mani contro i suoi fianchi. No, l’alcol c’entra poco con il fatto che io ho sentito qualcosa, ma non qualcosa tipo dei sentimenti o amore.
Io innamorato di Felicity... Questo capita solo nella fervida immaginazione di mio padre che è convinto che sia io l’anima gemella di Felicity e non Palmer. Non è stato nessun sentimento, solo una profonda voglia di lei e del suo corpo Quel corpo che prima di allora non ho mai notato, quel corpo che all’improvviso era diventato stupendo. Quel corpo che adesso ne sta creando un altro e sta male ed io sto male perché che io sia il padre o no, amo già questo bambino. Può essere mio figlio o no, ma gli vorrò sempre e comunque bene.
No, non posso perdere questo bambino.

Qualche ora dopo...
Ray entra nella camere dove Felicity riposa, mentre Noah e Donna stanno parlando con Wells. Poi chiederò cosa è successo, in privato.
Mi avvicino a Curtis al bancone del bar dell’ospedale. Si sta prendendo un caffè, o forse questo è il quarto.
- Hey Oliver. – si volta verso di me e mi fa un cenno con la testa. Io gli rispondo con una veloce pacca sulla spalla e lui si rivolta tornando a fissare il vuoto davanti a sé.
- Novità? -
-No, ma ha rischiato di perdere il bambino stanotte. – come immaginavo.
Bevo un sorso del caffè amaro che ho appena ordinato. - Che cosa le è successo?-
- Wells dice che è per stress, che ci sono diverse cose che la preoccupano e che non riesce a stare tranquilla. Ma correrà sempre dei rischi fino a quando non riuscirà a sfogarsi con qualcuno.-
- Lo ha fatto? si è sfogata con qualcuno?-
- No. Non vuole parlare. Si è chiusa in un silenzio e ha cacciato via dalla camera tutti-
Non appena Curtis pronuncia quelle parole, Ray esce dalla stanza numero 7. Sembra arrabbiato.Getta il giubbotto che aveva tra le mani su una sedia della sala d’aspetto e tutti e quattro lo raggiungiamo per chiedergli qualcosa.
- Ti ha detto niente? – gli domanda Donna ansiosa di avere notizie. Palmer mi guarda. Ha l’aria da “vorrei tirarti un cazzotto sul naso”, ma si trattiene.
- No! Non mi ha detto nulla. Ho provato a parlare con lei, ma mi ha cacciato via. Ho insistito, ma non c’è stato verso: vuole stare sola.-
- Credo che forse dovrebbe riposare un po’. Quando si deciderà a dirvi cosa la preoccupa, allora lo farà. – interviene Wells nella conversazione.

Quando nessuno mi sta guardando mi alzo e vado verso la porta con il numero 7. È socchiusa. La scosto leggermente per controllare se Felicity sta dormendo, ma non è così. Ha acceso la televisione a basso volume e sta facendo zapping inutilmente. Non si accorge nemmeno della mia presenza. È strana. Ha le sopracciglia corrucciate e il naso arricciato in una strana smorfia di fastidio. Nonostante il freddo, lei si è tolta le coperte e l’unica cosa che la copre è quella sottospecie di tunica che danno in ospedale. Le gambe sono stese lungo il materasso e la schiena è appoggiata sul cuscino messo in verticale. È bizzarra perché anche in ospedale si è portata insieme il suo adorato orsacchiotto di peluche per dormire. La solita.
- Sai dovresti riposarti. Non sei nelle condizioni di rimanere sveglia per tutta la notte.-
Si volta immediatamente verso di me e sussulta quando mi vede, lascia cadere il telecomando facendolo rimbalzare sul letto.
- Oliver! -
-Prima di cacciarmi via come hai fatto con la tua famiglia e con Palmer – inizio a parlarle – dobbiamo parlare.-
Mi avvicino cautamente al letto e mi siedo sulla sedia accanto, ma è troppo bassa per poterla guardare in faccia e discutere con lei seriamente perciò decido di rialzarmi in piedi e di posizionarmi accanto a lei. Siamo spalla contro spalla e le nostre mani si toccano. Un contatto da nulla se consideriamo la notte che abbiamo passato insieme qualche settimana fa o se consideriamo semplicemente quando ieri sera le ho accarezzato il ventre sentendomi come nuovo. Poiché, però, in questo ultimo periodo mi sto stupendo di troppe cose, rimando leggermente basito quando una sensazione calda attraversa tutto il mio braccio al suo tocco.
- Che cosa vuoi? – è scorbutica.
Chi non lo sarebbe alle cinque del mattino dopo aver passato una notte da incubo? E poi stiamo parlando di Felicity. Non mi dovrei stupire quando lei mi parla in quel modo. Alla fine siamo pur sempre io e lei. I due eterni litigiosi che non fanno altro che mandarsi frecciatine a vicenda.
- Parlare.-
- Di che cosa?-
- Di quello che ti è successo qualche ora fa.-
- Non c’è alcun bisogno di parlare. – testarda. Eternamente testarda, ma io sono più cocciuto di lei. Sollevo la mano e la porto sul suo mento. Non mi guarda negli occhi, perciò la costringo a voltarsi e per un attimo i suoi occhi arrabbiati mi fanno paura. Sembrano accusatori.
- Ce l’hai con me?-
- No, non ce l’ho con te, Oliver. È solo … è solo che mi sono molto spaventata e ho voglia di stare da sola per riflettere.-


POV FELICITY
- No, non ce l’ho con te, Oliver. È solo … è solo che mi sono molto spaventata e ho voglia di stare da sola per riflettere.-
I suoi occhi celesti mi scrutano. Sembrano tristi e preoccupati, forse … forse impauriti, ma nonostante tutto Oliver mantiene il suo carattere da duro. Lui vuole, anzi pretende di sapere che cosa mi passa per la testa. Lo so, perché è fatto così. Vuole tenere sottocontrollo ogni situazione.
- E su cosa ha riflettuto, sentiamo?-
La sua mano ancora indugia sul mio mento. È salita un po’ più, sulla guancia e il pollice accarezza lentamente la mia pelle. Perché ho solo voglia di dirgli tutto? Perché ho cacciato Ray, la mia mamma, invece non ho ancora chiesto a lui di andarsene? È strano, è da pazzi ed è irragionevole voler continuare a guardarlo e sentirmi bene come ieri. Come ieri, voglio che lui mi accarezzi il ventre. Voglio che consoli il mio bambino perché lui oggi rischiava di andarsene prima ancora di nascere, voglio che mi abbracci perché quello che ho provato nelle ore precedenti è stata la paura di soffrire. Non avevo programmato di avere un figlio, non così presto almeno, ma ormai il pensiero di diventare mamma mi si è insinuato nella mente e in un certo modo so che è capitata la stessa cosa a Oliver.
- Mi abbracci?-
Non rispondo alla sua domanda, ma gliene faccio un’altra e a due semplici parole i suoi occhi da impauriti si raddolciscono e la mano sulla guancia si protende verso la nuca e attira la mia testa verso il suo petto. Mi avvolge in un abbraccio diverso da quello di ieri, perché mentre ieri avevamo paura di perdere il bambino, questa notte abbiamo provato veramente l’emozione di perderlo concretamente e non voglio più provare una sensazione del genere.
- Ci abbracci?-  Lo sento sorridere sui miei capelli.
- Certo.-
Mi distacco leggermente da lui, vorrà sicuramente accarezzare la pancia come l’altra volta, invece fa qualcosa che non mi sarei mai aspettato. Mi fa stendere supina e lui fa la stessa cosa mettendosi di fianco più giù. Appoggia la testa sulla pancia mentre con l’altra accarezza la mia vita. Metto le mie mani trai suoi capelli e premo leggermente per farlo aderire di più. È stupenda come sensazione, meglio dell’ultima volta! Oliver ha questo potere calmante su di me che mi manda in estasi. Sono reazioni inaspettate, i brividi che mi percorrono per tutto il corpo mentre mi tiene stretta, come è inaspettato il bacio che posa sulla pancia all’improvviso. Si irrigidisce non appena lo fa. Non si è aspettato nemmeno lui quel gesto. È qualcosa di nuovo carico di un’energia pulita che mi riscalda tutta. Perché più passa il tempo e più penso che sia lui? Sono uno schifo! Amo Ray, lo amo con tutta me stessa. Ma gli ho detto che aspettiamo un bambino e intanto mi lascio consolare da Oliver.


POV OLIVER
Osservo Felicity,mi sorride. Io ricambio e non me ne accorgo, ma questo la fa stare meglio perché tira un sospiro di sollievo e ritorna ad accarezzarmi i capelli. Quelle maledette dita che quella notte mi toccarono e mi fecero andare di matto! Ogni cosa finisce sempre con il riportarmi lì, a quel momento. Quel momento che ho sempre un po’ odiato, ma ora ringrazio il cielo perché ci è stato e perché ha concepito mio figlio. Dio, quanto vorrei urlarlo. Mio figlio! Perché non dovrebbe essere così? Perché dovrebbe essere di Palmer che non è riuscito nemmeno a far tranquillizzare la ragazza? Mio figlio, mio figlio … mio figlio. Felicity, tu ed io abbiamo fatto almeno una cosa meravigliosa e nonostante la paura di questa terribile notte ora sono felice perché sono accanto a lui e non vedo l’ora che nasca, non vedo l’ora che questi nove mesi passino veloci, anche se ho l’impressione che saranno i più lunghi della mia vita, perché lo voglio vedere, lo voglio abbracciare, lo voglio cullare. Voglio mio figlio. La tentazione è troppo forte. Ho il desiderio di riprovare la stessa famigliarità che ho provato prima. Ritorno a baciare la pancia. Un bacio lento dopo l’altro e lei non dice niente, non protesta. Non voglio fare nient’altro, quando in realtà mi basterebbe poco per sollevarle quella tunica che sa di medicine e disinfettanti e toglierle le mutandine e per assaggiare il suo sapore, ma non mi va. Non mi va di fare sesso con lei, mi va di cullare il mio bambino. I miei baci vengono interrotti da una tosse che risulta abbastanza finta. Ci voltiamo entrambi e troviamo Donna osservarci stupita. Mi rialzo immediatamente, cerco Palmer con gli occhi, ma per fortuna lui non c’è, lui non è qui.
   
 
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